Kiba pt.2
Il petto scolpito si alzava e abbassava velocemente, seguendo il ritmo dettato dalla respirazione accellerata.
Gli addominali, scolpiti, erano tesi e ben evidenti.
Il viso contorto in una espressione di piacere: i canini allungati, bianchissimi, spuntavano dalle labbra semichiuse in un ghigno rigido.
Gli occhi erano serrati, le sopracciglia more e folte corruciate, i capelli mossi, scompigliati più del solito.
Una mano seguiva i lineamenti del suo corpo; andava avanti e indietro, con lentezza, sulla tartaruga sporgente, attraversata al centro da una rada peluria scura che si in inspessiva e infoltiva andando verso il basso.
Di tanto in tanto sostava sul letto, tra le lenzuola sfatte, afferrandole e stringendole tra il pugno.
L'altra, invece, eseguiva un movimento molto più veloce, intervallato talvolta da alcuni più lenti.
Il braccio rigido, solcato da grosse vene sporgenti, seguiva i movimenti continui e regolari del polso che faceva su e giù in mezzo alle sue gambe.
Tra il pube folto e riccioluto svettava il membro eretto e pulsamente che veniva freneticamente masturbato.
La cappella era arrossata e la lunghezza, rigida, era attraversata da spesse vene pulsanti.
Alcuni ringhi e gemiti rochi accompagnavano i movimenti assidui e incalzanti.
Kiba era quasi giunto al limite: il polso iniziava a fargli male, nonostante fosse ben abituato, e sentiva tutto il calore che il suo corpo emanava andare a raggrupparsi sempre di più verso il basso, nella sua zona più delicata.
Doveva sbrigrasi, non ce la faceva più: voleva venire.
Incrementò, ignorando il leggero fastidio all'articolazione per il continuo sforzo, la velocità e cercò di pensare a qualcosa di dannatamente eccitante, sperando di ottenere il risultato sperato.
L'orgasmo era pressochè vicino, più andava avanti più si sentiva giunto al limite.
Un ultimo gemito strozzato, più lungo e roco degli altri, seguito dall'irrigidimento di ogni parte del corpo, precedette l'eiaculazione.
Trattenne il fiato, mentre ogni singolo muscolo del suo corpo si irrigidiva e tendeva, mettendosi in bella mostra, lasciando che ogni goccia di liquido seminale sgorgasse, alleggerendolo, sul suo addome.
Scrollò di poco la sua erezione, finchè l'ultima goccia bianca e densa non colò sulla sua pancia.
Finalmente si potè rilassare, abbandonandosi alla sensazione di leggerezza e frenesia che seguiva l'amplesso.
La respirazione pian piano tornava regolare e il suo viso si era rilassato nel momento stesso in cui era venuto copiosamente.
Sospirò, sentendo che ben presto si sarebbe addormentato, finalmente rilassato.
Ogni volta che si masturbava solitamente si abbioccava e si faceva delle gran dormite; forse era proprio per quel motivo che aveva le mani nelle mutande praticamente ogni giorno: per dormire come un ghiro la notte.
In realtà era solo fottutamente eccitato ventiquattro ore su ventiquattro e se non si fosse masturbato almeno ogni due giorni avrebbe rischiato che gli esplodessero le palle.
Kiba era un cane in tutto e per tutto; si sarebbe montato anche la gamba del tavolo se solo quella avesse avuto un buco.
Era triste e noioso masturbarsi.
Spesse volte si sentiva in colpa e sfigato a doversi ridurre a farsi le seghe ogni giorno; però non poteva fare altrimenti se non voleva soffrire di dolori atroci.
Si, sarebbe stato molto meglio fare sesso, avrebbe gradito molto di più infilarsi nel corpo di una donna o anche solo che la sua mano enorme e callosa fosse sostituita da una più delicata ed esile.
Gli sarebbe bastato anche solo quello, nonostante l'idea di avere qualcun altro con cui divertirsi, non limitandosi a una inutile sega, lo allettasse molto di più.
Era uno strazio, per il suo naso con un olfatto fin troppo sviluppato, stare a fianco di ragazze in piena fase di fecondazione.
Il loro odore, i loro feromoni, gli urlavano: ''Saltami adosso e sbranami; ingravidami come solo un cane da riproduzione seriale può fare.''
O, almeno, questo era quello che pensava lui.
Purtroppo non sapeva per niente approcciarsi con le ragazze; appena apriva bocca rischiava di essere preso a sberle.
Probabilmente lasciava circolare troppo sangue nelle parti basse e lasciava a secco il cervello.
Forse avrebbe dovuto farsi dare qualche dritta dall'Hokage: Kakashi sembrava saperci fare con le donne e, poi, era risaputo che fosse un pervertito cronico.
L'idea lo tentava ma allo stesso tempo lo faceva sentire un idiota.
Era imbarazzante dover chiedere aiuto a qualcuno per poter farsi una scopata.
Non era una persona troppo orgogliosa, però non poteva ridursi a elemosinare consigli spassionali ne tantomeno voleva trovarsi una donna solo per soddisfare i suoi bisogni.
Come ogni cane, anche lui era un coccolone.
Voleva una fidanzata con cui passare le sue giornate libere.
Aveva conosciuto una ragazza carina durante il viaggio che aveva compiuto con Shino alla ricerca del regalo di nozze di Naruto e Hinata; avevano iniziato a spedirsi delle lettere e conoscersi; quella era stata l'unica ragazza in tutta la sua vita che non lo avesse rifiutato.
Tamaki era una brava ragazza, dolce e carina, sembrava non aver alcun difetto (apparte il fatto che amasse i gatti), però non l'aveva preso quanto aveva sperato.
Per quanto fosse bisognoso di attenzioni, affetto e di una vagina, non era così disperato da accontentarsi di stare con una persona che non gli piaceva davvero, in più non voleva nemmeno prenderla in giro e farla soffrire; non era proprio il tipo di ragazzo che compieva gesti simili.
Trovarsi qualcuno di occasionale con cui scopare era un piano secondario, l'ultima spiaggia.
Purtroppo, però, nemmeno il piano B aveva funzionato, così aveva continuato a svuotarsi alla buona e vecchia maniera.
Dannato lui e i suoi sensi canini.
Se solo fosse stato un ragazzo normale probabilmente non avrebbe penato così tanto durante la sua adolescenza.
Oppure essere un cane del tutto; almeno avrebbe potuto montarsi anche le gambe delle persone senza troppe conseguenze.
Corruciò la fronte.
Forse questo non era del tutto vero: lui, Akamaru, lo prendeva a calci nel sedere quando tentava di fare cose del genere.
Si stiracchiò, portandosi le mani dietro alla testa, grugnendo.
Fuori pioveva e faceva fresco: non avrebbe avuto problemi ad addormentarsi.
Lo scrosciare continuo della pioggia era una melodia che lo aveva sempre rilassato parecchio.
Avrebbe dovuto ripulirsi prima di addormentarsi o la mattina dopo si sarebbe ritrovato tutte le lenzuola sporche e il corpo appiccicaticcio, però non ne aveva voglia.
Sentiva già i sensi assopirsi: il respiro stava rallentando e i percepiva i rumori sempre più ovattati.
Al diavolo le lenzuola e sua madre che puntualmente, quando si accorgeva che le lenzuola erano imbrattate di sperma, gli urlava contro.
Una ramanzina in più non gli avrebbe pesato; ormai c'era più che abituato.
Ben presto sarebbe andato a vivere da solo e non avrebbe più dovuto sopportare quella randagia isterica.
La casa sembrò tremare.
Un tuono violento aveva echeggiato in ogni angolo della sua stanza.
Il ragazzo era sobbalzato, sgranando gli occhi e mettendosi seduto sul letto.
Il suo cuore stava per avere un infarto.
Appoggiò la testa all'indietro, contro il muro.
Fece un grosso respiro portandosi la mano al petto, all'altezza del suo povero cuore.
Proprio durante il dormiveglia il cielo aveva deciso di tuonare.
Come minimo, ora, dopo quello spavento ci avrebbe messo del tempo prima di riprendere sonno.
Fece vagare gli occhi sul soffitto scuro, appena illuminato da alcuni luci artificiali provenienti dall'esterno.
Anche quella notte si era dimenticato di chiudere le persiane.
Ma chissene fregava; ormai nemmeno la luce del sole, alto e splendente nel cielo, di mezzogiorno lo svegliava.
Chissà se Akamaru stava bene; forse avrebbe dovuto farlo entrare in stanza: il cagnolone aveva piuttosto paura dei temporali.
Tese le orecchie: nessun lamento.
Forse, finalmente, dopo anni, aveva capito che era solo un rumore passeggero.
''Avrei tanto voluto farti spaventare io ma il tuono mi ha preceduta.''
Una voce femminile, flebile ma decisa, lo aveva messo sull'attenti.
Quella voce, non la sentiva da tanto, ma la conosceva dannatamente bene.
''Questa volta mi son impegnata a non interromperti e dire che ne è valsa la pena: un gran bello spettacolo.''
Una sagoma scura apparse da un angolo buio della camera di Kiba, avvicinandosi al suo letto.
Il ragazzo rimase immobile, seguendo i movimenti dell'intrusa con gli occhi.
La luce flebile, proveniente dall'esterno, la illuminò poco a poco, fino a renderla completamente visibile.
(T/N) sorrideva, o meglio ghignava, guardando dall'alto l'Inuzuka.
I capelli (C/C) erano fradici, come il resto dei suoi vestiti, e gocciolavano di tanto in tanto, a intervalli regolari.
''Bhe? Questa volta non ti copri? Non urli e non me ne dici di tutti i colori?" Parlò di nuovo la ragazza, inarcando un sopracciglio stranita dal comportamento stranamente pacato del ragazzo che si era limitato a fissarla con una espressione statica in volto, piegandosi un po' in avanti e puntellandogli il dito sul petto.
Di nuovo Kiba non parlò, non fece una smorfia, ne mosse un muscolo.
(T/N) lo fissò negli occhi che erano rimasti fissi su di lei sin dall'inizio.
''Forse avrei dovuto interromperti. Almeno saresti stato più reattivo.'' Brontolò, facendo scendere il dito lungo il suo addome, raggiungendo le piccole chiazze di sperma sparse su di esso.
Kiba le afferrò il polso e la tirò verso di sè, cingendole la schiena con l'altro braccio.
La ragazza non aveva avuto il tempo di reagire e si era lasciata trascinare contro il suo corpo nudo, confusa.
Aspettò un istante, rimanendo immobile tra le braccia del ragazzo, godendosi un poco il suo caldo corpo, prima di aprire di nuovo la bocca e parlare.
''Sei viva allora.
Sei viva e sei una fottuta bugiarda.'' La precedette il ragazzo, sciogliendo l'abbraccio e guardandola negli occhi con uno sguardo serio e cupo.
La sua voce era cambiata, era diversa da come se la ricordava, era molto più matura e maschile.
In realtà il ragazzo era cambiato parecchio anche fisicamente.
L'ultima volta che l'aveva visto erano stati due anni addietro, prima che scoppiasse la guerra.
La giovane sbattè le palpebre intontita, osservando il viso di Kiba tirato in una espressione rigida.
Se l'ultima volta aveva potuto constatare che non era più un bambino, questa volta poteva confermarlo e dire che era a tutti gli effetti un uomo.
(T/N) aveva allungato una mano verso il suo viso, alzandogli il mento ricoperto da una rada peluria scura.
''E questi quattro peli cosa mi rappresentano?" Disse con un risolino, schernendolo.
Il ragazzo non si scompose, non diede di matto, ne cambiò argomento.
Le afferrò la mano e la tirò di nuovo verso di sè, avvicinando i loro visi affinchè la potesse fissare, a distanza ravvicinata, negli occhi.
La ragazza rimase nuovamente stupita da questo suo comportamento, iniziando a temere che davvero Kiba fosse seriamente arrabbiato con lei.
''Mi avevi detto che saresti passata più spesso a trovarmi.'' Parlò, quindi, il moro, a denti stretti, fissando con gli occhi semichiusi e tesi l'altra.
''Invece non ti ho più vista, non ho più avuto notizie, niente di niente.
Razza di idiota, pensavo fossi morta.'' Ringhiò, alla fine, lasciandola libera di nuovo e schioccando la lingua sul palato, riappoggiandosi con la schiena al muro e guardando fuori dalla finestra, osservando un lampo che aveva diviso il cielo a metà.
Dopo quell'incontro, quel piacevole incontro, non aveva più avuto nessuna sua notizia.
