Prima la Famiglia

❝ Le ha uccise con
il loro stesso amore,
e così succede ogni giorno
in tutte le parti del mondo.❞
𝓘𝓵 𝓜𝓲𝓰𝓵𝓲𝓸 𝓥𝓮𝓻𝓭𝓮

personaggi presenti: Artemis, Monique, Elvire, Ambroise

personaggi nominati: Dana, Lucien, Chantal, Adrienne

Notte del 5 aprile 1885

-La gioia dell'amore non dura che un momento, la pena d'amore dura tutta la vita.- fu il leggiadro canto quasi sussurrato che sembrava rischiarare la notte parigina con dolci note che danzavano in un roseo bagno rivestito di porcellana. Parole tranquille e pacate, meno potenti ed esperte di quelle che, nel giorno dell'incidente del lampadario, erano state pronunciate dalla bella Dana pochi secondi prima della terribile disgrazia. Era curioso come in quei brevi giorni il canto sembrasse quasi essere un richiamo irresistibile per indicibili disastri, quasi che melodie cantate da giovani ragazze potessero attirare come dolce e invitante nettare sciami di api affamate, anzi, meglio dire orsi pronti a piantare le proprie zanne in tenere carni innocenti.
Ma che la propria voce poteva essere in richiamo per terribili fatti Monique non lo sapeva, la giovane ragazza dalla lunga e fiammeggiante chioma non sospettava minimamente quello che sarebbe successo di lì a breve o meglio, quello che stava già accadendo nella stanza accanto a quella in cui si trovava. Seduta sul bordo della vasca del piccolo bagno privato suo e della sorella ella si spazzolava i capelli in lenti gesti che le rilassavano i nervi e la tranquillizzavano, alleggerendole la mente dai pensieri che da giorni gravavano su di lei e sulla gemella.
-Ho lasciato tutto per l'ingrata Silvia e lei mi lascia e prende un altro amante.-
Tutto era nato da quello stupido rubino rosso per cui Artemis aveva una fissa, da quando l'avevano visto quella notte e successivamente ritrovato la sera seguente la sorella non faceva altro che tirarlo fuori dalla loro asse segreta nel pavimento e osservarlo, tenendolo in mano con una faccia quasi da ebete ogni volta che aveva qualche minuto libero. Sosteneva di averlo già visto, nonostante Monique fosse abbastanza sicura che, anche se effettivamente il gioiello sembrava abbastanza vecchio e rovinato da essere in giro da un po' di tempo, da quando erano all'Opera non era mai capitato sotto allo sguardo delle due tale collana. Ovviamente Artemis aveva insistito con il suo solito atteggiamento cocciuto e, ignorando i consigli della sorella, aveva deciso di tenerlo "momentaneamente", finché non le sarebbe arrivata qualche strana illuminazione divina sul dove l'aveva già incontrato.
Monique dal canto suo non vedeva l'ora di sbarazzarsene, la inquietava tenere qualcosa ritrovato nei pressi di una scena del crimine e se fosse stato per lei avrebbe dato un bel calcio alla sè stessa del passato che aveva accettato di seguire la sorella nel recupero di quell'oggetto a suo parere quasi maledetto.
La ragazza scosse leggermente il capo, aveva già discusso poco prima di ciò con Artemis e, dopo essere finite a riderci sopra, aveva deciso di non pensarci più per quella serata, filando subito a letto dopo la sua toeletta serale visto che ormai era già passata la mezzanotte.
-Finché quest'acqua scorrerà lentamente verso quel ruscello che costeggia il prato, io ti amerò.- continuò la canzoncina mentre raccoglieva la chioma in una lunga treccia che le avrebbe tenuto i capelli ordinati durante la notte. Posando la spazzola sul bordo della vasca si guardò intorno, gli occhi verdi scintillanti nella placida luce donata delle candele, prima di rendersi conto di non aver portato con sé la crema all'aroma di lavanda che il padre adottivo le aveva regalato per il compleanno. Si ricordò con un sorriso di come, scherzando, Ambroise le avesse raccontato che quando era piccolo sua madre, non avendo molti soldi per comprare costosi prodotti di bellezza, cercasse di produrne in casa per rendere la pelle morbida e ogni volta che la metteva il suo incarnato finiva inevitabilmente per assumere un colore violaceo. Sorrise a quel ricordo, un felice momento successo svariati mesi prima che portava ancora con sé memorie di libere risate e ricche pietanze. Tempi totalmente diversi da quelli colmi di ansia e pressione in cui viveva in quel preciso istante.
