Carillon Di Disperazione
❝ Nessun uomo sceglie il male
perchè è il male.
Lo confonde solo con la felicità,
con il bene che cerca.❞
𝓜𝓪𝓻𝔂 𝓢𝓱𝓮𝓵𝓵𝓮𝔂
personaggi presenti: Cornélie, Maurice, Herman
personaggi nominati: Adrienne, Françoise, Théa, Daniel
Notte del 7 aprile 1885
-E fondamentalmente il concetto rimane questo, sono andato via per qualche giorno e tutto è andato a puttane.-
Il pesante sospiro che quella frase ricevette in risposta fu ben poco entusiasta di fronte a quelle parole relativamente semplici, parole che però ripetute per circa la decima volta portavano ad un esaurimento che neppure una paga triplicata avrebbe potuto alleviare.
-Ho capito, è la centesima volta che lo ripeti.- borbottò Herman, lanciando uno sguardo di disapprovazione al compagno accanto a lui. -Non è che hai bevuto prima di entrare in servizio?-
Maurice non era mai stato un tipo molto prolisso per quanto riguardava le parole, in realtà nemmeno in azioni, anzi, quasi sempre nella sua vita era stata una persona più concentrata sull'ascoltare o l'osservare ciò che accadeva intorno a lui, poche erano le volte in cui lo si era visto agire per qualcosa che non rientrasse nel proprio conto, ancora minori le volte in cui periodi così lunghi potevano essere uditi dalle sue labbra.
-Non ti va mai bene niente.- rispose il biondo alla domanda che gli venne posta. -O non sono abbastanza partecipe oppure parlo troppo, se avessi bevuto di certo sarei di umore migliore.-
Herman gli rivolse un'occhiata con la coda degli azzurri occhi, lo sguardo dubbioso a quelle parole, mentre constatava che Maurice non gli sembrava poi così diverso dal solito. Anzi, si poteva dire che fosse lui quello su cui pendeva una nuvola di malumore. Per la guardia tedesca quella non era stata una giornata delle più semplici o delle più entusiasmanti, se di per sé fare da galoppino ad una nobile non lo entusiasmava, ancor meno eccitante era doverle correre dietro mentre ella cercava di seminarlo passando da un camerino all'altro dell'Opera insieme alla sua amica Adrienne. Esatto, quella si poteva essere detta la sua prima giornata al servizio di Françoise "trecento nomi impronunciabili nel mezzo" de Nay, un vero supplizio. Era quasi certo che la donna avesse fatto di tutto in quella prima giornata per scrollarselo di dosso, l'uomo avrebbe potuto giurare che ella avesse quasi voluto una dimissione volontaria da quel compito. Ma se correrle dietro come un cagnolino, dover ignorare frecciatine seccate e poco carine erano stati fattori ben poco gradevoli il cospicuo aumento che il direttore gli aveva promesso lo aveva spinto a tener la bocca chiusa e il capo chino; egli era già di per sé rispettoso e preciso nel lavoro, ma quell'aumento certamente non era di troppo e gli dava una spinta a sopportare anche i compiti più ardui.
-Sì, Maurice, ma stasera ho mal di testa.- sospirò in risposta, mentre i due svoltavano a sinistra, seguendo il percorso che alla loro perlustrazione notturna era stato assegnato. -E poi dovremmo rimanere attenti e in silenzio per captare possibili rumori.-
L'occhiata che Maurice gli rivolse fu quasi stupita mentre il giovane si domandava se qualcuno in quel posto avesse un minimo di istinto di sopravvivenza.
-Perché se tu sentissi un urlo accorreresti subito rischiando la tua vita?- si limitò a domandare, un sopracciglio inarcato.
-Ovvio.- fu la risposta di Herman, il tono quasi meccanico ed estremamente diligente.
-A volte mi chiedo se qualcuno di voi qui abbia una minima voglia di vivere: una donna è morta, due ci hanno quasi rimesso la pelle e un dito è stato mozzato.- borbottò Maurice scuotendo il capo, pensando che in quel caso non era sicuro avrebbe rischiato la vita per chiunque.
-È il nostro lavoro.- ribatté Herman, il suo senso del dovere era quasi ammirabile, egli difatti non diceva quelle parole solo per farsi vedere nel momento, solo pura verità.
-Ed è la nostra vita in gioco.-
Maurice non la pensava allo stesso modo. Certo, quello era pur sempre il suo lavoro e, nonostante non avesse sempre la massima voglia di svolgerlo, avrebbe lottato con le unghie e con i denti per mantenerlo, ma se doveva essere onesto non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in una situazione simile in un teatro, la propria vita addirittura a rischio.
-Non consideri che siamo armati e in due, sarebbe comunque un buon vantaggio su ogni assassino.- gli fece presente il compagno.
