Fugga la luce
❝ Nelle situazioni in cui ti fermi
a guardare la paura in faccia
acquisti forza, coraggio e fiducia.
Devi fare le cose che credi
di non poter fare. ❞
𝓔𝓵𝓮𝓪𝓷𝓸𝓻 𝓡𝓸𝓸𝓼𝓿𝓮𝓵𝓽
personaggi presenti: Ambroise, Françoise, Herman, Anaëlle
personaggi nominati: Hercule, César, Dana, Chantal
Mattina del 5 marzo 1885
Quanto può essere pesante lo scorrere del tempo e quanto insopportabili i suoi lunghi secondi che, inesorabili nel loro avanzare, pendono nei loro brevi istanti su ognuno di noi.
Tali o vagamente vicini a ciò erano i pensieri di Françoise che, detto in parole povere, si stava annoiando a morte. Da circa mezz'ora se non più si trovava seduta su quella comoda poltrona nei suoi appartamenti privati all'Opera ad attendere, un ventaglio in mano e due dame di compagnia accanto a lei, intente a subire la stessa lenta tortura della loro signora. Se avesse saputo che il direttore avrebbe tardato probabilmente si sarebbe portata un libro da leggere o perlomeno si sarebbe recata più tardi sul luogo dell'incontro, ma del resto, nelle volte in cui l'aveva incontrato, Monsieur Fournier era sempre stato un uomo alquanto preciso, chissà cosa mai poteva averlo trattenuto per quel lasso di tempo in cui avrebbe già dovuto trovarsi dalla donna.
Françoise, leggermente seccata, iniziò a picchiettare leggermente con le lunghe dita affusolate sul proprio ventaglio color carta da zucchero, cercando di non pensare al fatto che stava perdendo del tempo estremamente prezioso e che se l'uomo non sarebbe arrivato a breve probabilmente sarebbe pure stata in ritardo sulla routine programmata per quella giornata.
-Dio, é inaccettabile. - fu il secco borbottio che spezzò il silenzio della stanza, mescolandosi ai sonori ticchettii dell'orologio da parete, proveniente da una delle dame di compagnia della nobile, la più giovane e senza dubbio la più irriverente.
La gelida occhiataccia di rimprovero che Françoise le lanciò la bastò a farla tacere, mentre la donna emetteva un leggero sospiro rassegnato. Tralasciando il fatto che di compagnia esse non avevano proprio un accidente osavano pure lamentarsi mentre lei non faceva neanche cenno al suo fastidio interiore, un comportamento che le dava ulteriormente sui nervi. Doveva ammetterlo, forse quella mattina si era svegliata leggermente di mal umore, ma quello era del tutto normale sotto certi punti di vista, la notte prima era stata sveglia fino ad un orario che per una dama sarebbe stato ritenuto indecente a contrattare di affari non adatti ad essere svolti sotto alla luce del sole. Affari loschi che probabilmente il padre non avrebbe approvato, del resto chi mai accetterebbe che la figlia contratti con un uomo della malavita francese per un proprio scopo neppure ufficiale? Ebbene, in altre circostanze probabilmente ella non sarebbe mai ricorsa a coloro che in ambienti tanto vili le dovevano un favore, ma aveva fatto una promessa ad un'amica e l'avrebbe mantenuta. Mentre un leggero sospiro lasciò le labbra dipinte di un rosso accesso la donna pensava all'uomo che le aveva assicurato di aver in mente ottimi metodi per poter scoprire ciò di cui ella necessitava, superando addirittura le autorità e, se necessario, la legge stessa. Era la cosa giusta da fare? No, probabilmente avrebbe semplicemente dovuto attendere che le forze dell'ordine seguissero i loro metodi e svelassero l'assassino dell'Opera, ma come avrebbe fatto poi a guardare di nuovo Adrienne negli occhi in seguito ad essersi affacciata sulla sua sofferenza senza far nulla per provare a lenirla?
Un insistente quanto improvviso bussare interruppe i suoi pensieri, facendo visibilmente sussultare le due dame di compagnia e portando Françoise ad alzare leggermente gli occhi al cielo, non poteva non pensare che quelle due si sarebbero spaventate anche di fronte alla loro ombra.
