close as strangers
On the phone
I can tell that you wanna move on Through the tears I can hear that I shouldn't have gone
Every day, gets harder away from you
Aprile
Era aprile ma faceva ancora freddo mentre il sole mi riscaldava il volto, però ad ogni movimento sentivo ancora quel brivido costante che mi attraversava per essermi spostata da quel punto in cui avevo trovato conforto per qualche minuto.
Si avvicinava la fine dell'anno scolastico e la mia media si era ristabilizzata; c'era qualcosa che non andava, perché non ero perfetta e non lo ero mai stata, ma niente che non sarei riuscita a portare almeno alla sufficienza entro gli inizi di giugno.
Il sole di quel giorno stava tramontando, i raggi filtravano dalla finestra della mia camera mentre ero china sui libri a cercare di alzare un po' di più quel livello per potergli permettere di arrivare ad essere almeno abbastanza, per potercela fare.
Lo schermo del computer dava ancora un po' di luce alla stanza, fino a quando il suono di una notifica non mi fece lievemente sobbalzare e distrarre dalle pagine di quel libro che avevo ancora davanti agli occhi.
Mi bastò leggere il nome in quel riquadro azzurro e velocemente la giornata si ribaltò, sapevo che non avrei più studiato se avessi iniziato a parlargli, ma non potevo neanche voltargli le spalle. E non è che non lo volessi, perché lo facevo per me. Non per lui, né per nessun altro; perché sapevo anche che di quelle poche volte che potevo sentirlo io ne avevo bisogno, nonostante tutto. E nonostante tutto io non riuscivo a smettere e non lo avrei fatto.
Stavo studiando, tu cosa stai facendo? Quasi saltammo il convenevole «come stai», ma a me sarebbe bastato tutto. A me basta sempre tutto, non è mai cambiato.
Sono appena tornato a casa dagli allenamenti. Hai saputo di Louis? Quella domanda mi destabilizzò, non ne ricordo il motivo, ma riaccese qualcosa in me che in fondo, io non avevo mai smesso di sentire.
No, non so niente. Gli è successo qualcosa?
Impiegò qualche secondo a rispondermi, non riuscivo a capire perché chiedermi qualcosa del genere e poi tirarsi indietro, non capivo cosa si aspettasse da me.
Nel frattempo recuperai il cellulare e scrissi un messaggio a Louis. Era da tanto che non lo sentivo, era da tanto che non gli scrivevo, e sapevo di non essermi comportata bene con lui, ma ci tenevo ancora e non potevo negarlo.
Poi alla fine mi rispose. Ha avuto un incidente, niente di grave. Stava giocando una partita ed è caduto male, il ginocchio è stato quello a subire di più.
Il cuore prese a battermi nel petto e fu come se fossi riuscita ad immaginare la scena e a vederla davanti ai miei occhi in quel momento.
Quando è successo?
Stamattina. Nel mentre controllai il cellulare, ma non c'era ancora niente, nessuna risposta.
E adesso, sai come sta?
Sta bene, quanto sei apprensiva. Sapevo quando scherzava e quando invece era serio, e in quel momento sapevo che non stava scherzando. In quel momento mi resi conto che lui aveva combattuto lentamente con se stesso, perché se una parte di lui sapeva, pur se a malincuore quanto io tenessi a Louis e che fosse giusto dirmelo, l'altra voleva ancora preservarmi, tenermi per lui. Voleva una mia reazione, voleva essere sicuro che io volessi ancora come mia possibile certezza soltanto lui.
Sai che tengo a lui, cosa ti aspettavi?
Ma ti ho detto che sta bene! Se non l'avessi saputo da me probabilmente non te l'avrebbe detto nessun altro. Fu a quel punto che ne ebbi la conferma. La conferma che lui ne stava cercando una per se stesso in quel modo, che un po' continuava ad aggrapparsi, in alcuni momenti.
Allora perché me l'hai detto?
Senti, lascia stare. Se vuoi sapere qualcos'altro parla direttamente con lui. È sempre bello sentirti, per quanto possa valere.
A quelle parole mi bloccai. Riusciva sempre a cambiare il mio stato d'animo, a mutare il modo in cui mi sentivo con una sempre parola, con una semplice frase.
Volevo rispondergli che anche per me lo era, che una parte troppo grande di me sperava avvenisse presto, e che un'altra temeva che dopo quella volta sarebbe avvenuto invece sempre meno, che non sarebbe avvenuto e basta. Che ci fossimo fermati, che quello era il nostro punto e che non avremmo aspettato agosto. Mi rendeva più insicura di quanto già non fossi e smontava ogni mio progresso, oppure alimentava le mie speranze nonostante io stessi facendo l'impossibile per restare con i piedi ancorati al terreno e non a lui.
Volevo rispondergli che per me valeva ogni singola parola, ogni singolo istante.
Solo che alcune volte, come quella, sembravamo semplicemente due sconosciuti. Due sconosciuti che provavano a pensare all'altro da solo, che provavano ad immaginarlo con qualcuno che non fosse la persona che realmente avrebbero voluto al proprio fianco.
Avevo paura che stessimo sprecando soltanto del tempo, che qualcosa che non era neanche mai esistito realmente si stesse spezzando, che si fosse già rotto prima ancora di iniziare a vivere.
Due sconosciuti che rincorrevano l'altro, che si chiamavano a tarda notte e che continuavano a scriversi, a cercarsi solo per la paura di essere dimenticati e il desiderio di essere ricordati.
Ogni giorno mi chiedevo se saremmo resistiti ancora, perché mi sembravamo sempre più lontani.
E sapevo che tutto era cambiato, che tutto sarebbe cambiato ancora durante quegli ultimi mesi che ci dividevano, ma sapevo anche che sarei sempre tornata da lui.
Vicini come due sconosciuti anche quando eravamo stati insieme.
Alla fine non gli risposi.
Oh everyday
You feel a little bit further away
And I don't know what to say
Are we wasting time
talking on a broken line?
Telling you I haven't seen your face in ages
I feel like we're as close as strangers
I won't give up
even though it hurts so much
Every night I'm losing you in a thousand faces
Now it feels we're as close as strangers
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