In trincea

Me la ritrovo avanti, mia madre, quel corpo rettilineo e triste se ne sta in piedi a sorseggiare un bicchiere di vino, rosso come il suo rossetto.
Vorrei avere una conversazione madre-figlia, quella che non ho mai avuto con lei, così non so nemmeno io da dove cominciare.
"Vuoi?" Alza il bicchiere. "Ah no, non puoi." Quasi si rimprovera.
"No, non posso." Una mano mi cade istintivamente sul ventre nel quale immagino nuotare il mio pesciolino.
"Vedo che cominci a capire come funziona." Giuro di vedere un ghigno comparire sul suo viso.
Scuoto la testa, non capisco cosa voglia dire.
"Beh sì, potevate aspettare visto che il matrimonio è alle porte, ma così ti sei assicurata, figlia mia." Ridacchia e poggia le labbra al bicchiere.
"Mi sono assicurata?" Chiedo sperando di non aver capito. "Un figlio è un assicurazione?"
"Sì, se fatto con l'uomo giusto." Si trascina soddisfatta a sedere su uno sgabello, accavalla le gambe e intanto sento un calore pervadermi il viso.
"No, cazzo." Urlo e volto con forza lo sgabello, costringendola a guardarmi. "No, mamma, i figli non sono assicurazioni. Forse sono stata questo per te, ma questo bambino non è lo stesso per me, hai capito?" Urlo e delle lacrime mi riempiono gli occhi.
La vedo in silenzio e stupida, incapace di provare emozioni.
"Guarda che mi stavo congratulando...a modo mio." Sentenzia fredda.
"Non è figlio di Tommaso." Tiro su con il naso, era questo che ero venuta a dirle, sperando di trovare delle braccia di mamma che ti stringono e mettono al sicuro.
"Come hai detto?" Scende composta dallo sgabello.
"Hai sentito bene." Fiato e sposto lo sguardo, mi cade su una foto di quando ero bambina: io, lei e papà felici. Adesso mi chiedo quanto di ciò che ho vissuto sia vero.
"Stammi a sentire, farai bene a fingere che questo bambino sia suo." Stringe i denti, butta giù poi velocemente il bicchiere di vino.
"Perché? Perché devo sposare un uomo facoltoso? Perché a mio padre serve entrare a far parte di quella famiglia? Ma tu lo hai mai amato mio padre? Quello è realmente mio padre o magari hai finto anche tu? Guardati, sei uno scheletro svuotato, sei un corpo mamma. Non provi, non senti. Io voglio sentire." Urlo e le lacrime cominciano a rigarmi le guance.
Una sua mano mi tappa la bocca.
"Stai zitta o giuro che ti ammazzo, a te e questo bastardo che porti nella pancia." Gracchia e la sua voce mi gela.
"Questo bastardo, come lo chiami tu, è dell'uomo che amo." Dico tutto d'un fiato.
"Il pagliaccio tatuato? Quel fenomeno da baraccone? Che ti ha messo nella testa?" Mi stringe il mento con una mano, è glaciale, come se nelle nostre vene non scorresse lo stesso sangue. "Se tuo padre viene condannato noi perdiamo tutto." Bisbiglia e quasi si strozza nel parlare, capisco che sta trattenendo le lacrime.
"Questa casa, i nostri gioielli, i soldi, i vestiti tanto costosi." Tira su con il naso. "Tutto, Desirè, tutta una vita in fumo, per cosa? Per l'amore. Perché mia figlia si è innamorata." Mi fa il verso, poi con un fazzoletto di stoffa si tampona le narici. "È uno stupido capriccio, l'amore finisce." Sentenzia come se lei avesse capito come si sta al mondo, eppure io la vedo, questa donna infelice che si imbratta, che si avvolge in abiti lussuosi pur di sentirsi importante.
"Sei un manichino senza alcun sentimento, mamma." Le dico glaciale quanto lei e me la lascio alle spalle, come vorrei lasciarmi tutta la mia famiglia e la mia intera vita.
A lei servono quei vestiti importanti per sentirsi ricca, a me bastava esser vestita dei pantaloni di Lauro.
Sono in una gabbia, in trincea, senza nessun alleato.

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