C'era stata la guerra e molti ninja erano morti sacrificandosi.
Kiba aveva temuto per la vita della ragazza dopo che, una volta tornati a Konoha, erano passati altri mesi e la situazione non era cambiata.
Aveva persino discusso con l'Hokage per lei.
Era andato da Kakashi per chiedergli alcune informazioni su di lei ma l'uomo si era rifiutato di rispondergli; a quanto pareva non poteva divulgare alcuna informazione su chi faceva parte della squadra ANBU.
Lui aveva insistito, cercando di convincerlo, per lui era qualcosa di estremamente importante, ma non aveva ottenuto risposta.
Aveva quasi rischiato di essere scortato fuori di peso da due guardie tanto aveva alzato la voce in quell'ufficio.
(T/N) abbandonò il braccio, poco prima trattenuto in una presa ferrea, lungo il corpo, schiudendo di poco le labbra.
Kiba si era davvero preoccupato tanto per lei? Da come si era esposto sembrava essere stato parecchio in pensiero.
Si lasciò sfuggire un lieve sorriso anche se sapeva che la questione era molto seria: era felice che, nonostante tutto, tenesse a lei.
Aveva avuto un comportamento scorretto nei confronti di persone che le avevano sempre voluto bene ed erano state come una seconda famiglia per lei.
Anche la madre e la sorella di Kiba, che la conoscevano da quando era nata, si dovevano essere preoccupate parecchio non ricevendo alcuna notizia sul suo conto.
Strinse i pugni, afferrando tra le dita il tessuto fradicio e sgualcito dei pantaloni della divisa.
Aveva avuto più che una buona motivazione, per fare una cosa simile, ma non aveva voglia di parlarne proprio in quel momento.
Cercò di tirare ancor di più il sorriso, trasformandolo in un ghigno; doveva sviare il discorso e l'unico modo che conosceva per farlo era quello di prenderlo in giro e fargli perdere le staffe.
''Ti sono mancata così tanto, Kiba?
Ti deve essere piaciuto proprio tanto fare quello che abbiamo fatto la volta scorsa per volermi rivedere di nuovo, dopo che mi era stato urlato contro di sparire dalla tua vita.'' Lo incalzò, inarcando un sopracciglio e mantenendo quel finto ghigno di scherno sul volto umido.
Il ragazzo le prestò attenzione, scuotendo poi il capo e tirando le labbra mostrando i canini appuntiti.
''Tsk, fai la seria, per una volta, (T/N)." La riprese, per nulla colpito dalle sue parole.
Non intendeva più scascare nei suoi futili giochetti, soprattutto in quel momento in cui non era per nulla in vena di essere preso in giro.
La ragazza si sentì con le spalle al muro.
Era stupita, davvero.
Kiba era totalmente un'altra persona, si era persa troppo, non sapeva più niente di lui.
''E va bene, hai ragione, ho sbagliato.
Lo so che avrei dovuto farmi viva prima.'' Disse, alzando le mani in segno di resa e abbassando lo sguardo, mentre una goccia d'acqua le cadeva dal mento.
Kiba rilassò lo sguardo a quelle parole, osservando la figura minuta dell'amica d'infanzia avvolta nell'oscurità, aspettando che continuasse, che si spiegasse.
''Ma ho i miei motivi.
Adesso però, ti prego, non ne parliamo.
Sono appena tornata da una missione, sono fradicia e... Non mi va proprio di parlare di questo.'' Continuò, voltando di poco il volto a lato, osservando la stanza di Kiba che, seppur fosse in disordine, non lo era di certo come la volta scorsa.
Kiba sospirò, decidendo di rimandare il discorso, nonostante non fosse per nulla d'accordo con ciò; però non poteva cavarle le parole di bocca.
Se avesse insistito troppo se ne sarebbe andata e, chissà, se poi davvero l'avrebbe più rivista.
''Sei ferita?'' Le domandò, a questo punto, notando le condizioni poco ordinate e integre in cui era.
La divisa ANBU era lacera in diversi punti ma non sembravano esserci apparenti ferite.
Si sedette meglio sul letto, allungandosi verso di lei per scrutarla meglio.
''Nulla di grave mi sono già medicata.'' Rispose lei, scuotendo il capo, gocciolando di qua e di là.
''Fammi vedere.'' Insistette lui, cercando di capire in che punto si fosse fatta male.
La sentì sbuffare.
La ragazza allungò verso di lui la mano destra, non coperta dal guanto ma bensì da una fasciatura di un colore poco convincente.
Il ragazzo storse il naso; si vedeva che era una medicazione fatta di fretta e non curata.
Si allungò appena verso il comodino, accendendo d'apprima l'abajour e poi tirò fuori da un cassetto il kit di prontosoccorso che solitamente si portava dietro in missione.
La ragazza osservò il braccio dell'Inuzuka tendersi a lato e i muscoli dal'avambraccio alla schiena tirarsi perfettamente.
Le tolse la fascia sporca, dando un'occhiata al taglio che le percorreva il palmo per l'orizzontale: non sembrava essere messo troppo male, però se fosse stato disinfettato a tempo debito sarebbe stato meglio.
Iniziò a tamponare la ferita con del cotone inumidito con del disinfettante, cercando di essere il più delicato possibile.
''Wow, fai l'infermiere a tempo perso quando non ti seghi?" Domandò, molto simpaticamente, la ragazza, ridacchiando.
''Gez, sei sempre uguale.'' Constatò lui, lanciandole un rapido sguardo e scrollando le spalle.
In effetti, (T/N), non era cambiata molto in quei due anni: si era alzata di un poco ma a livello fisico non era cambiata molto.
E a livello caratteriale era sempre la solita stronza, irriverente e dispettosa.
''L'unica differenza è che puzzi di cane bagnato.'' Aggiunse, mostrando i canini appuntiti e un sorrisetto storto.
(T/N) non rispose, si limitò a sorridere ampiamente a sua volta, senza nemmeno accorgersi dei tocchi leggeri del ragazzo, troppo occupata a fare un check up completo al suo corpo.
Lui invece, era davvero cresciuto e nei migliori dei modi.
I suoi occhi non poterono non scendere tra le sue gambe.
Anche se aveva potuto verificare già pochi minuti prima che il ragazzo si era sviluppato anche lì.
D'istinto strizzò gli occhi e tirò indietro alla mano quando una fitta di dolore le si propagò per tutto il braccio.
Kiba aveva premuto di più su un angolo, facendole male.
''Ahia.'' Si lamentò pacamente poco dopo, guardando in faccia l'Inuzuka che era da un po' che la fissava mentre lei lo scrutava da cima a fondo.
(T/N) si rese conto di essere stata colta in fragrante e roteò gli occhi, borbottando qualcosa tra sè per scacciare via l'imbarazzo che non voleva mostrare.
''Ti piace quello che vedi?" Domandò, d'un tratto, con un sorriso furbo, iniziando a fasciarle la mano lentamente con una garza sottile.
''Bhe, sei cambiato parecchio.
Sei davvero...cresciuto.'' Scandì l'ultima parola, inarcando le sopracciglia e cercando di non riabbassare di nuovo lo sguardo o, almeno, di non farsi beccare di nuovo.
La ragazza strinse la mano e la riaprì, guardando la candida benda bianca che le ricopriva l'arto ferito.
''Chi è il cane arrapato ora?" La schernì lui, con un ghigno, rimettendo a posto il kit medico e tornando poi a fissarla, seduto con una gamba piegata e l'altra a penzoloni giù dal letto e le braccia incrociate, con fare superiore.
La (mora/bionda/rossa..) si schioccò la lingua sul palato, emettendo poi uno sbuffo.
Assottigliò lo sguardo, puntandogli i suoi occhi (C/C) addosso, con durezza.
''Mi stai dando della cagna, Inuzuka?" Domandò, con uno sguardo serio e rigido e un tono di voce per nulla rassicurante.
Il ghigno sul volto del ragazzo andò velocemente a scemare.
Ovviamente non intendeva dire una cosa del genere, voleva solo prenderla in giro con le sue stesse parole.
''N-no, io...non volevo dire questo.
Volevo...ahm...io, ecco...'' Non sapeva cosa dire per spiegarsi.
Si agitò, iniziando a gesticolare e finendo per emettere un sospiro disperato e passarsi una mano sul retro del collo teso.
Come al solito rovinava tutto con la sua boccaccia larga.
(T/N) dovette trattenere un sorriso sincero, riconoscendo finalmente il Kiba sciocco e imbranato di sempre.
Poi si alzò, mettendosi in piedi davanti al letto.
''Cosa fai? Te ne vuoi andare?'' Chiese, seguendola con lo sguardo e mettendosi seduto ben dritto sul letto, pronto a riafferrarla prima che potesse anche solo fare un passo.
Sapeva di essere un idiota sfigato che non sapeva approcciarsi con le ragazze; come poteva aver pensato di fare una battuta simile proprio a (T/N) poi?
''Mi tolgo i vestiti, non voglio bagnarti il letto.
O meglio, non voglio farlo in questo modo.'' Gli rispose lei, con un tono saccente, iniziando a slaccirsi le protezioni sugli avanbracci e sghignazzando.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, incredulo a quello che aveva sentito.
Quindi non era arrabbiata? L'aveva solo fatto prendere male per nulla?
Quella ragazza era davvero complicata da decifrare.
La conferma di ciò che aveva appena pensato gli arrivò poco dopo.
''Awww, Ki-baka, sei così carino quando sei impanicato.'' Lo schernì (T/N), lasciando cadere a terra la maglia che si era appena sfilata.
I seni erano stretti in delle fasciature, mentre il resto del corpo era ormai stato liberato dagli indumenti fradici.
Altre cicatrici erano andate ad adornare il corpo della ragazza; erano segni di battaglie andate male, fallimenti, missioni incompiute, azioni sconsiderate che le erano costate quasi la vita.
L'Inuzuka che si era perso, assistendo allo spogliarello frettoloso, aveva mostrato i canini in un ringhio.
''Smettila di chiamarmi in quel modo." Ribattè lui, allungando un braccio verso di lei e afferrandola per un polso, tirandola poi sul letto.
L'ANBU si lasciò trascinare, finendo tra le gambe del moro.
''Itch, fai piano, sono tutta dolorante.'' Lo riprese, stringendo i denti e aggrappandosi alle sue spalle.
''Per fare sesso non sei dolorante, però." Ghignò lui, passandole le mani sulla schiena, tastando la sua pelle umida e fredda, fino a quando non raggiunse il lembo stretto in un nodo della fasciatura.
La ragazza rabbrividì al tocco, inarcando appena la schiena e lasciando che le mani calde di Kiba la scaldassero.
Poco dopo anche quell'inutile strato di tessuto venne fatto cadere a terra, lasciando liberi i seni.
''Dio, sei congelata; stai tremando.'' Parlò di nuovo il ragazzo, con un tono di voce più basso e dolce, avvicinando di più (T/N) a sè, spingendola contro il suo petto.
Lei trattenne il fiato, presa alla sprovvista, di nuovo, da quel gesto d'affetto inaspettato.
Non era abituata a ricevere affetto, tantomeno da Kiba con cui aveva sempre avuto un rapporto conflittuale.
Era strano, ma allo stesso tempo piacevole.
Il suo corpo le trasmetteva calore e la riscaldava e il suo profumo le inebriava le narici.
Eppure una parte di lei si sentiva a disagio.
''Sono venuta apposta da te per riscaldarmi nel migliore dei modi.'' Sussurrò, di risposta, cercando di sfuggire dall'abbraccio ferreo dell'Inuzuka, il quale non apprezzo del tutto quelle parole.
Questo significava che era tornata solo perchè voleva far sesso con lui? Era stato soltanto per un capriccio simile che si era fatta viva di nuovo?
Kiba era confuso, in realtà lo era da quel giorno in cui avevano avuto il loro primo rapporto.
Da quello che aveva capito piaceva, e anche da parecchio tempo, a (T/N) eppure non la ragazza non si comportava come si comportano le ragazze innamorate di qualcuno.
Certo, era sempre stata particolare, diversa da tutte le altre bambine e, con il passare degli anni, era diventata sempre più complicata da capire.
Non che Kiba si fosse mai preoccupato di impegnarsi a decifrarla; non gli era mai importato, o almeno così aveva creduto fino a quel giorno, di lei.
Forse era lui quello che si stava facendo troppi problemi per nulla, che aveva capito male ogni cosa; conoscendo le sue scarse doti di approccio con le donne doveva essere così.
Eppure, proprio come un cane, era un ragazzo piuttosto empatico e comprensivo; non riusciva a giustificare questo suo deficit.
