Tre Grammi Di Fatalità

❝ Non avevo niente contro di loro e non mi avevano fatto niente di male come altri invece mi avevano fatto per tutta la mia vita; loro hanno pagato per tutti.❞
𝓟𝓮𝓻𝓻𝔂 𝓢𝓶𝓲𝓽𝓱

personaggi presenti: Hercule, Maurice

Sera dell'8 aprile 1885

Il placido calare del sole dipingeva Parigi di tinte calde e rossastre con una lentezza disarmante, come un pittore che con leggere e calme pennellate decora il proprio progetto con le ultime sfumature decisive. Eppure quel lento avanzare della notte sembrava più l'anticipazione di qualcosa di terribile che sarebbe accaduto a breve, quasi un conto alla rovescia che avrebbe portato ad una scena catastrofica di cui nessuno sospettava l'imminenza.
Il pacato ondeggiare delle scure carrozze sui ciottoli delle strade dimostrava la totale indifferenza che il mondo provava per ciò che sarebbe potuto accadere, quelle difatti non erano faccende che riguardassero la Terra, si sarebbero potute dire più come le cronache di un nero capitolo scritto dalla mano del diavolo in persona.

Ma le carrozze che percorrevano a placido passo le strade ciottilate di Parigi, oppure i passanti che si affrettavano verso casa, non leggevano nessun presagio nelle lunghe ombre che avanzavano nelle vie, spazzando lontano l'inquietudine con un senso di quotidianità.
Hercule, placidamente poggiato sul sedile scarlatto di una carrozza corvina, osservava le vie parigine che scorrevano fuori dal finestrino al ritmo del sobbalzare delle ruote nei punti più irregolari del terreno. Mille pensieri gli turbinavano per la mente, nonostante i piccoli occhi glaciali non lasciassero trapelare nulla, esattamente come una fredda superficie cristallina.

Lui e César non stavano lavorando al caso dell'Opera da nemmeno due settimane eppure il mistero si infittiva di giorno in giorno, aggiungendo solo pezzi senza senso in un puzzle incomprensibile. In tutto cinque persone erano state aggredite, oltre ovviamente all'omicidio di Elodie Legrant: nel primo caso la vittima era Chantal Gaudier, nonostante non vi fosse la certezza che la vittima avrebbe dovuto essere la donna. Nella stanza infatti si trovavano anche il direttore dell'Opera e l'apprendista lirica, ma nessuno dei due aveva un collegamento diretto con Elodie: solo Chantal poteva essere collegata con la ballerina ritrovata senza vita. Almeno fino a quel momento.
Il tecnico, la seconda vittima, non sembrava neanche sapere che volto avesse la vittima, probabilmente l'aveva vista qualche volte con la coda dell'occhio, ma non avevano alcun rapporto particolare. Se era stato aggiunto ai sospettati era solo per l'ottima conoscenza della struttura del teatro.
Le gemelle Fournier a loro volta non avevano nulla a che fare con la ballerina deceduta, inoltre erano poco più che due ragazzine, nonostante a loro discapito si potesse dire che le due si trovavano intorno alla scena del delitto la notte dell'omicidio.
La cosa più mortificante per Hercule era il fatto che realmente non vi fosse un vero sospettato: Maurice Flaubert era presente nel luogo dell'incidente di Lucien, ma durante l'omicidio della ballerina era fuori Parigi.
Man mano che gli eventi si succedevano le prove scemavano e i sospettati diventavano vittime.

L'ispettore socchiuse gli occhi con un profondo sospiro e si lisciò leggermente i baffetti grigi con le dita tozze, pensoso e con un principio di emicrania.
Tutto si ricollegava ad un fattore: la metà ciondolo ritrovata nel camerino di Elodie Legrant e l'altra metà trovata da parte delle gemelle Fournier sul luogo del delitto.
La teoria che lui e César sostenevano era principalmente una, ovvero che quel ciondolo diviso fosse simbolo di un legame tra due persone: la vittima e il suo assassino. Questa doveva essere l'unica spiegazione, altrimenti per quale ragione la figura incappucciata avrebbe quasi ucciso due ragazze per recuperarla? Probabilmente sarebbe stato un indizio troppo importante. Il gioiello era la chiave e andava ritrovato.

