Segreti Pericolosi
❝ Se è giusto fidarsi
degli ingranaggi dell'universo,
allora il bene compensa
sempre il male. Ma il bene
sa anche essere orribile.❞
𝓣𝓮𝓻𝓻𝔂 𝓟𝓻𝓪𝓽𝓬𝓱𝓮𝓽𝓽
personaggi presenti: Hercule, César, Anaëlle, Ambroise, Elvire, Maurice,
personaggi nominati: Louise, Cornélie, Lucien
Pomeriggio del 7 aprile 1885
Curioso era come l'Opera Garnier potesse quasi essere paragonata ad un ecosistema a sé stante, un piccolo mondo parallelo del tutto estraniato dalla frenetica e movimentata realtà parigina. Se all'interno del maestoso teatro vigeva un clima di tensione, preoccupazione e paura, nelle affollate strade di Parigi si poteva percepire il vivo brivido di una città nella sua piena vitalità.
Nessun terrore per la propria vita attanagliava i passanti che, chiacchierando e ridendo, attraversavano a coppie o gruppetti le strade soleggiate della capitale francese, chi si prendeva una pausa dalla quotidianità e chi lavorava, chi andava a trovare un conoscente e chi svolgeva faccende o commissioni.
C'era pure chi, a breve, avrebbe dovuto lasciare quella calma e soleggiata realtà per catapultarsi in qualcosa di più simile ad un incubo che ad un caso di omicidio.
Erano le quattordici in punto quando Hercule scese dalla nera carrozza che lo aveva trasportato dalla propria residenza fino al commissariato parigino, il volto cupo e corrucciato, una mano stretta intorno ad un sottile libricino che reggeva in mano.
Lui e César si erano presi una pausa notturna dal caso solo per scoprire che nelle loro ore di assenza non uno, non due, ma ben tre persone erano finite all'ospedale e i sospettati da interrogare erano aumentati drasticamente, costringendoli ad ascoltare persone che già precedentemente avevano sentito. Il telegramma che era arrivato all'ispettore e al suo vice era colmo di urgenza e quasi panico, nessuno dei due sapeva chi l'avesse scritto, ma certamente non auspicava buone nuove né dalle persone ferite né dall'interno dell'Opera che doveva essere ormai un putiferio. Ma quella non era nemmeno la notizia peggiore.
-Puntuale come un orologio svizzero.- fu il commento di César che catapultò il collega fuori dai propri pensieri. Il vice ispettore era arrivato circa dieci minuti prima di lui e si era preso un piccolo momento per rileggere il documento di Elodie Legrant che Hercule aveva acconsentito a lasciargli, ovviamente senza risultati proprio come quando i due l'avevano analizzato insieme.
Lo sguardo che si scambiarono era carico di ben poco ottimismo, ma anche di tanta voglia di continuare ad investigare prima che qualcun altro ci rimetesse dita o altri arti.
-Mi sembra di essere finito in un gioco da tavolo.- borbottò Hercule mentre si affiancava a César e si guardava intorno, lieto che perlomeno non ci fossero giornalisti ad accalcarsi di fronte all'Opera. -Un gioco dell'oca probabilmente, stiamo girando intorno allo stesso modo di qualche sfortunata pedina.-
César sospirò passandosi una mano sugli scuri capelli accuratamente acconciati verso la nuca con una buona quantità di gel che glieli avrebbe tenuti lontani dal volto per tutto il giorno.
-Effettivamente, non si può dire che siamo stati così fortunati anche solo per l'assegnazione di questo caso.- borbottò il più giovane dei due, soppensando tra le mani il quadernetto di cuoio. -Dovremo contattare l'ufficio censimento.-
Hercule sospirò a quella novità, come se non ci fosse già abbastanza lavoro da fare, i due non avevano neanche avuto tempo per fare una vera e propria ispezione della stanza di Elodie Legrant che subito altri compiti si accumulavano.
-Molto bene direi.- sospirò l'ispettore in chiaro tono l'ironico. -A questo penseremo domani mattina, basta a ciascun giorno la sua pena.-
César annuì totalmente d'accordo mentre gli passava il libretto che teneva tra le mani, per quanto lo riguardava era l'oggetto più inutile del mondo intero e la notte prima aveva addirittura avuto la tentazione di dargli fuoco tanto frustrante era averlo tra le mani.
-Continuiamo sulla linea sulla quale ci siamo accordati allora, io penso alle persone in ospedale, tu ai restanti.-
-Che gioia immensa.- borbottò Hercule con un fremito dei baffi, facendo ridacchiare César grazie all'espressione quasi buffa. Non poteva biasimarlo, al vice ispettore era andata relativamente bene, interrogare le gemelle Fournier, vedere se il tecnico si era ripreso e dare un'occhiata veloce a Mademoiselle Gaudier era tutto sommato un compito gradevole rispetto alle persone perfettamente in salute e totalmente loquaci che Hercule avrebbe dovuto ascoltare.
La scelta di dividersi gli interrogatori era stata accolta da entrambi con sollievo, avrebbero dimezzato i tempi e avrebbero potuto evitare di scorrazzare in due da una parte all'altra di Parigi per tutta la giornata.