Le labbra di (T/N) si premettero sul suo collo, facendolo tornare nella realtà; un brivido gli percorse la schiena, facendogli drizzare ogni pelo che aveva sul corpo.
Un altro bacio umido, poi un altro e un altro ancora.
Il ragazzo sospirò, socchiudendo gli occhi e abbandonandosi alla piacevole sensazione.
Nonostante continuasse a voler mettere in chiaro le cose, scoprire per quale motivo (T/N) si comportasse in modo ancor più strano del solito, non aveva intenzione di tirarsi indietro: non poteva sprecare l'unica occasione che aveva di fare sesso.
Si, era davvero un caso disperato, lo sapeva e si vergognava talvolta, ma sarebbe stato da stupidi rifiutare.
Quante volte gli era capitato, durante le sue sessioni di masturbazione, di ripensare a quella notte; era il suo scenario preferito, la cosa più eccitante che avesse mai fatto.
Dire che aveva sperato vivamente di replicare quella serata era poco.
La ragazza aveva dato un morso leggero sulla pelle bronzea del collo dell'Inuzuka, lambendo con la lingua quella parte sensibile, mentre le sue mani vagavano sapientemente e con leggerezza sulla schiena.
Un mugolio di apprezzamento le giunse alle orecchie facendola sorridere furbamente.
Kiba era rimasto con il viso infossato nel collo di lei, lasciandosi assaggiare senza obiezioni.
La mano sana della ragazza gli andò ad arpionare i capelli, facendogli tirare indietro la testa.
L'Inuzuka ringhiò, afferrato con fermezza, indispettito dall'essere stato interrotto mentre si godeva quelle carezze infuocate.
I canini bianchi e appuntiti spiccavano luccicanti tra gli altri, mentre le labbra tese tremavano appena lungo i lati.
''A cuccia.'' Sussurrò lei, a fior di labbra, a distanza ravvicinata.
Non appena Kiba capì le intenzioni dell'altra, tornò composto, richiudendo la bocca, aspettando pazientemente che lei si avvicinasse di più.
Senza farsi pregare, anche lei vogliosa di baciarlo, (T/N) si sporse verso di lui, unendo le loro labbra.
Uno schioccò risuonò nella stanza, seguito da un sospiro di solievo, da parte del moro, che subito dopo strinse di più la ragazza tra le braccia e si infilò velocemente nella sua bocca, dando il via a un bacio frettoloso e poco casto.
L'ANBU lo assecondò, sciogliendo la presa sui suoi capelli e limitandosi a tenerlo per la testa con la mano aperta, passando di tanto in tanto le dita tra i ciuffi mossi.
Le loro lingue si cercavano fameliche, muovendosi sincronizzate l'una intorno all'altra.
Quel bacio era pura voglia di sentire l'altro, di riprovare una sensazione di abbandono e calore che non sentivano da tempo.
Smettevano di baciarsi solo per mordersi violentemente le labbra, tirandole e succhiandole, fino a farle quasi sanguinare.
I denti appuntiti di Kiba si conficcavano piacevolmente nelle tenere labbra di (T/N); ben presto anche il resto del suo corpo avrebbe avuto i segni del suo passaggio.
L'ossigeno ormai era un elemento superficiale per la loro vita; vivevano dei loro sospiri sconnessi.
Il ragazzo si staccò per primo, non per mancanza di fiato, ma per ambire a qualcosa di migliore e per poter ricambiare il favore di poco prima.
Lasciò una scia di baci umidi e caldi sulla mandibola della ragazza, fino ad arrivare al collo sottile e tenero su cui si fiondò, andando a torturarlo per bene.
Il primo gemito lasciò le labbra di (T/N) che socchiuse gli occhi quando l'Inuzuka tirò un lembo di pelle tra i denti, facendolo arrossare.
Le mani di Kiba vagano sul suo freddo corpo avidamente, senza una meta precisa, fermandosi di tanto in tanto a scaldare i punti più freddi.
La ragazza si sentì sempre di più costretta a indietreggiare; Kiba la stava lentamente costringendo a sdraiarsi, ma quello non era ciò che lei voleva.
Fece resistenza, tenendolo per le spalle e spingendolo contro lo schienale del letto, sovrastandolo con il suo peso.
Il ragazzo la guardò un istante, con la bocca semiaperta e gli occhi annebbiati dalla lussuria, tenendola per i fianchi.
(T/N) tra le sue gambe aveva ghignato, facendo scorrese le dita sul suo petto, scendendo verso l'addome ancora sporco in alcuni punti di sperma.
''Sei già di nuovo duro, Inuzuka.'' Gli fece notare, per nulla sorpresa, sfiorando l'intimità prorumpente.
''Credevi che non sarei stato in grado di avere un'altra erezione in un lasso di tempo così breve?" Rispose lui, di rimando, sogghignando e fissandola intensamente negli occhi.
Lui era sempre eccitato; anche se pochi minuti prima aveva avuto un orgasmo non significava che era del tutto sodisfatto, anzi non lo era mai dopo un solo amplesso.
La ragazza si limitò a ricambiare lo sguardo di fuoco.
Kiba era un cane arrapato ma lei non era da meno.
Da quando silenziosamente lo aveva osservato mentre si masturbava aveva sentito la sua femminilità inumidirsi ogni secondo di più; era stato straziante limitarsi a osservalo e non interroperlo saltandogli direttamente addosso per stringere i tempi e ottenere subito quello che entrambi volevano.
Portò lentamente la mano buona intorno all'erezione, iniziando a muoverla delicatamente, non riuscendo a contenere la circonferenza tra le dita.
L'altro, abbandonò la testa contro il muro, osservando di sottecchi la giovane intenta a masturbarlo, piuttosto concentrata.
Farsi toccare così da qualcun altro era molto più piacevole di quando lo faceva da solo.
Le dita sottili e fredde della ragazza erano molto più delicate e leggere delle sue e i suoi movimenti meno frettolosi e rudi.
Si morse il labbro inferiore, mentre faceva vagare lo sguardo sul corpo nudo dell'altra.
In quella posizione, con le gambe semiaperte, riusciva a vedere la sua femminilità che spriogionava un profumino dannatamente invitante.
Se si concentrava poteva percepire il gusto acre e pungente, leggermente salato.
Quante volte aveva fantasticato sul ricordo di quando l'aveva assaggiata.
La ragazza alzò per un istante lo sguardo, lanciando un'occhiata a Kiba che la stava osservando attentamente.
Ridacchiò, allungandosi nuovo verso di lui per baciarlo, continuando il movimento fluido della sua mano intorno al suo membro eretto.
Quel bacio durò ben poco: la ragazza iniziò a discendere sempre di più con le labbra, passando per la mandibola, poi per il collo, per il petto e per l'addome.
Una scia di baci caldi e umidi sul suo corpo bollente e rigido, che si tendeva sempre di più al suo passaggio.
Gli occhi di Kiba si illuminarono quando capì che cosa sarebbe successo; respirò velocemente, irrequieto, aspettando che l'altra raggiungesse il suo pube.
(T/N) alzò gi occhi verso di lui, mentre la sua lingua lambiva gli addominali velati da uno strato appiccicaticcio di sperma, notando quanto si fosse sovraeccitato Kiba all'idea di farsi succhiare l'uccello.
Lo sentì deglutire rumorosamente e trattenere il respiro per un istante quando con la lingua gli sfiorò la sommità dell'erezione e la mosse piano avanti e indietro, mentre la sua mano continuava a muoversi intorno alla lunghezza.
Anche se non lo lasciava a vedere, anche (T/N) era nervosa; come era la prima volta per Kiba lo era anche per lei.
L'altra volta aveva preso le redini della situazione il ragazzo; era stata l'unica volta che non si era comportato goffamente e aveva svolto il suo dovere nei migliori dei modi.
Questa volta era il suo turno e non intendeva essere da meno.
Poggiò le labbra sulla sommità, iniziando a inglobarla tra di esse, inumidendola con la saliva e muovendo la lingua.
Kiba si irrigidì, sentendo già una forte sensazione di umido e caldo.
La ragazza si spinse ancor più verso il pube, prendendo in bocca un altro pezzo del membro, raggiungendo la metà.
La sua mano ricopriva il resto e continuava a muoversi lentamente dandogli piacere.
Non era sicura di riuscir a inglobare tutta la lunghezza ma ci avrebbe provato.
Cercò di ignorare il fastidio e il senso di soffocamento, impegnandosi a fare il suo meglio.
Kiba mugulò, tirando ogni muscolo del suo corpo, quando si sentì completamente avvolto dal calore della cavità orale della ragazza, stringendo gli occhi e respirando velocemente.
(T/N) si sentì mancare il fiato, sentiva la gola ustruita e aveva un leggero senso di rigetto.
Ignorò queste spiacevoli sensazioni, iniziando a muovere la testa su e giù, ripetendo il movimento più volte, aiutandosi con la mano di tanto in tanto.
Il membro di Kiba, ormai ben lubrificato dalla saliva, scivolava molto più facilmente tra le sue labbra e faceva molto meno fatica a essere soddisfatto in tutta la sua lunghezza.
Preso ormai il ritmo, (T/N) aveva iniziato a muovere anche la lingua coordinatamente, soffermandosi spesso sulla cappella arrossata.
Il moro stava completamente impazzendo: i suoi occhi erano stretti in due fessure, la bocca era spalancata e il viso contorto in una espressione di completo piacere.
Il petto si alzava e abbassava velocemente e dalle sue labbra continuavano a uscire rantoli e gemiti rochi.
Se solo avesse potuto essere appagato in quel modo tutti i giorni, probabilmente sarebbe stato felice di essere un cane arrapato, quale era.
Si passò una mano in faccia, spostandosi poi indietro i capelli.
Emise un ringhio a denti stretti; sarebbe venuto a breve se avesse continuato così.
La visione di (T/N) inginocchiata tra le sue gambe, sottomessa, a soddisfarlo, era davvero la cigliegina sulla torta.
La ragazza a sua volta sembrava piuttosto soddisfatta del suo operato e più Kiba le dava conferma di star facendo bene, con i suoi gemiti e le sue espressioni facciali, più lei voleva fare di più.
Sarebbe andata avanti ancora molto volentieri, ormai a suo agio, ma anche lei aveva dei bisogni urgenti da soddisfare.
Diede l'ultima lappata, prima di alzare il capo e ritirarsi ben dritta, raccogliendo un filo di saliva che univa le sue labbra al membro del ragazzo.
Si passò poi la lingua sulle labbra, per ripulisi ancora dai rimasugli di saliva.
Kiba annaspò, lanciandosi scivolare sul letto, sdraiandosi a pancia all'aria.
''Non dirmi che sei stanco o stufo, Kiba-bau; non hai fatto nulla." Lo riprese lei, scherzosamente, dandosi una maggiore pulita al viso con il dorso della mano.
Il ragazzo la fulminò con lo sguardo, allungandosi appena per afferrarle il polso e tirarsela addosso.
I loro corpi fecero attrito ed entrambi sussultarono a quel contatto.
''Ohw...Ki-iba ti avevo detto di fare piano, sono tutta dolorante.'' Sospirò lei, cercando di tirarsi su, poggiando le mani sul petto del ragazzo, che si abbassava e alzava velocemente.
''Allora, se non vuoi che ti disrugga del tutto, conviene che sia tu a scoparmi questa volta.'' Rispose l'altro, afferrandole il viso con le mani e spostandole alcuni ciuffi di capelli umidi da davanti al viso.
I loro occhi languidi di incrociarono per un breve istante, prima che (T/N) si scostò, cercando di nascondere l'imbarazzo che le avevano suscitato le parole e il modo in cui Kiba l'aveva guardata.
''Come vuoi ma vedi di non venire subito.'' Borbottò lei, prima di sollevarsi da sopra di lui e posizionarsi a cavalcioni sul suo bacino.
Kiba la guardò di nuovo dal basso, aspettando che la ragazza si autopenetrasse; non avrebbe mosso un dito quel giorno, avrebbe lasciato fare tutto a lei.
L'ANBU afferrò l'erezione del ragazzo con una mano, strofinandola sulla sua entrata più volte e emettendo piccoli sospiri.
''Sentendo quanto sei bagnata ci sono più probabilità che sarai tu a venire per prima.'' La stuzzicò lui, con un ghigno sadico sul volto, allungando le mani verso le sue cosce e lasciandole qualche carezza leggera.
La ragazza assottigliò lo sguardo su di lui, schioccando la lingua sul palato.