Quando la carrozza si fermò con una leggera sommata Hercule riaprì gli occhi e infilò la mano in tasca, recuperando gli spiccioli da dare al conducente.
Scese dalla vettura e prese un profondo respiro: era casa e per quella serata avrebbe solo voluto rilassarsi davanti ad una buona tazza di thé in compagnia della sua amata Brigitte. La moglie gli aveva promesso di leggere per lui quella sera ed era quella piccola ricompensa che aveva trascinato lo stanco ispettore lungo tutta la giornata: era demoralizzato dal rompicapo apparentemente impossibile, ma l'idea che la dolce voce dell'amata l'avrebbe consolato alla fine di quella dura giornata lo aveva rincuorato, scaldandogli l'animo con tale calda promessa.

Fu veloce ad attraversare il vialetto di casa, lanciando uno sguardo veloce alle ortensie ben coltivate che la moglie amava tanto. Tali fiori erano l'orgoglio della donna che, con enorme maestria, rendeva il loro piccolo giardinetto uno degli angoli più esotici e colorati di Parigi.
Entrò in casa senza fatica, la porta non era chiusa a chiave, la moglie aveva l'abitudine di lasciarla aperta solo per l'orario del rientro in modo che Hercule non avrebbe dovuto aspettare al freddo della sera mentre cercava le chiavi di casa. L'uomo sorrise appena mentre metteva un piede in casa, quella era una delle famigliari abitudini con cui la moglie lo viziava.
Sulla soglia venne accolto da un leggero sottofondo musicale proveniente dal salotto e dal caldo aroma di biscotti appena sfornati.
Sapeva bene che era relativamente presto per una buona cena, ma certamente Brigitte aveva pensato ad uno spuntino con cui il marito avrebbe potuto riscaldarsi mentre i due avrebbero aspettato chiacchierando delle novità della giornata che la cena venisse pronta.
Ma quelli non erano i piani della serata.

Hercule si immobilizzò nel gesto di sfilarse il cappello quando iniziò a notare che qualcosa non andava. Piccolezze che nessuno avrebbe notato, ma che agli occhi di un uomo dedito all'osservazione dei dettagli non sarebbero potute sfuggire.
La prima stranezza che fece rizzare i baffi all'ispettore fu il fatto che la moglie non gli avesse rivolto nemmeno un saluto. Non sempre lo accoglieva alla porta, ma quando non lo faceva almeno lo salutava con un "bentornato caro". Solo la musica faceva da sottofondo all'entrata di Hercule nell'abitazione. Sarebbe potuto sembrare un dettaglio irrilevante, ma da oltre quarant'anni di matrimonio un saluto non era mai mancato.
La seconda stranezza era che nessuna luce proveniva dalla cucina o da altre stanze della casa, se non una luce fioca proveniente dal salotto. Non se ne era accorto immediatamente in quanto appena entrato si era voltato velocemente a richiudere la porta, attento che il freddo della sera non rovinasse il clima mite all'interno dell'abitazione.
La terza stranezza fu l'assoluta mancanza di rumori se non per la musica proveniente dal grammofono che la coppia teneva in salotto. Nessun rumore di passi, nessun fruscio, nemmeno un leggero movimento di padelle, utensili o il solito canticchiare della moglie. Nulla di nulla.

Parlare, chiedere se ci fosse qualcuno, non era un'idea geniale, come uomo di nemici ne aveva fin troppi. Probabilmente era solo troppo prudente, pensò per una frazione di secondo, mentre faceva un passo avanti sul tappeto color porpora che adornava il pavimento dell'ingresso, ma anche un tale pensiero non lo convinse a scostare la mano dal freddo calibro che gli sfiorava il fianco. Non era un amante delle armi, in situazioni normali non avrebbe neppure pensato ad utilizzare la propria pistola, favorendo invece un dialogo e qualche dei suoi amati trucchetti psicologici. Ma, se le sue peggiori ipotesi si fossero rivelate corrette, in quel momento non vi era in gioco la sua vita, ma quella di Brigitte. Ovviamente poteva essere tutta un'esagerazione, ma raramente il sesto senso lo ingannava e, in quel caso, la peggiore opzione sarebbe stata far prendere un piccolo spavento alla moglie.