-Bene allora, ci ritroviamo qui stasera alle sette.- commentò César dando un'occhiata al suo orologio da polso, mentre Hercule imitava lo stesso gesto con il dorato orologio che teneva nel taschino. -Se mi avanza un po' di tempo dagli interrogatori nella strada per il rientro passo io all'ufficio censimenti.-
L'ispettore annuì prima di chiudere il proprio orologio e riporlo di nuovo nella tasca, sarebbe stato almeno un sollievo se quell'infausto compito burocratico lo avesse sbrigato il suo vice.
-Il tuo punto di riferimento all'ospedale sarà Madame Girie, dille che ti ho mandato io e ogni strada ti sarà aperta.- disse l'ispettore, quasi fiero che quella mattina stessa l'amata moglie avesse chiamato l'amica infermiera, pregandola di creare uno squarcio di tempo nella routine dei pazienti per lasciare spazio a degli interrogatori. Non ci era voluto molto alla bella Brigitte per guadagnare un orario, dei numeri di stanza e un permesso da parte della donna che sembrava in ottimi rapporti con il caporeparto. -Un'amica di famiglia potrei definirla.-
-Sembra un giro milavitoso.- commentò César divertito, più volte le conoscenze dell'ispettore avevano facilitato loro le indagini. Altre volte invece avevano semplicemente portato a coltellini da burro volanti e risse. Oh, quante ne avevano passate insieme!
-Ognuno ha i suoi metodi.- ribatté Hercule ridacchiando sotto i baffi, mentre stringeva un poco la presa sulla ventiquattrore che portava in mano. E l'uomo di metodi ne era pieno zeppo.
-Molto bene allora, ci ritroveremo qui alle sette. Contando che ora sono le tre dovremmo avere all'incirca quattro ore, dovrebbero bastare.- concluse il vice ispettore, lanciando un'occhiata al cielo che prometteva una giornata calda e piena di sole, anche se già in lontananza a nord si potevano scorgere fitti nuvoloni poco protemmenti.
Hercule annuì, sistemandosi il bavero del cappotto prima di salutare il collega con un cenno e voltarsi, la lista di coloro che doveva sentire già ben stampata in mente.
-Ah, vedi di non far ubricare nessuno!- fu l'esclamazione con cui César salutò l'uomo prima di saltare su una nera carrozza diretta all'ospedale in cui i superstiti dell'Opera Garnier si trovavano.
L'ispettore sorrise sotto ai grandi baffi a manubrio mentre varcava la soglia del commissariato, avrebbe potuto giurarci che César aveva già indovinato da un pezzo il contenuto della scura valigetta.
Il cambio di clima tra l'esterno e l'interno del commissariato fu un piccolo shock, sembrava che per quanto riguardava riscaldare l'ambiente nessuno si preoccupava troppo. L'edificio si trovava quasi costantemente all'ombra delle grandi costruzioni che lo circondavano, un'imponente biblioteca da un lato e una serie di appartamenti dall'altro, entrambi che superavano di svariati metri il tetto della base delle forze dell'ordine.
Hercule si strinse meglio nel cappotto mentre avanzava nei corridoi affollati con passo deciso, a quell'ora di pomeriggio il commissariato era nel pieno della sua vitalità: telefoni squillavano, persone che correvano a destra e sinistra nello svolgimento delle loro mansioni, qualcuno che discuteva sulle ultime novità di un caso e il forte quanto onnipresente odore di caffè nell'aria.
Mentre l'uomo avanzava una giovane ragazza gli si affiancò, sembrava trafelata e affannata dalla veloce corsa per raggiungerlo e per lo slalom che doveva compiere tra le persone per stare al passo con l'uomo.
-Buongiorno, Mademoiselle Rouen.- disse l'uomo, fermandosi in un lato del corridoio per facilitare alla ragazza il compito di raggiungerlo.
La giovane stagista che ormai lavorava al commissariato da circa due settimane era un po' come un'agenda per chiunque ne avesse bisogno, finché era in prova la ragazza doveva semplicemente indicare alle persone che giungevano nell'edificio dove recarsi o chi aspettare ed eventualmente fungeva anche da segretaria, proprio come in quel caso.
-Monsieur Dubois.- rispose la giovane con quella che sembrava una piccola riverenza, per poi spostarsi una ciocca bionda dietro l'orecchio e schiarirsi la voce. Per lei era sempre un onore parlare ad importanti personaggi parigini e l'ispettore Dubois era sempre stato un suo idolo fin da quando giocava con le bambole. O per meglio dire, organizzava omicidi con le bambole per poi fingere di essere un invincibile detective nella battaglia contro al crimine.
La giovane trattenne un sorriso a quel rapido ricordo, per poi sfogliare velocemente le pagine dell'agenda che teneva in mano e indicare all'uomo un corridoio secondario.
-Le persone che dovete interrogare sono state spostate nella stanza 15B.- mormorò in fretta la ragazza, picchiettando un poco con le dita sulla copertina verde della propria agenda. -E nella 14B é stata allestita una provvisoria sala di attesa con due agenti a guardia, i sospettati sono tutti presenti.-
Detto ciò la giovane donna porse all'uomo la propria agenda per permettergli di leggere chi erano coloro con cui avrebbe dovuto parlare.
Non ce n'era bisogno, Hercule già ricordava tutti loro a memoria dalla telefonata che aveva ricevuto la mattina precedente, ma per non sminuire l'accurato lavoro della giovane diede una veloce lettura alla lista per poi annuire con aria seria.
