Lacrime di un'innocente
❝ Quando un uomo buono
viene ferito, chiunque
si dica buono
deve soffrire con lui. ❞
𝓔𝓾𝓻𝓲𝓹𝓲𝓭𝓮
personaggi presenti: Hercule, Chantal, Adrienne, Daniel, Françoise
personaggi nominati: Dana, Louise, Ambroise, Dolores, Thèa, Cornélie
Mattina del 4 aprile 1885
-La prego Monsieur Dubois, siate discreto.-
-Ma Madame Girie, io sono sempre estremamente discreto.-
-Certo, come con il paziente a cui avete causato un crollo isterico.- sbuffò l'infermiera, le mani posate sui larghi fianchi mentre, con lo scuro sguardo indagatorio, squadrava l'ispettore che cercava di nascondere un sorrisetto sotto ai baffi a manubrio, cammuffando il proprio divertimento con un colpo di tosse.
-Sono seria.- aggiunse ella rifilandogli un'occhiataccia mentre si sporgeva in avanti, puntando un dito al petto dell'uomo. -Ha già subito uno shock.-
Hercule, accompagnando la propria espressione tornata di getto seria con una croce sul cuore, annuì donando alla donna un sorriso rassicurante.
-Non preoccupatevi, utilizzerò tutta la delicatezza di cui sono capace.- le assicurò, porgendole la mano in segno di amicizia. Conosceva quella donna da più di vent'anni, Madame Girie era un'amica d'infanzia dell'amata moglie Brigitte e più di una volta l'aveva aiutato in piccole scappatoie dai pazienti che erano coinvolti in casi su cui l'ispettore indagava. Curioso come effettivamente un terzo degli interrogatori da lui effettuati si fossero svolti in un ospedale. -E per la precisione c'era anche il mio collega a causare il crollo isterico, sapete la tecnica poliziotto buono e poliziotto cattivo? Funziona sempre, ma senza di lui non posso effettuarla, state tranquilla.-
Quel caso ricorreva a circa due anni prima, durante l'unico incidente professionale che lui e César avevano sperimentato, una cosa relativamente quotidiana, un figlio che aveva ucciso la madre per ottenere l'eredità di famiglia. L'interrogatorio era stato un poco turbolento e la cicatrice che Hercule riportava sul fianco destro, poco sotto al costato, era l'amaro promemoria del perché ai pazienti ospedalieri sospettati per omicidio non dovesse essere dato un coltellino da burro.
L' ospedale Sant Louis era immerso nel frenetico lavorare di ogni giorno, barelle che venivano spinte da infermieri preoccupati, medici che si destreggiavano tra le corsie con arie truci e famigliari che si fermavano a chiacchierare delle condizioni dei propri cari, affollando i corridoi e beccandosi severi rimproveri. L'ispettore, guidato dalla paffuta figura dell'infermiera Girie, sembrava quasi fuori posto con il suo elegante completo che si stagliava in netto contrasto con le più semplici tenute del personale ospedaliero. Come avrebbe potuto passare inosservato? Non contando che un uomo della sua importanza non lasciava liberi da certi sospetti al proprio passaggio, quasi un nero uccello del malaugurio, ma realmente quanti di loro avevano collegato l'uomo allo strano caso dell'Opera?
-È sveglia, ma ancora in convalescenza. Povera giovane, la gamba era inguardabile quando è giunta qui ieri pomeriggio.- sospirò la donna, ricordandosi il bagno di sangue in cui ella era immersa dalla vita in giù, causato da uno squarciamento del tessuto della coscia sinistra, accompagnato ad un'inclinatura dell'osso.
-Si riprenderà?- domandò Hercule, quasi dispiaciuto che una simile voce non potesse più esibirsi sul palco per colpa di una qualche malformazione causata dal brutto colpo.
-Siamo ottimisti.- esclamò Madame Girie, un sorriso rassicurante sul volto. -Avrà bisogno di molto riposo e forse non potrà più correre come una giovinetta, ma camminare sarà ancora possibile.-
I due varcarono un'ampia soglia che dava su un salone di forma rettangolare in cui la luce del sole si rinfrangeva tramite lunghe finestre posizionate nei punti più alti delle pareti, alcuni gemiti e sospiri provenivano dalle tende color mogano che dividevano un letto dall'altro mentre il vociare degli infermieri che si affrettavano da un letto all'altro giungeva fino al soffitto, creando una specie di eco.
-Lei non è qui.- iniziò a spiegare l'infermiera facendo un gesto della mano per indicare intorno a sé, il passo svelto che non accennava a fermarsi. -In quanto personaggio illustre le è stata riservata una stanza privata, posso assicurarvi che ne è stata felice.-
Hercule annuì guardandosi intorno, sbirciando con lo sguardo attento tra i tendaggi leggermente scostati, varcando il sottile strato di stoffa che non proteggeva sufficientemente i pazienti: scorse una donna su una sedia a rotelle, un bambino apparentemente privo di sensi, un anziano con una bendatura sanguinolenta a fasciargli il volto, un uomo dal volto sfigurato che gli rivolse un'occhiata in tralice e persino un prete che celebrava quello che sembrava un matrimonio improvvisato tra un uomo allettato e una bella giovane al suo fianco.