Quando arrivò sulla soglia del salotto tirò un sospiro di sollievo: la moglie era seduta al grande tavolo accanto alla finestra di fronte ad ella una tazzina di thè mezza vuota. Era nella penombra e solo il leggero lume della candela, unito ai raggi del sole ormai morenti provenienti dall'esterno, illuminava la figura con il capo chino verso il libro poggiato accanto alla tazza.
Hercule si rilassò con un sorriso sollevato, rilassò le braccia e si limitò a scuotere il capo, ma il sollievo durò solo pochi secondi: il collo della moglie era troppo ripiegato verso il basso in una posizione innaturale per una semplice lettura e le braccia erano abbandonate lungo il corpo senza posa.
-Brigitte...- fu l'unica parola strozzata che uscì dalle labbra dell'uomo, incapace al metabolizzare il fatto che un malessere improvviso avesse colto la donna, ella non aveva mai presentato gravi problemi di salute fino ad allora.

-Bentornato a casa, ispettore.- fu la voce rimbombante che lo accolse, accompagnata da una figura che uscì dalle ombre della stanza, quasi fosse stato rigurgitato direttamente da esse.
Hercule si voltò verso la persona che fino ad allora si era celata lontano dalla sua vista, la pistola già in mano, il volto corrucciato che cercava di collegare la presenza della figura nella sua casa. Non era così difficile in realtà capire cosa fosse successo.
A sua volta, con un movimento impercettibile, la presenza sconosciuta estraette un'arma, rendendo la scena in quel piccolo salottino molto simile all'inizio di un qualche duello seicentesco.
-Chi siete voi?- domandò Hercule in un basso ringhio, non voglioso di dialogare con uno sconosciuto mentre la moglie giaceva in condizioni sconosciute a qualche metro da lui.
La figura era solo vagamente visibile, coperta da un nero mantello da capo a piedi, la pistola invece riluceva alla luce della candela: all'occhio esperto dell'ispettore non ci volle molto per riconoscere il modello, un Revolver Colt Army. Un modello vecchio che si stampò a fuoco nella sua memoria.
All'ispettore quella persona ricordava terribilmente la descrizione che le gemelle Fournier avevano dato a César. Sperò di sbagliarsi.

-Non c'è bisogno di allarmarsi.- fu il commento dai toni vagamente ironici che provenne dalla figura di fronte a lui. -Almeno, non per voi ispettore. Per quanto riguarda vostra moglie...forse è meglio iniziare a giocare prima che sia troppo tardi.-
Hercule odiava dover stare al gioco, odiava terribilmente non poter porre fine a tutta quella stupida storia di sofferenza con un singolo proiettile. Ma non poteva, non era una bestia e sapeva che la sua coscienza l'avrebbe tormentato per sempre, inoltre probabilmente colui che si trovava davanti sapeva cosa fosse successo a Brigitte. Anzi, probabilmente ne era il responsabile.
-Giocare?- domandò inclinando il capo leggermente di lato mentre la figura nascondeva la pistola sotto allo scuro mantello e avanzava a grandi passi verso il tavolo.
Hercule scattò in avanti, un gesto impressionante visto la sua età, che in ogni caso gli permise di pararsi tra la figura e la moglie, l'arma puntata al petto di quella che sembrava un'ombra immateriale.
-Non preoccupatevi, in ogni caso morirà nel giro di un'ora.-
Queste parole lo colpirono allo stomaco come una sassata, lasciandolo senza aria per diversi secondi.
-Giochiamo ispettore, prima che sia troppo tardi. -
Dopo tali parole si accomodò al tavolo, nella sedia a destra di Brigitte che ancora non dava segni di movimento. La donna manifestava un pallore mortale e la pelle era ricoperta da un leggero strato di sudore che le aveva già impregnato il colletto dell'elegante camicetta color crema.
Hercule le corse accanto, sempre impugnando la figura verso l'uomo che sedeva indifferente, il volto impossibile da scorgere.
L'ispettore la scosse leggermente, prendendole il volto tra le mani e osservando l'espressione dolorante e i leggeri tremiti che la scuotevano, tanto leggeri da non poter essere scorti da lontano.