Prima di alzarsi e recarsi nella stanza adiacente per recuperare la crema si cambiò, indossando il candido pigiama di flanella che usava per la notte. A differenza della sorella ella non era ancora passata alle vestaglie di cotone, ma non c'era da sorprendersi: tra le due era sempre stata la più freddolosa. Inoltre andava detto che l'abitudine di cambiarsi d'abito dopo e non prima essersi sistemata i capelli era alquanto inusuale, ma le restava dagli anni passati in orfanotrofio quando, spesso nelle notti invernali, il freddo che non veniva scacciato dai piccoli camini presenti in ogni stanza la portava a rimandare il più possibile il doversi cambiare, costringendola ad abbandonare il tepore dei vestiti che indossava durante il giorno per quelli gelati lasciati distesi all'aria aperta per rinfrescarsi. Scuotendo leggermente la testa a quel ricordo la ragazza sorrise leggermente, quanto erano cambiate le cose rispetto a quegli anni.

Dopo aver preso una delle candele che la circondavano si avvicinò alla porta del piccolo quanto accogliente bagno, schiudendo la serratura e inoltrandosi nella camera che condivideva per Artemis. Più volte Ambroise ed Elvire avevano proposto alle due una sistemazione in camere separate, singole e con maggior privacy, ma entrambe avevano declinato l'offerta con la stessa idea: avevano dormito insieme nella stessa stanza per tutta la vita, perché mai avrebbero dovuto cambiare abitudine solo in quel momento? Era forse difficile da capire, ma come potevano spiegare le due il conforto che donava sapere di avere la presenza dell'altra accanto a sé, così da proteggere ed essere protette. Inoltre era risaputo che Monique temesse il buio e ciò che si nascondeva nelle tenebre, a buon ragione oserei dire, sapere la sorella in stanza anche senza luce le donava un senso di sicurezza e coraggio, oltre ad un sicuro sonno sereno.
Neanche questi pensieri sfiorarono la mente di Monique mentre si inoltrava nella stanza buia, probabilmente Artemis aveva spento il proprio lume da comodino per dormire, stanca di aspettare i ben più lunghi e complessi preparativi che la sorella impiegava ogni sera. Niente di nuovo per la giovane che non si stupì più di tanto nell'avanzare in punta di piedi al buio per non disturbare la quiete della gemella. Era abbastanza fiera di sé stessa, nonostante il cuore le battesse a mille riusciva a padroneggiare discretamente il suo terrore del buio. Almeno lo padroneggiò finché un leggero grugnito soffocato non le giunse alle orecchie, rumore proveniente dalla parte della camera in cui si trovava il letto di Artemis.
Girando la fonte di luce che teneva in mano verso il giaciglio della sorella non poté trattenersi dal lasciarsi sfuggire un urlo quando notò la ragazza seduta sul letto: l'aspetto stralunato e scarmigliato mentre una figura che probabilmente non avrebbe neanche notato se non fosse stato per la mano che, uscendo dalle tenebre con cui si mischiava tanto perfettamente, premeva sul viso della giovane, costringendola a tacere.
Il primo istinto di Monique fu quello di lanciare qualcosa verso quella figura per costringerla a lasciare la sorella e il secondo suggerimento che il suo cervello le donò fu quello di indietreggiare e chiudersi nel bagno per poi urlare a squarciagola finché qualcuno non sarebbe arrivato ad aiutarle. Ma il suo corpo venne immobilizzato, quasi congelato, da un dettaglio che notò solo pochi secondi dopo: la rivoltella puntata alla tempia della sorella. Le sembrava di fluttuare tanto il terrore le aveva attanagliato l'animo, probabilmente avrebbe pure potuto svenire da un momento all'altro tanto si sentì mancare il sangue nelle vene in quel preciso istante.