-Avanti.- fu invece il semplice commento della nobildonna, se da quella porta fosse entrato un assassino perlomeno avrebbe messo fine a quella straziante attesa.
Invece, miracoli dei miracoli, dalla porta entrò Ambroise con un'aria estremamente seccata sul volto e, a suo seguito, un secondo uomo che portava la divisa delle guardie dell'Opera, vispi occhi azzurri ed un'aria tanto professionale da farlo sembrare un soldatino di quelli con cui i bambini usavano giocare nell'infanzia. Françoise gli rivolse un'occhiata disinteressata non avendo idea di chi fosse, limitandosi poi a fare un cortese sorriso al direttore dell'Opera.
-Buongiorno Monsieur Fournier, mi stavo preoccupando per la vostra incolumità.- disse la donna in un delicato tono affabile prima di porgere la mano ricoperta da un morbido guanto di seta all'uomo.
Egli ricambiò il saluto di ella con un sorriso decisamente tirato che non raggiunse gli occhi, prima di prendere la mano nella sua e posarvici un galante bacio appena accennato.
-Vi porgo le mie scuse duchessa, ho avuto un piccolo contrattempo mentre mi apprestavo a raggiungervi.- rispose egli, allontanandosi poi di un passo e incrociando le mani dietro alla schiena, non accennando a presentare l'uomo alle sue spalle. Non doveva essere nessuno di importante.
-Come si sta svolgendo la vostra permanenza a Parigi?-
La nobildonna portò elegantemente le mani in grembo, scrutando con il glaciale sguardo gli smeraldi che l'uomo di fronte a sé aveva come occhi. Non era lì per fare semplice conversazione e si sarebbe capito da un miglio di distanza, ma nonostante ciò Françoise non sarebbe riuscita a leggere nello sguardo apatico cosa volesse esattamente.
-Molto bene, vi ringrazio.- rispose con un piccolo cenno del capo. -I fatti avvenuti in questi giorni non hanno granché influenzato i miei piani.-
Ambroise annuì leggermente mentre si sedeva nella poltrona di fronte a quella della donna, l'uomo alle sue spalle fermo accanto alla porta, sembrava quasi in un mondo a sè stante, durante quei minuti non aveva lanciato uno sguardo a nessuno dei presenti, semplicemente era stato al suo posto come un buon soldato.
-Volevo principalmente parlarvi del piccolo concerto privato che avevamo intenzione di offrirvi, dovrei ancora parlare con l'apprendista della nostra cantante lirica, ma in seguito all'imprevisto di Mademoiselle Gaudier non vi assicuro se la sentirà di cantare.- disse l'uomo, osservando Françoise per capire se ella intendeva di cosa stava parlando.
La donna si limitò ad annuire, aveva sentito dell'incidente e poteva capire se la più giovane delle due cantanti non se la sentisse di esibirsi, di certo la sua permanenza non sarebbe stata rovinata da quel piccolo dettaglio.
-Ma vi informo che ho intenzione di riaprire l'Opera al pubblico, avrete l'opportunità di assistere direttamente agli spettacoli dal vostro palchetto privato.- aggiunse l'uomo con un vago gesto della mano, mentre recuperata dalla tasca dell'elegante giacca nera una chiave con sopra inciso il numero cinque.
Françoise non si sporse per prendere la chiave, limitandosi ad inarcare leggermente un'elegante sopracciglio, davvero vi era già nella mente dell'uomo l'idea di riprendere la stagione degli spettacoli?
-Non pensiate possa essere pericoloso?- domandò la nobildonna, lo sguardo indagatorio e quasi incuriosito da quella bizzarra decisione.
-Ovviamente.- non negò Ambroise, non nascondendo un leggero ghigno che si faceva strada sul suo volto. -Ma vi sono stipendi e bollette da pagare, almeno che l'assassino non voglia fare una donazione dovremo ignorare la sua presenza con qualche precauzione.-
La risposta stupì non poco la donna, l'uomo di fronte a lei non sembrava per niente spaventato dalla possibilità che qualcuno venisse ucciso, fin troppo tranquillo era il suo modo di parlare e la sua espressione sorniona. Forse un po' avrebbe ammirato il suo spirito quasi intraprendente e il rischio che era disposto a correre, se solo non avesse pensato che quella era una decisione davvero sconsiderata.