Tutto il dolore e ciò che l'umanità aveva rigettato riuniti in un solo luogo in cui il pianto e la sofferenza si alzavano verso il cielo, gridando pietà a Dio.
-Non soffermatevi troppo ispettore, se guardate nell'abisso anche l'abisso vorrà guardare dentro di voi.- esclamò la donna, accortasi che Hercule si era perso in tutta quella sofferenza, certo, non che egli non fosse abituato a vedere dolore nel proprio mestiere, ma di solito egli aveva a che fare con i carnefici, non con le vittime.
-Da quanto siete così saggia?- domandò l'uomo riprendendo il passo, cercando di cancellare le immagini dalla testa e riportare la concentrazione al caso.
-Oh, le frasette di sostegno morale che ci propinano ai corsi.- ridacchiò ella, accompagnando le parole con un vago gesto della mano, mentre iniziava a condurre Hercule su per un paio di scalette buie. -Fanno sempre un certo effetto.-
Dopo alcuni secondi i due arrivarono ad un nuovo pianerottolo, più silenzioso e un poco più buio, che presentava quattro porte su ogni lato. Ogni porta portava sul lato superiore un numero che andava da dieci a diciotto.
-Mademoiselle Gaudier si trova nella stanza quattordici, qualche minuto fa era sveglia, non penso si sia addormentata.- mormorò Madame Girie, tenendo un tono di voce molto basso, non volendo disturbare gli occupanti di quelle camere.
Hercule rispose con un semplice cenno del capo prima di avviarsi a passo lento verso la porta indicata in fondo al corridoio, peccato che non ebbe il tempo di avvicinarsi troppo alla soglia che venne subito ritirato indietro dalla mole non indifferente dell'infermiera.
-Forza, sgancia il malloppo.- fu il sussurro severo di ella che, con una mano aperta porta all'ispettore e il palmo rivolto verso l'alto, lo osservava sbuffando all'espressione interrogativa dell'uomo. -Non fare il finto tonto, vecchio volpone, di cosa pensi spettegoliamo io e Brigitte ogni domenica dopo messa? Delle morroidi di mio marito o dei tuoi metodi poco raccomandabili?-
L'ispettore aprì la bocca per ribattere, per poi limitarsi ad un sorrisetto accompagnato da un leggero scuotere della testa, mentre dal taschino del panciotto estraeva una fiaschetta argentata. Ah, sua moglie era la più cara confidente che si potesse desiderare e a sua volta Madame Girie era la confidente di ella. Non si sarebbe sorpreso a beccarle complottare sui rispettivi mariti durante uno dei loro tanti barbecue domenicali.
Poggiando il prezioso oggetto che solitamente usava per ammorbidire i sospettati alzò le mani al cielo, come ad indicare che non aveva più nessuna arma a sua favore.
Dopo un'ultima occhiata l'infermiera annuì, infilando la fiaschetta nella tasca del grembiule e allontanandosi verso la porta da cui i due erano entrati, l'avrebbe aspettato lì.
Con passo svelto Hercule si avvicinò alla porta sovrastato dal numero quattordici e bussò un paio di volte, udendo appena la flebile risposta che provenne da oltre l'uscio.
Aprendola e attraversando la soglia venne investito da una candida luce dorata che filtrava dalle sottili tende di tale colore che, colpite dalla luce, producevano quell'effetto colorato.
Chantal giaceva al centro della stanza, su un letto un poco più alto di tali comuni mobili, il viso di un pallido rosa malaticcio e i capelli distesi sul cuscino a formare un'aurea dorata intorno al capo volto verso l'uomo appena entrato.
Anche con l'aria malaticcia e l'aspetto abbattuto la donna rimaneva sempre stupenda, un'aria quasi angelica intorno alla pallida figura abbandonata su diversi cuscini, una gamba resa gonfia sotto alle coperte dalle numerose fasciature. Nel complesso ella sembrava star bene, per quanto bene si potesse stare con una gamba rotta, gli occhi certamente tradivano una certa curiosità e vivacità nel vedere l'ispettore.
-Mademoiselle Gaudier, sono lieto di trovarvi sveglia.- mormorò Hercule con un dolce sorriso sul volto, togliendosi il cappello dal capo e portandoselo al petto con un piccolo cenno.
Chantal rivolse all'uomo un piccolo sorriso, prima di muovere la mano in un gesto che lo avvicinava ad entrarsi.
-Entrate pure, ispettore, sapevo sareste arrivato.- mormorò piano, dal tono leggermente strascicato si poteva dedurre che ella fosse sotto effetto di morfina, cosa del tutto lecita visto il dolore che altrimenti avrebbe provato all'arto rotto. Nonostante quello però sembrava alquanto vispa e lucida contando che, in teoria, avrebbe dovuto essere in un profondo sonno.
