Capitolo 67.
Levi's pov.
"Oh andiamo Levi, non puoi rimanere qui, stai perdendo lezioni importanti!"
"LASCIAMI STARE"
Urlai.
"LEVI IO LO DICO PER IL TUO BENE"
Farlan era in piedi davanti a me con le mani premute sul petto.
"Tu non capisci..."
Aggiunsi in tono più basso.
Il ragazzo mi guardò con aria preoccupata.
"Tu non puoi capire..."
Il mio tono di voce si abbassò ulteriormente passando una mano su quella del ragazzo moro affianco.
Restai in ospedale per tre giorni.
"Levi... mi dispiace."
Si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla.
"Se la caverà, non è un Titans per caso"
Mi sorrise.
Mi tornò alla mente il fatto che anche Farlan in un certo senso stesse perdendo la sua ragazza.
Mi sentii abbastanza egoista.
"N-non volevo urlarti contro... scusa."
Abbassai lo sguardo sinceramente dispiaciuto.
"Ormai ti conosco, non c'è bisogno di scusarsi, ora però ascoltami, okay?"
Strinsi maggiormente la mano al moro.
"Tra poco arriveranno i suoi genitori, se ne occuperanno loro, devi almeno finire l'anno scolastico, dammi retta, non puoi aspettare qui per mesi e mesi."
Tentò di farmi ragionare.
"Si risveglierà prima."
Dissi prontamente.
Mi fece un'espressione dolce e comprensiva.
"Va bene, ma ora devi tornare... dai."
Mi diede una pacca sulla spalla per solidarietà.
"Aspetto qui finché non arrivano i suoi... se dovesse svegliarsi? Eh? non troverebbe nessuno e...-"
Tentai di improvvisare.
"Levi non continuare a mentire a te stesso, lo sai benissimo che non si risveglierà per un po'."
"Lo so, rigiro la realtà per farmi sentire meglio anch'essendo consapevole di ciò che sta succedendo."
Il biondo mi lanciò uno sguardo dispiaciuto.
"Levi...-"
"Lasciami vivere nella mia realtà, ti prego."
Dissi prima che avesse potuto finire la frase.
"Così ti ridurrai ad uno straccio."
Mi guardò con tristezza.
"Come potrebbe andarmi peggio di così?"
"Non dovresti pensarla così, sono sicuro che Eren non vorrebbe questo abbattimento da parte tua, eri tu quello impassibile e forte o no?!"
Mi urlò addosso.
"Io non sono nulla di tutto ciò."
Guardai in direzione del ragazzo in coma.
Mi morsi le labbra soffocando dei singhiozzi.
"Levi..."
Si piegò vicino a me prendendomi in un abbraccio.
"Lo sei eccome e credo sopratutto che anche i forti abbiano bisogno di sfogarsi ogni tanto... eh?"
Mi accarezzò il capo.
"Dimmi, come ti senti?"
"Hai presente quando per una verifica studi tutto il giorno e pensi di sapere tutto, ma alla fine prendi insufficiente? Oppure... quando pensi di essere il predatore... ma alla fine finisci per essere la preda?"
Il ragazzo pendeva dalle mie labbra restando in un religioso silenzio.
"Sono tutte situazioni di panico in cui ti senti il mondo crollare, in cui ti senti fuori luogo, tutte le tue certezze su cui inizialmente eri aggrappato svaniscono in un lampo..."
Non riuscii a continuare la frase, così mi limitai ad aggiungere.
"Ed era lui, la mia certezza..."
"Tutti subiamo delle situazioni del genere, ma ci aiutano per crescere ed essere in grado di superare le prossime... per sapere da dove poter partire la prossima volta."
Mi passò una mano sulla guancia accarezzandola, a quel tocco le lacrime scesero da sole, me ne scesero pochissime, ma servirono per bagnarmi il viso.
"Di pali in faccia ne riceveremo tanti, la prima volta lo prenderemo in pieno, ma la seconda impareremo a prevenirci, a essere più preparati..."
Il ragazzo mi stampò un affettuoso bacio sulla guancia.
"Tranquillo, si riprenderà, ma io devo proprio andare ora, ci vediamo dopo, torna miraccomando ti aspetto."
Restai un po' scombussolato da tutto quello che accadde.
Farlan non era mai arrivato a certi contatti fisici nonostante sapessi perfettamente lo fece per tranquillizzarmi ed io lo accettai volentieri.
Restai solo in quella stanza bianca e priva di decorazioni per un'altra mezz'ora osservando il corpo inerme del ragazzo che lottava tra la vita e la morte.