-Oh, Monique, sei davvero incantevole, tesoro.- furono le distorte parole che la scura figura disse, la voce le giunse distorta ed ovattata, quasi disumana.
Un'ulteriore cosa era strana ai suoi occhi: l'immobilità della sorella che non sembrava essere interessata a lottare e scappare, cosa che Monique avrebbe pensato caratteristico di Artemis anche con una pistola puntata al capo, ma la totale calma con cui la osservava, simile ad un mite agnellino obbediente le risultava quasi estranea.
Aprì la bocca per parlare e allo stesso momento indietreggiò di qualche passo, prima di essere interrotta dalla figura che alzò una mano facendole segno di fermarsi, liberando il volto di Artemis che non chiamò aiuto né parlò neppure dopo essere stato scoperto.
-Ti spiego brevemente le regole del gioco che, come scoprirai a breve, tua sorella conosce già.- commentò la figura quasi invisibile alla giovane, solo i contorni vagamente riconoscibili rispetto alla tappezzeria color crema. -Tu parli e nel giro di pochi secondi Artemis muore soffocata, lei parla e una pallottola si conficca nella tua bella testolina. Quindi, almeno che non vogliate rimanere figlie uniche, vi consiglio di non fare nulla di avventato e di non urlare, nel caso contrario penso che un po' di rosso non nuocerebbe troppo alle pareti di questa stanza così scialba.-
Un veloce movimento accompagnò quelle parole, una mano guantata scivolò tra i capelli di Artemis e le tirò il capo indietro, portandola ad inarcare il collo e a mostrare una spessa corda che lo teneva in una stretta morsa, la fine di quella fune nella stessa mano che teneva la pistola.
Se poco prima Monique aveva rischiato di svenire in quel momento sentì le gambe farsi letteralmente molli e dovette appoggiarsi all'armadio accanto a lei per non cadere, adagiando il lume che teneva in mano sul comodino.
-Qualsiasi cosa voi vogliate possiamo darvela... - iniziò a dire, cercando di mantenere il tono più fermo possibile, ma dovette azzittirsi quando vide che a quelle parole Artemis iniziò a boccheggiare in seguito ad uno strattone che venne dato alla spessa fune.
La giovane si interruppe, posandosi le mani sul volto, ma allo stesso tempo Artemis cercò di dimenarsi e tirare una gomitata alla persona che la teneva in ostaggio. Era ammirabile la tenacia della giovane, ma ciò non causò i risultati sperati.
La figura scattò in piedi avanzando di svariati passi con una velocità inaspettata, trascinando la ragazza con sé come si farebbe con un cagnolino, costringendola a carponi in seguito allo strattone ricevuto e puntando proprio sulla fronte di Monique, alla quale si era prontamente avvicinato, la pistola.
-No!- fu lo strozzato grido di Artemis al quale seguì lo scatto di una sicura e la preparazione di un colpo.
La giovane al cui volto era puntata l'arma rimase immobile mentre una lacrima le solcava, fredda e solitaria, la morbida guancia. Il duro metallo posato sulla sua pelle le fece capire quanto quello non fosse un incubo, ma anzi, un terribile atto reale.
-Oh, non piangere, bambina.- mormorò la tremenda figura, facendo scivolare la canna dell'arma sul suo volto e raggiungendo con essa la lacrima che raccolse, mentre un fremito percorreva la spina dorsale di Monique.