-E come lo sapevate, se posso permettermi di chiedere?- chiese l'ispettore mentre, recuperando da un angolo una vecchia sedia di legno, si sedeva accanto al letto della donna.
Ella ridacchiò un poco, portandosi una mano al petto prima di scuotere un poco il capo.
-Qualcuno ha palesemente cercato di uccidermi, ovvio che mi avreste fatto qualche domanda.- sussurrò con un fil di voce, concludendo quelle parole con un profondo sospiro. Sospiro che ad Hercule sembrò particolarmente teatrale, chissà perché nel suo parere ad ella non dispiacesse poi così tanto ricevere tutte quelle attenzioni e cure, tranne che per il prezzo della gamba rotta ovviamente. -Ditemi pure, finché la morfina non mi ritrascina in un nero sonno sono a vostra disposizione.-
L'uomo posò il cappello sul comodino dove una tazza di thé ancora fumante era appoggiata, poi estrasse un taccuino dalla tasca interna della giacca e si accomodò, picchiettando con la punta della propria stilografica sulla carta.
-Avete notato qualcosa di particolare nei giorni precedenti dell'incidente? Qualcuno con un comportamento ostile nei vostri confronti?- fu la prima domanda dell'uomo.
Chantal scosse un poco la testa, lo sguardo perso nel vuoto del soffitto mentre cercava di riportare alla mente più ricordi possibili, ma nessuno si era comportato in modo particolarmente cattivo con lei, tutto nella norma.
-La vostra apprendista mi ha detto che originariamente Monsieur du Polignac non avrebbe dovuto esserci, giusto?- fu la seconda domanda, posta mentre Hercule scarabocchiava un cerchio al bordo della pagina.
-Giusto.- mormorò Chantal. -L'ho chiamato per suonare al pianoforte, così mi sarei potuta dedicare del tutto a Dana.-
-Qualcuno oltre a voi due sapeva che egli avrebbe assistito?- in quanto due persone erano nei pressi del lampadario caduto era importante sapere a chi dei due era rivolto quel piccolo attacco.
-È stata una cosa dell'ultimo momento, penso solo sua moglie, Dolores du Polignac. Ma credo possa centrare qualcosa, ella é sempre nelle proprie stanze.- l'ultima frase fu detta quasi con un pizzico di antipatia verso quella donna che aveva fatto tanto male ad uno dei suoi migliori amici. -Almeno che non abbia assoldato qualcuno.-
Hercule inarcò un sopracciglio, non sapendo che il direttore d'orchestra avesse una moglie. Sapeva dei numerosi pettegolezzi che giravano tra egli e la donna di fronte a lui, ma fino a quel momento non si era spinto oltre per sapere se tali voci fossero vere o meno.
-Com'è il rapporto tra i due coniugi?- fu la quarta domanda, mentre una piccola pista, seppure fragile e sottile, si tracciava di fronte ai suoi occhi.
Chantal sospirò con aria affranta quasi che quel pensiero le causasse dolore.
-Quella donna è un mostro.- mormorò. -In passato ha ferito il marito in tutti i modi possibili, sia fisicamente che sentimentalmente, il loro amore è ormai perso.-
Parole dette con un poco di cattiveria e antipatia, ma come avrebbe potuto non farlo? Louise era uno dei suoi migliori amici, vederlo soffrire per una donna era come sentire lei stessa tale sofferenza.
Per quanto riguardava Hercule quella pista poteva in realtà avere senso, una moglie che odia il marito può giungere a tutto per sbarazzarsi di lui, se poi la donna di fronte in quel momento allettata fosse stata una possibile amante quella avrebbe potuta essere un'occasione inestimabile per eliminarli entrambi, probabilmente con l'aiuto di una terza parte. V'era solo un'ultima cosa da capire.
-Sapete se Madame di Polignac conoscesse la ballerina deceduta?- chiese l'ispettore muovendosi leggermente sulla sedia, un poco inquieto da quella faccenda, ma anche rincuorato dall'avere finalmente del materiale su cui lavorare, anche se avrebbe prima dovuto verificarne l'attendibilità.
Chantal ci pensò un attimo prima di scuotere la testa, era abbastanza sicura che né Dolores né Louise conoscessero bene quella donna anche perché, essendo arrivati da poco, non ne avrebbero potuto avere l'occasione. Hercule sospirò con i baffi in un leggero fremito, non c'era la certezza che l'omicidio di Elodie Legrant e quello attentato alla cantante lirica e al direttore fossero collegati.
-Mademoiselle Dana mi ha detto che voi vi siedevate spesso sul pianoforte durante le prove, quando non suonavate, è corretto?- fu l'ultima domanda, fatta in tono un poco più greve, sapendo qual'era il sottinteso di quelle parole.
Chantal strinse le labbra ad una linea sottile, quella era una sua abitudine, chiunque avesse osservato le prove per un paio di volte avrebbe potuto saperlo. Annuì piano, mentre il corpo veniva scosso da un leggero fremito e una lacrima, fredda e solitaria, scendeva lungo alla candida guancia per scorrere lungo il collo e nascondersi nel colletto della camicetta da notte.
