𝐒𝐭𝐫𝐚𝐯𝐚𝐠𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐦𝐚𝐠𝐢𝐚| 𝟙
❁
꧁ Capitolo Primo ꧂
La magia è credere.
E credere in se stessi: se riusciamo a farlo,
allora possiamo far accadere qualsiasi cosa.
- Goethe
📍Cherry Street, Londra
- 15 Aprile, 2005
Seppur quella, non fosse una giornata di massima ispirazione per il cioccolatiere; egli camminava avanti e indietro, all'interno del minuto ufficio. Dopotutto il tepore dei raggi solari, irradiavano avidamente i lunghi corridoi della sua ampia e stravagante fabbrica.
Si osservava le mani, coperte dai suoi inseparabili guanti in lattice. Era veramente privo di idee quel giorno; fatto a lui completamente estraneo: erano anni che realizzava dolci sotto ogni forma, dimensione, colore e sapore.
Egli rimembrava ancora, quando il suo nome era sulla bocca di tutti. Viveva di stenti, grazie a quel poco che riusciva a racimolare con la vendita dei suoi dolciumi.
Non era un uomo espansivo, cordiale o sociale. Era per lo più cinico, solitario e dedito al suo lavoro. Non vi era mai pausa, per le sue creazioni: il suo genio era in continuo mutamento.
Willy socchiuse le palpebre, accarezzando le sue minute ma carnose labbra. Era pensieroso, ma dopotutto non doveva essere semplice, essere sempre soli: chiusi in sé stessi, nelle medesime quattro mura da più di dieci anni. Aveva iniziato la sua carriera, tempo prima, con un solo negozio Wonka. Successivamente però, i suoi dolci vennero richiesti in tutto il mondo; e la sua personalità stravagante, lo portò a costruire la più grande fabbrica di cioccolato, di tutti i tempi.
Erano così ricercate le sue leccornie, che il buffo principe Pondicherry, aveva richiesto personalmente, un castello di grandissime dimensioni, fatto interamente di cioccolata.
Willy inspirò, roteando gli occhi: dovette arrivare in India, per quella creazione.
«Avrà cento stanze, e ogni cosa sarà fatta di cioccolato, fondente o al latte-» rise mesto, aprendo il progetto scritto, sul tavolo.
Si aggiustava la chioma setosa, mentre osservava il suo riflesso; dopotutto aveva mantenuto la sua promessa. I mattoni ed il cemento che li univa, erano fatti di cioccolato. Lo stesso si poteva dire per le pareti, i pavimenti ed i soffitti. Ogni cosa dentro quella struttura, era stata costruita in materiale cioccolatoso.
«È perfetto, da ogni punto di vista!» aveva esordito il principe, grattandosi il mento con la mano. Indossava un buffo e stravagante turbante sul capo, ed era vestito di bianco.
«Si, ma non durerà molto!» rispose il maestro Wonka, incrociando le braccia al petto. «È meglio che lo mangi subito..»
L'altro rise, e con altezzosità virò lo sguardo, nelle iridi blu del cioccolatiere. Roteò gli occhi, sfiorando le guancia ombrate con i palmi. «Sciocchezze! Non mangerò il mio palazzo. Io intendo-» e provò il dolce sapore, dal suo trono fatto interamente di cioccolato. «Viverci!» e ridacchió, portando le mani al grembo.
Ma Wonka aveva ragione, come sempre del resto; difatti poco tempo dopo, ci fù una giornata molto calda- con un sole rovente. Il palazzo mano a mano, aveva preso a sciogliersi ed il principe, sconcertato e stizzito, scrisse un telegramma per il suo creatore. Seppur avesse imparato la lezione, desiderava ugualmente ottenere un nuovo palazzo.
«Pff- che idiota!» ripetè a sè stesso, infilandosi il cilindro sul capo. Era un giovane di trent'anni, famoso in tutto il mondo, per essere il re indiscusso del cioccolato. Era bello, ma decisamente cinico. La carnagione era chiara, ma un poco livida. Gli zigomi erano alti e le labbra piccole, ma carnose. Il naso dritto e gli occhi grandi, blu e brillanti.
Seppur fosse molto duro con sè stesso, si vedeva un bell'uomo. Ma a stento metteva un piede fuori, la sua fabbrica. Non era solito socializzare con il resto delle persone, o meglio, avrebbe tanto desiderato qualcuno con cui parlare, ma nessuno sembrava davvero interessato ad averlo vicino.
Inspirò, iniziando a camminare mesto. La fronte corrucciata, gli regalava un'aria ancora più rigida di come era in realtà. Era confuso: dopotutto non sapeva più di chi fidarsi. Ogni tal volta lasciava entrare qualcuno nel suo piccolo ma dolce mondo, veniva pugnalato alle spalle. Solamente di pochi operai, poteva fidarsi; molti di essi si intrufolavano all'interno della sua fabbrica con l'intento di rubare le sue ricette segrete.