-Vi ringrazio, siete stata molto utile. Come sempre del resto.-
Fu perlomeno contento di donare un sorriso alla ragazza che, dopo aver udito le sue parole, se ne andò chiaramente gongolante con un enorme sorriso sul volto dopo dei ringraziamenti appena farfugliati.
A volte invidiava la spensieratezza di alcuni impiegati di quel posto, molti sembravano così tranquilli e contenti di svolgere il loro lavoro da risultare quasi strani all'uomo, la passione era una cosa, ma bisognava stare attenti a non oltrepassare la passione che rendeva tale compito piacevole all'indifferenza che toglieva umanità alle persone, facendo loro prendere tutto alla leggera. Allo stesso momento però bisognava non esagerare con la sensibilità, restare troppo coinvolti in un caso sarebbe stata una condanna a morte, un lento veleno che avrebbe logorato dall'interno della mente e dell'anima. Spesso Hercule si chiedeva perché non si era limitato a diventare uno spazzacamino o qualcosa di più semplice.
Lasciando dietro di sé i propri pensieri filosofici si diresse alla 15B che di solito veniva utilizzata appunto per gli interrogatori, nonostante spesso non ci fossero tante persone da dover creare una specie di sala d'attesa nella stanza accanto. Passando di fronte all'ingresso della 14B non si fermò neanche a sbirciare chi si trovava in quella stanza, sapeva già a memoria chi avrebbe dovuto interrogare quel pomeriggio, si limitò a passare un foglietto ad uno dei due uomini che si trovavano lì fuori di guardia. Quella era una piccola lista dell'ordine in cui avrebbe dovuto sentire i sospettati, aveva meditato a lungo su come sarebbe stato meglio agire e doveva dire che era abbastanza soddisfatto del piano stillato.
Entrò nell'ufficio con estrema calma, si tolse giacca e cappello, posò la valigia sul tavolo e la aprì con un sonoro schiocco. Tirò fuori due bicchieri da whisky che posò di fronte a sé e un enorme bottiglia di Jack Daniels, pronto per estorcere a coloro che avrebbero varcato la porta più informazioni possibili.
Nessun taccuino sulla sua scrivania, a differenza di César egli preferiva andare di memoria quando si trattava di interrogatori, del resto la sua mente brillante e dall'ottima memoria non lo tradiva mai nonostante l'età.
Primo interrogatorio: Ambroise Vincent Fournier
Si poteva dire che la calma del direttore dell'Opera fosse quasi ammirevole per un uomo le cui figlie erano praticamente finite in ospedale.
Egli entrò nella stanza a passo lento con il solito portamento fiero, gli occhi smeraldini puntati in quelli color cielo di Hercule. Non sembrava un minimo turbato o preoccupato, tutta la sua figura e la sua espressione permeava freddezza e una vaga sfumatura di arroganza.
-Monsieur Fournier.- fu il saluto dell'ispettore che fece segno all'uomo di sedersi.
-Ispettore Dubois.- rispose lui nello stesso tono, sedendosi senza troppi altri convenevoli.
Sembrava quasi che i due stessero partecipando ad una gara di sguardi, un confronto su chi sarebbe riuscito per primo a leggere nell'anima dell'altro, a trovarci debolezze, a vincere. Chissà perché non tanta simpatia girava tra i due.
-Vi porgo il mio dispiacere per le vostre figlie.- aggiunse Hercule, spezzando l'atmosfera quasi tesa che si era creata in quei secondi. -Non devono essere in ottime condizioni.-
Ambroise scosse leggermente le spalle, come se non si trattasse di una questione importante, non rispose, limitandosi a continuare il suo studio dell'uomo di fronte a lui. Se all'inizio il direttore sembrava ben disposto a collaborare con le indagini in quel momento il suo atteggiamento sembrava totalmente stravolto.
-Il mio vice sarà ormai arrivato in ospedale, avremo loro notizie dirette a breve, non preoccupatevi.- aggiunse l'ispettore, avvicinando all'uomo un bicchiere con un sorriso affabile. -Volete bere?-
Non negò di essere soddisfatto dalla piccola quanto importante reazione del direttore, fu in piccolo gesto quasi impercettibile, ma il leggero tic che ebbe all'angolo delle labbra fece capire ad Hercule che l'argomento di interrogare le figlie non gli andava proprio a genio.
-Non penso sia una buona idea, sono ancora sotto shock. Inoltre non dovrebbe essere presente un genitore?- fu la pacata domanda di Ambroise, nonostante lo sguardo avesse assunto una chiara espressione contrariata. Non aveva nemmeno considerato la proposta di un bicchiere di whisky.
-No, Monsieur, ormai sono maggiorenni e non è necessaria la presenza di un adulto, a meno che non lo richiedano.-
Hercule si appoggiò con la schiena alla propria sedia, osservando l'uomo con gli occhi azzurri ridotti a due fessure.
-Inoltre penso valuterà il mio collega con le infermiere presenti se Artemis e Monique saranno abbastanza ben disposte per parlare. Spero non vi siano problemi con ciò.-
-Figuratevi.- fu la secca risposta di Ambroise, un chiaro tono ironico nella voce.