-Ma questo ovviamente non vale per voi.- aggiunse egli alzandosi e facendo un cenno di avvicinarsi all'uomo nei pressi della porta. -Per assicurare la vostra incolumità ho deciso di lasciarvi alle cure di Herman Léo Lefevre, una delle guardie più affidabili e competenti della nostra umile Opera.-
Il direttore non l'avrebbe mai pensato, ma convincere Herman a fare da scorta alla nobildonna non era stato poi complicato, anche se, ad essere onesto, capiva che la guardia provava ben poco entusiasmo nel dover adempiere al suo compito, probabilmente lo faceva semplicemente per puro senso del dovere.
Lo sguardo di Françoise scivolò sull'uomo alle spalle di Ambroise, anche lui la stava guardando e la salutò con un leggero cenno del capo. Non gli aveva dato molta attenzione prima di quel momento e dovette ammettere che non si sarebbe mai aspettata una persona tanto giovane a svolgere un ruolo come guardia di una prestigiosa Opera.
-Non ho intenzione di farmi accompagnare da uno sconosciuto.- mormorò la donna in tono serio, quello non era un capriccio, ma solo una ferma constatazione basata su un veloce quanto serio ragionamento. -Per quanto ne sapete potrebbe essere lui l'assassino, é un perfetto sconosciuto.-
L'espressione di Ambroise passò in pochi secondi dal divertito al seccato prima di lasciarsi andare in un'espressione seria quanto autoritaria. Non aveva idea di cosa pensasse esattamente la duchessa, ma certamente Herman non era l'assassino, ella non avrebbe dovuto metter becco in questioni di cui poco sapeva, qualcuno si sarebbe potuto arrabbiare e ben pochi sanno come certi percepiscono sfide inesistenti.
-Fidatevi Mademoiselle de Nay, conoscono molto bene i miei dipendenti.- affermò l'uomo che ignorò lo sguardo contrariato che Herman gli rivolse a sua volta. Per quanto riguardava la guardia neppure lui era esattamente entusiasta di dover proteggere una donna che avrebbe potuto essere un succulento bersaglio per un probabile assassino, rischiare ulteriormente la sua vita non lo emozionava particolarmente.
-Ovvio che per ora non vi conoscete, ma non preoccupatevi per questo, il tempo giova all'amicizia.- fu il commento quasi allegro del direttore che si beccò solo un'occhiataccia da entrambi le parte tirate in causa, poi assunse un tono in poco più dolce per la frase seguente. -È per il vostro bene, non siete obbligata a farvi scortare ovunque, ma almeno qui all'Opera preferirei vedervi scortata da Monsieur Lefevre.-
Chissà perché quelle parole tanto dolci e mielose le sembrarono vagamente una minaccia. In altre circostanze probabilmente avrebbe risposto ad Ambroise che poteva farsi scortare lui stesso da quell'uomo e che ella si sarebbe arrangiata da sola. Ma aveva bisogno di restare nelle grazie del direttore e, soprattutto, di avere libero accesso all'Opera anche se avere una persona tra i piedi sarebbe stato ben poco piacevole.
-Molto bene.- rispose dunque imitando il tono fintamente smielato di Ambroise e chinando leggermente il volto di lato. -Vi ringrazio per questa premura.-
Il direttore le fece un cenno del capo, sembrava soddisfatto, poi si alzò e si diresse a passo svelto verso la porta, non premurandosi più di tanto di nascondere il fatto che non vedesse l'ora di andarsene. Cosa alquanto comprensibile in quanto la lista di cose che egli aveva da fare non era minimamente completata.
-Arrivederci duchessa.-
-Arrivederci Monsieur Fournier.- furono le parole di Françoise che, con poco entusiasmo si alzò solo dopo che la porta si fu chiusa dietro alle spalle dell'uomo.
Proprio in quel momento le due dame che erano rimaste in totale silenzio per tutto quel lasso di tempo iniziarono a mormorare tra di loro, probabilmente spettegolando sull'accaduto.
La donna, ignorandole, di avvicinò ad Herman, lo sguardo deciso mentre fronteggiava l'uomo dal basso verso l'alto, la differenza d'altezza non era mai stato un problema per lei, di fronte a nessun uomo.