Quel tremendo attimo si sarebbe potuto paragonare ad un momento raffigurato in un dipinto tanto perfettamente immobile era la scena: Artemis, ancora a carponi, sostava a terra con una mano portata al collo, mentre respirava affannosamente e stringeva i denti, cercando di non convincersi a fare mozze azzardate; Monique, pure lei perfettamente immobile, tranne per il leggero tremito delle gambe, teneva le labbra leggermente dischiuse e gli occhi serrati, ancora appoggiata all'armadio mentre pregava di non essersi mossa troppo e di non aver fatto soffocare la sorella, mentre la fredda canna metallica le accarezzava la guancia; in mezzo a loro sostava la scura figura coperta da capo a piedi da uno scuro mantello che impediva il riconoscimento del suo sesso perfino dalla corporatura. Costui, o costei, respirava tranquillamente quasi fosse nel bel mezzo di una normale conversazione e non nella scena che sembrava precedere un omicidio, stringendo in una mano la corda che concludeva nel cappio che cingeva il collo di Artemis e, nell'altra, la rivoltella che sfiorava la guancia di Monique.
-Siete due bambine così intelligenti, ma questo lo sapevo già.- mormorò la figura, il tono tanto beffardo da risultare odioso. -Adesso sediamoci e prepariamoci ad una bella chiacchierata.-

Veloce fu a voltarsi e a circondare la vita di Monique con un braccio, puntandole questa volta la rivoltella al fianco, trascinando di nuovo per il collo Artemis il cui spirito bruciava di un odio così profondo e viscerale che se avesse potuto avrebbe strappato con le proprie mani la lingua a quell'individuo. Peccato non potesse, ne andava dell'incolumità di Monique. L'umiliazione di dover praticamente gattonare come un cagnolino al guinzaglio unita al dolore infuso dal nodo troppo stretto le faceva venir voglia di urlare e scalciare, alzarsi lei stessa e piantare le unghie nella carne di quella persona. Oh, peccato che ci avesse già provato. Quando era stata aggredita di spalle mentre rileggeva gli spartiti del suo brano preferito per violino aveva scalciato, provato persino ad urlare, ma i rumori della sua lotta erano stati coperti dal rumore dell'acqua corrente proveniente dal bagno e Monique non l'aveva udita. Era certa di aver tirato una gomitata nello stomaco del suo aggressore e di avergli pestato un piede, ma questo non aveva mostrato il minimo fastidio, limitandosi a stringerle il collo in una morsa letale finché ella non aveva dovuto arrendersi. Le regole per lei erano state chiare fin da subito: se avesse parlato quella figura sarebbe entrata nel bagno dove si trovava la sorella e l'avrebbe affogata nella vasca da bagno solo per poi strozzare Artemis dopo averle fatto assistere alla scena. Forse una minaccia un po' esagerata, ma il tono di voce e la serietà con cui erano state sussurrate tali parole alle orecchie della ragazza l'avevano dissuasa da qualsiasi operazione avventata.
In un attimo le due si trovarono sedute sul letto di Artemis, la figura in centro a loro, la proprietaria del giaciglio alla sua sinistra e Monique, che era pallida come un morto, alla sua destra.
Oh, quanto voleva abbracciare la sorella in quel momento e donarle parole di conforto, forse se avesse lottato più tenacemente quando era stata aggredita non sarebbero finite in quella situazione.
Monique dal canto suo quasi urlò nel sentire la pistola accarezzarle di nuovo il capo con la fredda canna, un gesto quasi affettuoso che le fece solo venire i brividi e la voglia di tirare un cazzotto al loro aguzzino.
-Piccola Lottie, saresti così fiera di loro.- la voce distorta e ovattata assunse un tono quasi malinconico, prima di emettere un sospiro vagamente rassegnato.
Artemis avrebbe invece voluto volentieri tirargli una testata, preferiva morire piuttosto che ascoltare i deliri di uno psicopatico che blaterava cose senza senso. Ma non era stupida, aveva notato la maschera di ceramica che probabilmente avrebbe causato più danni a lei che a quella persona.