Hercule non si scompose, se lui o qualcun altro aveva qualcosa da nascondere non sarebbe certamente stato un capriccio a fermarli dallo scoprirlo. In ogni caso l'ispettore non aveva troppo tempo da perdere o questioni su cui rigirare, con un rapido gesto piazzò davanti ad Ambroise il registro riguardante Elodie Legrant.
-Leggetelo, prego.- gli disse, facendo un gesto della mano verso il quadernino. -La mia proposta di offrirvi del whisky resta valida.-
-No, grazie.- sbottò l'uomo senza neanche donare la bottiglia di un occhiata, poi, prendendo in mano il fascicolo, inizio a sfogliarlo. -È vuoto.-
Sul suo volto non si poteva leggere molto, come quasi sempre del resto, la solita pacata freddezza mischiata ad un poco di impazienza.
-Appunto, penso che questo sia il problema.- rispose Hercule, il tono di voce come quello di chi parla con un bambino tardo nel capire. -Chi si occupa solitamente di registrare i dipendenti?-
Ambroise sembrò pensarci un attimo mentre si lisciava un poco la barba con la mano libera, il volto un poco corrucciato.
-Normalmente la mia segretaria.- rispose, continuando velocemente prima che l'ispettore potesse dire qualcosa. -Ma in quel periodo la mia collaboratrice attuale non era ancora stata assunta, penso fosse un momento di stallo tra la sua assunzione e il licenziamento di quella precedente, per circa sei mesi siamo rimasti senza un aiuto interno, v'é stato un periodo di pausa dagli spettacoli per via di una chiusura per l'ampliamento dell'edificio e in questo lasso di tempo ho colto personalmente l'occasione di fare dei colloqui per rinnovare un po' l'ambiente.-
-Mmh, come si chiamava la segretaria precedente? Potrei porre a lei qualche domanda-
-È morta.-
-Oh.- mormorò Hercule, i baffi coinvolti in un leggero tremito e il sopracciglio inarcato. -E chi registrava i dipendenti in quel periodo?-
-Mia moglie, solitamente mi assisteva anche nei colloqui.- rispose Ambroise, questa volta più sicuro e svelto nel parlare.
L'ispettore annuì, avrebbe potuto chiedere subito dopo alla donna come mai quei registri fossero vuoti, nonostante non fosse tanto sicuro che il direttore fosse poi così pulito per quanto riguardava quella storia, senza dubbio lo avrebbe tenuto d'occhio.
-Avete idea del perché questo registro possa essere vuoto?- domandò ancora Hercule, lo sguardo indagatorio a scrutare ogni possibile movimento nel viso dell'uomo. Peccato che egli sembrasse una tavola di marmo, impossibile da leggere e interpretare.
-Una svista suppongo.-
-Niente a che fare con l'omicidio?-
-Perché dovrebbe?- fu la domanda con cui Ambroise rispose, dopo un piccolo attimo di silenzio.
Per il resto del colloquio non venne a galla null'altro di interessante, il direttore aveva semplicemente sostenuto di essere rimasto tutta la notte nel proprio ufficio con la maestra di balletto e il direttore d'orchestra a discutere di quali spattacoli si sarebbero potuti mettere in scena quella stagione, i due sarebbero dovuti essere sentiti, ma Ambroise sosteneva che avrebbero confermato e di parlare pure anche con loro. A quanto pare l'uomo non vedeva l'ora di fuggire dal commissariato e recarsi in ospedale dalle figlie, peccato che non avrebbe potuto vederle finché César non avesse finito con loro.
Secondo interrogatorio: Elvire Roselle Blanchard Fournier
Quando la donna fece il suo ingresso Hercule fu quasi certo di essersi sbagliato e di aver chiamato a rapporto una qualche diva dell'Opera piuttosto che la moglie del direttore. La donna sembrava scesa da un palcoscenico, camminava come se davanti a lei fosse steso un tappeto rosso e sulle spalle portava quella che probabilmente era una pelliccia di visone, nonostante le temperature di quei giorni superassero i venti gradi.
-Madame Fournier, onorato di conoscerla.- fu il commento di Hercule che le fece un cenno di sedersi mentre ella avanzava.
La donna, dopo aver vagato per la stanza con lo sguardo, posò gli occhi azzurri quasi stralunati sull'uomo, per poi esibirsi in uno smagliante sorriso.
-Ispettore, l'onore é mio, mi hanno parlato tanto di voi.- esclamò la donna lasciandosi elegantemente cadere sulla sedia di fronte alla scrivania. -Ero impaziente di conoscervi.-
Hercule le rivolse un educato sorriso per nascondere l'espressione perplessa, chiedendosi dove lei e il direttore fossero andati a pescarsi, di certo formavano una coppia assai particolare e nessuno dei due esprimeva in un modo relativamente normale la preoccupazione per le figlie. Ma la normalità alla fine era relativa e l'ispettore cercò vagamente di consolarsi con questo pensiero, inducendosi a non pensare di avere sotto alle mani due psicopatici.
-Mi dispiace di doverla conoscere in tali circostanze.- rispose l'uomo mentre si lisciava i baffi a manubrio. -Ma temo che dovremo accontentarci. Gradite un po' di whisky? -
Elvire, che fino a quel momento l'aveva osservata tutta attenta e incuriosita, anche se chissà cosa realmente le frullava per la testa, annuì un poco, facendo un altro smagliante sorriso. Curioso come sembrasse gioiosa anche in tali circostanze.