-Molto bene, Herman.- disse in tono severo, nonostante una nota sempre fintamente dolce spiccasse tra le sue parole. Quella situazione la seccava immensamente e quell'uomo si sarebbe rivelato una palla al piede, ma avrebbe dovuto adattarsi e la stessa cosa avrebbe fatto lui.
-Vediamo di non fare scherzi.- sibilò picchiando leggermente sul solido petto dell'uomo con il proprio ventaglio.
Dal canto suo la guardia rimase in silenzio, probabilmente quella donna era già nella sua lista nera per quel comportamento superiore che sprigionava il suo intero essere e che si infrangeva sulla superficie immobile degli occhi blu.
Dunque non rispose, permettendo quasi al proprio sguardo di riflettere la sfida nelle iridi della donna di fronte a lui, così fragile rispetto a lui, eppure così potente.
Sera del 5 marzo 1885
Rapidi passi si susseguivano nei corridoi dell'Opera dove, il sole morente, iniziava a calare oltre l'orizzonte, in pieno contrasto con l'effetto reso quella mattina dall'alba che aveva illuminato di chiari raggi splendenti tutta l'imponente struttura.
Era strano assistere ad un alba e sempre nello stesso giorno ad un tramonto, erano quasi due traguardi che, se osservati, potevano far affermare ad un uomo di aver colto tutta la magia che una giornata potesse offrire, vivendo con i propri occhi la nascita e la morte del sole.
Romantici pensieri che, forse, erano dettati più dalla stanchezza che da una vera e propria ammirazione verso la bellezza dei giochi di luci che si infrangevano sul pavimento di fronte ad Anaëlle, colorando quasi il suolo dove ella posava i propri passi. Sarebbe stata una scena che forse si sarebbe fermata ad osservare nel mentre che si riposava un poco, ma la sua giornata lavorativa le inrimava un ultimo compito prima di permetterle l'assoluto riposo serale accompagnato da una magra cena nel suo appartamento: doveva ancora recuperare il registro appartenente ad Elodie Legrant.
Proprio per questo scopo la giovane segretaria si stava recando a passo svelto verso la parte privata biblioteca, la vecchia chiave di ferro stretta in un pugno mentre, a mento alto, avanzava tra gli scaffali che ormai conosceva a memoria, studiando l'enorme portone bianco che divideva le due ale della biblioteca. Nella parte dei registri degli impiegati era entrata ben poche volte da quando si trovava all'Opera, due, massimo tre, e in tutte era sempre stata accompagnata da Ambroise che l'aveva istruita su come comportarsi e orientarsi tra quelle mura piene di scaffali e documenti. Doveva dire che si sentiva abbastanza emozionata, non perché smaniasse particolarmente di recarsi in quel posto buio e polveroso, ma perché avere in mano lei stessa la chiave e potersi recare da sola dove si trovavano alcuni dei documenti più importanti del suo posto di lavoro, questo di conseguenza significava che Ambroise si fidava di lei (cosa che, ovviamente, aveva già notato) e che quello era un ottimo punto per la sua carriera, chissà, se avesse continuato a fare gli occhioni da cucciolo al direttore e a stare ai suoi giochetti fatti di battutine e intensi sguardi le sarebbe anche arrivato un bell'aumento sulla busta paga. Quasi che questo pensiero la spronasse aumentò ancora il passo, fermandosi di fronte alla grande porta e infilando la chiave nella toppa, mentre compiva codesta operazione un flashback dei giorni precedenti le tornò alla mente: una porta chiusa all'improvviso alle spalle di un uomo immerso nel buio. Scosse un poco la testa scacciando quell'immagine pessimistica, la serratura di quel portone, a differenza di quella della camera di Elodie Legrant, era perfettamente funzionante.
Un forte odore di chiuso e una fitta penombra la accolsero nell'enorme stanza che si perdeva nell'oscurità oltre al suo sguardo. Non era stupida, sapeva che di lì a poco il sole sarebbe calato del tutto e la luce già debole che filtrava dalle finestre non le avrebbe certamente permesso di vedere. Rinfilandosi la chiave in tasca si voltò verso destra dove, proprio come le aveva indicato il direttore, trovò quattro piccoli candelabri a tre braccia insieme ad una scatolina di accendini che avrebbe potuto usare per farsi luce in quel posto.