-Sempre che si parli di un assassino umano.- ribatté di nuovo Maurice, non era insolito per egli sentirsi quasi rinvigorito dopo una visita dall'amata nonna, forse un po' più aperto anche verso le altre persone dopo aver assorbito in sé la dolcezza della tenera anziana.
-Ma andiamo, Maurice.- sbottò Herman alzando gli occhi al cielo. -Non uscirtene anche tu con storie di demoni e fantasmi.-
Non sarebbe stato il primo a fare una tale ipotesi ed Herman doveva ammettere che, in tutta onestà, non pensava che una forza sovrannaturale si potesse dare poi tutta quella pena solo per mettere scompiglio in un teatro.
-Chissà, magari un amante perduto che sta cercando la sua bella.- scherzò Maurice, non rendendo conto che in realtà quelle parole dette con apparente leggerezza gli si rivoltarono contro ferendogli il cuore come una spada, anche se con maestria non fece trapelare nessun mutamento di emozioni. -Immaginati, magari un fantasma dalla tomba che viene a reclamare la sua sposa fantasma. O il suo sposo.-
-Stai zitto.- fu il secco commento di Herman, improvviso quanto duro e inaspettato.
-Oh, andiamo, per una vol...- Maurice fu brutalmente zittito di nuovo, questa volta con una mano che si posò quasi con uno schiaffo sulla sua bocca.
-Ho detto di stare zitto.- borbottò di nuovo Herman, il volto corrucciato e lo sguardo perso oltre il corridoio vagamente illuminato di fronte a loro.
Per un breve secondo Maurice ebbe la tentazione di mordere le dita al collega, innervosito dal suo comportamento, ma gli bastarono pochi secondi per corrucciarsi a sua volta e rilassare il volto.
Quando notò che non sembrava intenzionato a parlare Herman lasciò scivolare via la mano, solo per posarla sulla fondina dove si trovava la pistola in loro dotazione.
Poco lontano da loro, circa un corridoio più avanti, dove approssimativamente si trovavano le quinte, una leggera sinfonia di violino si spandeva nell'aria mentre un basso chiacchiericcio si udiva vagamente distinto dalle acute note della melodia.
-Stanno squartando un gatto.- constatò Maurice, le orecchie quasi infastidite da quel veloce e acuto alternarsi di note che, dopo un ascolto più attento, sarebbero potute seriamente sembrare un lamento di qualche animale in agonia.
Egli in risposta ricevette solo una gomitata da parte del collega, mentre un'altra coppia di guardie passava loro accanto, rivolte di corsa verso le quinte da cui già altri voci provenivano.
-Muoviti.- borbottò Herman, lanciandogli un veloce sguardo prima di partire di corsa dove anche altre persone si stavano radunando. No, quello non era un lamento di un gatto, era una sinfonia di un violino dai toni molti alti e prorompenti, sinfonie che solo un esperto sarebbe stato capace di produrre, anche se la vera domanda era chi potesse suonare in quell'orario un brano tanto difficile nel bel cuore della notte.
-Dobbiamo proprio?- furono le parole che Maurice gli urlò dietro. -Ci stanno già andando tante persone!-
-Maurice, muoviti!-
La destinazione dei due e della dozzina di spettatori che si erano radunati a quel piccolo concerto non era niente di spettacolare o eclatante, semplicemente il palco dell'Opera le cui tende erano scostate e lasciavano intravedere la buia platea deserta.
-Perché il sipario è alzato?- borbottò Herman alla persona più vicina, gli occhi azzurri velati da un'ombra di preoccupazione a quello strano evento.
Nessuno che stesse suonando un violino era presente sul lucido palco di legno, occupato solo da uomini in divisa che si guardavano intorno confusi, constatare da dove provenisse quella melodia era praticamente impossibile.
-Non ne ho idea.- fu la semplice risposta dell'uomo a cui tale domanda era stata porta, a quanto ne sapevano le guardie i rossi tendaggi che normalmente separavano il pubblico dal palco avrebbero dovuto aprirsi solo in vista di future prove o per necessità igieniche, che per caso gli addetti alle pulizie avessero scordato di richiuderle?
Esse giacevano totalmente tirate di lato, scostate dal palco con il tessuto porpora legato dai pesanti cordoni che in teoria venivano utilizzati solo per tenerle distanti durante mostre o feste che prendevano luogo a l'Opera, una posizione diversa e quasi più elegante rispetto alla solita semplice apertura apportata dai meccanismi.