Si può dire che ella avrebbe probabilmente parlato con Hercule anche senza l'aiuto dell'alcol, ma il bicchiere di liquido dorato in mano le diede un'ulteriore spinta, fu alquanto loquace nel parlare e descrivere tutto ciò di cui l'ispettore le chiese: il rapporto con il marito e quello con le figlie, Elodie Legrant che a quanto pare non aveva mai visto in vita sua, le quantità di morfina che doveva assumere con tanto di ricetta, addirittura qualche pettegolezzo o curiosità che allungarono il suo discorso.
Ad Hercule una cosa era chiara: alla donna piaceva avere la sua attenzione ed ella non perdeva tempo, quando poteva, per portare il discorso su di sé, raccontando piccoli aneddoti di vita quotidiana mentre con gesti eleganti ogni tanto si riversava da bere.
Era il nervosismo, senza dubbio. In realtà era ammirevole come ella sembrasse di sembrare tranquilla e spensierata, ma all'uomo non sfuggì il modo nervoso in cui si inumidiva costantemente le labbra, gli occhi un poco strabuzzati e il costante ticchettio dei tacchi sul pavimento, era chiaramente nervosa, semplicemente cercava di non darlo a vedere.
-Voi vi ricordate di aver mai registrato l'arrivo della donna deceduta nei registri dell'Opera?- domandò l'ispettore, con tutto quel parlare gli sembrava di avere un fastidioso principio di emicrania. -Durante l'assenza di una segretaria mi ha detto che ve ne siete occupata voi.-
Elvire si interruppe, non finendo qualche strano discorso su apnea correlata a cioccolatini di cui Hercule non aveva realmente capito molto, prima di prendere un piccolo sorso di alcol e lasciare vagare lo sguardo nel liquido all'interno del bicchiere.
-No, non me ne ricordo. In realtà in quel periodo è stata principalmente Artemis ad aiutare il padre se non erro.- mormorò la donna, le labbra rosate un poco contratte in una smorfia concentrata. -Non mi sono mai appassionata di burocrazia.-
Hercule corrucciò le sopracciglia, allora Ambroise aveva mentito oppure la memoria l'aveva ingannato?
-Però sapete, una mano l'ho data anche io.- ritornò a dire la donna, puntandosi una mano sul petto. -Sì, forse ho scritto qualche lettera e informazione, potrei aver contribuito alla stesura del fascicolo insieme alla ragazza.-
L'ispettore la guardò poco convinto, stava cercando di riportare l'attenzione su sé stessa o diceva la verità?
-Vi è qualche problema con la registrazione?- domandò Elvire, le parole a straripare come un fiume dalla sua bocca. Lanciò uno sguardo fugace al libretto che l'uomo teneva accanto a sé, portando Hercule a posare una mano su di esso, non si sarebbe troppo stupito se ella avesse cercato di allungarsi ed afferrarlo. Non gli andava troppo di divulgare informazioni riservate sulle indagini, dunque si limitò a scuotere la testa con un sorriso affabile.
-Tutto apposto.-
Per il resto del loro incontro fu principalmente Elvire a parlare, Hercule non la interruppe solamente perché ogni tanto riusciva a spiluccare alcune informazioni che sarebbero potute tornargli utili: il fatto che il direttore passasse molto tempo in ufficio, qualche piccolo acceno di un'amicizia con Dolores di Polignac e del rapporto un poco precario con le figlie che sembrava basarsi su sopportazione più che su affetto.
Hercule dovette trattenersi da fare un sospiro di sollievo quando ella prese un attimo di pausa dal suo discorso, non che sembrasse antipatica o fosse stata scortese, semplicemente parlava un sacco ed era fin troppo espansiva per quel momento.
-Sapete, penso di avere un sospetto.- fu il commento con cui la donna ricominciò a parlare.
Se per un attimo Hercule avrebbe avuto voglia di accompagnarla gentilmente fuori a quelle parole cambiò subito idea, sporgendosi un poco in avanti sulla scrivania, dando tutta la propria attenzione alla donna.
-Ditemi pure.-
Ella quasi gli diede una testata da quanto in fretta imitò il suo gesto, sporgendosi tanto vicina all'uomo che quasi i loro nasi si sfiorarono.
L'ispettore si chiese per un momento se ci fosse davvero bisogno di tutta quella segretezza visto che porte e finestre erano chiuse, ma in ogni caso le fece un cenno di parlare, impaziente di sentir il suo parere.
-Un fantasma.-
Bastarono due parole per far ritornare l'uomo compostamente seduto, un'espressione chiaramente spazientita sul volto.
-Vi prego, Madame Fournier, niente baggianate.-
La donna sembrò quasi offesa da questo commento, abbassò le labbra in una smorfia di disappunto prima di raddrizzarsi. Sembrava quasi una bambina contrariata sulla bellezza di un suo disegno, profondamente offesa.
Hercule si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, facendo un semplice e veloce gesto con la mano per dire alla donna di parlare a patto che si sbrigasse.
Un brillante sorriso tornò a illuminarle il volto mentre accavallava le gambe e iniziava a narrare.