«È sconcertante!» blaterava quest'ultimo, agitando le mani mentre percepiva la sua mente, vaneggiare. Era affiancato da un fedele umpa-lumpa, mentre si stirava il cappotto con le mani. «Insomma- Fickelgruber ha rubato la ricetta del gelato che non si scioglie mai» sfogliava le pagine di giornale, serrando la mascella. «Pro-prodnose» tentava di leggere il nome, ma non vi riusciva. «Insomma questo- ha creato una gomma da masticare, che non perde mai il sapore e-» la collera era palpabile. Il piccolo aiutante, lo osservava di sottecchi, rimanendo in silenzio. «È questo Slaguard ha iniziato a vendere un gomma da masticare, con cui si riesce a fare palloni di grandissime dimensioni..»
Il cioccolatiere si strinse nelle spalle, buttando a terra il suo bastone. Era adirato; gli occhi rossi e le labbra aride. Lo sguardo laconico e deluso, di chi era stanco di dover cercare rimedio ad ogni problema.
«Perché devono rubarmi le ricette, mh?» la mano stretta in un pugno e le palpebre, chiuse in una fessura. Con il pollice si accarezzava l'inizio del naso, inclinando il capo verso il basso. «Sono così stufo di spaccarmi la schiena, per creare dolci originali e-» emise un grido intrinseco di totale frustrazione, abbandonando poi il suo corpo, al lettino in pelle rossa. «Oh diamine, sono avvilito..»
Ma come biasimare, il suo umore dopotutto; si sentiva prosciugato da ogni goccia della sua speciale inventiva che, da sempre, lo aveva accompagnato nei suoi processi creativi.
Aveva perso completamente il suo entusiasmo, di essere la sua persona. Aveva lottato per anni, nascendo dal niente e diventando il tutto.
Osservava il soffitto, con le mani intrecciate al petto. Il cilindro aveva abbandonato il suo capo, scoprendo il suo eccentrico e buffo taglio di capelli. Una piccola frangetta aleggiava sulla sua fronte, lasciando che il caschetto setoso, gli arrivasse alla fine della mandibola.
Parlava con quel minuto esserino, che trascorreva la maggior parte del suo tempo, rimanendo in silenzio. Questo era piccolo, di bassa statura e tozza corporatura. Gli umpa-l'umpa non erano altro che, una piccola tribù di indigeni, dalla pelle ombrata che Willy, durante un suo viaggio; la cui scoperta era quella di cercare sapori nuovi per i suoi dolci, trovò Umpalandia, nonchè una piccola isola situata nell'Oceano Pacifico.
Willy sorrise, arricciando il naso. Almeno quello, era per lui un ricordo felice. Rimembrava quanto piacesse ai suoi bizzarri operai, il cacao.
Mentre si faceva strada nella fitta giungla di quel fervido e tenebroso posto; con la sciabola tagliava le piante ed uccideva insetti, di grosse dimensioni: voleva provare ogni il loro sapore, alla ricerca di quello perfetto.
Ridacchiò, guardando il suo collaboratore. «Tu ricordi, come fù il nostro primo incontro?» e alzando il busto, inarcò un sopracciglio.
Un piccolo uomo, disperso in un luogo infestato da creature di ogni genere, tra le più pericolose del mondo: unicorni, sarcopedonti ed i terribili- pericolosissimi sfarabotti.
Seppur però, volesse a tutti i costi trovare nuovi sapori; in quel fervido posto vi scovò solamente i suoi umpa-lumpa. Essi abitavano sugli alberi, per sfuggire alle bestie che vivevano al suolo.
Willy era interdetto; quei manicali esserini mangiavano solamente bruchi verdi, dal sapore rivoltante. Mentre osservava il capo della tribù, spiaccicare quella polpa viscida e dall'odore nauseabondo; un brivido gli percorse la schiena.
Nonostante ciò, erano continuamente alla ricerca di un qualcosa che desse a quella stramba pietanza, un sapore migliore: scarafaggi rossi, la corteccia dell'albero Bong Bong- o altra roba schifosa.
L'altro gli porse la ciotola ed il cioccolatiere ebbe un capogiro a causa del disgusto. Non poteva concepire l'idea di dover ingerire, quella polpa verde ed appiccicosa. Inspirò ed alzando lo sguardo, incrociò quello pacifico del basso ometto.
Gli sorrise mesto, infilando un dito nella pietanza molliccia, con finta nonchalance. Socchiuse le palpebre, assaggiando il tutto. La bile risalí la sua gola ed un coniato di vomito, lo pervase.