-Ti abbiamo udito cantare, Monique, la tua voce é talmente angelica...niente a che fare con quella racchia della cantante lirica di questo posto, sventurata la donna che ha messo al mondo quell'oca giuliva. Avrei dovuto mirare meglio con quel lampadario.-
Artemis non poté fare a meno di agitarsi a quelle parole, muovendosi un poco sul posto mentre nelle sue vene ribolliva solo odio. Avere la conferma che chiunque si trovasse accanto a lei fosse la persona che aveva ferito la sua migliore amica, esclusa Monique ovviamente, le fece venir una voglia ancora maggiore di staccargli la testa a morsi. Si era sentita distrutta e immensamente preoccupata quando aveva saputo che Chantal era stata trasferita in ospedale in seguito all'incidente, non poteva sopportare di sapere che una delle persone a cui voleva più bene al mondo al di fuori della sua famiglia era stata ferita. Aveva persino litigato con il padre adottivo quando lui, ritenendola una scelta pericolosa, le aveva impedito di andare a trovarla. Le era sembrata la cosa più stupida del mondo e per ciò era ancora discretamente arrabbiata verso l'uomo. Monique avvertì l'agitazione nella sorella e, in un movimento lento quanto deciso, le posò una mano sul ginocchio, allungando il braccio davanti alla figura che le divideva. La figura la lasciò fare, quasi sovrappensiero mentre una leggera melodia fuoriusciva dai fori di quella maschera. Se solo le due avessero potuto scorgere il maligno luccichio che si trovava in quegli occhi e accompagnava quel sinistro cantucchiare, probabilmente avrebbero fatto di tutto per sfuggirvi. Anche rischiare la vita altrui.
-Lo so Artemis che è una tua cara amica, ma rivedrei le vostre priorità in campo affettivo. Sapete della morte della giovane ballerina, no? Il suo gusto in campo di amicizie era pessimo, lo è sempre stato, sapete che se la intendeva con la prima ballerina, quella Adrienne, quell'odioso scarafaggio si sente l'Onnipotente solo perché sa muovere un po' le gambe, l'ho sempre detto che è stata lei a deviarla e portarla sulla via sbagliata. Ma non temete, la pagherà.- l'odio in quelle parole fece rabbrividire entrambe, in sincronia, sicure di non aver mai udito tanta rabbia in poche frasi. -Invece quel Lucien, il tecnico di questo bel posto, è un ragazzo tanto caro. Sapete, si è fatto mozzare un dito pur di non confessarmi che voi piccole pesti avete ciò che sto cercando.-
In sincronia le due si voltarono, scambiandosi un puro sguardo di sorpresa e terrore nella semioscurità, le mani intrecciate sudate per la tensione e i cuori a battere talmente forte che ognuna avrebbe potuto giurare di poter udire il battito dell'altra. Avevano sentito bene le loro orecchie? Monique dischiuse le labbra mentre un'immensa espressione di tristezza si dipinse sul suo volto e Artemis dava voce alla domanda che ronzava nella testa di entrambe.
- È morto?- sussurrò la giovane, il tono roco a causa dello stretto cappio che le avvolgeva il collo, ma le parole risultarono comprensibili.
La risata che proruppe roca e quasi tombale le fece sussultare, non si sarebbero aspettate una tale reazione.
-No, sciocchine. Non si fa del male a chi protegge la famiglia, ma solo a chi la divide e la ferisce. Io sono qui per proteggere, non per far del male.-
Artemis dovette mordersi la lingua fino a farla sanguinare per non urlare in faccia a quella persona tutto il suo odio, uccidere, mandare persone all'ospedale e mutilare non era forse fare del male? Ma nella confusione dei suoi pensieri e nella paura della sua mente ad ella sfuggì una parola fondamentale: famiglia.
Dettaglio che invece si fissò a fuoco nella mente di Monique, causandole solo un colpo al cuore. Famiglia, famiglia, famiglia. No, non poteva esserci un assassino nella loro relativamente nuova famiglia.

-Cosa intendete per famiglia?- mormorò la giovane, un debole sussurro a farle da voce, mentre un oscuro presagio si impossessava della sua persona.
Un pesante silenzio calò sui tre, mentre la figura in mezzo alle sorelle taceva, facendo pensare un attimo alle due che essa fosse morta o addormentata.
-Famiglia.- sussurrò infine, in un tono dolce e quasi in tralice, che giunse appena come un soffio alle due. -La famiglia viene prima di tutto.-
Non era la risposta che la giovane desiderava, non era ciò che voleva sapere, il dubbio che le era nato le perforava il cranio portandole solo grande preoccupazione. Non riuscì a controllarsi quando, in uno scatto tanto rapido da sorprendere pure Artemis, afferrò il cappuccio della figura e lo calò. Facile era dedurre chi temeva di trovare sotto ad essa: Elvire o Ambroise.