-Non è stato un incidente, vero?- fu il leggero sussurro della donna mentre ella volgeva il volto all'uomo accanto a sé, chiaro terrore negli occhi chiari. Se chiunque volesse ucciderla non era riuscito nel proprio intento la prima volta chi l'assicurava che non ci avrebbe riprovato?
Hercule sospirò, posando una mano sul braccio della donna con aria greve ma tentando un sorriso rassicurante.
-Metteremo una coppia di guardie alla vostra porta, non preoccupatevi, ora siete al sicuro.- sussurrò in tono dolce.
No, non era stato un incidente, i cavi erano stati tagliati e impronte di stivali erano stati ritrovati tra la polvere del sottotetto, qualcuno aveva premeditato quella mossa.
Chantal annuì un poco intuendo cosa fosse celato in realtà sotto a quella rassicurazione, chinò il capo mentre altre due lacrime le solcavano le guance ed ella voltava il capo, cercando di celare il dolore e la paura nei propri occhi all'ispettore.
-Vi ringrazio per il vostro tempo.- mormorò Hercule alzandosi e recuperando il cappello.
Le parole gli morirono in gola quando, sotto al cappello, vide un oggetto che pochi istanti prima avrebbe giurato non ci fosse.
-Perdonate un'ultima domanda Madmoiselle Gaudier, voi siete un'appassionata di tarocchi?- domandò l'uomo, il volto leggermente corrucciato.
Ella si voltò verso di lui, le guance umide e un'espressione confusa sul volto.
-Non ne ho mai visto uno in vita mia, perché? -
L'ispettore strinse le labbra prima di riposare il cappello sul tavolo e poi farlo scorrere verso il bordo, prendendolo con due mani, in modo da afferrare anche il tarocco da sotto di esso, senza mostrarlo alla donna, metterle altra agitazione non sarebbe servito a nulla.
-Una domanda di routine, per assicurarci della vostra attenzione.- improvvisò Hercule con un sorriso rassicurante che però non raggiunse gli occhi dell'uomo. -Arrivederci signorina, riposatevi mi raccomando.-
Veloce fu Hercule nell'uscire, il cappello sempre in mano mentre si avvicinava a Madame Girie che l'aveva aspettato in fondo al corridoio.
-È andata bene?- chiede quest'ultima, un sopracciglio inarcato vedendo l'espressione corrucciata di Hercule. Quell'espressione, unita ai baffi che fremevano, non prometteva mai nulla di bene.
-È entrato qualcun'altro nella sua stanza prima di me?- chiese, torturando i bordi del cappello, il tarocco sotto alle sue dita che sembrava quasi bruciare al tocco con la pelle.
La donna inarcò entrambe le sopracciglia prima di rispondere, mentre porge a all'uomo la fiaschetta che poco prima gli aveva sottratto.
-Non lo so, Hercule. Io, poi penso degli infermieri...da quanto ne so nessun visitatore.-
L'uomo la superò velocemente, recuperando la piccola boccetta argentata per poi avviarsi giù per le scale, seguito dalla donna.
-Farò venire due uomini della gendarmeria a tener d'occhio la sua camera, non far entrare nessuno tranne me e César, l'hai già visto un paio di volte, sai chi è.- esclamò, andando così veloce che Madame Girie faticava a seguirlo. -Scegliti un paio di infermieri fidati e supervisione ogni entrata nella sua camera. Florence, é estremamente importante che non entri nessuno, si tratta letteralmente di una questione di vita o di morte.-
L'informiera, stupita dal fatto che l'uomo l'avesse addirittura interpellata per nome e parlato di morte, annuì quasi interdetta da quel tono autoritario e dall'urgenza nella sua voce.
Hercule, dal canto suo, aveva già la mente altrove, persa al tarocco che stringeva tra due dita. L'aveva osservato solo per un breve istante e di certo non ne conosceva il significato, ma lo sguardo dell'uomo ritratto, il corpo contratto in uno spasmo e l'espressione quasi più demoniaca che umana non l'avrebbero abbandonato tanto facilmente.
Pomeriggio del 4 aprile 1885
Quanto è delicato il silenzio, quanto inestimabile e facile da frantumare, eppure quanto é forte, pesante, doloroso sulle spalle di coloro che lo devono affrontare da soli, lasciati nel tribunale dei propri pensieri, con solo il silenzio a fare da giudice alle accuse urlate dalla coscienza umana. Accuse terribili, indicibili, che potrebbero distruggere un uomo con solo un po' d'insistenza.
Così si sentiva Adrienne, sul baratro, molto vicina a cadere nell'abisso, con i suoi pensieri e le sue paure che urlavano nel silenzio della stanza mentre ella, distesa sul letto, contemplava la propria vita e lo straccio che restava del proprio spirito. La perfezione che ella aveva sudato per raggiungere però non la abbandonava neanche in quel momento e, nonostante gli occhi arrossati, sarebbe potuta essere comparata ad una splendida statua incisa nel marmo: immobile, bella e dall'aspetto calmo, nonostante al suo interno si scatenasse una tempesta.