Rise, combattendo il tutto.
L'uomo era stanco di sentirsi così inutile; ogni giorno rimembrava delle sue avventure oramai passate e temeva di non poterne più, viverne altre.
A passo svelto raggiunse la sua sala di invenzioni, incontrando il suo vecchio ma affidabile operaio- di nome Joe. Questo gli sorrise cordiale. «Signor. Wonka-» prese parola, aggiustandosi gli occhiale con l'indice.
«Si?»
«Non ci sono più tavolette Wonka e gli uccellini di cioccolata sono finiti!»
Il cioccolatiere scrollò le spalle, osservando il grosso lecca lecca dalla forma circolare ed il colore rosato, che aveva dinnanzi. «Finiti? Umh- finiti..beh allora dovremmo farne degli altri! Ecco-» e prendendo un piccolo confetto, lo porse nella bocca di Joe. «Ora apra..» insistette, sorridendo. Era sereno e battendo le mani, vide un piccolo uccellino di cioccolata, comparire nella bocca dell'uomo che aveva di fronte.
Rise mesto, girando su sé stesso. «Oh sei proprio un genio indiscusso-» parlava al suo riflesso, pavoneggiandosi. Lungo i corridoi, si guardava intorno.
Considerando il fatto che, gli umpa-lumpa desiderassero avidamente i chicchi di cacao; ebbe una brillante idea. Con fare scaltro, propose loro di recarsi alla sua fabbrica; erano ottimi lavoratori ed egli li avrebbe poi ricompensati con tutto il cacao, da loro tanto bramato.
Era un ricordo dolce per il cioccolatiere che stava insegnando loro, la propria lingua. Non erano tipi molto chiacchieroni, astuti o chiassosi. Erano silenziosi, veloci e dediti al lavoro. Inspirò con fare malinconico, buttando il capo all'indietro e virando lo sguardo al di fuori delle ampie e lucenti vetrate.
ꕥ Seconda Parte ꕥ
Era tardo pomeriggio; ma la grande ciminiera non cessava mai di spruzzare il suo fumo grigiastro. La fabbrica era sempre in funzione: notte e giorno.
Willy si morse il labbro, inarcando un sopracciglio. Era perso totalmente nei suoi lavori: stava lavorando alla tavoletta Wonka, triplo gusto.
«Ooh diamine, sento l'ispirazione abbandonarmi mano a mano-» si strinse nelle spalle, sospirando. «Oh beh, sarà per un altro giorno!» ridacchiò, avido.
Ciondolando con il capo, trotterellava per la stanza; dopotutto era solo, ed il suo passatempo preferito, dopo il creare dolci superlativi, era quello di spiare le sue telecamere di sicurezza. Era per lui, un vero e proprio spettacolo di intrattenimento; vedeva i passanti al di fuori dei cancelli, i suoi stessi operai più fidati ed infine, gli umpa-lumpa.
Mise in bocca una grossa manciata di caramelle gommose, mentre con le dita della mano libera, tamburellava sul fervido legno del tavolo. Inspirò ed ebbe un brivido quando, strabuzzando maggiormente le palpebre, vide un qualcosa di ambiguo nella sala delle confezioni.
«Oh no- no, non di nuovo..» sussurrava, con il palmo sudato, pressato sulle sue burrose e piccole labbra. Non voleva crederci, non era giusto- non ancora, non a lui. Le gambe erano tremolanti ed abbandonate totalmente; ed il suo corpo non riusciva più a rispondere ai suoi impulsi.
Era una scena raccapricciante: due uomini, due suoi operai che, durante il loro turno di lavoro, si lanciavano occhiate d'intesa. Seppur lui fosse leggermente paranoico e permaloso; i suoi occhi videro la scena perfettamente. Entrambi affiancati, il primo che fece passare un foglio sotto al tavolo. Erano le sue ricette- le sue dannate e tanto sudate invenzioni.
Willy serrò la mascella, chiudendo le mani, in pugni. Si tolse il cappotto ed il cilindro; la mente vacillava ed il respiro era corto. Quella fù la goccia, che fece traboccare definitivamente il vaso. Era stanco di quelle derisioni, prese in giro e furti costanti.
Piangeva silenziosamente, posando la schiena alla parete; i palmi schiacciati contro il suo volto, la bocca schiusa ed i singhiozzi soffocati.
Per lui era sempre stato semplice, impressionare la popolazione con i suoi dolci; o far innamorare i bambini delle sue leccornie zuccherate. Ma oramai percepiva il suo genio scomparire, nonostante ne fosse avidamente geloso. Egli si sentiva un fallito totale; arricciò il naso per via dei suoi spasmi dolenti ed urlò. Quello fù un grido sprizzante di dolore e delusione. Con le mani, prese il tavolo dove era solito creare- rovesciandolo con un abile gesto.