Questi furono i dettagli che notò Cornélie mentre con il passo leggermente zoppicante avanzava nel palco appena illuminato dalle lampade che le guardie portavano. Esse non erano difatti le uniche persone presenti sul posto, anche la maestra del corpo di ballo si era recata sul luogo, non per curiosità, anzi se fosse stato per lei probabilmente sarebbe rimasta sdraiata nella propria camera ad ascoltare la lieve melodia senza impicciarsi, ma solo per proteggere i suoi allievi. Non era stupida e aveva sentito fin da subito i mormorii dal corridoio che conteneva i camerini e i dormitori dei ballerini, certamente qualcuno di loro si sarebbe spinto fin alla fonte della melodia per capire cosa stava succedendo. Sapeva anche che la gioventù poteva portare eccessiva curiosità e poca premura, difatti non le ci era voluto molto per cogliere sprazzi di conversazione di giovani intenzionati a capire cosa stava succedendo. Così, dopo aver ricacciato tutti nelle loro stanze, si era recata di persona sul palco, non per un qualche istinto suicida, ma solo per dare a coloro che doveva guidare una rassicurazione sul fatto che tutto sarebbe andato bene. I giovani ballerini esagitati l'avevano ascoltata più che altro per la sua figura autorevole e per l'influenza che esercitava, ma ella li conosceva abbastanza bene da essere certa che non vi sarebbe voluto tanto perché tornassero alla carica. Doveva solo capire cosa diamine stava succedendo e riferirlo per placare gli animi, certamente le guardie avrebbero saputo spiegare. O almeno così credeva pochi secondi prima di ritrovarsi tra uomini confusi che giravano a vuoto per il grande palco dell'Opera, illuminandone angusti angoli e anfratti con le lampade ad olio.
Di due cose Cornélie era certa in quel momento: la prima delle due cose era che la musica era stupenda e la sinfonia del violino sembrava quasi ipnotizzante, per ella che amava tale strumento era un suono in cui crogiolarsi dal piacere, la seconda certezza era che nessuno stava effettivamente suonando un violino. Nessun musicista era presente in quel luogo, tantomeno un tale strumento musicale e tutti sembravano stupiti quanto lei che osservava le platee vuote con aria confusa, impossibile era capire da dove la melodia provenisse.
-Mademoiselle Leclerc.- la interpellò una guardia, sovrastandola con l'alta figura mentre lanciava uno sguardo cauto intorno. -Sarebbe meglio se voi tornaste nei vostri alloggi finché non scopriremo da dove proviene questa sinfonia.-
La donna si limitò a lanciargli un'occhiata, quasi ignorando quel consiglio, constatando che pure le guardie erano in alto mare riguardo alla provenienza di quell'arcana melodia. Essa si faceva sempre più movimentata, alti e bassi si alternavano più velocemente mentre le note spiccavano quasi in acuti stridii.
-Avete chiamato qualcuno?- domandò, scrutando con i verdi occhi la figura dell'uomo di fronte a lei. -Monsieur Fournier? L'ispettore Dubois o il suo vice?-
L'uomo di fronte a lei scosse un poco la testa, chiaramente a disagio a rispondere alle domande della donna che sembrava quasi troppo ardita per i tempi in cui era nata.
-La maggior parte di noi sono appena giunti, dobbiamo ancora decidere come organizzarci.-
La ex ballerina dai rossi capelli non poté trattenere un'occhiata di biasimo rivolta alla guardia, chiedendosi se ci fosse un minimo di efficienza in quel posto.
-Ma preferiremmo che i civili stessero al sicuro, donde evitare altri incidenti vi prego di... -
Troppo tardi, premure e accorgimenti erano ormai inutili mentre la melodia diventata tanto acuta da risultare fastidiosa e la musica saettava verso l'alto in uno stridio che si interruppe con una nota finale più potente e marcata rispetto alle altre. Essa sarebbe stata facilmente paragonabile ad una freccia scagliata verso il tetto del teatro, una lama affilata quanto lucente che andava dritta al bersaglio, colpendolo e causando un fracasso indescrivibile. Sibilii di corde che lasciavano i loro appigli e di ganci che abbandonavano le loro posizioni si unirono ad urla sorprese mentre una passerella calava dall'alto, cadendo con la pesante mole di legno nel centro esatto del palcoscenico. Scansarsi non fu difficile per le persone presenti, ma nessuno poteva immaginare che quello sarebbe potuto essere un diversivo che mirava solamente a far spostare più persone possibili verso il retroplaco e precedeva la brusca caduta dell'Arlecchino: la struttura che reggeva il sipario e i suoi macchinari calò di scatto verso il basso, troppo velocemente per non far temere anche all'occhio più esperto che la struttura cedesse. Il forte fracasso che fendette l'aria causò solo più urla e un panico generale: la maggior parte delle persone che si erano spostate verso il proscenio si gettarono nella Fossa dell'orchestra, ribaltando i seggii che durante gli spettacoli erano occupati dai musicisti, ma coloro che scelsero male i loro passi indietreggiarono, avvicinandosi al centro del palcoscenico dove la passerella era caduta. Lì un grande polverone si alzò ulteriormente allo spostamento inaspettato del telaio mobile che avanzò dal fianco destro del palco, come spinto da un meccanismo a catena, e alla caduta del telo che rappresentava la scenografia rimasta dall'ultimo spettacolo.