Ma dovette sorprendersi quando non vide un volto umano sotto alla stoffa, ma solo una fredda maschera più inquietante di qualsiasi altra cosa avesse mai visto nella sua vita. Artemis già lo sapeva, l'aveva intravista nel riflesso dello specchio mentre lottava per la propria vita, ma la sorella non lo sospettava e quella fu la loro condanna.
Il ceffone dato con la canna della pistola che colpì Monique in pieno volto la mandò a terra, facendola finire distesa lungo il tappeto che ornava parte del pavimento della stanza, mentre Artemis venne spinta in ginocchio e il cappio intorno al suo collo si stringeva inesorabilmente.
La giovane alzò le braccia verso la figura, l'istinto di sopravvivenza che venne a galla più forte del suo istinto di protezione verso la sorella la portò a graffiare i polsi e le braccia del suo aguzzino, nonostante nessun segno di dolore o fastidio si potesse udire da parte di colui che la immobilizzava, facendola annaspare.
-No!- gridò Monique, gettandosi in avanti barcollante, una tempia sanguinante e la vista sfocata non le impedivano di voler salvare la sorella che solo per colpa sua rischiava la vita. Venne respinta da un calcio in pieno ventre mentre Artemis diveniva violacea in volto e le braccia si abbandonavano lungo i fianchi mentre ella si guardava intorno con gli occhi fuori dalle orbite, terrorizzata.
-Il cervello ha annullato le funzioni delle estremità del corpo per risparmiare ossigeno, hai pochi secondi perché la tua amata sorellina perda i sensi e muoia. Dammi il mio gioiello, Monique, se non vuoi rimanere sola al mondo.-
Già la vista di Artemis iniziava ad appannarsi proprio come quella di Monique, due cause dolorose quanto diverse a portare le giovani a trovarsi molto vicine dal perdere i sensi.
Ma la seconda delle due non ci mise molto a capire quale gioiello intendesse il loro aguzzino, ancor meno ci mise a rialzarsi e a barcollare fino ad un asse un poco sconnesso nel pavimento, un'imperfezione visibile solo alle due sorelle che in quello spazio sotto al pavimento infilavano i loro più grandi segreti. Una forza inspiegabile spingeva Monique a muoversi, nonostante il dolore al capo e le gambe che le obbedivano a fatica sembrassero volerla ostacolare. Sua sorella sarebbe morta e lei non poteva permetterlo.
Artemis avrebbe voluto urlarle di non dargli il gioiello, di fuggire e lasciarla lì, non voleva cedere qualcosa con cui sentiva una così forte connessione. Pensieri deliranti attraversano il suo cervello ormai in tilt, mentre le palpebre calavano lentamente sulle sue splendidi iridi verdi.
-Prendilo!- gridò Monique che, mezza seduta mezza distesa, scagliò il gioiello ai piedi della figura, le lacrime ormai copiose ad appannarle del tutto la vista mentre la giovane pregava che Artemis fosse ancora viva, che quella non fosse la fine.
Incredibilmente stonante rispetto al panico delle due fu la calma con cui la figura allentò con un semplice gesto il cappio intorno al collo della giovane, lasciandola cadere di faccia e recuperando il gioiello scarlatto caduto ai suoi piedi.
-Brave bambine, siete proprio delle ragazzine ubbidienti.- mormorò la solita voce distorta e pacata mentre osservava il rubino che giaceva tra le mani guantate.
Monique non ascoltò neanche quelle parole o altre che seguirono, gattonando fino ad Artemis la voltò con il viso verso il soffitto, solo per notare che era ormai priva di sensi.