''La prossima volta te lo stacco a morsi.'' Ringhiò, lasciandosi poi sfuggire un gemito, quando Kiba alzò di poco il bacino e il suo membro violò per il primo tratto della sua entrata.
La ragazza lasciò scivolare il resto della lunghezza in lei, inarcando di poco la schiena e gemendo piano quando finalmente non si sentì più vuota.
''L-la prossima volta? Quando sarà? Tra altri due anni?" Ribattè nuovamente l'Inuzuka, in un sospiro di piacere, stringendo tra le dita la carne soffice delle cosce di (T/N)
Questa frase fece sgranare gli occhi e far dimenticare per un istante di star facendo sesso alla ragazza.
Una prossima volta?
Guardò il ragazzo, il quale aveva anch'esso un'espressione più seria in viso, sentendosi mancare le parole per rispondergli propriamente.
Non ci voleva pensare, non doveva pensarci; l'unica cosa che doveva fare ora era godersi il momento.
''Stai zitto o questa sarà l'ultima.'' Si limitò a dire, iniziando a muovere il bacino avanti e indietro, appoggiando le mani sullo sterno del ragazzo per avere sostegno.
Kiba emise un gemito strozzato, socchiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dai movimenti coordinati di (T/N).
La stanza si riempì dei loro gemiti, accompagnati dal rumore della pioggia incessante.
I corpi accaldati, erano appena illuminati dalla luce dell'abajour e, di tanto in tanto, dai lampi che si scaglionavano nel cielo torbido.
Il letto scricchiolava, sotto i movimenti continui dettati dalla ragazza che rallentava o aumentava il ritmo a suo piacere.
Kiba la osservava distrattamente dal basso, faticando a tenere gli occhi aperti.
Al contrario, teneva la bocca spalancata, alla ricerca di aria, lasciando libero sfogo alle sue corde vocali.
L'ANBU si morse il labbro quando riuscì a trovare l'angolazione giusta, posizionandosi meglio.
Si spostò dietro alle orecchie i capelli scomposti, lanciando un'occhiata al ragazzo sotto di sè che sorrise, ghignante.
Gli afferrò entrambe le mani, portandosele sui seni, i quali vennero afferrati all'istante.
Ricominciò a muoversi sapientemente, incrementando la velocità e andando a colpire più volte il suo punto più delicato.
Ogni spinta li portava sempre più vicini all'orgasmo.
(T/N) aveva il corpo dolorante, eppure non riusciva a smettere di muoversi sopra di lui, troppo asuefatta dal piacere.
Le menti annebbiate avevano smesso di ragionare da tempo; ciò a cui pensavano in quel momento era solo godersi quella sensazione così calda e piacevole.
L'Inuzuka fece vagare le sue mani sul corpo della ragazza, raggiungendo i fianchi e assecondandola nei movimenti.
Ansimava pesantemente, gemeva, si contorceva sopra di lui, dandogli una visione così diversa da quella che aveva di solito di lei.
Un sospiro più profondo gli fece capire che era giunta quasi al limite.
Decise di darle una mano; era palesemente sfinita.
Tenendola stretta per i fianchi iniziò a dare alcuni colpi di bacino a sua volta.
Alzandolo e abbassandolo, entrando e uscendo da lei che sgranò gli occhi, boccheggiando.
''Lì...Ki-iba..." Riuscì a dire, mentre si teneva salda a lui, affondando le unghie nei suoi addominali.
Il ragazzo emise un ringhio, dando le ultime spinte scoordinatamente, fino a quando non sentì l'antro della ragazza stringersi intorno al suo membro.
(T/N) si staccò da lui, portandosi le mani alla bocca per sopprimere un gemito fin troppo acuto, serrando gli occhi.
L'altro si irrigidì, abbandonandosi sul letto e inarcando la testa all'indietro, vedendo il soffitto, appena illuminato, muoversi vorticosamente.
(T/N) si accasciò su di lui, respirando faticosamente, cercando di rilassarsi.
L'orgasmo era stato intenso per entrambi, erano venuti insieme rendendo l'amplesso ancora più unico e speciale.
Si lasciò scivolare a lato, sdraiandosi a sua volta sul materasso, guardando con gli occhi socchiusi le ombre proiettate sul soffitto.
Voltò la testa di lato, guardando verso la finestra.
Fuori pioveva ancora, ma non forte come quando era rientrata a Konoha.
''Non andare via.'' Sentì dire flebilmente, prima che la sua vita venne circondata da un braccio e il respiro caldo e più calmo di Kiba le solleticò il collo.
Il ragazzo le si era avvicinato, si era aggrappato a lei, strofinando il viso nell'incavo del suo collo.
Con gli occhi chiusi e un sorriso leggero sulle labbra, si era accoccolato, cercando un minimo di contatto fisico e un po' di calore.
''Sono un cane no? Fammi le coccole...'' Mugugnò di nuovo l'Inuzuka, prima di assopirsi lentamente, stremato dal duplice orgasmo di quella sera.
La ragazza trattenne il fiato, sentendosi il cuore battere all'impazzata.
Abbassò gli occhi sulla testa mora, percependo il suo respiro caldo e regolare sulla pelle.
Con gli occhi sgranati guardava distrattamente il soffitto, con il cuore scaldato da quelle parole ma allo stesso tempo a pezzi, distrutto.
Per quanto l'idea di stare nel letto con lui, abbracciati, dormire e poi svegliarsi insieme ancora nella stessa posizione in cui si erano addormentati, l'allettasse, non poteva rimanere.
Passò una mano tra i capelli mossi e scompigliati del ragazzo un paio di volte, avvicinando di più il viso alla sua testa.
Lui mugugnò qualcosa, sfregandosi di più contro di lei.
La barbetta rada che aveva sul mento le grattò appena il collo.
Sospirò, lasciandogli un bacio sulla tempia, prima di cercare di sfuggire con lentezza, per non svegliarlo, dalla sua presa salda.
Piano piano riuscì a sgusciare fuori dal letto, senza fare troppo rumore.
In piedi, davanti al letto, diede un'occhiata veloce al ragazzo che girato su un fianco dormiva beato.
Raccattò da terra il lenzuolo stropicciato, andando ad adagiarglielo delicatamente sul corpo nudo, fino a coprirgli l'addome.
Sorrise debolmente, guardando l'espressione tranquilla e rilassata sul suo viso.
Raccolse anche i vestiti fradici da terra, per nulla contenta di doverli indossare; avrebbe preferito rimanere nuda nel letto con lui e scaldarsi contro il suo corpo accogliente, invece doveva rimettersi quei vestiti zuppi che puzzavano di morte e acqua.
Senza pensarci troppo, prima che l'idea di infilarsi di nuovo nel letto la sopraffasse, si rivestì.
Dopo essersi messa le scarpe emise un sospiro sconsolato, puntando, di nuovo, i suoi occhi (C/O) sul ragazzo.
Lo amava, lo amava da impazzire.
L'aveva sempre amato, indipendentemente da ciò che le aveva detto Tsume, condizionandola e facendo si che il suo amore per Kiba crescesse a dismisura.
Conosceva Kiba meglio di chiunque altro, sapeva qualsiasi cosa su di lui; a partire dal suo piatto preferito fino alle sue abitudini più banali.
Ed era proprio perchè lo conosceva così bene che sapeva che tra loro due non poteva esserci nulla, se non un rapporto di contrasto.
Sarebbe stata solo un peso per lui, l'avrebbe solo assillato con tutto il suo amore, come aveva sempre fatto, in maniera sbagliata, ma gli era sempre stato addosso.
L'aveva portato allo sfinimento più e più volte, si era fatta odiare.
Ma nonostante le parole rabbiose di Kiba, nonostante gli insulti che si era presa, non aveva mai fatto nulla per cambiare, ne si era lasciata offendere da quelle parole che per lei non avevano un peso.
Lei non era mai stata capace di dimostrare affetto nel modo giusto, ne sapeva trattenersi.
Ciò che provava, pensava, usciva senza che nemmeno se ne accorgesse, talvolte esagerando.
E l'aveva capito, dopo anni di comportamenti scorretti e inappropriati che ciò era un'arma a doppio taglio.
L'aveva provato sulla sua pelle più volte.
Entrata negli ANBU aveva capito molto.
Dopo essere diventata un'assassina, aveva compreso tutto.
Se non era mai stata capace di comportarsi come tutte le altre bambine era perchè lei non era come loro e non si sarebbe mai trovata nel loro mondo.
Non sarebbe mai stata in grado di rendere felice Kiba.
Quel ragazzo era troppo buono e genuino per lei, si meritava qualcuno simile a lui.
Lei l'avrebbe solo schiacciato, oppresso, come aveva sempre fatto.
E non avrebbe minimamente dato peso, se mai avesse cercato di allontanarla, alle sue parole; perchè lei lo amava e lo avrebbe sempre amato.
Sapeva di essere ossessiva, ne era ben consapevole ed era per questo che doveva stargli lontano.
Arruolarsi negli ANBU era stata la scelta giusta.
L'aveva tenuta lontana da lui per anni e l'aveva fatta maturare in fretta.
Quando l'aveva rivisto, cresciuto, sorridente e spensierato con i suoi nuovi amici, non aveva avuto il coraggio di risaltargli addosso e rovinargli di nuovo la vita.
Aveva resistito, aveva lasciato passare gli anni, facendogli visita santuariamente, sapendo che non sarebbe stata gradita, limitandosi a vederlo per pochi istanti.
Purtroppo, però, più cresceva, più il tempo passava, più il sentimento iniziava ad avere un peso diverso.
E nonostante gli anni trascorsi lontana da lui, era rimasto sempre intenso.
Se solo quel giorno non avesse visto quella scena, se solo non avesse dato retta al suo corpo, probabilmente non sarebbe successo nulla e non avrebbe nemmeno mai pensato di approfittarsi di lui.
Perchè era quello che aveva fatto, per due volte; si era approfittata della sua ingenuità (e del suo perenne stato di eccitazione).
Si era ripromessa, dopo quel giorno, di non andare più a disturbalo, di non rientrare nella sua vita.
Era stato un caso isolato, non avrebbe avuto alcun peso per nessuno dei due; questo era quello che aveva cercato di inculcarsi in testa, nonostante sapesse che non sarebbe mai stato così.
Sapeva che Kiba avrebbe passato giorni e notti a pensare a ciò che aveva fatto e a chiedersi ora in che situazione fossero e, che, lei, aveva solo peggiorato la sua situazione: stargli lontano dopo aver condiviso qualcosa di così importante, sarebbe stato ancor più difficile.
Ce l'aveva fatta, aveva resistito per ben due anni.
Sapeva che era stato un gesto vile non far avere più notizie alla famiglia Inuzuka, che l'aveva sempre ritenuta un membro importante, ma era stato l'unico modo.
Purtroppo, però, quel giorno era stato troppo duro, straziante.
La missione che aveva portato a termine, nei peggiori dei modi, l'aveva lacerata.
Aveva avuto bisogno di distrarsi, di lasciarsi andare, di stare bene e l'unica persona che sarebbe stata in grado di renderle la nottata meno pesante era Kiba.
Se non fosse stata così debole avrebbe potuto risparmiarsi di apparire e scomparire di nuovo dalla sua vita in quel modo, senza dargli spiegazioni.
Se solo fosse stata più attenta, più risoluta, avrebbe evitato di creare altri problemi al ragazzo.
Strinse i pugni lungo i fianchi, storcendo il naso per il dolore, dimenticatasi di avere una ferita aperta.
Ormai il danno era fatto, doveva solo attenersi a ciò che si era promessa di fare per rimediare: sparire e non tornare, questa volta, mai più.
Diede uno sguardo alla stanza di Kiba, meno in disordine di quanto pensasse.
Kiba sembrava essere maturato e diventato anche più ordinato.
L'occhio le cadde sulla scrivania, sulla quale erano sparse buste e lettere.
Aggrottò la fronte, avvicinandosi.
Da quando quello sgrammaticato si metteva a scrivere delle lettere e, soprattutto a chi?
Non riuscì a non farsi gli affari propri, come sempre quando si trattava di Kiba.
Afferrò uno dei fogli tra le mani, assottigliando lo sguardo per poter leggerne il contenuto.
Era una lettera di una ragazza, una certa Tamaki.
Sembrava una ragazza dolce e a modo da come scriveva, con in comune un paio di passione con Kiba, come quella per gli animali.
Sembravano andare d'accordo; perchè quello stupido aveva fatto sesso con lei se si stava frequentando con quella brava ragazza?