Un po' fu il panico e la confusione generale, un po' lo spesso polverone che si era alzato invadendo l'aria impedendo una chiara vista e un po' il cuore che le batteva a mille, ma Cornélie non avrebbe saputo dire come aveva fatto a ritrovarsi dal chiacchierare con una guardia al precipitare verso il basso, nulla a frenare la sua inaspettata caduta nel vuoto. Almeno così ella pensava prima di atterrare con un pesante tonfo su un accumulo di costumi di scena, il respiro pesante e il panico che le montava nell'animo mentre le sembrava di sprofondare in sabbie mobili di stoffe e tessuti.
Il panico sembrava soffocarle il petto, anche se ella ci mise relativamente poco a riemergere da quella massa di abiti con un veloce scatto, il cuore batteva a mille mentre raggiungeva il bordo di legno e si aggrappava disperatamente ad esso, quasi terrorizzata al pensiero di poter annegare in quella matassa profumata.
-Benvenuta, tesoro.- furono le parole che interruppero i suoi pensieri, facendola sussultare e strappandole un piccolo urlo di sorpresa.
Ella non fece in tempo a muoversi che venne agguantata da dietro, sollevata da sotto le ascelle e trascinata a forza fuori dall'enorme cesto di abiti, il tutto in pochi secondi prima che qualcosa di affilato le si posò sulla gola.
La donna cercò di scattare in avanti, ma venne bloccata da un braccio che le avvolse la vita e dal leggero premere di una lama sul lungo e affusolato collo. La maestra non poté fare a meno che agguantare il braccio del suo aggressore, cercando di togliere l'arma dalla propria giugulare.
-Shh.- la interruppe la figura che la teneva stretta prima che lei potesse urlare, una voce chiaramente maschile a sfiorarle con il caldo fiato l'orecchio destro mentre la lama si posava sulle sue carnose labbra in un lento gesto. In quel momento Cornélie realizzò che non si trattava di un pugnale o di un coltello, ma dell'affilato archetto di un violino.
-Non voglio farti nulla, ma non vorrei mai che nel muoverti la tua bella gola si squarciasse.- aggiunse piano l'uomo, lasciando scivolare sullo sterno di ella la seconda mano che poco prima si trovava sulla vita.
Il cuore di Cornélie batteva a mille, le sembrava quasi di star per svenire mentre le calde dita dell'uomo le accarezzavano il collo in un gesto lento, quasi tenero, ma che ad ella risultava solo inquietante e spaventoso. Posò entrambe le mani sul braccio che terminava con la mano impugnante l'archetto, le dita conficcate nella carne dell'uomo alle sue spalle.
-Se vuoi soldi posso darteli.- biascicò la donna, la voce che ostentava sicurezza mentre in realtà ogni singola parte del suo cuore tremava per l'agitazione, cercando di convincersi che alle sue spalle non si trovava un assassino ma un semplice borseggiatore con strani metodi.
La risata che le giunse all'orecchio la fece sussultare mentre una ruvida guancia veniva strusciata con fare ferino sulla sua.
-Non voglio niente da te.- sussurrò piano la figura alle sue spalle. -Se non una piccola...audizione.-
Tutto stava accadendo così in fretta, troppo in fretta, e il suo cervello faceva quasi fatica ad elaborare quello scenario in così poco tempo.
L'uomo la costrinse a girarsi, lasciando scivolare l'archetto di nuovo sul suo collo. Cornélie fece quasi fatica a distinguere la scura figura dalla penombra, nonostante i due fossero incredibilmente vicini ed ella potesse sentire il suo fiato fetido sul volto, un fiato che sapeva di morte e di marciume. Solo in quel momento si rese conto di essere finita nel sottopalco, i macchiari di sollevamento per botole e rialzi li circondavano, lasciando comunque uno spazio non indifferente intorno ai due. Probabilmente non sarebbe riuscita a scappare sufficientemente in fretta, per uscire da lì sarebbe dovuta correre fino alle scalette che si trovavano alla sua destra e ben sapeva ella che correre non era il suo forte.
-Ho delle regole molto speciali per te.- sussurrò la voce maschile, mentre con un nuovo gesto che fece ritrarre Cornélie le spostò una ciocca di rossi capelli dietro ad un orecchio. -Non ti farò del male, ovviamente, ma se tu proverai ad urlare, scappare, colpirmi, io farò visita a qualcuno dei tuoi amati allievi. Chissà chi sarebbe più adatto, Théa è un po' rigida sulle gambe, con qualche colpo le sue ginocchia potrebbero ammorbidirsi.-
Fece un attimo di pausa come a pensare alle parole successive, freddi brividi di terrore scuotevano il corpo di Cornélie.