Una scena particolare le tormentava la mente, delle parole incoraggianti, ma che in realtà avevano solo aperto una ferita ancora peggiore nel suo spirito. Una scena accaduta due giorni prima.
-Una cosa simile non deve più accadere.- fu il sussurro secco della figura che si aggirava nella sua stanza con passo zoppicante, la preoccupazione si poteva leggere chiara sul suo volto. -Dio ti protegga Adrienne, una scenata simile non andava messa in atto di fronte a due tutori della legge.-
-Dio non posa il suo sguardo su di me da molto tempo ormai.- fu il sussurro rassegnato della ragazza, seduta su una poltrona, la caviglia gonfia e pulsante posata sul tavolino da thé di fronte a lei.
Cornélie alzò gli occhi al cielo, lo sguardo di fuoco e le nocche strette così forte intorno al bastone da passeggio da risultare bianche.
-Ti prego, non dire scemenze.- borbottò la donna, avvicinandosi all'allieva con uno sbuffo. -Non devi più perdere il controllo, comprometteresti ulteriormente la tua posizione. Sai che Ambroise mi ha convocato per discutere del tuo comportamento?-
La giovane ballerina alzò lo sguardo di scatto, il direttore aveva discusso con Cornélie di lei? In altre condizioni probabilmente ne sarebbe stata onorata, ma in quel momento provò solo una fitta di preoccupazione.
-Che cosa ha detto?- mormorò piano, osservando la maestra di sottecchi.
Ella sembrava amareggiata, pensosa e senza ombra di dubbio poco contenta di tutta la situazione in generale.
-Si è sentito molto imbarazzato dal tuo comportamento, hai rappresentato molto male il corpo di ballo dell'Opera.-
Adrienne spalancò gli occhi a quell'affermazione, stringendo i braccioli della poltrona su cui sedeva, segnando la nera pelle del mobile con le unghie.
-Thèa stava insultando Elodie, é stata tremendamente offensiva.- esclamò, il tono un po' squillante seppure la sua espressione fosse il più controllata possibile. -Stava insultando un morto.-
Alle ultime due parole un groppo le salì in gola mentre la realtà la colpiva ancora una volta, era la prima volta che ammetteva ad alta voce che Elodie era morta a quelle parole, pronunciate dalle proprie labbra, le causarono una fitta al petto.
-Lo so e avrei preso provvedimenti io stessa nel momento adatto, non c'era bisogno di colpirla.- rispose Cornélie, lanciandole uno sguardo compassionevole. Nonostante fosse anche arrabbiata provava una grande pena per Adrienne, quasi riuscisse a vedere oltre al velo di forza che la giovane ostentava, percepiva il suo dolore e se ne dispiaceva immensamente.
-Cosa ha detto invece di Thèa?- mormorò la ragazza, ormai le unghie piantate nel duro tessuto. Non le sembrava vero, forse aveva reagito un po' troppo d'istinto, ma stava difendendo un'amica e per quanto ne sapeva non si doveva essere puniti per aver difeso una persona amata.
-Che la sua è stata legittima difesa.- mormorò Cornélie con una piccola smorfia. Anche la reazione di Thèa non era stata delle migliori, spingendo Adrienne le aveva stortato la caviglia impedendole di ballare per un paio di settimane, ma Ambroise non sembrava tanto scandalizzato da ciò quanto dalla reazione della prima ballerina. -Ha detto che parlerà con lei in privato, ma non mi sembrava tanto alterato come con te.-
-E allora perché non parlare anche con me?- esclamò Adrienne, quasi scandalizzata da quelle parole. -Gli posso esporre le mie motivazioni e parlargliene direttamente.-
Cornélie scosse un poco il capo mentre si sedeva nella poltrona accanto a quella della ragazza, lo sguardo severo ma comunque con una sfumatura dispiaciuta nelle chiare iridi.
-Lascia stare, non ne vale la pena.- mormorò in tono più dolce, posando la propria mano su quella di Adrienne che tremava per il nervoso e per l'ira. -Ascoltami, non devi permettere a nessuno di farti questo effetto, mai più. È rischioso per la tua posizione e soprattutto per la tua persona.-
La ragazza dal canto suo si limitò a tenere il capo chino, un'aria affranta sul volto e gli occhi colmi di dolore.
-Adrienne, lo so che non è giusto.- aggiunse la donna con un sospiro, i capelli rossi a ricaderle sul petto mentre si sorgeva leggermente in avanti. -Ma non lasciare che creino un'altra crepa nella tua perfezione.-
Fu forse quella la frase più distruttiva di tutte, una crepa si era formata sulla sua pelle e lo splendore della sua immagine aveva risentito di una spaccatura che aveva diminuito la sua luminosità, fendendo e scalfendo la sua superficie fino a lasciar intravedere la tenebra della sua anima.