Tutti i suoi scarabocchi, appunti ed assegni erano volati in aria, per poi posarsi delicatamente a terra. Si lasciò cadere tra di essi, iniziando a strappare ogni cosa vi si trovava davanti la sua persona.
«Basta- basta dannazione, io chiudo i battenti!» urlò, sentendo il cuore fuoriuscirgli dal petto, con fare impetuoso.
«Sono stremato!» e prese il telefono tra le mani, le quali tremavano per via del forte nervosismo. «Sono arcistufo di tutto questo!»
Si dimenava per la stanza: sembrava una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere. Joe, appena vide il suo capo in quelle condizioni, si affrettò a raggiungerlo. «Signor Wonka- cosa succede?»
Lo vide fermarsi sul posto, con il viso chino. Inspirava sommessamente: il petto era un continuo andare sù e giù. Le mani fremevano, gli occhi erano rossi e ricolmi di lacrime. Teneva la cornetta del telefono, pressata al suo orecchio. «Mi hanno derubato ancora una volta!» urlò, gesticolando con le braccia.
Era distrutto e Joe, incurante della sua posizione, gli strinse una spalla con la mano. L'altro virò lo sguardo nel suo, socchiudendo le palpebre. «AHH- Diamine!» e scaraventò il suo apparecchio elettronico, in una parte remota della stanza. «Non rispondono quei vigliacchi-»
«Chi, signore? Ma la prego si calmi-» Joe era visibilmente preoccupato. Non gli era mai accaduto di vedere il suo superiore, in quelle orrende ma giustificate situazioni. Provava un grosso dispiacere, al solo pensiero che quel giovane uomo, così solo e così di successo, si sentisse in quel modo.
«Posso fare qualcosa, signore?» continuava, sfiorandogli nuovamente un braccio.
Willy inspirò, mordendosi il labbro inferiore con avidità. Le nocche gli dolevano, a causa dei cazzotti lanciati contro la ruvida e dura parete.
«Raduna tutti-» mormorò, aggiustandosi il grosso cilindro, sul capo. «Si, beh- voglio che raduni tutti davanti ai cancelli» schioccò la lingua al palato, digrignando i denti. «Ho qualcosa di super importante, da dire. Forza, ora va'!»
Joe annuí, saltellando un poco e con fare sbrigativo, fece quanto gli era stato ordinato. Temeva però, al peggio. Era certo di aver intravisto, negli occhi del signor Wonka, qualcosa di strano: erano così spenti e glaciali, che facevano spavento.
L'altro sorrise mesto, passando l'indice al di sotto dei suoi occhi: le occhiaie erano ben visibili e la sua persona, era sopraffatta dal corso degli eventi.
Con le mani, teneva saldo il bancone del tavolino; aveva bisogno di aiuto, altrimenti temeva di cadere a terra all'improvviso. Inspirò, aggiustandosi il colletto del suo cappotto color rosso bordeaux.
Il grande Wonka prese respiro e virando lo sguardo dinnanzi la sua figura, vide tutte le persone presenti; essi credevano in lui ed i loro occhi imploravano pietà.
Era rigido, dispotico e solitario- ma nonostante questo, provava un forte senso di nausea nel dover fare quel passo. Mai nella vita, quella malsana idea, gli era balenata in testa con fare così insistente.
«È la cosa giusta da fare..» mormorava tra sé e sé, mentre deglutendo, osservava i suoi operai attentamente. Tra questi spiccava il buon vecchio Joe, che gli sorrise mesto, agitando di poco la mano destra.
«Sono qui per annunciare, una decisione che mai pensavo di dover prendere, ma-» la gola era arsa, le guance rosse e la mente confusa. Sentiva il dispiacere, crescergli nel petto dato che molti dei suoi operai, avrebbero perso il lavoro senza alcun minimo preavviso.
«Dopo gli ultimi trascorsi, io- Willy Wonka, chiudo la mia fabbrica di cioccolato, per sempre» socchiuse le palpebre, inspirando. «Mi dispiace!»
Trattenne un singhiozzo, aggiustandosi il capello sul capo; finse un ultimo sorriso mesto, per poi voltarsi ed abbandonare lí, inerme e confuso, il suo pubblico.
𖥸𖥸
𖥸𖥸
Continua-
[Scritto il: 14/03/2021]
❦ Angolo autrice:
Benvenute ragazze,
Questo è il primo capitolo del mio racconto con protagonista il mio amato Willy Wonka.
Mi auguro che la situazione, vi intrighi.
Se si, fatemelo sapere qua sotto nei commenti.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top