-Oppure Daniel, senza ombra di dubbio sarebbe un peccato se quel suo bel faccino venisse rovinato.- continuò l'uomo. -Ma penso inizierei con Adrienne, la sua pelle così candida deve essere tanto soddisfacente da staccare...-
-Va bene.- lo interruppe la donna con un veloce sussurro, il disgusto scorreva in lei tanto quanto la paura per i suoi allievi mentre quel mostro di fronte a lei parlava. -Farò tutto quello che vorrete, ma qualsiasi cosa tu voglia da me loro non centrano nulla.-
Cornélie si poteva definire in molti modi: fredda all'apparenza, dura nell'insegnamento, severa con coloro che la circondavano, ma certamente non era un'insensibile e ai suoi alunni teneva forse più che alla sua stessa vita.
-Centrano più di quanto tu possa pensare, tesoro.-
La donna strinse i pugni quando egli la lasciò andare, allontanandosi di qualche passo ed estraendo due candide scarpette da ballo da sotto il mantello nero che lo copriva da capo a piedi, celandone il volto. Avrebbe voluto colpirlo e scappare, quel tono diretto e quasi famigliare la infastidiva oltre che a terrorizzarla, per non parlare del nomignolo "tesoro", ma se colui che si trovava davanti a lei era davvero l'assassino allora non vi era nulla che avrebbe potuto fare per fuggire in quel momento, almeno che non avesse voluto rischiare la vita.
-Siediti.- le ordinò l'uomo, indicandole con un cenno del capo la cassa che si trovava poco lontano.
Cornélie ubbidì in silenzio, lo sguardo vispo a ispezionare il basso ma ampio spazio in cui si trovava: sopra alla sua testa sentiva il concitato mormorio delle guardie e veloci passi che si muovevano sulla superficie di legno, ma decise che urlare non sarebbe stata una mossa saggia, nel tempo in cui qualcuno avrebbe capito da dove proveniva la sua voce ella si sarebbe trovata con la gola squartata. La calma e l'assecondare colui che si trovava davanti erano le sue scelte, avrebbe solamente dovuto evitare mosse brusche e sperare che egli rimanesse tranquillo come apparentemente era in quel momento.
Nonostante la sua decisione fu quella di assecondarlo ella non poté che sobbalzare e ritrarsi quando una fredda mano guantata le sfiorò la caviglia, portandola a indietreggiare un poco. Onestamente non sarebbe stata troppo sorpresa se egli avesse tentato di tagliarle un piede, nonostante per il momento le sue intenzioni sembrassero pacifiche. Per quanto effettivamente pacifico si potesse definire rapire una persona.
-Cosa volete da me?- domandò Cornélie, facendosi coraggio e stringendo i pugni per non urlare mentre una delle eleganti scarpette le veniva sfilata. Ogni singolo muscolo del suo corpo le urlava di ribellarsi e lottare, ma sapeva abbastanza bene dalle storie che le erano state raccontate, pettegolezzi o meno, che se egli era davvero l'assassino probabilmente sarebbe stata soffocata nel giro di pochi secondi. Come doveva essere osservare la morte in faccia? Mentre l'uomo era inginocchiato ai suoi piedi e le infilava una scarpetta da danza, con non poca sorpresa di Cornélie, la donna si prese un secondo per osservarlo meglio, per quanto ovviamente potesse vedere.
Se fosse sopravvissuta avrebbe potuto raccontare dettagli importanti, pensò, mentre cercava di trattenere un gemito al pensiero che avendo anche solo scoperto il suo sesso sarebbe stata dura essere liberata senza danni. Cercò di non far trepelare la disperazione dal suo volto, celandosi sotto alla solita freddezza che la caratterizzava, mentre constatava che effettivamente non molto si poteva capire dalla figura di fronte a lei. Egli era senza dubbio un uomo, probabilmente di corporatura robusta vista la fattezza delle spalle, la voce le era sconosciuta ma di certo egli sapeva suonare il violino. Lanciò uno sguardo allo strumento nero come la pece posato poco lontano, per poi riportare lo sguardo all'uomo di fronte a lei: un nero cappuccio gli copriva il volto e neanche l'ombra di un lineamento era visibile sotto alla spessa stoffa.
-Ballare.- fu la risposta improvvisa che la fece sobbalzare, la domanda che aveva posto pochi secondi prima già finita in un dimenticatoio di pensieri.
Quella semplice parola probabilmente per l'uomo spiegava perché le stava infilando anche una seconda candida scarpetta da ballo, ma per Cornélie non era abbastanza.
-Io non ballo da molto.- sussurrò, il tono ardito a indicare che non aveva paura, anche se ovviamente stava fingendo. -Se cerchi una ballerina questa è una perdita di tempo.-
-Questo sarò io a giudicarlo.-
Dalle mosse seguenti Cornélie intese anche che l'uomo doveva avere delle basi di conoscenze tecniche riguardo al balletto, prendendo un piccolo quadratino di gesso iniziò a strofinarlo sulla punta delle sue scarpette. Chi mai poteva saper suonare uno strumento tanto complicato come il violino e allo stesso tempo avere conoscenze tecniche sulla preparazione di una ballerina?