Gli accarezzai la mano sperando vivamente che quel tocco gli fosse arrivato nel suo sonno profondo, sperai le mie parole e i miei gesti gli fossero arrivati comunque.
Avevo ancora la mano premuta sulla sua quando sentii la porta aprirsi.
Vidi i genitori di Eren entrare in stanza in lacrime, come se non fosse stata già difficile di per sé.
Ignorarono la mia presenza e si gettarono sul figlio scostandomi.
Mi misi da parte, erano comunque i genitori.
La madre gli tenne la mano che prima era avvinghiata alla mia.
"EREN"
La donna scoppiò in lacrime.
Il padre si giró verso di me, si avvicinò e mi sbattè al muro.
"COSA HAI FATTO A MIO FIGLIO?!"
Mi gridò contro scandendo bene ogni parola.
"M-mi dispiace, avrei dovuto sorvegliarlo meglio... ma purtroppo non ci sono riuscito."
Dissi a testa bassa.
"Mi stai prendendo per il culo?!"
"Avevamo accettato a stento il vostro fidanzamento, e dopo un paio di mesi me lo ritrovo in coma. COME DOVREI SENTIRMI?!"
Sentii la voce della madre distrutta echeggiare nella stanza.
Sentii il peso di un padre e di una madre addosso.
Sentii la responsabilità gravarmi sulle spalle.
Capii che per primo non venivo io,
prima di me c'erano molte persone più importanti nella sua vita.
Chiusi gli occhi facendo un sospiro sconnesso per soffocare ogni singhiozzo di troppo.
"Mi dispiace."
Furono le uniche parole che mi vennero in mente.
"Grisha... lascialo stare."
L'uomo mollò la presa.
"Cos'è successo Levi?"
La madre mi guardó negli occhi.
"Una rissa..."
Restai abbastanza vago.
"Eren è molto impulsivo, avresti dovuto fermarlo."
Riprese lei con sguardo basso.
"Mi creda, ho fatto ciò che potevo, ho cercato di fermarli-"
La donna puntò il suo sguardo sul mio occhio ancora nero e il labbro leggermente gonfio.
"Vedo... ma essendo più grande avresti dovuto intervenire prima e prendere in mano la situazione. Capisci che ora di mezzo c'è la vita di un ragazzo?"
Era calma con la voce, ma sapevo perfettamente stesse nascondendo tutto.
Proprio come me.
"Ne sono consapevole e le ripeto che ho fatto tutto ciò che era in mio possesso."
"Evidentemente non hai fatto abbastanza"
Il padre invece sembrò molto più in collera con me.
"Evidentemente."
Risposi secco.
"Levi ora puoi andare, Eren non ha bisogno di altro."
Continuai a fissare la madre leggermente confuso.
"È un modo educato per dirti di uscire dalla vita di mio figlio"
Grisha continuò ad assalirmi.
Mantenni tono ed atteggiamenti rispettosi.
Su una cosa fui certo, non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi crollare in una situazione tanto delicata.
Rimasi composto e con lo sguardo fisso sul suo, non mi sarei lasciato certo intimorire da due genitori.
"Grisha, non ho detto questo, non complicare la situazione, non è difficile solo per noi!"
Stranamente la madre prese le mie difese.
"COSA VUOI CHE NE SAPPIA LUI?! VUOI METTERE A CONFRONTO I GENITORI CON IL PROPRIO FIDANZATO?!"
"Mi permetta di dire che sono due tipi di amori diversi. Non mi sono mai permesso di metterli a confronto... ma semplicemente non è l'unico a soffrirci!"
Risposi stufo di sentir blaterare quell'uomo.
"Come osi rispondere?!"
"Credo di avere diritto alla parola."
Aggiunsi.
"IN QUESTO MOMENTO AL POSTO DI MIO FIGLIO CI DOVRESTI ESSERE TU. DOVEVI PROTEGGERLO E IMPEDIRGLI DI FARE CAZZATE."
"GRISHA!"
La donna intervenne.
"Ha ragione, dovrei essere io al suo posto."
Ammisi sentendomi pervadere dai sensi di colpa.
"No Levi non pensare a questo. Grisha non ha ragionato su quello che ha detto-"
"No, mi sarei volentieri sacrificato per lui, Signora Jaeger, appena si sveglia... ditegli che lo amo."
Ero sul ciglio della porta.
"A-aspetta Levi..."
Mi girai abbastanza irritato dalla situazione.
"Credo che Eren ti voglia sentire di persona... passa a trovarlo quando riesci... sono sicura che a lui faccia piacere..."
Un nodo alla gola mi soffocò.
Annuii per poi uscire dalla stanza.
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