Devi sapere che ti amo

Come si usa spesso in casa mia c'è una festa, l'ennesima fatta di brandy e sigari, uomini facoltosi e donne pittate.
"Amore mio, vieni, ti aiuto a vestirti." Linda entra nella mia stanza con la sua solita aria bonaria.
"E quello?" Mi riferisco ad un corsetto che ha tra le mani.
"Desirè, tua madre vuole che lo indossi, preferiscono che si sappia della gravidanza dopo il matrimonio." Mi spiega calando il viso.
"No, non esiste, io quella roba non la metto." Mi allontano riluttante.
Linda si arma di tutta la pazienza che l'ha sempre contraddistinta e mi si avvicina.
"Desi, tesoro." Mi sposta una ciocca di capelli cadutami sul viso. "Io eseguo solo gli ordini." La vedo tirare su con il naso.
"Linda, non è con te che ce l'ho, ma io questo non lo metto. Sono una donna adulta e decido io per me." Sentenzio decisa e infilo il vestito, è aderente, così il mio pancino appena pronunciato si vede.
Linda si porta le mani alla faccia, sospira e cerca di farmi ragionare.
"Se la prenderanno con te, ancora." Socchiude gli occhi come se stesse immaginando una tortura che mi riserberebbero.
"Non me ne frega niente, Linda, sono già in una trappola punita ogni giorno, non posso stare con la persona che amo e non possiamo condividere nostro figlio." Confido guardandomi allo specchio, immaginando quanto sarebbe meraviglioso starmene sdraiata sul petto di Lauro, mentre mi accarezza la pancia e strimpella alla chitarra.
"Dio santo." Linda si segna con una veloce croce e volge gli occhi al cielo. "Desirè..." si arresta a fissarmi con gli occhi sgranati.
"Questo non è figlio di Tommaso, non lo sarà mai, anche se lui lo dichiarerà e crescerà. Grazie a Dio non avrà quei geni maledetti e spero sia un'artista libero, proprio come il suo papà." Continuo a guardare la mia figura allo specchio mentre fantastico e le mie mani fanno su e giù sulla pancia. Sorrido malinconica immaginando questo figlio uguale a suo padre. Sì, spero tanto che gli somiglierà e che questa somiglianza urlerà ogni giorno in faccia a Tommaso che non saranno mai padre e figlio.
"Desi, tesoro, questi ti ammazzano." Mi sussurra e stavolta da sfogo a tutte le sue lacrime, afferra poi un pezzo di stoffa bianco che porta sempre nella tasca e si asciuga gli occhi.
"Io sono già morta." Le afferro le spalle per poi lasciare la mia stanza.
Arrivo in giardino dove sono già tutti intenti a bere e parlare d'affari, attiro l'attenzione di molti conoscenti con il mio pancino sospetto, così un vociare pettegolo accompagna la mia camminata.
Incontro mia madre che mi incenerisce con lo sguardo e tenendo sempre il calice di vino in mano, come fosse un prolungamento del suo corpo, mi strattona.
"Avevo ordinato a Linda di metterti il corsetto." Ha la voce graffiata.
"A 13 anni avrei obbedito, non a 30." Sorrido sarcastica e faccio per allontanarmi, quando sento il mio polso afferrato e stretto con forza.
"Amici cari." Tommaso mi tiene e con l'altra mano alza un calice di vino. "Stasera vorremmo annunciare la nostra gioia a tutti voi." Sento la sua presa sempre più forte intorno al mio polso.
"Lascia, mi fai male." Gli bisbiglio dolorante.
"Stai zitta, hai già fatto abbastanza per stasera." Si riferisce al mio disobbedire al corsetto e continua a stringere il polso.
Riprende nuovamente il suo discorso fingendo una felicità che non gli appartiene.
"Io e la mia Desirè aspettiamo il nostro primo figlio, l'erede di casa Lorenzi." Dice orgoglioso e incita tutti a brindare.
Così vedo bicchieri a mezz'aria, cin cin, congratulazioni, sorrisi e gioia, quella che io proprio non riesco a provare.
Ed infine, tra le tante cose, vedo lui: Lauro.
In una giacca bianca con rifiniture nere ai bordi, i capelli platino arricciati. La sua figura longilinea non passa inosservata, sembra una bella statua che in un museo si fa ammirare.
Cerco così un modo per avvicinarlo, lo trovo solo quando entra in casa per chiedere del bagno.
"Ti ci accompagno io." Dico in un filo di voce, mentre è di spalle che parla con Linda.
Si volta come colpito da una visione, Linda intanto mi ammonisce con lo sguardo.
"Desirè." Linda si porta le mani alla bocca come a non poter dire ciò che vuole.