La tensione la bruciava da dentro, quasi un fuoco, mentre malediceva sè stessa per non aver tenuto con maggior forza il bastone durante la caduta nella botola, se l'avesse avuto ancora con sé almeno avrebbe potuto cercare di colpirlo mentre chiamava aiuto.
Barcollò quando venne afferrata per le mani e tirata bruscamente in piedi, le ballerine le erano un po' grandi ed intuì che non erano del tutto nuove nonostante l'aspetto, la base non completamente rigida indicava che erano state utilizzate per molto tempo. Le guardò, ammirando velocemente il tessuto bianco che si abbinava con la sua sopra veste notturna dello stesso colore. Sarebbe quasi sembrata una sposa in quel momento, completamente vestita di bianco e in totale contrasto con il nero dell'uomo di fronte a lei.
-Mmh.- si limitò a mormorare la figura di fronte a lei, mentre una mano guantata le scivolava sulla guancia in una morbida carezza, causando in Cornélie un conato di vomito e un movimento indietro, quasi uno strattone mentre cercava di liberarsi da quel tocco.
-No, no, no.- sussurrò l'uomo con tono assolutamente tranquillo, portandole una mano alla bocca quasi a voler prevenire che ella urlasse e tenendole fermi i polsi con la seconda mano. -Non vorrei mai doverti tagliare la lingua, sono sicuro che sai lo farei senza esitazioni.-
Cornélie strinse le labbra in una sottile linea pallida, si sentiva molto vicina allo svenire e la sensazione di non poter urlare o fare altro era frustrante.
Fu ancora più frustrante quando l'uomo la attirò di nuovo a sè, facendole fare un mezzo giro che causò un'ampia estensione della candida gonna, per poi far aderire la sua schiena con il petto di lui.
La ex ballerina non poté che lasciarsi sfuggire un versetto di sorpresa e spavento, mentre i peggiori pensieri le attraversavano la mente. Non poté non provare a dimenarsi, cercando di spingersi in avanti, in ogni caso impedita dall'urlare sempre dalla mano che le tappava la bocca.
-Sai, stai iniziando a farmi innervosire.- commentò l'uomo alle sue spalle, portandole la seconda mano al collo come se avesse intenzione di strozzarla. -Ora vedi di fare la brava e andrà tutto bene.-
Dette queste parole la lasciò andare con una spinta in avanti, così di colpo che Cornélie perse l'equilibrio, atterrando sulle ginocchia con una forte fitta alla gamba danneggiata. Strinse i denti, anche se un gemito di dolore le sfuggì dalle labbra appena socchiuse.
-Balla.- fu l'improvviso e duro ordine che la fece sobbalzare, lasciandola confusa per qualche istante.
-Io non posso...-
-Balla.- intimò di nuovo l'uomo.
-No.- rispose lei, voltandosi un poco e stringendo i pugni. -Non posso.-
-Balla per me o ti taglierò entrambe le gambe.-
Un attimo di silenzio cadde nel vasto e buio ambiente, mentre le parole dette in chiaro tono minaccioso le si imprimevano nel cervello. Sembrava tremendamente serio.
La donna si alzò barcollando un poco, se fino a poco prima la gamba non le dava fastidio o particolare dolore in seguito a quel colpo il ginocchio le pulsava.
-Non sono riscaldata.- sussurrò, tenendo i pugni stretti e il capo chino. -Non posso...-
-Balla!- l'urlo le trapanò i timpani come un pugno nello stomaco, quasi che tutta l'aria le fosse stata sottratta dai polmoni mentre tratteneva il fiato, sperando che qualcuno l'avesse sentito. Quello era stato il suo intento, doveva solo ballare e sperare di riuscire a guadagnare abbastanza tempo.
Cornélie prese un profondo respiro, iniziando a pregare e raddrizzando la schiena, aprendo un poco le braccia ai lati del proprio corpo. Iniziò a muovere i piedi e ad ondeggiare un poco le gambe in dei brevi batement per riscaldare un poco le caviglie, almeno quello avrebbe dovuto farlo o probabilmente le sue gambe ne sarebbero state ancora più danneggiate. Socchiuse gli occhi, osservando il pavimento mentre cercava di concentrarsi sul proprio corpo. Il balletto era sempre stata la sua via di fuga e in quel momento non necessitava nient'altro che sfuggire da quell'orribile situazione.
Dopo qualche minuto di assoluto silenzio passò ad un tendu, muovendo la gamba in circolo, le punte tese mentre cercava di fare passi semplici che non le avrebbero causato troppo dolore. Non sapeva se l'uomo se ne fosse accorto, ma i passi delle si erano spostati sopra alle loro teste, lo poteva sentire dai passi sopra di loro.
-Echappé.- ordinò l'uomo dopo poco, facendola quasi sussultare mentre la sua voce giungeva inaspettata dopo tutti quei minuti di silenzio.