La ragazza ci mise pochi secondi ad accendere le tre candele del primo candelabro argentato che le capito sottomano, spegnendo poi l'accendino che aveva utilizzato con un sol soffio.
L'odore di chiuso in quel posto era quasi opprimente, doveva ammetterlo, non era la prima volta che si chiedeva da quanto qualcuno non apriva le vetrate impolverate e si metteva a spolverare quegli scaffali che avrebbero potuto fare da nido per le peggiori malattie esistenti.
Prendendo il candelabro nella mano destra iniziò ad avanzare verso gli scaffali a sinistra, quelli che tenevano registrati i curriculum e le informazioni sui vari dipendenti, poi, arrivata a quel punto cercò il gruppo di scaffali segnati con la lettera "D" che stava per "danseurs" e, in seguito, alla "L" di Legrant. Si sentiva abbastanza soddisfatta della sua abilità nel muoversi in quel posto, certamente non indifferente visto le poche volte in cui vi si era recata, contando inoltre che ormai si stava aiutando solamente con la tenue luce del suo candelabro, il sole ormai calato oltre l'orizzonte l'aveva abbandonata.
Andava detto che Anaëlle non era mai stata una persona fifona o codarda, anzi, nella sua vita aveva sempre affrontato le situazioni anche più disperate di petto, non lasciandosi mai scoraggiare dalle circostanze. Andava anche detto che, però, nel buio di quella biblioteca, isolata da qualsiasi altra persona e con un assassino in circolazione, il suo cuore non poté che accelerare quando con la coda dell'occhio scorse una luce muoversi nelle tenebre alla sua destra, dal percorso tramite il quale era arrivata. Il suo primo istinto questa volta le suggerì di andare a controllare, ma ancora reduce dello spiacevole incidente di quella mattina avrebbe preferito non fare altre figuracce, oppure addirittura farsi beccare da qualcuno mentre girava tra gli scaffali della biblioteca alla ricerca di una presenza inesistente.
Scuotendo leggermente la testa avanzò, probabilmente era stato semplicemente il riflesso del suo candelabro su qualche superficie lucente.
Con lo spirito rianimato da questa spiegazione razionale iniziò a leggere i nomi alla sua sinistra, scoprendo che nonostante lo spiacevole evento di quella mattina la fortuna era dalla sua parte: Lafer, Laitant, Lalement, Lameaux e diversi nomi di dipendenti presenti e passati; chissà quanti di loro ancora lavoravano all'Opera, chissà quali erano le storie dietro a tutti quei nomi e chissà se la paura in quei momenti stringeva anche i loro animi.
Certamente Anaëlle era anche una persona curiosa, le sarebbe piaciuto magari sapere di più su qualche dipendente che aveva attirato la sua attenzione, aveva già in mente qualche nome, ma non sarebbe stato corretto e, soprattutto, una ricerca così inutile sarebbe stata una totale perdita di tempo.
Si concentrò di nuovo sui cognomi che scorrevano alla sua sinistra: Lefevre, Lefiant, Legitè, Legrant.
-Bingo.- sussurrò la donna con un sorrisetto di vittoria sul volto, abbassandosi posò un attimo a terra il candelabro e, con due dita, divise lo spazio tra il confine Legitè e Legreaut per trovare il fascicolo su Elodie Legrant. Un colpo proveniente dalla libreria alle sue spalle la fece sussultare e voltare di scatto mentre, con il cuore a mille, avrebbe potuto giurare di vedere la punta un'ombra oltre i margini dei fascicoli allontanarsi verso la fine della corsia. Era come se qualcuno avesse dato uno spinone all'imponente struttura di legno che, per fortuna, non si era ribaltata in quanto tenuta immobile dal peso delle centinaia di oggetti sopra posti.
Sgranando gli occhi rimase immobile, restia a voltarsi e a dare le spalle a quella parte della libreria.