Faceva male sapere che stava conoscendo qualcuno, ma d'altronde, prima o poi sarebbe accaduto.
Quando aveva saputo per la cotta verso Hinata non ci sveva dato troppo peso: sapeva che la Hyuga aveva occhi solo per la Forza Portante del Nove Code e che, come lei, non avrebbe mai amato nessun altro al di fuori di colui per cui aveva una cotta da sempre.
Ripose la lettera come l'aveva trovata, ridirigendosi verso il letto.
Kiba continuava a dormire profondamente, sempre nella stessa posizione, con la bocca spalancata e i canini sporgenti in bella vista.
Sarebbe stata ore a guardalo, le sarebbe bastato solo quello: guardarlo essere felice, felice senza di lei, per alleggerirsi il cuore.
Purtroppo però sapeva che non sarebbe stata in grado di mantenersi a distanza per molto se gli fosse stata così vicino.
Si sentì una guancia scaldarsi al passaggio di una goccia solitaria.
Velocemente si pulì con il dorso della mano, ripetendosi mentalmente che era solo una goccia d'acqua colata dai suoi capelli.
Non era una lacrima, non stava per piangere, non aveva gli occhi lucidi e quel fastidioso pizzicorio alla gola non era nient'altro che un po' di influenza.
Basta, non poteva trattenersi ancora o sarebbe crollata e avrebbe infastidito il sonno dell'amato.
Si diresse alla finestra, aprendola piano e quanto bastava per sgusciare fuori.
L'aria fredda e la pioggia la colpirono nell'immediato, facendola rabbrividire.
Si richiuse alle spalle la finestra e senza più voltarsi a guardare Kiba, sparì, nelle tenebre sotto la pioggia.
Akamaru abbaiò, sfregando il muso e le zampe contro la porta della stanza del padrone, sperando che il ragazzo lo sentisse.
Kiba si rigirò nel letto, allungando il braccio dal lato opposto, borbottando qualcosa.
La sua mano trovò il materasso freddo ad accoglierla.
Strinse gli occhi, tirando le labbra, in dormiveglia.
Non sapeva perchè stesse facendo quei movimenti, non aveva ancora accesso il cervello, però gli erano venuti naturali.
Si rigirò di nuovo, continuando a tastare il letto, alla ricerca di un altro corpo.
Sospirò, aprendo piano gli occhi, strofinandoseli poi con il dorso di una mano.
Era sveglio, era lucido; era nel letto da solo, (T/N) non c'era.
Fece vagare distrattamente gli occhi appicciati nella stanza illuminata dal sole già alto e splendente nel cielo.
Doveva già essere piuttosto tardi, la sua stanza era fin troppo illuminata per essere l'alba.
Emise un sospiro, tirandosi seduto sul letto e voltandosi di lato per appoggiare i piedi a terra.
Aveva dormito bene, come un sasso, era riposato e non aveva nessuna erezione mattutina, stranamente.
Il suo umore, nonostante tutto, non era dei migliori; come poteva esserlo, visto che si era addormentato stretto a (T/N) e si era svegliato da solo?
Le aveva chiesto esplicitamente di restare, le aveva fatto capire che gradiva la sua compagnia e che non la considerava solo una persona con cui fare sesso, eppure lei se ne era andata.
Era confuso; proprio non riusciva a capire perché (T/N) si comportasse così, perchè fuggisse ogni volta.
Quella notte, poi, le era sembrata particolarmente irrequieta; doveva essere successo qualcosa di grave in missione.
Si passò una mano tra i capelli, appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia, facendo perno, e appoggiando tra le mani il viso.
Quella situazione non gli stava bene e non lo convinceva.
Si sentiva stupido e inutile perchè non sapeva cosa fare per avere risposte e rendersi utile.
Avrebbe dovuto insistere di più e farsi dire cosa stava succedendo invece di lasciarsi sedurre e rimandare il discorso a mai più.
Kiba si chiedeva quando e se mai avrebbe più rivisto la ragazza.
Il cane mugulò, poi abbaiò di nuovo, continuando incessantemente a provare ad aprire la porta che dopo qualche istante venne spalancata, irruentemente, da Tsume Inuzuka che con un'espressione irata sul volto, aveva fatto irruzione, come a suo solito, nella camera del figlio.
''Razza di idiota! Sono minuti che Akamaru sta abbaiando, possibile che tu non l'abbia sentito!'' Strillò la donna, avvicinandosi al figlio pericolosamente, pensando di trovarlo ancora addormentato.
Il ragazzo non si mosse, ne parlò; continuò a fissare il pavimento immerso nei suoi pensieri, nonostante, anche il cagnolone fosse andato a infastidirlo, facendogli le feste.
''Bhe? Perchè quella faccia?'' Parlò di nuovo Tsume, inarcando un sopracciglio e portandosi le mani sui fianchi, stranita nel vedere il figlio già sveglio e soprattutto così pensieroso.
Arricciò il naso, facendo un grosso respiro, sniffando l'aria viziata che aleggiava in quella stanza; bastarono pochi secondi a rendere chiara la situazione alla mora.
Dopo aver espirato, andò a spalancare le finestre per far entrare in camera un po' di aria pulita e far uscire quella sporca e pullulante di ormoni.
''Mamma, perchè si comporta così?" Domandò il ragazzo, spezzando il silenzio, alzando appena gli occhi per incrociare lo sguardo della madre.
''E che porco cane ne so io? Vaglielo a chiedere no? Razza di sfaticato!" Rispose lei, gesticolando e corruciando la fronte, seriamente in difficoltà nel trovare una risposta.
Conosceva bene (T/N), era come un'altra figlia per lei, però da quando era entrata negli ANBU non era più sicura di sapere chi fosse quella ragazza.
L'aveva vista sempre di meno e, tutte le volte che le aveva parlato, aveva notato che, di volta in volta, era diventata sempre più strana.
Non era più la (T/N) che aveva cresciuto; si era incupita sempre di più da quando si era straferita alla radice, lontano da tutto e da tutti, ma soprattutto da Kiba.
(T/N) non si era mai staccata da suo figlio quando era bambina e si era sempre trovata più che bene con il resto della famiglia; Tsume l'aveva adottata e accudita volentieri, le era sempre piaciuta quella peste.
Adesso, invece, sembrava che stesse evitando tutti loro.
L'ultima volta che l'aveva incontrata, le aveva dovuto cavare le parole di bocca e l'aveva dovuta, praticamente, costringere ad andare a salutare Kiba.
Mai, Tsume, avrebbe pensato di vedere (T/N) un tempo sempre sorridente, solare, dispettosa e con la lingua più tagliente di un kunai, così silenziosa e statica.
Aveva tirato un sospiro di sollievo, quando aveva usmato aria di sesso nella camera del figlio, quel giorno.
Ormai (T/N) e Kiba avevano quasi raggiunto l'età adulta, sperava che davvero, come aveva sempre detto, lei e suo figlio, quello sfaticato, si sarebbero sposati un giorno.
Aveva sperato che dopo averli fatti accoppiare una volta, facendoli riavvicinare, i rapporti sarebbero tornati come un tempo, se non migliori.
Purtroppo, però, l'ultimo barlume di speranza si era assopito del tutto, quando la ragazza non aveva più dato sue notizie.
Tsume si era seriamente preoccupata quando, dopo la guerra, non aveva saputo niente della futura moglie di suo figlio.
Proprio come Kiba, era andata a chiedere udienza con l'Hokage per sapere qualcosa sul suo conto, non ricevendo nessuna risposta.
Se solo avesse potuto fare irruzione alla Radice come faceva irruzione in camera di Kiba, l'avrebbe presa per un orecchio e riportata a casa a calci nel sedere.
''Sarà già ripartita per un'altra missione.'' Rispose, monocorde, Kiba, riportando alla realtà la donna.
''Impossibile. Kakashi è stato un ANBU e sa che le missioni che svolgono quella categoria di ninja non sono per nulla semplici e ti portano a uno sfinimento emotivo e fisico altissimo; non permetterebbe mai a qualcuno appena tornato da una missione di ripartire senza un minimo di riposo.'' Ribattè, lei, scuotendo il capo e guardando a terra, dove una benda sporca di sangue faceva capolino da sotto il letto.
''Soprattutto se si è feriti.'' Concluse, indicando la pezza con un dito, un po' schifata.
Il ragazzo seguì il ragionamento della madre con attenzione, tirandosi poi dritto.
''Andrò a casa sua e cercherò di farla parlare, di farmi spiegare che cosa le è preso ultimamente.'' Disse, con convinzione.
Ci sarebbe riuscito a costo di starle addosso per tutto il giorno, assillandondola, come lei aveva sempre fatto con lui.
Solo una volta spiegatasi, avrebbe potuto lasciare di nuovo Konoha, questa volta anche per sempre, se era ciò che desiderava.
Dare delle spiegazioni plausibili a lui e alla sua famiglia era il minimo che potesse fare, dopo tutto quello che avevano fatto per lei.
Tsume sorrise, mostrando i canini appuntiti.
A quanto pareva il figlio si era dato una svegliata dopo aver scoperto il mondo fantastico che si trova tra le gambe di una donna.
''Vedi di non fare qualche stronzata! Se ti fai scappare (T/N) rimarrai un segaiolo a vita!'' Urlò, digrignando i denti.
Questo era il modo che aveva la donna per incoraggiare il figlio: demigrarlo.
Kiba roteò gli occhi al cielo, lasciando qualche carezza sulla testa del cane che, poverino, non vedeva il suo padrone da troppo tempo e si sentiva trascurato.
''Non ho detto che mi voglio fidanzare con lei...'' Aveva bofonchiato lui, lanciando uno sguardo ad Akamaru che aveva il muso appoggiato su una sua coscia.
''Lo voglio io, però! E non prendermi in giro, anche a te piace (T/N) sotto, sotto...molto sotto!" Rispose lei, puntandogli un dito in faccia e facendolo poi inclinare un poco per indicargli le parti intime.
Il moro si era coperto meglio con il lenzuolo, facendo il broncio e scuotendo il capo per l'irriverenza di sua madre.
''Mi auguro che (T/N) non sia una rompipalle come te, altrimenti col cavolo che mi ci metto insieme.'' Le disse, alzandosi in piedi e lanciando in faccia il lenzuolo alla donna che con mano lo afferrò appena in tempo, prima che le sfiorasse il naso.
La signora Inuzuka osservò il figlio dirigersi fuori dalla stanza, a passo spedito, completamente nudo.
Lanciò poi un'occhiata ad Akamaru che con la testa inclinata leggermente verso destra aveva seguito i movimenti del padrone.
''Prima o poi lo ammazzo, quello svergognato idiota di mio figlio.'' Brontolò, tra sè, appallottolando il lenzuolo e andando a cambiare anche il resto della biancheria del letto: per questa volta lo avrebbe graziato, non si sarebbe preso nessuna sgridata per aver macchiato le lenzuola.
Doveva ringraziare (T/N) se non gli aveva tirato due calci nel sedere.
La donna tirò un ultimo sospiro, raccogliendo la benda lercia abbandonata a terra, prima di andare verso la porta della camera.
Sperava che, davvero, Kiba riuscisse a far parlare (T/N); lui era l'unico e il solo che poteva fare qualcosa.
Kiba si diresse verso il bagno, per andare a farsi una doccia per togliersi di dosso ciò che era rimasto della sera prima e avere un momento di tranquillità per pensare a cosa dire alla ragazza.
Si chiuse dentro velocemente, entrando poi in doccia, aprendo l'acqua e iniziandosi a lavare nonostante non fosse ancora a temperatura; sicuramente una doccia fredda lo avrebbe aiutato a pensare in maniera più lucida.
Una volta uscito di casa, con a fianco il fedele cagnolone, si era diretto verso l'abitazione di (T/N).
Con le mani in tasca e il passo tranquillo, senza fretta, aveva attraversato il villaggio, un poco sovrappensiero.
Alla fine aveva rinunciato a prepararsi un discorso; con (T/N) sarebbe stato inutile, lo avrebbe interrotto troppe volte e avrebbe contestato ogni sua parola.
Era arrivato alla conclusione che fosse meglio non sprecare tempo a farsi troppi film mentali sulle possibili situazioni in cui si sarebbe potuto trovare.
Avrebbe improvvisato, era la soluzione migliore.
Si fermò, a pochi metri della casa in cui abitava (T/N) guardandosi in giro.
Non era troppo curata, negli anni trascorsi non aveva ricevuto molte attenzioni, ma era rimasta discreta.