Ella strinse le labbra, decidendo di accontentarlo e non farlo innervosire, mentre iniziava a stendere le punte e a sostenersi per qualche secondo prima di lasciarsi ricadere e far sfiorare i talloni. Le scarpette erano comode e per quel momento tutta la sua attenzione ricadeva sul non farsi male e sul tenere l'uomo tranquillo.
-Pas de bourré.-
Non poté fare a meno di mordersi la lingua mentre si alzava sulle punte e incrociava un poco le caviglie, prima di fare un passo e ritornare a terra con un plié. Una leggera fitta le aveva attraversato la gamba danneggiata, ma per il momento riuscì a non cadere.
-Assemblé.-
Cornélie cercò di non pensare a come facesse egli a conoscere i nomi di tante figure del balletto, scosse di dolore ad attraversarle la gamba da caviglia coscia mentre atterrava dai saltelli degli Assemblé. Fino a quel momento ce la stava facendo in quanto passi singoli e con pause relativamente significanti ogni pochi secondi.
-Sei bravissima.- fu il sussurro quasi commosso che la portò a fermarsi e a lanciare uno sguardo indecifrabile all'uomo, quel complimento le aveva fatto venire i brividi. -Una pirouette ora.-
Cornélie trattenne il respiro mentre si esercitava nella pirouette più barcollante della sua vita, la gamba a freddo tremava un poco sotto al suo peso del corpo leggermente sbilanciato in avanti.
-Riprova, tre di seguito.-
La donna fece un profondo sospiro, decisa ad assecondare l'uomo che sembrava rimanere tranquilla mentre ella eseguiva i suoi ordini. Non ce la fece. La gamba cedette ed ella collassò a terra con un tonfo, un espressione di puro dolore sul volto mentre pulsioni di fuoco le attraversavano il corpo.
-Riprova.-
-Non ce la faccio.-
Fu sorpresa quando venne afferrata per i fianchi e sollevata a peso, quasi pesasse meno di una bambola di pezzo.
-Va bene.- mormorò egli in tono dolce, tono che la fece solo rabbrividire. -Riprova con me.-
L'uomo tornò alle sue spalle, sostenendola per i fianchi mentre ella riuniva le mani in vita e alzava un poco la gamba con aria incerta, non essendo sicura di cosa tutto quello significasse. I due iniziarono a girare insieme, condotti lentamenti dai movimenti di lui mentre la donna continuava a pregare che tutto andasse bene, quei brevi minuti le sembravano un'eternità.
-Proviamo dei jeté.- le sussurrò l'uomo all'orecchio ad un certo punto, così vicino alla sua pelle da causarle brividi di repulsione. La gamba le duoleva tremendamente e il respiro era già un poco affannoso.
Ma seguì i movimenti dell'uomo ancora una volta, stupita delle sue movenze decise nonostante fossero abbastanza goffe e chiaramente non da ballerino professionista, anche se sembrava avere delle buone basi visto la sicurezza e la precisione con cui la sollevava a tempo.
Non le sembrò quasi più di essere nel mondo reale quando egli iniziò a canticchiare, socchiuse le labbra e currucciò le sopracciglia mentre una melodia con parole in una lingua a lei sconosciuta le invadeva il cervello, una leggera nennia che sembrava quasi ipnotizzarla. Poi il ritmo cambiò, Cornélie barcollò maggiormente mentre veniva sollevata.
-La sequenza è jeté, jeté, pirouette, jeté, soubresaut, echappé, fouettés rond de jambe, grand jeté e finale in attitude.-
-Io non...-
Non ebbe il tempo di ribattere mentre egli ricominciava a cantare a bassa voce, una melodia che sembrava incredibilmente in sintonia con i passi che la stava praticamente obbligando a fare. Sembrava una bambola nelle sue mani mentre veniva sollevata di peso nei jeté e fatta girare come un oggetto di pezza, confusa mentre inconsciamente cercava di seguire i passi che si alternavano in sequenza. Sembrava quasi che il controllo del proprio corpo le fosse stato sottratto e che sola confusione, dolore e terrore la facessero muovere in una spirale confusa simile ad una tortura.
Finita quella piccola coreografia per una volta egli la portò a ripeterla una seconda, mentre tutto intorno a lei diventava sempre più confuso.
La melodia rimaneva tranquilla e ipotizzante, totalmente in contrasto con il doloroso pulsare della gamba che la portava ad ansimare pesantemente, perdendo eleganza mentre iniziava a tremare mentre ballava. Più velocità, più dolore, più ella si sentiva confusa. Sentiva dei passi che sembravano avvicinarsi, ma non ne era sicura, stava girando così in fretta che il mondo sembrava diventato una trottola impazzita.
Poi si fermò, inaspettatamente, nell'ultimo attitude. Le venne quasi da vomitare a quello stop improvviso, gli occhi sgranati e la pelle sudata mentre tutto il corpo veniva inondato da scariche di adrenalina e dolore.