-Ormai è un fatto di quasi tutti si sono dimenticati, ma da amante della scrittura mi piace annotare le cose che mi hanno colpito e dunque ecco a voi la leggenda del Fantasma dell'Opera.- fu l'inzio dell'esposizione della donna. -Sono certa che voi siate a conoscenza dell'edificio che fungeva da teatro prima dell'attuale Opera Garnier, ovvero l'Opera di rue Pelettier, quella che venne distrutta da un incendio nel 1873.-
Hercule si appoggiò alla mano, indeciso se essere scettico o meno di fronte a quello che la donna stava per raccontargli. Elvire dal canto suo sembrava quasi entusiasta di aver l'attenzione su di sé mentre narrava la sua piccola leggenda metropolitana con tanto di mimica e pause di suspance.
-Penso che già lo sappiate, ma vi rinfrescherò la memoria: il 28 ottobre 1873 l'Opéra di rue Pellettier fu devastata da un incendio, fu in seguito alla sua distruzione che venne costruito il teatro attuale, a mo' di sostituto. Ciò che i giornali e le persone hanno ormai dimenticato é che un giovane e talentuoso pianista vi rimase coinvolto assieme alla fidanzata, che faceva la ballerina nello stesso teatro. Si racconta che il giovane stesse componendo un inno per le loro prossime nozze proprio quando l'incendio scoppiò. La ragazza perse la vita, mentre il pianista si salvò, ma riportò terribili ferite, che gli sfigurarono il volto. Dapprima dato per disperso, dopo qualche settimana le autorità lo dichiararono morto, ritenendo che fosse rimasto sepolto sotto le macerie dell'edificio.-
Hercule rimase in silenzio, il volto corrucciato e l'espressione attenta, mentre cercava di capire dove ella voleva andare a parare.
-Ernest, questo mi pare fosse il suo nome, distrutto dal dolore, provando vergogna per la sua deformità, si rifugiò nei sotterranei dell'Opéra Garnier al tempo dei lavori per la costruzione e qui visse fino alla morte, nutrendosi dei pesci del lago che si trova sotto l'edificio.- la donna fece una pausa, guardandosi intorno come se stesse cospirando. -Ciò che tutti non sanno é che egli potrebbe essere ancora vivo o, peggio ancora, il suo fantasma potrebbe tutt'ora infestare l'Opera.-
Il silenzio calò tra i due mentre l'ispettore ponderava quelle parole, cercando di trovare la logica in esse.
-Madame Fournier, non per contraddirla, ma il lago sotto all'Opera è inabitabile e non vi sono pesci, l'acqua è ristagnante e più di fogna che di altro.- mormorò l'uomo, passandosi una mano sul volto. -Inoltre non pensate che qualcuno se ne sarebbe accorto se un cosiddetto uomo o fantasma fosse vissuto per oltre vent'anni in questo luogo? E poi come avrebbe mai fatto a curare le proprie deformita senza dubbio dolorose senza giungere alla morte?-
-Ma ci sono le prove che egli esiste, il direttore che reggeva il teatro prima di Ambroise lasciò l'incarico per paura, sosteneva che lettere con assurde minacce e richieste gli giungessero sovente.- ribadì la donna, sorvolando sulla seconda domanda che effettivamente non aveva risposta.
Hercule si poteva dire già stanco, nonostante quella storia avesse elementi validi poteva essere semplicemente uno sviamento delle indagini che avrebbe fatto perdere tempo a lui e César, indagare su un improbabile fantasma era una perdita di tempo.
-Proveremo a sentire il vecchio direttore, sempre che sia ancora vivo.- si limitò a dire vagamente, sapendo che in realtà non avrebbero disturbato ulteriormente un povero civile per quella storia.
Fu veloce a congedare Elvire, sicuro di sapere abbastanza, se non troppo, sulla donna e sulle sue idee.
Terzo interrogatorio: Maurice Flaubert
Ormai la domanda che frulla a nella testa dell'ispettore in quella giornata era solo una: perché nessuno sembrava comportarsi normalmente?
Il ragazzo che entrò subito dopo Elvire sembrava tutto tranne che preoccupato, spaventato o qualsiasi sentimento si dovesse provare dopo aver praticamente assistito ad un tentato omicidio. Anzi, Maurice Flaubert sembrava scazzato, non minimamente preoccupato o spaventato.
Quando entrò nell'ufficio filò subito dritto alla sedia, sedendosi in modo molto poco elegante e fulminando Hercule con uno sguardo per niente amichevole.
-Buongiorno Monsieur Flaubert.- disse l'ispettore, un sopracciglio leggermente inarcato alla vista della guardia che sembrava tutto tranne che vogliosa di essere lì a collaborare.
-Sì, sono io.- sbottò il giovane, accompagnando le parole con un gesto della mano. -Possiamo sbrigarci? Devo ancora inviare un telegramma a mia nonna per dirle che non sono morto nel viaggio di ritorno.-
-Però ci siete andato vicino, gradite qualcosa da bere?- si limitò a rispondere l'ispettore, comprendeva la seccatura di essere stati tenuti praticamente per una giornata in commissariato, Maurice infatti indossava ancora gli abiti da viaggio con cui era stato trovato due sere prima.
Alla proposta il ragazzo lanciò un'occhiata poco convinta al bicchiere colmo di whisky che Hercule gli porgeva, per poi dare un'occhiataccia all'uomo.