Il silenzio e i ricordi di Adrienne vennero scacciati dalla porta che si aprì con un piccolo tonfo mentre una figura con un enorme vassoio tra le braccia varcava la soglia.
-Ho praticamente dovuto corrompere una cuoca ma, se posso essere modesto, il mio fascino non fallisce mai.- esclamò il nuovo arrivato, un sorriso raggiante sul volto mentre chiudeva la porta con un piccolo calcetto.
La sua gioia, la vitalità che sprizzava l'alta figura sembrava quasi fuori posto nella stanza in cui filtrava poca luce, le pesanti tende avvicinate e appena schiuse a creare una cupa atmosfera.
Adrienne alzò con assoluta calma lo sguardo, nessuna espressione sul volto mentre Daniel posava un vassoio accanto a lei che, seduta a letto, contemplava la propria caviglia gonfia.
-Allora, ho trovato un pain au chocolat, due Charlotte, delle Tarte Tropezienne, per miracolo ho recuperato due Gaufres al miele, i Canneles e, uhm, penso di aver dimenticato gli Amaretti di Amiens sul bancone.-
A quelle parole Adrienne non poté evitare di farsi sfuggire una piccola risata, nonostante non avesse per niente fame l'amico non aveva voluto sentire ragioni e, sull'onda del suo nuovo motto "pancia piena scaccia dolori", era partito alla volta delle cucine dell'Opera per recuperare qualche golosità.
-Sembra tu abbia rapinato una pasticceria.- mormorò la ragazza, un sorriso dalla cadenza in realtà triste sul volto. Molti di quei dolcetti erano i preferiti di Elodie, probabilmente avrebbe ucciso per delle Charlotte.
Forse pensare all'amica e al verbo uccidere nella stessa frase non era stata una brillante idea, con un sospiro mesto si riadagiò sui cuscini lanciando un'occhiata poco entusiasta a tutte quelle prelibatezze.
-Non ho fame.- mormorò posando le braccia in grembo, pronta a ricacciare indietro i pasticcini che Daniel sarebbe stato pronto a cacciarle a forza in bocca se non avesse mangiato nulla.
-Insomma, Drine, é da una giornata intera che non mangi niente.- protestò il ragazzo sedendosi con poca delicatezza su una sedia al capezzale dell'amica. -Vuoi buttare all'aria i miei sforzi? Non sai quanto veloce ho dovuto schivare i colpi di Monsieur Voulè per conquistare queste prelibatezze.-
Finita la frase il giovane addentò con gusto un Gaufres spingendo il vassoio verso la ragazza, guardandola con occhi severi che contenevano una muta minaccia: o mangi tu o ti faccio mangiare io.
Fu solo un leggero bussare alla porta che richiamò l'attenzione dei due giovani, impedendo alla piccola gara di sguardi di continuare.
Adrienne si irrigidì a sentire quel lieve rumore, quasi che il pensiero di chi ci fosse dall'altra parte della porta la spaventasse. Era l'ispettore Dubois con il vice ispettore Ophelys? Era il direttore che veniva a sbatterla per strada? O era un assassino pronto a mettere fine alla sua giovane vita?
Daniel le lanciò un'occhiata interrogativa, come a chiederle se doveva arrischiarsi nell'aprire, e nonostante ella avrebbe voluto rispondergli di lasciar perdere, si limitò ad annuire quasi in automatico, odiava dover vivere nella paura di qualcosa che probabilmente non sarebbe mai accaduto.
È facile immaginare quanto grande fu la sorpresa del ballerino quando, di fronte ai suoi occhi, si materializzò quasi per magia una delle figure più importanti della nobiltà francese.
Ebbene sì, Mademoiselle Françoise de Nay fece il suo ingresso nella stanza con un'aria leggermente preoccupata dipinta sull'incantevole volto, andando quasi a sbattere contro Daniel che si stava dirigendo ad aprirle.
Il ragazzo, dal canto suo, si limitò ad un'espressione di muta sorpresa mentre iniziava a tossire quasi spasmodicamente per colpa del dolcetto che gli era andato di traverso alla vista improvvisa della nobildonna. Veloce fu Françoise nello scostarlo con un rapido gesto, non facendo troppo caso al povero ballerino che si stava quasi soffocando con l'impasto dolce al cioccolato, per poi dirigersi verso Adrienne a passo veloce, sedendosi accanto al letto con aria preoccupata.
-Françoise, é così bello vederti.- fu il commento di Adrienne che, al di là delle spalle dell'amica, dava un'occhiata a Daniel che sembrava ad un passo dalla tomba dopo tutto quel tossire.
Françoise prese una mano della ballerina tra le sue, chinandosi leggermente su di ella, gli occhi chiari sempre con una scintilla di preoccupazione in essi.