La ragazza aveva passato poco tempo a casa e di certo, in quei pochi attimi liberi, non si era messa a sistemare il giardino.
Kiba si ricordava vagamente come fosse l'interno; da piccoli passavano davvero poco tempo in casa, la maggior parte dei loro pomeriggi li trascorrevano all'aria aperta, nelle pozze di fango.
L'Inuzuka attraversò il vialetto, andando verso la porta d'entrata.
Come la volta precedente, non riuscì a capire se ci fosse qualcuno in casa guardando l'esterno; il cane non era di guardia, ma ciò non escludeva che la ragazza non fosse a casa.
Una sensazione di ansia lo avvolse poco prima che si decidesse a bussare.
Si sentì lo stomanco in subbuglio e il cuore iniziare a battere più velocemente.
Schioccò la lingua sul palato, scuotendo il capo e facendo un grosso respiro: doveva stare calmo e, poi, non era da lui essere così agitato.
Era sempre stato una persona che prendeva tutto con leggerezza e ottimismo, senza farsi troppi problemi.
Dopo aver fatto qualche respiro preparatorio, bussò, tendendo le orecchie per percepire qualcosa.
Nessuno rispose, ne sentì movimenti.
(T/N) non doveva essere in casa.
Se lo fosse stata e con lei ci fosse stato il cane, quest'ultimo avrebbe incominciato ad abbaiare e si sarebbe diretto verso la porta.
Per sicurezza fece un altro tentativo, che risultò comunque nullo.
Fece qualche passo indietro, guardando dal basso la casa.
Se (T/N) si permetteva di intrufolarsi a casa sua senza permesso, lo poteva fare anche lui.
''Akamaru fai la guardia.'' Disse all'amico peloso, che annuì e si sedette sotto l'albero di cieliegio che c'era nel giardino, osservando il padrone che si stava arrampicando su di esso.
Kiba aveva deciso di raggiungere il balcone della camera di (T/N).
Salito sull'albero, si era dato una spinta, saltando sul terrazzino.
Non era stato molto professionale: più che un ninja, con quei movimenti goffi, sembrava un gatto obeso.
Aveva quasi rischiato di far cadere un vaso, contenente una pianta ormai morta, appoggiato sul bordo del balcone, quando era atterrato barcollando verso il vuoto.
Tirato un sospiro di sollievo, dopo aver preso al volo il vaso, aveva lanciato un ultimo sguardo al cagnolone che quando aveva visto il padrone barcollare pericolosamente all'indietro era scattato in piedi pronto ad attutirgli la caduta.
Senza troppa fatica, riuscì ad aprire la porta finestra da cui entrò.
Si guardò in giro dopo aver fatto qualche passo all'interno della stanza che non era cambiata minimamente dall'ultima volta in cui c'era stato, parecchi anni fa.
Era semplice e ordinata; non c'era nulla che facesse capire che si trattava della camera di una ragazza.
Kiba istintivamente andò verso la scrivania, dove alcuni rotoli e libri erano impilati ordinatamente.
Al di sopra del mobile, c'era una mensola, sulla quale altri libri erano esposti in ordine.
Nonostante la ragazza non passasse troppo tempo in casa propria non c'era un velo di polvere.
Kiba aguzzò lo sguardo sulla copertina di un libro, un po' logoro, poggiato sulla scrivania.
Sulla copertina era stampato l'anno corrente, non c'era nessun titolo.
Tamburellò le dita sul mobilio, indeciso se farsi gli affari propri e aspettare pazientemente che (T/N) tornasse a casa o curiosare tra i suoi oggetti personali.
Si passò le dita sul mento, sfregando i polpastrelli sulla barbetta ispida, con fare pensieroso.
Sapeva che avrebbe ceduto alla tentazione, eppure cercava lo stesso di convincersi di non farlo, ripetendosi che era sbagliato.
Fece vagare lo sguardo nella stanza spoglia, come per accertarsi di essere solo, allungando poi una mano verso l'oggetto che aveva attirato la sua attenzione.
Non ne capì all'inizio il motivo, i libri non lo avevano mai interessato, figuriamoci quelli vecchi e logori; però si stava parlando di un libro di (T/N) e dato l'aspetto usurato, doveva essere stato consultato molte volte e anche di recente.
Se ne rese conto appena lo sfiorò con le dita: era umido, ciò significava che la ragazza se l'era portato dietro in missione e la pioggia della sera precedente l'aveva bagnato.
Aprì una pagina a caso e lesse le prime righe.
Corruciò la fronte, intuendo che quello non era un libro ma un diario.
Era il diario personale di (T/N) in cui erano riportati gli avvenimenti di quell'anno.
Le pagine erano ingiallite, alcune erano sporche di terra, altre di sangue.
(T/N) si portava dietro quell'oggetto anche durante le missioni a quanto pareva; in ogni pagina era scritta, in alto a destra, la data e non c'erano mai vuoti temporali da un giorno all'altro.
Ogni giorno la ragazza scriveva, a volte di più e altre di meno, ma aggiornava sempre il suo diario.
La scrittura di (T/N) era ordinata e scorrevole e non c'era nessuna cancellatura e sbavatura; non che si aspettasse di meno da lei.
Mentre faceva scorrere le pagine vide il suo nome e si fermò dunque a leggere, curioso.
''Venerdì 12/01/18
Nevica, fa freddo.
Mi sto congelando contro una parete rocciosa di una caverna in cui ci siamo fermati a riposare.
Non abbiamo trovato legname asciutto per accendere un fuoco.
Non mi sento più le dita delle mani, faccio quasi fatica a scrivere.
Mi sono rannicchiata contro Kiba, anche lui sta tremando nonostante la sua folta pelliccia.
Spero di tornare a casa entro un paio di giorni, non ne posso più di questo freddo.
Ora cerco di riposare, sperando di non morire di ipotermia.
Cercherò di immaginare di essere tra le braccia di Kiba, nel letto, sotto il piumone.
Mi domando che cosa stia facendo, se sta bene, se è felice.
Spero che il suo Natale sia stato più divertente del mio.
È quasi un mese che sono in missione.''
L'Inuzuka sorrise leggendo quelle due frasi.
Anche lui l'aveva pensata durante il periodo Natalizio, si era chiesto, per l'appunto, se stesse congelando da qualche parte o se fosse a casa a festeggiare tristemente il Natale da sola.
Cercò di nuovo il suo nome tra le righe, trovandolo più spesso di quanto avesse immaginato.
Alcune volte (T/N) si riferiva al suo cane, ma la maggior parte delle volte il soggetto dei suoi pensieri era lui.
''Sabato 03/02/18
Oggi ho visto Kiba passeggiare per il centro con Shino e Hinata.
L'ho osservato da lontano e l'ho anche seguito per un tratto di strada; non penso proprio che si sia accorto della mia presenza.
È cresciuto ancora, è sempre più bello e sta perdendo tutta la sua infantilità.
Il suo sorriso mi ha riscaldato il cuore, ma allo stesso tempo mi ha reso triste.
È difficile dover accontentarsi di guardarlo da lontano.''
''Lunedì 19/02/18
(...)
Mi manca Kiba.
È dannatamente difficile stargli lontano.
Ci sono giorni, come questo, che rischio di infrangere la promessa che mi sono fatta.
Non posso restare ancora a Konoha, altrimenti cederò e andrò da lui.
Devo farmi affidare al più presto una missione che mi porti lontano e mi tenga mentalmente occupata.
Spero di riuscire a dormire.''
Il ragazzo tornò serio.
(T/N) era davvero ossessionata da lui.
La cosa non lo turbava più di tanto, ormai lo aveva capito e accettato da tempo.
Ciò che lo lasciava confuso e lo preoccupava era il fatto che la ragazza continuasse a rimanere nell'ombra nonostante provasse un sentimento così forte per lui.
Perchè non l'aveva mai voluto incontrare durante quegli anni?
E con ''promessa'' cosa intendeva (T/N)?
Doveva trovare delle risposte e sperava di trovarle scritte da qualche parte.
''Martedì 06/03/18
(...)
È l'una di notte, non riesco a dormire.
Ripenso a quando ho fatto sesso con Kiba e mi sento il corpo andare a fuoco.
Sono passati quasi due anni da quel giorno, eppure mi ricordo perfettamente ogni singolo dettaglio: ogni bacio, ogni morso, ogni ansimo.
Ho ancora impresso nella mente il suo volto disorto dal piacere.
Credo che dovrò infilarmi le mani nelle mutande.
Ti odio Kiba Inuzuka, mi fai perdere il controllo.''
Forse questo non avrebbe dovuto leggerlo.
Deglutì, sbattendo le palpebre più volte.
Avrebbe dovuto femarsi alla prima riga invece i suoi occhi avevano continuato a scorrere da destra a sinistra freneticamente.
(T/N) si era masturbata pensando a lui.
In realtà anche a lui era capitato, spesso, di ripensare a quel giorno.
La cosa gli faceva piacere, però avrebbe preferito soddisfare di persona le sue voglie.
Scosse il capo: doveva concentrarsi a cercare qualcosa di utile che potesse rispondere alle sue domande, non che gli facesse venire un'erezione.
''Giovedì 26/04/18
Sto piangendo come una bambina.
Non mi sento più gli occhi e vedo tutto sfuocato.
Voglio Kiba, ho bisogno di lui.
Anche oggi è una di quelle giornate.
Questa volta ho davvero rischiato di rovinare tutto.
Sono uscita di casa e mi sono incamminata verso casa sua; per fortuna mi sono fermata in tempo, non so con quale forza.''
''Venerdì 27/04/18
Mi sono addormentata tra i singhiozzi e mi sono risvegliata allo stesso modo.
Credo di averlo sognato.
Non deve essere stato un bel sogno visto che mi sono svegliata urlando.
Kiba ha incominciato ad abbaiare alla porta della camera: probabilmente stavo urlando nel sonno e si è spaventato.
Non l'ho lasciato entrare in stanza con me, non volevo che mi vedesse così debole.
Ho il cuore stretto in una morsa.
Mi ripeto che devo andare avanti, che non devo pensare a lui, che non sarà mai mio ma non serve a niente: ciò che provo per Kiba è troppo forte ed è proprio per questo che devo stargli lontano.
Questo mio sentimento lo asfissierebbe.
Ciò che importa è la sua felicità e con me non potrà mai essere felice.
Torno ad annegare nelle mie lacrime, magari muoio soffocata.''
Evitò di leggere la pagina successiva, aveva come l'impressione che anche quella dopo sarebbe stata simile a quelle che aveva appena letto.
Non riusciva a immaginare (T/N) piangere, non era da lei.
Non aveva pianto nemmeno quando era morta sua madre.
Ricordava bene il giorno del funerale: (T/N) non aveva versato una lacrima.
Era rimasta impassibile, come se la cosa non l'avesse toccata minimamente.
Suo padre non l'aveva mai conosciuto, era morto quando il Nove Code aveva attaccato Konoha.
La madre invece era morta per colpa di una malattia che l'aveva tenuta costretta a letto per settimane.
Kiba ricordava che sua madre gli aveva raccomandato più volte di stare vicino a (T/N) durante quel periodo.
Aveva obbedito, intuendo che la situazione non era delle migliori.
A dieci anni (T/N) era rimasta orfana.
Tsume aveva proposto a (T/N) di andare a vivere con loro ma lei aveva rifiutato senza batter ciglio.
Si era dimostrata ancora una volta più forte di quanto in realtà non fosse.
Kiba continuava a non capire perchè la ragazza si ostinasse a volergli stare lontano.
Sapere che lui la rendeva così debole lo faceva star male.
''Giovedì 31/05/18
(...)
Dopo essere tornati a Konoha sono uscita con Eijiro.
Sì, alla fine ho accettato il suo invito.
Siamo andati a mangiare da Ichiraku e abbiamo parlato un po'.
O, meglio, lui ha parlato e parlato e parlato...
È un po' logorroico, però è simpatico.
È un ragazzo molto dolce e carino; mi chiedo come possa fare l'ANBU con un carattere così buono.
Mi ricorda Kiba, forse è per questo che ho fatto il tentativo di uscire con lui.
Questa è la prima volta che provo a lasciarmi alle spalle Kiba e a sostiuirlo con qualcun altro.
Non so come andrà a finire.''
''Lunedì 11/06/18
Kiba è insostituibile.
Ci ho provato, davvero, ma è stato tutto inutile: non riesco a smettere di amarlo.
Mi sento un po' in colpa ad aver usato Eijiro; credo ci sia rimasto male, nonostante mi abbia detto che si aspettava un rifiuto da parte mia.
(...)