-Non penso sia legale far bere durante un interrogatorio.-
-Oh, nessuno si è mai lamentato.- rispose Hercule con una scrollatina di spalle. -Ma se non volete...-
-Non ho detto questo.- ribatté Maurice afferrando il bicchiere e portandoselo alle labbra, buttando giù l'alcol in un colpo solo. Era stato trattenuto per un giorno intero come un delinquente quando in realtà aveva solo aiutato una persona a non essere uccisa, non c'era da stupirsi che non fosse proprio del migliore degli umori.
-Monsieur Flaubert.- iniziò Hercule, riportando alla mente ciò che aveva memorizzato sul suo conto in quelle ventiquattro ore. -Esattamente cosa stavate facendo due serate fa, quando avete fermato la presunta aggressione ai danni del tecnico dell'Opera?-
Maurice alzò gli occhi al cielo, sporgendosi per versarsi dell'altro Whisky. Hercule lo lasciò fare pazientemente, se l'avrebbe aiutato a parlare tanto meglio.
-Stavo tornando all'Opera dopo aver passato diversi giorni a casa di mia nonna, stava male, potete contattarla se volete, ma prima fatemela avvertire, non vorrei le venisse un infarto per la vostra mancanza di delicatezza.- sbuffò il ragazzo prima di svuotare con un altro sorso il bicchiere.
-Va bene, non preoccupatevi, non penso ce ne sarà bisogno. Cosa avete visto esattamente quella sera?- domandò ancora Hercule, gli occhi a studiare attentamente l'indisposizione sul volto dell'altro, umore mitigato solo dalla bevanda.
La guardia si appoggiò alla schienale di quella sedia che in quella giornata era stata tanto utilizzata quanto mai prima, facendo rigirare il bicchiere tra le mani.
-Una figura nera che si allontanava dall'uomo ferito, il tecnico, come si chiama, Lucien?- all'annuire dell'ispettore continuò. -Non ho visto volto o altro, era totalmente coperto da capo a piedi da una specie di mantello.-
-Avete visto se era un uomo o una donna?-
-No, ero troppo lontano. Inoltre era buio e, come ho già detto, aveva un mantello che lo copriva da capo a piedi.- ribadì Maurice, il tono un poco spazientito.
L'ispettore rimase in silenzio a guardarlo, l'aria pensosa mentre, nella propria mente, si rendeva conto di essere certo che quel ragazzo non poteva essere né l'assassino né l'aggressore. Innanzitutto era lontano da Parigi nella notte dell'omicidio di Elodie Legrant, il che poteva essere un finto alibi, ma, nonostante Maurice non lo sapesse, nel giorno precedente l'ispettore aveva già verificato quella versione che si era rivelato veritiero; inoltre gli sarebbe stato difficile procurarsi un coltello come quello che aveva trafitto il dito del tecnico dell'Opera, i pugnali provenienti dall'Oriente non si trovano nei mercatini delle strade parigine.
Quarto interrogatorio: Anaëlle Lucie Salomé Gautier
Un nome, un ricordo.
Si dice che a volte il fato sia crudele, che divida coloro che non vogliono allontanarsi e chi riavvicini coloro che non vogliono ritrovarsi, ma forse per una volta, una sola volta buona nella vita, il fato non era stato un bastardo senza cuore, ma un alleato prezioso.
Hercule si ricordava di una piccola bambine in fasce che reggeva tra le braccia mentre un prete la battezzava, una bambina con grandi occhi castani che sorridevano al mondo e due manine che si divertivano a tirargli i baffi quando ancora essi erano più radi, un'amicizia tra famiglie risalente a svariati anni prima ed una bambina a cui egli aveva fatto da padrino. Chissà se Anaëlle si ricordava di lui come l'uomo si ricordava di lei, poche volte i due si erano visti da quando la madre della bambina, Veronique, aveva deciso di tagliare del tutto i ponti del passato, nonostante spesso ella facesse visita a lui e la moglie con la bambina ancora piccola. Era stato il suo padrino e, nelle volte in cui l'aveva vista, si era affezionato alla bambina come fosse stato un nonno, chissà se ella si ricordava dell'uomo.
Fin dall'entrata della donna nella stanza le speranze di Hercule subirono un picco verso il basso, nonostante il sorriso cordiale che torreggiava sul volto dell'ispettore non avesse vacillato.
-Mademoiselle Gautier.- la salutò, con la stessa breve formula che aveva utilizzato con tutti i sospettati fino ad allora. Solo il sorriso caloroso sotto ai baffi dell'uomo cambiava un poco la sua espressione.
Calorosità che non venne ricambiata: l'atteggiamento di Anaëlle si mostrava del tutto contraria a quello dell'ispettore, con un piccolo cenno del capo si sedette con una movenza elegante sulla sedia di fronte alla scrivania, nessuna espressione sul freddo quando bel volto.
Un attimo di silenzio scese tra i due, Hercule si dimenticò persino di offrirle da bere come faceva con tutte le persone che interrogava, solo il leggero fremito ai baffi e il lento respiro asseriva che egli era vivo.
La segretaria dal conto suo non batté un ciglio, seduta compostamente osservava l'uomo aspettando pazientemente che egli parlasse, chiedendo per permetterle di rispondere.
Hercule non avrebbe saputo cosa dire, ella non l'aveva davvero riconosciuto oppure stava fingendo per non incrinare la sua professionalità e imparzialità?