Non la chiamò, non urlò il suo nome, sarebbe stato inutile quanto stupido in quel momento. Tappandole il naso spirò nelle labbra della sorella più aria possibile, le lacrime che continuavano a rigarle le guance. Non sapeva esattamente cosa stesse facendo, ma il cervello stanco e martoriato le mandava alcuni flashback di un momento passato, consigli su cosa fare: una vecchia rivista di medicina, un pomeriggio passato a leggere alla madre adottiva curiosità mediche per farle compagnia, una procedura per far respirare i morti.
Qualcosa del genere la spingeva nel panico a tentare una respirazione artificiale ad Artemis, la disperazione a fremerle nelle membra mentre realizzava che sarebbe morta di dolore se la sorella l'avesse abbandonata. Ma ella respirava e il rantolo che fuoriuscì in quel momento dalle labbra bluastre della giovane gliene diede conferma.
Il sollievo durò poco, ma mentre la stanza recuperava un poco della sua fermezza Monique notò che della scura figura non c'era più traccia e che le due erano sole. Almeno all'apparenza.
Fiondandosi alla porta e sbattendoci contro, avendo calcolato male la distanza, tentò di aprirla invano, la maniglia era bloccata e neanche percuotendola con tutta la sua forza riuscì ad aprirla o spostarla di un solo millimetro. Troppo in panico e spaventata per fare qualcosa in modo calmo - ma del resto chi avrebbe potuto biasimarla? - iniziò ad urlare e chiamare aiuto per un lasso di tempo che le sembrò interminabile, finché la gola non iniziò a bruciarle e il sapore del sangue non le invase la bocca. Dov'era Ambroise? Dov'era Elvire? Perché nessuno dei due accorreva? Eppure la loro camera era accanto alla loro, perché non le aiutavano? Erano già morti? Cosa intendeva lo sconosciuto per famiglia? Artemis avrebbe passato la notte senza adeguate cure mediche? Erano sole o lo sconosciuto era ancora nella stanza con loro? Il buio ormai la circondava, il lume consumato, ma neppure la paura riuscì a far breccia nella confusione dei suoi pensieri ricordandole la paura del buio, ella era così stremata da non voler far null'altro se non accasciarsi accanto alla sorella ed attendere i soccorsi o la morte, ormai cosa sarebbe cambiato?

Fu così che la mattina seguente le ritrovò Ambroise di ritorno dal proprio ufficio: Monique seduta in un angolo con accanto a sé Artemis. Entrambe addormentate, la prima con due rivoli di sangue che le colavano dal volto e la seconda con il collo gonfio che a malapena riusciva a respirare.
Veloci furono i soccorsi ad arrivare alla chiamata dell'uomo e le due ragazze vennero trasportate prive di sensi in ospedale, mentre Elvire si riscuoteva dal proprio letargo indotto dalla morfina, schivando l'ira del marito solo grazie alla presenza degli assistenti sanitari presenti al suo risveglio.
Furente era l'animo del direttore e confuso quello di sua moglie, il primo sul piede di guerra e pronto a bruciare Elvire per aver preso una dose eccessiva di morfina, la seconda altamente confusa dal risveglio turbolento e dalle nuove notizie, una ben peggiore dell'altra: le persone finite in una struttura ospedaliera non ammontavano più ad una sola, ma a quattro.
Si può dire che quel lunedì 6 aprile fu l'inizio di una settimana che di buono prometteva men di nulla.


Che dire, più tempo passate con l'assassino più cose scoprite e più teorie potete farvi, devo dire di essere stata abbastanza prolissa in questo capitolo riguardo agli indizi. Mi immagino in realtà quanto poco senso abbiano per voi alcune cose, piano piano acquisterà tutto la giusta forma e capirete che non mi sono fumata niente mentre scrivevo questo capitolo, vi lancerò pezzi del puzzle, don't worry uwu
Il prossimo capitolo sarà più tranquillo non preoccupatevi, non mi diverto così tanto a farvi prendere degli infarti ogni singola volta, cercherò anche di renderlo un poco divertente per alleggerirvi il tutto ❤️

Devo ammettere che ho rimuginato a lungo su questo capitolo, inserire una scena tanto lunga e articolata con l'assassino lo/la rende una figura senza dubbio meno misteriosa e spero non abbia rovinato l'atmosfera generale.

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