-Mi duole aver fatto un ingresso tanto affrettato.- mormorò la nobildonna stringendo le mani dell'amica. -Ma ho saputo degli eventi dei giorni recenti solo stamani, quando non mi hai risposto mi sono preoccupata. Stai bene? -
Adrienne probabilmente non aveva realizzato quanto l'amica le fosse mancata fino a quella sua visita improvvisa, se fosse stata dell'umore giusto probabilmente l'avrebbe anche abbracciata, ma tristemente quello non era un momento molto chiaro e lieto per la ballerina in fatto di amicizie.
-Tranquilla.- si limitò a mormorare per poi fare cenno a Daniel di avvicinarsi, il ragazzo era infatti rimasto a bocca aperta ad osservare Françoise. Quasi ad Adrienne scappò un sorrisetto, più volte il giovane aveva scherzato sul fatto che non credeva all'amicizia stretta tra la prima ballerina e una nobile di tale importanza, si può dire che la ragazza avesse appena vinto una scommessa.
Egli si avvicinò per sedersi sulla sedia su cui era collocato poco prima, mentre la nuova arrivata lo guardava con aria vagamente disinteressata, come se lo avesse notato solo in quel momento.
-Françoise, ti presento Daniel, mio caro amico e collega qui all'Opera, Daniel ti presento Françoise, tu sai qual é la sua occupazione.- disse la ragazza, osservando con aria quasi divertita i due che si squadravano.
Daniel sembrava quasi aver avuto uno shock alla provvista presentazione della nobile, mentre Françoise sembrava quasi seccata di non essere riuscita a ritagliarsi un momento da sola con Adrienne, nonostante il suo volto calmo e perfettamente freddo come la roccia non lasciasse trapelare segnali apertamente interpretabili se non all'amica che ormai da tempo aveva imparato a cogliere i più piccoli segnali. Ella distolse lo sguardo dal ragazzo per prima, lanciando un'occhiata ad Adrienne che voleva significare un "deve per forza restare?". La prima ballerina le rispose con un cenno di assenso al cui la nobile fece un sospiro pesante prima di raddrizzarsi e sistemarsi meglio nella propria posizione. Non che avesse qualcosa contro quel ragazzo, lo aveva appena incontrato, ma il solo fatto che le impedisse di scambiare due chiacchiere in privato con la propria migliore amica che non vedeva da molto tempo la infastidiva. Ma Françoise era paziente e avrebbe aspettato.
-Piacere.- si limitò a dire, prima di ridare tutta la propria attenzione ad Adrienne. In circostante differenti probabilmente si sarebbe mostrata un poco più cortese, ma come poteva dare adito a inutili presentazioni quando una delle sue amiche più care?
Daniel dal canto suo si allungò per stringere una mano alla donna, solo per accorgersi due millisecondi troppo tardi che quella non era la mossa adatta e deviando dunque la propria traiettoria al vassoio di pasticcini ancora quasi del tutto intoccato. Raramente nella sua vita si era ritrovato di fronte a persone nobili con una tale familiarità, un po' si chiedeva dentro di sé se non sarebbe stato il caso di andarsene, ma la voglia di stare vicino all'amica, unita ad un poco di curiosità, lo tennero inchiodato alla sedia, un pain au chocolat in mano.
Adrienne si limitò a tenere lo sguardo fisso in grembo, con Daniel poteva stare tranquilla, l'amico era lì nel caso ci fosse stato bisogno per darle supporto, ma non avrebbe insistito per scavarle nell'anima, azione che gli occhi glaciali di Françoise stavano già mettendo in atto da diversi secondi, squarciando la sua pelle e analizzando con l'attenzione che solo ella poteva avere il suo spirito turbato.
-Era una tua cara amica, vero?- mormorò la nobildonna in tono cauto, nonostante sapesse già la risposta. Nei loro incontri passati all'Opera Elodie Legrant le era già stata presentata, sapeva che lei e Adrienne avevano un bel rapporto e soprattutto per quello si era recata al teatro Garnier quel giorno con la preoccupazione ancora aumentata dalle voci che le erano giunte della rissa avvenuta pochi giorni prima.
Adrienne annuì, erano molto amiche. Probabilmente Elodie era una delle persone che le conosceva meglio al mondo, colei che con la sua gentilezza in qualche modo era riuscita a fare colpo nel cuore della ragazza, azione che ben poche persone erano riuscite a compiere con successo. Oh, Elodie, quanto le mancava ridere insieme a lei, truccarsi a vicenda e provare i più svariati costumi di scena per gioco, darsi consigli di danza e stare sveglie fino a tardi a chiacchierare. Un lampo doloroso fu l'immagine della bionda ragazza sorridente che girava tra le vie parigine osservando le vetrine più scintillanti insieme a lei.
Adrienne chiuse gli occhi, non avrebbe pianto, non di nuovo e di certo non di fronte a qualcun altro.
-Oh, Drine.- mormorò Daniel, sedendosi dalla parte opposta del letto rispetto a Françoise e guadagnandosi un'occhiataccia da quest'ultima. -Se non te la senti di parlarne ti possiamo lasciare sola.-
-No invece.- fu la secca risposta della donna di fronte a lui che continuava a ritenerlo un intruso in quel momento intimo. -Pensi che tenersi tutto dentro le farà bene?-
Il ragazzo le rivolse un'occhiata meno amichevole delle precedenti, ma non si sbilanciò con le parole, limitandosi a scrollare leggermente le spalle.