Era stato ancora un gioco di ombre causato dalla luce che proveniva dal candelabro accanto ai suoi piedi? O c'era davvero qualcuno nascosto nell'ombra? Magari quello poteva essere stato solo un rumore causato dal vento o dalla vecchia costruzione dell'Opera, ella non credeva in strani mostri sovrannaturali che si nascondevano nelle ombre e nessun essere vivente avrebbe potuto entrare lì senza l'unica chiave che ella teneva.
-Non essere stupida.- mormorò la ragazza, voltandosi di scatto e cercando di nuovo il nome Legrant con lo sguardo. -Prima trovi questo dannato fascicolo prima esci di qui.-
E mentre tornava a spostare quei piccoli libricini rilegati di cuoio scuro fu certa di sentire il candelabro che aveva poggiato a terra strusciare contro il pavimento e di vedere la fiamma avvicinarsi pericolosamente alla sua gonna, prima di fermarsi quando il suo sguardo saettò verso il basso.
-Che diamine, non è divertente!- esclamò con la voce leggermente tremante, spingendo un poco con il piede il candelabro lontano dal bordo della libreria, se qualcuno l'aveva davvero spostato allora avrebbe potuto benissimo anche farlo cadere e rischiare di incendiare quelle librerie di legno.
L'istinto di sopravvivenza le ordinava, anzi le urlava, di andarsene e di mandare a quel paese Ambroise e il fascicolo di quella morta, ma Anaëlle non era mai stata una persona che ragionava di pancia e, nonostante potesse sentire una goccia di freddo sudore scendere lungo la schiena, rimase lì, estraendo con estrema delicatezza il libricino che recava il nome "Legrant Elodie". Lo aveva trovato! Quello era un grande traguardo, cosa avrebbe potuto dire ad Ambroise se fosse tornata senza quel piccolo libricino di cuoio, che il candelabro aveva iniziato a muoversi intimandole di andarsene? Probabilmente il direttore non le avrebbe detto niente, non lo faceva mai, ma ne andava del suo orgoglio personale. Solo perché un uomo la trattava gentilmente lei non ne avrebbe mai approfittato del tutto perdendo pure le proprie capacità o prendendo dei compiti sottogamba, non era da lei.
Quando alzò lo sguardo animata dalla maggior ondata di coraggio mai avuta nella sua vita non poté però trattenere un urlo: un con il uomo con il volto celato da uno scuro cappello a cilindro si trovava di fronte a lei, lo poteva intravedere nello lo spazio lasciato dal libricino che teneva tra le mani. Fu un attimo e la figura sparì, questa volta Anaëlle non si fermò a farsi troppe domande o supposizioni, recuperò il candelabro e, con il libretto sottobraccio, partì di corsa verso la porta quasi sicura di riuscire a sentire un freddo fiato di morte sul collo. Il sangue freddo le impedì di fermarsi o peggio, facendole posare in fretta il candelabro e spegnendo le candele con un veloce soffio. Fu solo un secondo quello che passò tra lo spegnimento della sua unica fonte di luce e la sua uscita da quel posto stregato, ma in quel breve attimo avrebbe potuto giurare di sentire freddi artigli sfiorarle la schiena e la Morte essere ben vicina al suo animo. Poi uscì, il cuore che batteva a mille e il fiatone mentre chiudeva la porta a chiave e si fermava un attimo alla luce dei candelabri che illuminavano l'ala pubblica della biblioteca, la donna addetta alla sua custodia le lanciò addirittura uno sguardo di malcelata disapprovazione, ma ad ella non importò: era viva e quello era tutto.
Se solo prima di uscire si fosse fermata qualche secondo a contare i candelabri sul tavolo accanto alla porta si sarebbe accorta che, contando anche quello aveva appena riposto, essi erano tre e non più quattro.
Io: dire che un capitolo sarà più lungo
Il capitolo: è lungo quasi come l'altro ma comunque arriva il giorno dopo
Vabbé, preferisco basarmi su aggiornamenti intensi e brevi piuttosto che mettere tanta roba nel capitolo che poi magari ci si stufa pure a leggere, almeno personalmente i capitoli troppo lunghi non riesco a leggerli con attenzione. Poi ieri l'ispirazione mi è tornata dal nulla e quindi touché, non posso mica tenere un capitolo completato tra le bozze per cinque giorni.
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