La posizione che doveva essere elegante era in realtà scomposta e abbandonata, era chiaro che Cornélie si stava sentendo male dal fremito del suo corpo pallido e sudaticcio e dal pesante movimento dello sterno. Non ballava così da molto tempo e non sapeva dire se era un bene o un male.
L'uomo alle sue palle iniziò con premura a sistemare la sua posizione, facendole scivolare una mano sotto alla coscia e innondandola di brividi mentre ampliava un poco l'arco della gamba e con il braccio intorno alla sua vita le raddrizzava il busto.
Vi fu un attimo di stallo in cui Cornélie si trattenne dall'urlare, era immobile con tutto il proprio peso sulla gamba danneggiata e il dolore era quasi impensabile, se solo l'uomo non le avesse tenuto la gamba alzata a forza probabilmente si sarebbe lasciata andare.
-Basta, ti prego...- sussurrò con la voce strozzata, il volto in una smorfia di puro dolore. Le sembrava di essere intrappolata in un terribile carillon che avrebbe suonato per sempre una dannata melodia mentre ella si trovava ferma in quella posa, sostenuta e allo stesso tempo ingabbiata dalla figura nera accanto a lei.
Poi avvenne la caduta. Non riuscì più a reggersi in piedi e la gamba cedette sotto di lei, portandola a sbilanciarsi in avanti e rischiare di sbattere il muso sul pavimento.
Ma venne trattenuta, la caduta camuffata in un ultimo passo mentre ella venne sollevata di nuovo e poi riportata a terra in un casqué. Il canto si interruppe, la voce di colui che la sosteneva si spense come un lume che piano piano perdeva la propria luce. Ella venne adagiata a terra, dove si lasciò andare ansimante, il corpo le bruciava di dolore e spossatezza.
-Ho imparato una cosa, piccola mia.- fu il commento dell'uomo, dolce e quasi paterno che la raggiunse pacato mentre una delle sue mani venne stretta da quella guantata di lui. -Non sei mai stata sola, nessuno è mai solo.-
Queste parole la fecero un poco corrucciare, la mente stanca che cercava di capire dove egli voleva andare a parare.
-I tuoi genitori non ti hanno mai capita.- una fitta di dolore diverso la colpì a quelle parole, un dolore più profondo, mentre cercava di capire dove egli voleva andare a parare. -Nessuno l'ha fatto, neppure i tuoi alunni, ma non è mai stata colpa tua.-
Quando una seconda mano le sfiorò la guancia Cornélie si scostò bruscamente, non capiva cosa significasse quel momento, ma non voleva dare campo a quelle parole che involontariamente stavano facendo breccia verso di lei.
-Io lo so Cornélie, lo so.- aggiunse l'uomo, un tono quasi disperato mentre la riavvicinava a sé. -Nessuno ti ha mai detto che hai fatto abbastanza, ma così è stato. Nessuno dimenticherà il tuo nome, io non lo farò mai, sin dalla prima volta in cui ti abbiamo visto ballare abbiamo amato l'Opera. Oltre la musica e lo spettacolo, hai fatto sognare persone tramite le tue movenze.-
Il tono sembrava così concitato e disperato da farle paura, portandola a cercare di allontanarsi seppure a vuoto.
-Ti sei sempre mostrata forte, ma non serve. È la tua debolezza che ti rende diversa.-
-Basta.- esclamò Cornélie, il tono tremante mentre si portava le mani alle orecchie, coprendole con forza, quasi spaventata di sentire altro dalla bocca di quell'uomo che sembrava conoscerla così bene nonostante le sue mani fossero macchiate di sangue.
-Hai fatto abbastanza, hai ballato per me ed è da tempo che nessuno lo faceva.- sussurrò di nuovo l'uomo, il tono tanto commosso da sembrare che stesse piangendo. Ed effettivamente lo stava facendo, calde lacrime si erano posate sulle mani di Cornélie, poggiate sul petto dell'uomo mentre cercava disperatamente di allontanarlo da sé.
Il resto fu un finale alquanto veloce per quella scena quasi tragica: un panno dall'acido odore le venne premuto sul viso e piano piano, mentre ella non trovava più forze sufficienti per lottare, lo scenario intorno ad ella si appannava.
Innanzitutto mi scuso IMMENSAMENTE per l'assenza, sono stata super mega impegnata per tutto luglio e agosto, in teoria adesso dovrei tornare a scrivere regolarmente e, seppur non ogni cinque giorni, visto che comunque ricomincerò la scuola in presenza, cercherò di aggiornare una volta a settimana, ogni domenica precisamente.
Spero che non siate morti e che questa storia vi interessi ancora, potete tirarmi dietro tutti i mobili che volete, tranquilli, vi comprendo.
Detto ciò cogliete ogni perla, questo sarà il penultimo capitolo in cui spenderete così tanto tempo con una qualche misteriosa presenza (sarà l'assassino? sarà un complice? un imitatore? una persona a caso che approfitta della situazione?)!
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