Mettiamoci nei guai che ci rimettono al mondo.
Sono in facoltà anche oggi ed anche oggi lo faccio contro voglia, almeno per fortuna Tommaso non c'è così ho meno fiato sul collo.
Sono come sempre nel solito gruppo: Emilio e la sua giacca triste, Giulia sottolinea gli appunti, Carlo ripete dalle dispense e Agata resta a fissare il mio disagio.
"Ma che hai?" Si finge l'amicona che non è mai stata.
"Nulla." Sforzo un sorriso e la mia attenzione viene catturata dal solito ragazzo tatuato in una giacca viola bellissima.
Passa e sul suo cammino lo inseguono commenti e risatine, sembra fregarsene meno rispetto alla prima volta, si dirige verso di me.
"Ciao." Sorride.
"Hey, come stai?" Ricambio il suo sorriso.
"Bene, a parte il fatto che vorrei essere altrove." Sembra quasi avermi letto il pensiero.
"A chi lo dici." Rido e resto a fissargli i tatuaggi sul viso come se fosse una pagina di un libro aperto.
"Ti va un caffè?" Chiede e ha tutta l'aria di essere imbarazzato.
"Oh biondino, lascia perdere, che quelle come Desirè non sono alla tua portata." Carlo risponde per marcare il territorio al posto dell'amico che non c'è.
Sbuffo e mi allontano, prendendo il ragazzo sotto braccio.
"Ne ho proprio bisogno." Sorrido e lo allontano da quel grigiore.
Intanto sento tutti loro chiamarmi, rimproverarmi, perché Tommy non vuole, Tommy si arrabbierà. Io ho solo voglia di fregarmene di loro e di Tommy e di bere questo caffè.
Decidiamo così di marinare la facoltà, il caffè ce lo andiamo a prendere in un bar molto più lontano.
Siamo due estranei, io nemmeno conosco il suo nome, eppure nei suoi occhi vedo la stessa voglia di colore che ho io.
"Ti volevo ringraziare per avermi difeso ieri, non capita tutti i giorni." Scuote la testa e mi passa la bustina dello zucchero.
"Probabilmente ci circonda più grigio che colore." Sorrido girando nella mia tazzina. "A proposito, come ti chiami, uomo colorato?"
Lo vedo ridere e lasciar comparire due fossette ai lati della bocca.
"Lauro De Marinis, ma tutti mi chiamano Achille Lauro."
"Perché? Se posso."
"Beh, diciamo che io centro poco con la facoltà di giurisprudenza, ci sono solo perché obbligato da mio padre che fa il magistrato, ma in realtà faccio musica e le mie canzoni cominciano anche a sentirsi in qualche radio locale." Spiega portando poi la tazzina alle labbra.
"Che dici? È una cosa meravigliosa." Mi illumino. "Allora ti chiamerò sempre Achille, perché conosco il tuo animo artista a differenza di tutti gli altri." Sorrido soddisfatta, per gli altri sarà Lauro e basta, quello dichiarato così all'anagrafe, avrà il nome che altri hanno scelto per lui. Per me sarà Achille, ciò che è realmente, ciò che ha scelto di essere.
"Sì, mi piace terribilmente, così confondiamo anche." Ride. "E tu invece?" Comincia a chiedere. "Che ci fai tra quelle mummie?"
Rido e sbuffo. "Io esattamente come te sono costretta da un padre avvocato, vuole che io segua le sue orme."
"E tu vuoi seguirle?"
"Per nulla." Rido stizzita. "Sono innamorata del ballo da sempre, prendevo lezioni fin quando mio padre non mi ha costretta a lasciare." Calo il volto.
Mio padre si è sempre messo tra me e i miei sogni senza mai tenere in considerazione cosa volessi fare davvero, così è come se stessi vivendo una vita costruita ad hoc per me nella quale non c'entro nulla.
"Ci credi al destino?" Chiede improvvisamente.
"Io...no...non saprei."
"Ero alla ricerca di una ballerina per il mio prossimo video." Sembra illuminarsi.
"No Achille, io..." Mi interrompo. "Non ballo da un po', non so nemmeno se può piacerti come lo faccio, e poi..." Calo il viso.
"E poi?" Mi esorta a parlare e con il suo sguardo cerca il mio, noto che ha gli occhi verdi esattamente come i miei.
"Se mio padre e Tommaso lo scoprono è la fine. Mi sono spinta già abbastanza oltre." Ritorno alla realtà, ho appena dovuto realizzare che la ribelle posso farla fino ad un certo punto, poi devo ritornare ad essere la bambolina confezionata che vogliono loro.
"Come fai a far contento tuo padre e ad essere te stesso?" Quasi rido della mia domanda.
"Mio padre non conosce nulla del mio vero mondo, ha a malapena accettato i miei tatuaggi e il mio vestiario. Ma sai una cosa? A me non frega più di tanto, sto accettando pian piano ciò che realmente sono." Rilassa il volto e mi dedica un sorriso, si mette poi ad osservarmi.
"Questo è l'indirizzo del mio studio di registrazione, se cambi idea, sarà il nostro piccolo segreto." Mi porge il biglietto.
So a cosa sto pensando, che ho bisogno di ritornare a ballare, come ho bisogno di respirare la stessa aria di una persona che mi comprende, ma so che non posso andare troppo oltre o mi metterò in seri guai, gli stessi che arrivano una volta a casa.
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