Questo non avrebbe potuto mai dirlo i saperlo, lo sguardo e il volto apatico della giovane sembrava una vera e propria lastra di ghiaccio immobile e fredda. L'ispettore cercò di non far venire a galla la propria disperazione, schiarendosi un poco la voce si sistemò meglio sulla sedia, erano passati tanti anni, poteva capitare di dimenticare una persona o un nome.
Quando però gli era stato comunicato che la segretaria avrebbe voluto parlare con lui egli aveva avuto un colpo al cuore per la felicità, sarebbe stata una gioia immensa riunirsi a delle vecchie conoscenze a cui teneva così tanto, sapere che non era l'amicizia di un tempo a portarla lì un po' lo deludeva. Ma cosa necessitava di sapere o dire allora la giovane?
Il racconto che provenne da Anaëlle fece quasi dimenticare ad Hercule i pensieri precedenti, solo preoccupazione e perplessità nel suo animo mentre ascoltava la storia di uno strano incontro nella biblioteca dell'Opera. O per meglio dire, nella parte privata dell'Opera in cui si tenevano i registri.
Perplesso per un solo fatto, ovvero che in due giorni tutte le teorie sue e di César erano andate distrutte: se non si trattava di qualcuno che ce l'aveva con gli artisti ma attaccava anche semplici dipendenti come un tecnico e una segretaria, allora a cosa stavano andando incontro? Il profilo psicologico su cui lui e il collega si erano concentrati era totalmente errato? Non vi era una precisa motivazione nelle azioni di chiunque stesse compiendo quella carneficina se non puro gusto di sangue?
-Avete detto che era un uomo?- domandò Hercule pensieroso, se almeno avessero saputo il sesso dell'assassino allora avrebbero potuto restringere il campo di un bel po'.
Anaëlle sembrò pensarci un attimo, gli occhi scuri ridotti a due fessure mentre ricordava con assoluta calma, come se avesse tutto il tempo del volto.
-Indossava un cappello a cilindro.- rispose infine. -Ma non ho visto chiaramente il suo volto o la sua forma fisica, eravamo divisi da uno scaffale.-
L'ispettore soppensò quelle parole, lo sguardo pensoso mentre mille domande gli affollavano la mente.
-Vi ha detto qualcosa o ha cercato di aggredirvi?-
-Non proprio.- rispose ancora la giovane, questa volta più sicura. -È stato sempre abbastanza lontano fisicamente oppure con qualcosa che si interponesse tra le nostre persone. -
Le nuove informazioni non avevano alcun senso, creavano solo più confusione ed incertezza in tutta quella storia. La vaga idea e tutte le piste che lui e César avevano costruito si stavano lentamente sgretolando sotto ai suoi occhi, mentre ben più preoccupanti ipotesi sbocciavano come rose insanguinate.
-Avevi...- usare un tono informale venne praticamente naturale ad Hercule, che si corresse il prima possibile. -Avevate qualche specie di rapporto amichevole o meno con Elodie Legrant?-
Anaëlle scosse la testa, quella domanda se l'era fatta lei stessa svariate volte nei giorni precedenti, la conclusione sempre quella di non aver mai intrecciato qualche rapporto con la giovane ballerina defunta, al massimo l'aveva incrociata qualche volta per i corridoi e vista ballare, ma niente di più.
-Quando voi siete arrivata all'Opera lei lavorava già qui?-
-Sì, da qualche mese.-
Non ci fu altro da dire in quell'interrogatorio, fu più che altro un tentativo di Hercule di sondare il terreno, di capire se effettivamente nell'animo di Anaëlle c'era davvero tutta quella lontananza da egli, se davvero si era dimenticata del suo padrino e se l'aridità che ella mostrava era reale o meno. Era doloroso ammetterlo, ma sembrava terribilmente reale. Dopo averla trattenuta per più tempo del necessario, facendo domande forse un po' inutili egli la lasciò andare con un certo rammarico, si poteva dire che quella giornata di lavoro gli avesse lasciato l'amaro in bocca.
Dopo una veloce occhiata all'orologio da taschino appurò che erano appena le sei e mezza, avrebbe avuto ancora mezz'ora prima dell'arrivo di César, una lunga quanto piena mezz'ora in cui avrebbe avuto tutto il tempo necessario per raccogliere i propri pensieri.
Non pensavo ce l'avrei fatta, ma ho finito *balletto di vittoria*
Parto subito col dirvi che questo capitolo non è come me lo sono immaginata, insomma in pratica è la metà di quello che dovrebbe essere e ho dovuto catapultare gli interrogatori di César nell'altro capitolo, sigh-
Sì, probabilmente è una mia fissa, ma mi viene sempre l'ansia che vedendo un capitolo troppo chilometrico la gente non lo legga tutto con attenzione (perché io sono la prima che fa così, a meno che la storia non mi prenda molto-) visto che sono capitoli relativamente leggeri ma comunque abbastanza importanti e 10.000 parole mi sembravano un po' troppe da sostenere.
Il prossimo capitolo, visto che comunque farebbe parte di questo, penso di pubblicarlo domani (se riesco a finire di scriverlo), ma non sono super iper mega sicura, ho un sacco di altre cose da scrivere e dovrei dedicarmi anche agli oc oltre che alla vita sociale che sembra spuntata dal nulla tre giorni fa-
Ma farò del mio meglio, bisoux uwu ❤️
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