Mentre analizzava con sguardo preoccupato la moglie, la figura estrasse un grande oggetto quadrato da sotto la propria sedia: una scacchiera.
Il grande oggetto attirò l'attenzione di Hercule che stava per sollevare la moglie e portarla lontana da colui che probabilmente l'aveva avvelenata. La preoccupazione e la paura scorrevano nelle sue vene insieme a scariche continue di adrenalina; egli non provava spesso paura, ma di fronte all'eventualità di perdere la sua amata si sentiva terrorizzato.
-Suvvia Monsieur Dubois, l'aiuterebbe più giocando, forse non amate più gli scacchi?- domandò la voce che giunse ovattata alle sue orecchie, come intralciata nel suo percorso da qualcosa di pesante: se era chi pensava probabilmente si trattava della famosa maschera.
Hercule osservò la pallida moglie ansimante e poi la figura che sedeva a dirimpetto rispetto alla sua posizione.
-Cosa le avete fatto?- domandò di nuovo, il tono controllato che si incrinò involontariamente verso fine frase.
-Per scoprirlo dovete battermi.-

Con molta riluttanza l'ispettore non ebbe altra scelta che sedersi compostamente di fronte all'uomo, lo sguardo fulminante e la pistola poggiata sulle ginocchia. Si sentiva impotente, ma sapeva di dover mantenere la calma e pensare lucidamente.
-A voi il bianco, a me il nero, come probabilmente tutto appare nella vostra mente.- sussurrò la figura di fronte a lui mentre sistemava i pezzi nelle sessantadue caselle. -Io il cattivo, voi i buoni.-
Hercule non rispose, si limitò a stringere i pugni poggiati in grembo, lo sguardo fisso sul nero cappuccio che nascondeva il volto del suo avversario. Non intendeva dargliela vinta e permettergli di leggere la propria mente.
-È da tanto che desideravo giocare con voi, sapete?- aggiunse la figura, il tono ad assumere sfumature quasi d'ammirazione. -È da molto tempo che volevo incontrarvi di persona.-
Ancora nessuna risposta da parte di Hercule.

-Pensavo sareste stato un avversario più eloquente.- fu il sussurro deluso che raggiunse le orecchie dell'ispettore.
Hercule non si mosse, incerto su ciò che realmente stava facendo mentre la figura di fronte a lui iniziava a tamburellare le dita guantate sul tavolo.
-Non preoccupatevi, l'incantevole Brigitte è stata avvelenata tramite la sua amata tisana alla malva, gli scacchi non li ha neanche sfiorati.-
L'ispettore lanciò una veloce occhiata all'elegante tazzina di porcellana: il contenuto come la tazzina stessa sembrava del tutto innocente.
Fece un sospiro per riprendere il controllo, se fosse stato calmo sarebbe andato tutto bene. Con un gesto deciso afferrò il cavallo in G1 e lo spostò in F3 utilizzando l'apertura Réti.

-Il vostro metodo di investigazione si trasporta anche nel mondo degli scacchi.- sussurrò il suo avversario riferendosi al tipo di tecnica scelta dall'ispettore, spostando un pedone con poco interesse verso la mossa. Non vi erano orologi tra i due, la partita poteva benissimo essere infinita.
Hercule serrò i pugni in grembo mentre i taglienti occhi azzurri trapassavano il nero tessuto che separava lui e colui che si trovava di fronte.
-Cosa volete?- domandò a voce bassa, scandendo le parole con calma.
Una risata roca gli arrivò come risposta.
-Semplicemente parlare con un vecchio amico.-
Hercule non ribatté, limitandosi a tenere i glaciali occhi azzurri fissi di fronte a sé mentre muoveva il proprio pedone con una lenta mossa non troppo studiata. Aveva sempre amato giocare a scacchi, come avrebbe potuto pensare che quella sua passione sarebbe stata trasformata in un'arma contro di lui?