Sentivo i suoi occhi su di me e, dopo un po', mi sono voltata verso di lui.
Nervosamente si era portato una mano dietro al collo e aveva guardato altrove.
Ho pensato subito a Kiba; anche lui quando è nervoso e non sa come agire fa così.
Sorrisi, al pensiero di lui.
Non avrei dovuto farlo.
'È raro vederti sorridere e quando lo fai sei ancora più bella.' Mi disse, sorridendo a sua volta e tornando a guardare il cielo stellato.
Io mi incupii.
Era l'ennesimo complimento che mi faceva e che non mi suscitava nulla.
'Grazie.' Mi limitai a dire, senza troppa enfasi.
Avrei dovuto sorridere per merito suo, era con lui che stavo uscendo non con Kiba.
(...)
Mi ha accompagnata sotto casa.
È stato uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita.
Mi guardava, immobile davanti a me; era palesemente nervoso.
'Allora buonanotte.' Avevo cercato di tagliare corto, sperando non mi trattenesse ancora.
Lui si irrigidì e mi puntò gli occhi addosso.
Era indeciso sul da farsi.
Io stessa non sapevo cosa fare.
Poi lo vidi muoversi lentamente verso di me.
Trattenni il fiato, perchè sapevo cosa stesse per accadere.
Non ero sicura di volerlo, ma mi ero ripromessa di non tirarmi indietro.
Le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie.
Serrai gli occhi d'istinto.
Kiba.
Non riuscii a resistere per più di tre secondi.
Mi scostai, portandomi le mani alla bocca.
Mi sentivo come se lo avessi tradito.
Mi scusai; mi dispiaceva per lui, non si meritava di essere preso in giro.
Lui scosse il capo e mi sorrise, tristemente, ma sorrise.
'Scusami tu se ho continuato a insistere.
Quel sorriso non doveva essere per me.'
Disse lui, alzando le spalle.
(...)
Siamo rimasti amici, ma dubito che ci parleremo ancora.
Il moro strinse i denti.
Cosa era quella strana sensazione che provava a livello del petto?
Quando aveva letto che (T/N) era uscita con quel ragazzo si era sentiro ribollire il sangue nelle vene.
Il bacio era stato troppo.
Era geloso.
Non aveva mai pensato che la ragazza potesse mai uscire con qualcun altro.
Con il caratteraccio che si ritrovava, chi mai avrebbe voluto uscire e stare con lei?
E, poi, ormai si era abituato all'idea che per lei esistesse solo lui, quindi la cosa lo aveva lasciato stizzito.
Fece un grosso respiro.
Sua madre aveva ragione: sotto sotto a lei ci teneva più di quanto pensasse.
''Sabato 07/07/18
Oggi è il compleanno di Kiba.
Auguri amore mio.
Nemmeno quest'anno potrò farti gli auguri di persona; mi dispiace.
Manco proprio al tuo diciottesimo compleanno.
Immagino sarei stata un buon regalo, il migliore!
Spero tu ti stia divertendo con i tuoi amici.
Mi manchi e ti penso sempre.
Non penso sia lo stesso per te o almeno lo spero.
Ti amo.''
Quelle due parole avevano un grosso peso.
Sicuramente quelle di (T/N) non erano parole a vuoto.
Kiba tenne gli occhi fisse su quelle breve frase.
(T/N) lo amava, da sempre e lui se ne era reso conto solo nel momento in cui aveva letto nero su bianco.
E lui invece cosa provava?
Non poteva dire di amarla, era falso, però provava affetto nei suoi confronti.
Se solo lei fosse rimasta a Konoha, continuando a stargli a fianco, si sarebbero potuti conoscere di più, crescere insieme e sviluppare un rapporto diverso da quello che avevano avuto da bambini che, essenzialmente, era di conflitto.
Kiba era rimasto colpito dalle parole dolci e significative che aveva letto, non si sarebbe mai aspettato nulla di simile da quell'ANBU arrogante e dispettosa.
A quanto pareva non sapeva solo prenderlo in giro e stuzzicarlo.
Se davvero la ragazza lo amava tanto, quelle due volte che avevano fatto sesso dovevano aver avuto un grosso significato per lei.
Anche per lui, ovviamente, era stato speciale, una nuova esperienza; però non poteva di certo paragonare le sue emozioni, dettate esclusivamente dall'eccitazione, a quelle di lei.
Probabilmente doveva essere stata più agitata di lui, ma non l'aveva per nulla dato a vedere.
L'Inuzuka fece scorrere le pagine, arrivando all'ultima con la data del giorno precedente.
Voleva leggere, sapere, che cosa (T/N) avesse scritto al riguardo della loro nottata e, soprattutto, scoprire se in missione fosse successo qualcosa che l'avesse fatta rabbuiare.
''Sabato 22/09/18
Sono stata debole, ho ceduto e ho infranto la promessa.
Mentirei dicendo che mi dispiace.
Sono consapevole di aver peggiorato la situazione, ma non sono riuscita a resistere, non dopo quello che è successo in missione.
Come ho accennato nei giorni scorsi, le cose non stavano andando bene.
La missione che apparentemente doveva essere semplice, si è rivelata molto impegnativa.
Abbiamo fallito, ho fallito.
Non posso scrivere dettagliatamente che cosa è successo, come sempre ciò che accade in missione deve rimanere segreto.
Posso solo dire che è stata tutta colpa mia e della mia scarsa capacità di leadership.
''La missione prima di tutto.''
Questo è quello che ci hanno insegnato alla Radice, a pensare esclusivamente all'obiettivo finale.
Non importa in che modo ma la missione va portata a termine.
Ho sempre seguito alla lettera queste parole, ho sempre eseguito gli ordini e fatto del mio meglio, sapendo che sarei potuta morire, come sacrificio, per poter portar a termine il mio incarico.
Non ho mai esistato, non mi sono mai tirata indietro; ho combattuto, ucciso, per la missione, mai per la mia vita.
Mi è sempre andata bene, sono sempre tornata viva a Konoha, non ho mai fallito.
Non ho mai fallito, fino a oggi.
Non avrei dovuto accettare il ruolo di leader, non ero pronta a prendermi carico delle vite dei miei compagni.
Adesso che la Radice non esiste più e lavoriamo per l'Hokage, non possiamo più agire come quando lavoravamo per Danzo Ashura.
Kakashi Hatake è stato chiaro: nessun sacrificio per il buon fine della missione.
Conosco la sua storia, anche lui è stato un ANBU.
Non ho mai troppo badato alla salute dei mie compagni: se erano in difficoltà li aiutavo solo se l'azione non mi richiedeva uno sforzo troppo grande e loro facevano lo stesso con me.
Ogni membro della squadra doveva saper sopravvivere da solo e avere come pensiero solo la missione, il resto era superfluo.
Chi non si sapeva difendere da solo, veniva lasciato indietro, non era necessario.
Con il Settimo Hokage le cose, però, non funzionano così.
Inserendo membri della Radice in squadre ANBU normali, sempre state agli ordini degli Hokage, abbiamo dovuto rivedere le nostre priorità.
La missione è importante ma i compagni lo sono di più.
All'inizio è stato difficile dover agire, davvero, come una squadra in cui tutti si aiutano a vicenda, indipendentemente dalla corretta riuscita della missione; poi ho capito che non era tanto diverso dal lavoro di coppia che facevo con Kiba.
L'Hokage mi ha assegnato una squadra, dopo aver visto il mio miglioramento: sono stata la prima ANBU della Radice a capitanare una missione e, soprattutto, era la mia prima volta come leader.
Non sono stata all'altezza, ho deluso le sue aspettative e le mie.
Non pensavo sarebbe stato così complicato dare ordini e prendermi la responsabilità di ogni azione e avere sulla coscienza le vite degli altri.
Siamo partiti in sei, sette con Kiba, due settimane fa e siamo tornati in due.
A ogni perdita, sentivo la mia sicurezza vacillare, non ero più sicura di me stessa.
Quando ho perso Kiba, poi, è stata la fine, non sono più riuscita a controllarmi.
Me la sono cavata con una ferita superficile alla mano.
Sarei dovuta morire io, non il resto della squadra.
Mi sento egoista a essere soprav-"
Kiba dovette interrompere la lettura del diario di (T/N), che si era fatto, parola dopo parola, sempre più triste e cupo.
Si voltò, verso la porta della stanza, che era stata aperta e aveva emesso un cigolio.
Akamaru non l'aveva avvisato in alcun modo della presenza della ragazza, al contrario di come gli era stato chiesto di fare.
(T/N), aveva fatto un paio di passi in avanti, varcando l'entrata, fermandosi, poi, ancora con la maniglia della porta stretta tra le dita, quando vide l'amico d'infanzia.
Non fu la sua presenza a farla bloccare, d'altronde aveva visto Akamaru nel suo giardino, era scontato che fosse venuto con Kiba, il quale, però, non aveva visto nei paraggi, ma il fatto che stesse tenendo tra le mani il suo diario personale.
Nessuno dei due fiatò, si limitarono a rimanere immobili, l'uno davanti all'altro a fissarsi.
(T/N) aveva una pessima cera: gli occhi erano gonfi, rossi, e contornati da grosse occhiaie scure, il viso era pallido, le gote arrossate.
L'espressione era neutra, vuota, non esprimeva nessuna emozione; nonostante fosse palese che avesse appena pianto, lo fissava con quei grandi occhi (C/O), lucidi e stanchi, tristi, cercando di mantenersi il più statica possibile.
Era vestita con una vecchia divisa Jonin scolorita, risalente al periodo prima della guerra, composta da un paio di pantalini blu e una dolcevita del medesimo colore con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Kiba abbassò, per un istante, lo sguardo, sul braccio tenuto teso lungo il fianco.
Discese, fino alla mano bendata, nella quale era stretto, in un pugno, il collare del cane ormai defunto.
''Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto.'' Spezzò il silenzio, il moro, con un filo di voce, le labbra tese, leggermente incurvate verso il basso.
Richiuse poi il diario contenente le emozioni, i sentimenti, i pensieri, le esperienze, tutto quello che lei non aveva mai esteriorato.
Lo appoggiò sulla scrivania, lì dove lo aveva trovato, andandole poi incontro, riducendo le distanze, fino ad azzerarle.
L'abbracciò, la strinse contro il suo petto, cingendola dalle spalle.
N
on sapeva cosa dire, non si era preparato a niente di simile, non si era di certo immaginato che la situazione fosse così grave.
La notte prima le era sembrata strana, ma non così sconvolta come era in quel momento.
Non era bravo parlare, non lo era mai stato, in nessuna occasione, non sapeva come avrebbe potuto consolarla, ma le sarebbe stato vicino, non l'avrebbe lasciata da sola, mai più.
Non dopo che aveva scoperto, grazie a quel logoro diario, la vera (T/N), quella nascosta dietro a uno strato superficiale, una pellicola, fatta di irriverenza.
Una (T/N) tutt'altro che sfacciata, superficiale e maligna, con la lingua tagliente, con la risposta sempre pronta, impossibile da offendere, da scalfire.
Quella ragazza era profonda ed emotiva più di quanto avesse mai pensato.
Se solo avesse mostrato la sua vera faccia, se solo lui fosse stato più arguto, più attento, più interessato a lei, adesso, probabilmente, (T/N) non starebbe soffrendo o, almeno, non per lui.
Non gli era dispiaciuto sapere che la ragazza nutriva un grande interesse nei suoi confronti.
Essendo la prima, escludendo Tamaki, ne era rimasto colpito e ben sorpreso, il suo ego ne aveva giovato.
Ovviamente, più aveva letto, più aveva scoperto che il sentimento provato dalla ragazza andava ben oltre al semplice ''piacere'', era un molto più profondo e intenso, quasi ossessivo.
Lei lo amava, a modo suo, ma lo amava e, lui, non lo aveva mai capito, non lo aveva mai saputo, fino a quel momento.
Di certo non era stata solo colpa sua; lei ci aveva messo del suo, comportandosi sempre in maniera tanto offensiva e sfuggente, a non farlo per niente rendere conto di quanto in realtà gli volesse bene.
''Avresti dovuto dirmelo ieri sera, ti avrei ascoltata, consolata... A-avrei fatto il possibile per alleggerire il tuo dolore.'' Aveva parlato di nuovo, con le labbra premute sulla sua testolina (C/C), socchiudendo gli occhi e sospirando, sentendosi inutile e sciocco.
Lei non rispose, non si mosse, si limitò a respirare il suo profumo, stretta tra le sue braccia, con il viso infossato nel suo petto, non potendo che bearsi di quel calore così piacevole quanto asfissiante, a cui non era abituata.