-Neanche obbligarla a parlare le farà bene.- mormorò distogliendo lo sguardo da Françoise, la prima impressione tra i due di certo non era delle migliori.
-Oh, ti prego.- sbuffò ella. -Non potresti andartene? Questa è una conversazione privata.-
E come un riccio che si chiude nel suo guscio anche Daniel aguzzò i propri spini. Se in una situazione normale avrebbe annuito senza volersi guadagnare problemi in quel momento rimase seduto, Adrienne era anche sua amica e nella vera amicizia uno stato sociale non valeva nulla.
-In realtà voi siete entrata senza essere invitata, non io.- fu la risposta data in tono pacato e senza un vero confronto visivo, mentre Daniel cercava di non pentirsi subito di quelle parole.
Ma prima che Françoise potesse mettere a parole ciò che l'espressione sdegnata Adrienne emise un leggero lamento, prendendosi la testa tra le mani.
-Vi prego, smettetela.- mormorò in tono supplichevole, non stava per niente bene e non era in vena di assistere a frecciatine inutili.
I due si lanciarono un ultimo sguardo che aveva un solo significato: tregua momentanea, solo per il bene della ragazza.
-Avrei dovuto capire che qualcosa non andava.- gemette la prima ballerina, lasciando scivolare le mani davanti agli occhi. -L'ho vista piangere nel suo camerino il giorno prima dell'omicidio, mi ha cacciata, non mi ha mai trattato così, avrei dovuto capire che qualcosa non andava.-
Il silenzio totale calò tra i due, un gesto che fecero in sincronia fu quello di prendere una mano di Adrienne a testa, rendendo la scena al capezzale della ragazza quasi più simile al momento di due figli raccolti intorno alla madre morente. Perché così era la ragazza in quel momento, un fiore che si stava ripiegando su sé stesso fino a sembrare morto.
-Avrei potuto fare qualcosa se fossi rimasta, se avessi insistito.-
-Non dire così.- mormorò Daniel, lo sguardo pietoso posto sulla ragazza, gli duoleva così tanto il cuore per lei che avrebbe potuto giurato di poterlo sentir sanguinare.
-Se fossi rimasta con lei nessuno l'avrebbe aggredita!- esclamò la ragazza a voce un po' più alta, sottraendo le mani agli altri due per abbracciarsi da sola, alla ricerca di un conforto che non sarebbe mai riuscita a trovare. -Ora quel mostro resterà impunito, lo so, questo è un mondo ingiusto, la giustizia non vale niente.-
Daniel si mosse nella sua posizione, un poco a disagio, cosa poteva dire? Poteva lui asserire che il mondo era giusto? No, non era tutto giusto, ma di certo poteva affermare che c'era anche qualcosa di buono per cui valeva la pena resistere e sognare. Ma come avrebbe potuto in quel momento spingersi nel dolore di Adrienne e portare la luce che ella sembrava così disperatamente rifiutare.
Françoise dal canto suo non sembrava più dispiaciuta, solo una fredda determinazione si leggeva sul suo volto.
-Se non lo farà chi di dovere lo farò io.- disse, in tono fermo e deciso. -Ti assicuro, te lo giuro sulla mia vita Drine, la sua morte non resterà impunita.-
Adrianne scosse la testa con una risatina quasi isterica.
-E come pensi di fare? Non puoi di certo girare per l'Opera come un acchiappa fantasmi.- borbottò in tono ironico, asciugando lacrime silenziose che, sfuggendo alla sua volontà, le erano scese lungo il pallido volto. Chi avrebbe potuto immaginare che altre lacrime silenziose erano sincronizzate a quelle del suo dolore, quasi in un'armonia di sofferenza che, labirintica e inarrestabile, saliva in spirali di fumo dal mondo.
-Non puoi credermi così sprovvista di conoscenze.- mormorò la nobile, la voce ora bassa e quasi conspiratoria, uno sguardo che valeva più di mille parole rivolto a Daniel: se dirai qualcosa a qualcuno di questa storia sarai il prossimo con le budella sparse a decorare il pavimento.
Il ragazzo si raddrizzò quasi a indietreggiare un poco dalla donna, quell'avvertimento gli era arrivato forte e chiaro, ma una cosa gli sfuggiva.
-E perché dovrebbe essere qualcuno mandato da te essere più efficente di un ispettore e del suo vice?- domandò, dando voce alla questione che pulsava anche nella mente di Adrienne.
La nobildonna fece un piccolo sorrisino prima di alzare di un poco il mento e rispondere.
-Perché non dovrebbe seguire nessuna legge se non la mia.-
Piccolo appunto: nonostante non veda l'ora di scrivere il prossimo capitolo potrei metterci un po' di più, ma tranquilli non avrò perso l'ispirazione, ho solo un oc a cui tengo più di me stessa da fare.
Adios ❤️
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