-Non vi interessa sapere dove ci saremmo già incontrati?- domandò la figura, chiaramente delusa dal fatto che Hercule non la stesse assecondando.
L'uomo si limitò a sporgersi un po' di più sul tavolo, i baffi leggermente tremanti per la tensione mentre studiava ciò che poteva scorgere dell'incappucciato.
-Fatemi indovinare.- sussurrò l'ispettore, il tono tagliente come una lama. -Supponendo che voi stiate dicendo la verità e questo non sia solo un altro stupido giochetto, non siete un criminale. O almeno, non lo eravate quando ci siamo incontrati nel passato. Forse eravate un collaboratore della legge? Un medico magari, vedendo la vostra esperienza di veleni.- lanciò uno sguardo alla moglie sempre più pallida e poi alla pistola del proprio avversario, puntata verso di lei. -O magari il parente o l'amico di una vittima, insoddisfatto dalla legge che ora torna per vendicarsi in tutta la sua bestialità.-
Nessuna parola gli arrivò in risposta, neanche un segno di vita dalla figura immobile.
-O forse mentite e questo è solo un escamotage per distrarmi dal vero dilemma.- continuò. -Ovvero dal perché é avvenuto l'omicidio di Elodie Legrant.-

A quel nome la figura ebbe una reazione inaspettata, si chinò in avanti, trovandosi con il proprio volto  a poca distanza con quello dell'ispettore.
-Noi siamo molto simili, Hercule.- sussurrò l'incappucciato con voce tanto bassa da essere quasi inaudible, mentre spostava il proprio alfiere. -Entrambi collaboriamo per la giustizia, solo che voi, a differenza mia, non siete pronto ad accettare il sacrificio. Era necessario che qualcuno morisse per aprire gli occhi all'Opera, al direttore, a Parigi, al mondo.-
-È per questo che l'avete uccisa?- lo incalzò Hercule, il cuore che gli sprofonda a ogni volta che udiva un gemito da parte della moglie.
-È per questo che è morta.- confermò il suo avversario tornando a sedersi in modo più composto. -Per una causa maggiore.-
L'ispettore invece rimase proteso in avanti, il volto contratto in una smorfia. -Era solo una ragazza.-
-Pensate che non lo sapessi?- scattò di nuovo, questa volta il tono calmo era alterato ed egli si alzò senza  preavviso, spazzando via la scacchiera con un gesto della mano e facendola finire addosso alla povera Brigitte.
Hercule, a questo gesto, si alzò a sua volta per proteggere la moglie, ma venne fermato dall'incappucciato che lo afferrò per il bavero della giacca.
-Il dolore, ispettore, non risparmia nessuno.- sussurrò a pochi centimetri dal suo volto, tanto vicino che l'alito fetido sfiorava le narici di Hercule provocandogli un senso di nausea. -Né ragazze, né bambini. Voi dovreste saperlo, del resto Lucien quanti anni aveva quando è morto?-