''Smettila di compatirmi, non lo sopporto.
Non merito la tua compassione, tantomeno ne ho bisogno.'' Rispose, aspra, soffocando le parole contro il tessuto spesso della giubbino rinforzato che indossava Kiba, il quale, sentendosi rispondere in maniera tanto brusca, sciolse lentamente l'abbraccio.
Si distanziò, lasciandola libera.
Non rimase colpito, ferito, dalle sue false parole: ormai sapeva la verità, sapeva che stava solo fingendo, che gli stava mentendo per non sembrare fragile.
''Come puoi pensare che ti creda dopo che ho letto ciò che hai scritto?
Non fare la dura, non più, con me.'' Le disse, guardandola dall'alto, con decisione ma senza essere duro.
''(T/N), lasciati andare.
Non c'è più bisogno di fingere, non ce n'è mai stato.'' Aggiunse, afferrandole il viso con le mani, scostando alcune ciocche di capelli (C/C) e facendo si che lo guardasse negli occhi.
Lei si lasciò sfiorare le guance arrossate, gli permise di guardarla negli occhi, di specchiarsi in quei due pozzi colmi di tristezza e di amore, amore incodizionato che provava per lui, da sempre.
Da quegli occhi, gli stessi che avevano visto la morte da vicino fin troppe volte, gli stessi che per anni lo avevano osservato attentamente, ormai stanchi di trattenere dentro di sè tutto il male e la sofferenza, iniziarono a discendere, una dopo l'altra, grandi lacrime salate, rigandole il volto arrossato, ustionandolo con il loro calore, andandosi a raccogliere sotto le dita di Kiba che dolcemente, come non aveva mai fatto, la guardava e sorridendo debolmente, asciugandole le guance con i pollici.
Il suo pianto, d'apprima silenzioso, tramutò in un vero e proprio urlo disperato, ricolmo di singhiozzi e gemiti di dolore.
Si aggrappò, con una presa ferrea, al tessuto della sua giacca, soffocando le sue urla contro il suo petto, sperando di mettersi a tacere, di finire di piangere in maniera così rumorosa e fastidiosa il prima possibile.
E Kiba la strinse di nuovo a sè, cercando di rimanere calmo, di trasmetterle sicurezza, anche se era difficile ignorare quelle urla strazianti che gli rimbombavano contro il cuore, perchè sapeva, ormai, che una parte di quello sfogo era dovuto anche a lui.
Pian piano, i tremiti e i singhiozzi si alleggerirono, diventarono meno costanti e forti.
Il corpo di (T/N), che si era irrigidito durante quello sfogo disperato quanto liberatorio, si era lasciato andare, non più stretto in un nodo di rabbia e tristezza.
Il respirò iniziò a regolarizzarsi, la mente riprese lucidità e, finalmente, riuscì a parlare, a ragionare.
''Dio... Mi s-sento un-a stupida...'' Tirò su con il naso, scostandosi dal petto di Kiba, abbandonando la presa dalla sua giacca, per portarsi le mani al viso umido, cercando di asciugarselo, di nasconderlo.
La voce era roca e spezzata; fu quasi doloroso parlare: aveva la gola secca, arida, persino respirare le sembrava un impresa ardua dopo aver urlato e pianto in maniera così intensa.
Era raro che piangesse ma quando lo faceva sprigionava tutto ciò che aveva accumulato durante un arco di tempo fin troppo vasto.
''Si lo sei, ma non perchè hai pianto.'' Le rispose Kiba, sollevato dal fatto che si fosse ripresa, osservandola con tenerezza in uno stato di vulnerabilità in cui non l'aveva mai vista.
Qualsiasi cosa le avrebbe detto, in quel momento, avrebbe potuto distruggerla, non che sarebbe mai stato in grado di farlo.
Lei aveva scostato appena le mani dal viso, abbassando lo sguardo a terra, con il labbro ancora tremolante e la consapevolezza che, ormai, in qualsiasi modo avrebbe cercato di difendersi, di ribattere, di rimostrarsi forte, non avrebbe funzionato.
Kiba aveva letto il suo diario, l'aveva letta dentro, aveva scoperto la verità: (T/N) non era altro che una sciocca ragazza innamorata che ne aveva passate tante, troppe e non voleva dar a vedere i suoi sentimenti per paura di asfissiare chi la circondava.
Perché lei non aveva un'unità di misura quando si trattava di ragionare con il cuore, quando si travvava di stare al fianco del ragazzo che amava; lei faceva tutto intensamente, a livelli estremi, non aveva vie di mezzo, soprattutto quando si trattava di Kiba.
''Se ti fossi sfogata ieri sera, come hai fatto ora, sarebbe stato meglio.
Perchè non l'hai fatto (T/N)?'' Domandò il ragazzo, sospirando afflitto, iniziando a cercare di farle dire una volta per tutte quello che provava, a costo di cavarle le parole di bocca.
''Non volevo soffocarti con i miei problemi.
Avevo bisogno di staccare la testa da tutto, di sfogarmi nel migliore dei modi.
In realtà non era nei miei piani intrufolarmi a casa tua, nel tuo letto.
Sono stata debole, ho ceduto, ho infranto la promessa che avevo fatto con me stessa.
Ma d'altronde... D'altronde niente sta andando bene in questi ultimi tempi.'' Si spiegò lei, tirando le labbra in un sorriso amaro, al pensiero di quello che le era accaduto, che era accaduto a chi le era stato vicino durante gli ultimi mesi.
La sua voce era tornata ferma, nonostante durante il suo discorso avesse dovuto fermarsi un paio di volte per riprendere fiato e forze per parlare, per evitare di riscoppiare a piangere.
''(T/N), io non capisco...'' Iniziò a dire l'Inuzuka, passandosi una mano dietro al collo, confuso.
''Non ti capisco.
Perchè se mi ami tanto come dici... Come scrivi, mi stai lontana?" Domandò, finalmente, sentendosi imbarazzato e provando una strana sensazione di ansia, misto all'eccitazione, un'eccitazione a livello dello stomaco, come se lo avesse in subbuglio, nel pronunciare quelle parole.
(T/N) si irrigidì, alzando velocemente lo sguardo da terra e puntandolo negli occhi di Kiba, non riuscendo,però, a resistere per più di qualche secondo.
Si sentì divampare il viso che, di fatti, prese un colorito uniforme, arrossandosi.
L'altro non potè che guardarla con dolcezza, intenerito: (T/N) era davvero bella in quello stato, nonostante fosse scossa dagli eventi, non poteva che trovarla davvero adorabile.
E infatti sorrise, mostrando appena i canini bianchi e appuntiti, avvicinandosi di nuovo a lei che, per la prima volta, non voleva far altro che scappare il più lontano possibile da lui che, ormai, la teneva in pugno.
''Perchè? Dimmelo. Togliti anche questo peso.'' Le disse, afferrandole il mento con due dita, costringendola a guardarlo negli occhi.
Il cervello della ragazza, che aveva smesso di funzionare ormai da quando aveva messo piede in quella stanza, era totalmente andato in tilt.
Kiba la stava sovrastando, era un gradino sopra di lei, la stava dominando.
Abusava del suo potere, aquisito appena pochi minuti prima, riuscendo, però, a non essere troppo invasivo e oppressivo, superiore, mantenendo sempre il suo lato dolce e comprensivo, quando avrebbe potuto far molto peggio per farle provare ciò che lui aveva provato quando lei lo aveva soggiogato alla sua volontà.
''Ti soffocherei, Kiba... Ti soffocherei con i miei sentimenti, peggio di come ho fatto in passato.
Non voglio che tu ti sacrifichi per stare con una persona così appiccicosa e apprensiva come me, solo perchè ti faccio pena, ora come ora.'' Rispose, spostandosi indietro, per allontanrsi, un'altra volta da lui e scostare lo sguardo incupitosi di nuovo, verso un lato della stanza.
Lui riabbassò il braccio, tornando serio.
Quanto poteva essere testarda, quella dannata (T/N).
Gli rimaneva solo una cosa da fare, raccogliere tutte le idee che aveva nella testa, metterle insieme, formulare una frase di senso compiuto e, sperava, di effetto, per farle capire che per lui, lei, ormai non era più un fastidio.
''Ascoltami, (T/N).'' Disse, facendo un grosso respiro, socchiudendo un attimo gli occhi, come per focalizzare davanti a sè le parole giuste, prima di spezzare il silenzio creatasi.
''Mentirei se ti dicessi che anche io ti amo.
Sai che non so mentire, non sarei in grado di dire una menzogna di tale peso.'' Iniziò a dire, una volta attirata l'attenzione della (mora/bionda/rossa...) che si sentì il cuore duolere, a quelle parole, nonostante sapesse benissimo, già da sè, che i suoi sentimenti non fossero ricambiati.
''Ma provo un grande affetto nei tuoi confronti, nonostante tutte le rogne che mi hai dato.
Questo affetto, credo che... che possa diventare qualcosa di più, di un semplice voler bene.
Insomma, da quando abbiamo fatto sesso, due anni fa, credo che ci siamo legati in maniera più profonda di come lo eravamo da piccoli.
L'ho capito solo dopo che sei sparita, quando mi hai lasciato da solo, appagato fisicamente ma confuso.
In questi due anni ti ho pensata più di quanto abbia mai fatto in tutti gli scorsi anni e, non più, in maniera dispreggiativa.'' Fece una breve pausa, prendendo fiato.
Non si era mai sforzato così tanto in vita sua nel parlare.
''Adesso che so cosa ti provoco, come ti faccio stare, come potrei anche solo essere in grado di starti lontana, di non averti più nella mia vita?
I tuoi sentimenti non sono un peso, non posso che essere lusingato, di essere contento di essere così importante per te; nonostante sia consapevole di farti anche star male...''
Si fermò di nuovo, venendo sopraffatto dai ricordi, di tutte quelle volte che l'aveva trattata in maniera per nulla carina, solo perchè lei aveva stuzzicato.
Erano solo dei bambini, a quei tempi, ma non potè che sentirsi in colpa.
Puntò, poi, i suoi occhi color nocciola in quelli (C/O), umidi e spalancati, illuminati di una strana luce, che mai aveva visto nel suo sguardo, recitando l'ultima parte del suo affrettato discorso.
''(T/N), io voglio provare a stare con te.'' Aveva concluso, pronunciando velocemente quelle poche parole, serrando poi le labbra e trattenendo il fiato mentre il suo cuore batteva velocissimo nel suo petto.
Non sapeva se essere più stupito di essere riuscito a inventarsi un discorso su due piedi, recitarlo senza intoppi e portarlo alla fine o dei sentimenti che iniziava a provare sempre più forti nei confronti di quella che, fino a qualche tempo prima, non era altro che una gran scocciatura, un parassita che non voleva saperne di staccarsi di dosso.
Quella bambina fastidiosa e arrogante, era divenuta ormai una bella e interessante donna, che lui voleva avere nella sua vita.
La mascella di (T/N) aveva ceduto dopo appena le prime parole di senso compiuto che Kiba aveva espresso, andando a spalancarsi sempre di più, parola dopo parola.
Non poteva credere alle sue orecchie, le sembrava tutto estremamente surreale e bellissimo.
Gli occhi le luccicavano non più per la tristezza e per il pianto, ma per la gioia.
Era felice, era dannatamente felice di sentirsi dire dal ragazzo che amava, che aveva sempre amato, che la voleva al suo fianco.
Le sue labbra si inarcarono verso l'alto, per la prima volta dopo tanto tempo, dopo anni, in un sorriso genuino e raggiante, accompagnato da una piccola lacrima solitaria, l'ultima che avrebbe versato per il resto della giornata, conclusa, decisamente nel migliore dei modi.
Kiba ricambiò il sorriso, rilassandosi e innamorandosi un poco alla volta, sempre di più, di lei, vedendola finalmente libera dalla gabbia di mere promesse e frustrazioni che si era creata intorno durante quegli anni.
Si abbracciarono, stringendosi l'uno contro l'altra disperatamente, riunuti.
''Che cosa hai letto esattamente?" La sentì boffonchiare, schiacciata contro il suo petto.
Lui ridacchio appena, accarezzandole i capelli.
''Diciamo... Le parti giuste, quelle più intime, oserei dire.'' Le rispose e la vide emergere da contro il suo petto, di nuovo con il viso paonazzo e gli occhi sgranati.
Bellissima: la rivincita non poteva essere stata delle migliori.
[15245 parole] - 19 Novembre 2018
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