"Tranquilla." Le pizzico affettuosamente una guancia e prendo Lauro per mano, corro veloce su per le scale, entro nella mia stanza.
"Vai, puoi usare il bagno che ho in stanza." Glielo indico con la mano.
Sembra stordito, così entra senza dire una parola. Lo vedo uscire poco dopo.
"Come stai?" Gli chiedo per attaccare bottone.
"Sto." Fa spallucce. "Tu sei felice?"
Scuoto la testa, mi fiondo tra le sue braccia.
"Ho capito cosa fosse sentirsi felici solo quando mi sono stretta al tuo corpo." Gli confesso piangendo, così con un gesto incerto mi accarezza i capelli.
"E allora perché? Perché di tutto questo? Potete essere genitori anche stando separati." Mi bacia sulla testa.
Mi stacco velocemente, capisco che sto sbagliando ad alimentargli false speranze ma avevo bisogno di sentire il suo calore più che mai.
"Che ci fai a questa festa?" Chiedo cambiando discorso.
"Sono venuto con mio padre."
"Tu? Con tuo padre ad una festa di avvocati tristi e noiosi?" Lo punzecchio, so bene quanto odia queste situazioni. "Sei venuto per me?"
Lo vedo innervosirsi, si porta una mano alla nuca. "Ma che vuoi, eh? Smettila di mandarmi a puttane il cervello." Mi dice con un accento marcato, noto le due fossette comparirgli ai lati delle guance.
"Scusa, hai ragione, è meglio che io e te non ci parliamo più." Sentenzio e faccio per uscire dalla stanza ma Lauro mi sbarra la strada con il suo braccio, lo fa delicatamente, con la dolcezza che lo contraddistingue. Mi cinge i fianchi e sembra aggrapparsi ad una remota speranza che io possa dirgli che staremo insieme. E quanto lo vorrei, quanto in questo momento è diventato il mio unico desiderio.
"Cosa indossi stasera? Un Gucci? Un Prada?" Chiede quasi facendomi il verso.
"Non è questo, Lauro, io con te sarei felice pure di spendere al mercatino rionale." Abbasso lo sguardo, non voglio incontrare il suo. "Ma sono in un meccanismo in cui non c'è via d'uscita." Poggio teneramente la testa sul suo petto, aspiro con il naso tutto il suo odore, quello che ormai non riesco più a togliermi dalla testa.
Sento le sue mani accarezzarmi la schiena, vorrei tanto dirgli di tirare giù la zip del mio vestito, vorrei dirgli di strapparlo via e farmi sua, di entrarmi dentro come mi è entrato nella testa e nel cuore. Aspiro e butto fuori tutta l'aria velocemente, mentre cerco un briciolo di coraggio per staccarmi da lui.
Vedo la porta aprirsi e una Linda preoccupata entrare di colpo, avanti a lei la scena di noi due abbracciati, come due condannati.
"Desirè, Tommaso ti sta cercando dappertutto." Bisbiglia e si morde una mano. "Ma che fate?" Ci sleghiamo velocemente da quell'abbraccio, così Linda mi afferra per una mano come fossi una bambina da sgridare dopo una marachella.
"Lei deve smetterla di importunare la signorina." Dice contro Lauro. "Ha idea di che guaio succede se lo scoprono?" Mi strattona, poi ritorna a guardare Lauro e a dargli ordini come un generale. "Resti qui, la faccio uscire io quando non c'è nessuno che possa vederla."
Lauro annuisce, è confuso, forse ha appena realizzato che è veramente un guaio quello in cui si caccerebbe con me.
Mi guarda con due occhi dolci e spauriti, credo che stia scoppiando di domande ma non le faccia per paura delle risposte.
Ci guardiamo come se stessimo andando al patibolo, come se la vita ci stesse giocando uno scherzo bastardo.
Sfuggo alla presa di Linda e corro a riabbracciarlo, poggio velocemente le mie labbra alle sue.
"Ti amo." Gli sussurro e lo vedo illuminarsi, per poi spegnersi un attimo dopo, come una lucciola che va a morire. Ma doveva saperlo.
Deve saperlo che è delle sue labbra che vorrei nutrirmi e che è il suo corpo che vorrei spogliare. Deve sapere che la sua anima mi è rimasta cucita addosso e che non riesco ad amare nessun altro che non sia lui.
Anche se in questa realtà maledetta devo fingere di amare un altro e di aspettare con lui un figlio, Lauro deve sapere che è con lui che vorrei vivere e morire un giorno.
"Andiamo, Desirè." Linda mi sgrida e mi afferra di nuovo, così mi lascio trascinare per ritornare alla realtà.

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