Queste parole furono peggiori di qualsiasi colpo per l'ispettore che schiuse leggermente le labbra in un'espressione di sorpresa, immobilizzandosi e ammorbidendo la presa sulle braccia di colui che si trovava di fronte. Lucien, Lucien, Lucien. Che ne sapeva quel mostro del fratello minore?
-Non vi è niente che mi sia nascosto.- aggiunse la figura. -Nemmeno su di voi o sul vostro caro, adorato, vice. O sulla vostra dolce protetta Anaëlle. Uscite dalla vostra bolla si serenità ispettore, solamente loro due hanno causato più dolore di quanto possiate immaginare.-
L'ispettore rimase zitto per qualche secondo, incassando quei colpi e cercando di non tradire alcuna emozione.
-Ogni uomo fa del male nella propria vita.- sussurrò infine la figura. -Non tutti ci convivono, quasi nessuno riesce ad accettarlo. Il sacrificio é necessario per il bene comune.-
-Voi non vi siete sacrificato.- sussurrò Hercule con un filo di voce. -Elodie Legrant è stata sacrificata.-
Di nuovo uno scatto, questa volta con forza inaudita fu il tavolo di legno a venir ribaltato, fortunatamente dalla parte opposta rispetto alla posizione di Brigitte.
-Con la morte di Lottie ho sacrificato un pezzo della mia anima!- urlò di nuovo, questa volta il tono incrinato dal dolore. -Il buio, il vuoto, mi sta inghiottendo ispettore. Di una cosa potete star certo: quando verrò trascinato nell'abisso ognuno di voi verrà con me!-
Hercule rimase in silenzio, in piedi, la pistola in mano mentre ripeteva nella mente le informazioni che era riuscito a immagazzinare: il modello di pistola, il nome Lottie, il comportamento psicotico di colui che si trovava di fronte.
Passò qualche istanti di silenzio prima che la figura parlasse di nuovo.
-Tre grammi.- sussurrò con tono nuovamente apatico, talmente pacato da incutere timore. -Tre grammi di belladonna le sarebbero stati fatali, ma con solo due grammi e mezzo le basterà ingerirne un infuso fatto con i petali di tale fiore. Ne ho messo un sacchetto nella tasca del grembiule, non disperdeteli.-
Fu con queste parole che la figura si mosse superando Hercule, l'ispettore si voltò, non permettendo di dare le spalle ad un assassino che avrebbe potuto ucciderlo a sangue freddo. Ma egli era già scomparso e il cigolio della porta d'ingresso accompagnò le sue ultime parole.
-Abbiamo ancora molto lavoro da fare, mio caro Hercule.-

Notte dell'8 aprile 1885

Caro figliolo,
ho appreso dalla tua precedente lettera dei loschi fatti che stanno avvenendo all'Opera.
È scandaloso come un posto di tanta bellezza e cultura possa venir stravolto da un atto di violenza simile. Oh, Maurice, l'odio non porta mai l'uomo a nulla di buono, lo fa solo regredire a stati mostruosi.
Mi raccomando piccolo mio, stai attento. Qualsiasi cosa accada, in qualsiasi modo tu ti senta, puoi tornare a casa. Non c'è bisogno dei soldi in più che guadagni, se torni puoi darmi una mano in bottega oppure trovare qualche lavoro in paese. Se ti sentissi in pericolo o semplicemente la vita all'Opera ti fosse diventata pesante non preoccuparti, la tua stanza é sempre disponibile e il mio cuore non potrebbe che scoppiare di gioia al pensiero di riaverti in casa con me.
Non rischiare la tua vita, c'è tanto male nel mondo e tu non te lo meriti. Rispondimi al più presto e tienimi aggiornata.
Con tutto l'affetto che un cuore umano potrebbe sostenere,
Lucille.

P.s. Con la lettera ho aggiunto un paio dei tuoi biscotti al burro preferiti, mi sembri diventato scarno.

Vedere Maurice sorridere in modo tanto reale era davvero un evento più raro che unico, infatti in quel momento probabilmente non vi era nessun altro tra i corridoi dell'Opera a vedere la dolce increspatura che le labbra del giovane avevano assunto.
Le lettere della nonna gli riscaldavano sempre il cuore. Per non parlare dei biscotti al burro che aveva già divorato, non avrebbe mai potuto resistere alle prelibatezze che la nonna cucinava apposta per lui.
Sospirò leggermente ripiegando il pezzo di carta e infilandolo nella tasca della divisa, al ritorno in camera l'avrebbe posato nel cofanetto in cui riponeva tutte le cose importanti, esso conteneva poche cose: qualche lettera della nonna, una fotografia della madre e un fazzoletto.
Cose talmente importanti che avrebbero potuto definirsi il fulcro dell'anima e del cuore del giovane, ciò che rappresentavano ciò che di bello era accaduto nel suo passato. Tutto ciò che gli era stato tolto.
Un leggero colpo di tosse interruppe quei suoi pensieri. La nonna aveva ragione, da qualche tempo aveva iniziato a dimagrire e a presentare una leggera tosse, probabilmente era la troppa fatica causata dal lavoro che lo occupava a tutte le ore della notte, come in quel momento per esempio.
Avrebbe dovuto iniziare il turno con Hermand a mezzanotte in punto, ma l'uomo non si era presentato e certamente se qualcuno avesse beccato Maurice con le mani in mano ad aspettarlo la colpa non sarebbe ricaduta solo sul primo dei due.
Così si era avviato al proprio turno da solo, cosa alquanto rischiosa forse, ma prima avrebbe finito il giro prima avrebbe potuto infilarsi sotto le coperte e bearsi di un po' di riposo. Già non sopportava lavorare di giorno, figuriamoci durante le ore diurne.

Camminando decise di accendersi una sigaretta, poco male se qualcuno l'avesse visto fumare, anche se onestamente dubitava che a quell'ora di notte qualsiasi essere vivente potesse girare per i corridoi secondari dell'Opera. Magari qualche fantasma, ma probabilmente quello non avrebbe avuto nulla a ridire sul fumo.
A questo pensiero l'uomo ridacchiò leggermente e scosse la testa, che situazione bizzarra quella dell'Opera.
La morte di per sé non lo spaventava, sempre che esistesse una vita dopo di essa avrebbe avuto nell'oltretomba più persone care che in vita. Tranne la nonna Lucille ovviamente, ad ella augurava sempre una vita lunga e serena, ormai per l'uomo rappresentava una delle poche luci rimaste al mondo.

Tic Tac
Non ci volle molto per l'anomalo suono a raggiungere le orecchie di Maurice, solo essere vivente che si aggirava tra quei corridoi in quell'orario proibito.
Tic Tac
Non avrebbe saputo descrivere al meglio quel leggero rumore che sentiva non da troppo lontano. Non avrebbe saputo come descriverlo esattamente, non era il rumore di qualcosa di solido, quasi più qualcosa di liquido.
Un pessimo presentimento prese nido nella mente della guardia, sembrava una scena presa da un romanzo poliziesco, non sarebbe stato troppo sorpreso nel trovare di fronte a sé un cadavere che perdeva sangue.
Sarebbe stato fin troppo scontato.

Tic Tac
La prima cosa che vide fu il sangue.
Una grande macchia di un rosso scuro faceva capolino dalla svolta con un corridoio, probabilmente un passaggio per i dormitori dei ballerini.
Tic Tac
La seconda cosa che avvertì fu il forte odore metallico.
Sangue, non c'era dubbio.
Tic Tac
La terza cosa che udì furono dei passi che si allontanavano velocemente, passi leggeri, passi che provenivano da un paio di scarpe dalla suola piatta e rigida. Un suono simile a quelle che le scarpette da ballo producevano sul palco.
Tic Tac
La quarta cosa che notò fu una scritta sul muro accanto alla svolta del corridoio.
Sfoderò la pistola mentre il sangue iniziava a pulsargli nella testa: non vi erano più dubbi sul fatto che qualcosa non andava. La scritta fatta con il liquido, la puzza, il rumore.
Les danses sont ouvertes, era quella la scritta che troneggiava sulla parete, il significato era semplice quanto confusionario: le danze sono aperte.
Arrivato alla svolta appoggiò le spalle alla parte di muro pulita e puntò la pistola verso il corridoio di dirimpetto.
Due gambe femminili lo accolsero: erano distese a terra, coperte da una vestaglia da notte imbrattata di sangue. Mentre osservava il volto esangue e terribilmente famigliare fece una smorfia di terrore mista ad orrore.
-Merda.-

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