𝙌𝙐𝘼𝙏𝙏𝙍𝙊


ᴍʏ sᴛʀᴀɴɢᴇ ᴀᴅᴅɪᴄᴛɪᴏɴ - ʙɪʟʟɪᴇ ᴇɪʟɪsʜ
0:14 ─ㅇ─────── 3:00

«don't ask questions you don't wanna know
learned my lesson way too long ago»

















𝕮𝗔𝗣𝗜𝗧𝗢𝗟𝗢 𝕼𝗨𝗔𝗧𝗧𝗥𝗢








Jin allungò le braccia, cercando una posizione confortevole nell'enorme letto che in qualche modo era diventato sia suo che di qualcun altro. Gli si chiudevano gli occhi per essere rimasto sveglio così a lungo, aspettando che Namjoon tornasse da lui.

Fissò la porta, chiedendosi se Namjoon sarebbe comparso magicamente dall'altra parte, se l'avesse guardata con sufficiente attenzione. Jin sospirò e si strofinò gli occhi lucidi, perché sapeva che non sarebbe servito a niente. Stava iniziando ad annoiarsi un po', dopotutto era rimasto sdraiato lì per circa due ore. Andare semplicemente a dormire era un'opzione, ma preferiva aspettare e assicurarsi che Namjoon fosse a casa e al sicuro. Del resto, il suo lavoro non era certo il più sicuro del mondo.

Jin non poteva dire che la sua vita fosse perfetta. Certo, era felice, ma costantemente sul baratro. Viveva senza conoscere la fame o la povertà, indossava vestiti e gioielli costosi, e cosa più importante: era amato. Ma Jin sapeva che un solo passo falso avrebbe potuto portare alla distruzione di quella vita. Un solo errore e tutti coloro che amava sarebbero potuti morire.

Il più grande potere della morte non è che può far morire le persone, ma che può far smettere di vivere coloro che si lasciano dietro. Ecco perché Namjoon aveva fatto di Jin il suo segreto più nascosto, un tesoro rinchiuso e sepolto nel suo forziere, così che nessuno avrebbe potuto portarglielo via. Le uniche persone che sapevano della sua esistenza erano Namjoon stesso, Jeongguk e i loro tre scagnozzi più fidati. E poiché Namjoon aveva qualche conto in sospeso, Jin era considerato morto dal resto del mondo. Anche dai suoi più cari amici e familiari.

«Non sto cercando di isolarti da tutto e tutti, Jin. È per la tua sicurezza. Se il mondo intero ti crede morto, nessuno verrà a cercarti.»

Per fortuna, però, a Jin era concesso di uscire dall'edificio senza essere scortato, purché indossasse una mascherina. Era stato un esplicito requisito di Jin, perché non sarebbe mai diventato una sorta di schiavo sessuale senza alcun contatto con il mondo esterno.

Pensava spesso alle persone che si era lasciato dietro. C'erano momenti in cui i ricordi dei suoi genitori e di sua sorella riaffioravano e Jin rimpiangeva momentaneamente di aver conosciuto Namjoon e Jeongguk. E adesso che la sua vita sociale era praticamente inesistente, gli mancavano da morire i suoi due migliori amici, Chanyeol e Taehyung.

Pensavano mai a lui? Il senso di colpa lo assalì, mentre li immaginava in lutto per lui, addolorati per non essere riusciti neppure a dirgli addio. Ma lo faceva per la sua sicurezza e quella di Namjoon. Se qualcuno avesse saputo che Namjoon aveva un amante, avrebbero avuto la possibilità di usarlo contro di lui e l'intera banda. L'amore era un gioco pericoloso in quel mondo. Poteva solo ringraziare Namjoon, perché non aveva mai voluto che Jin si conformasse sul serio a quello stile di vita, per non avergli mai chiesto di cambiare, ma di essere sempre se stesso.

Fu allora che sentì la porta d'ingresso aprirsi e qualcuno entrare nella loro suite.

«Joon?» chiamò Jin, solo per esserne sicuro.

Ci fu una pausa e un po' di frastuono prima che ricevesse una risposta. «Sono io, Jin.»

Jin provò un'ondata di sollievo, felice che Namjoon fosse di nuovo al sicuro. (Si ritrovava a preoccuparsi per l'altro più del necessario.)

Si alzò a sedere sul letto, quando Namjoon entrò nella stanza. Namjoon poggiò le ginocchia sul letto e si sciolse nell'abbraccio di Jin, facendoli quasi cadere entrambi.

«Giornata difficile?» sussurrò Jin, massaggiando la nuca di Namjoon nel tentativo di alleviare un po' della sua tensione. Namjoon emise un grugnito che confermò sua intuizione, annuendo con la testa.

Jin fece una lieve risatina, prima di stringere un'ultima volta il suo ragazzo. Si tirò indietro per lasciare un casto bacio sulle labbra di Namjoon. «Mi dispiace. Vuoi parlarne?»

Namjoon grugnì e si lasciò cadere sul letto, alzando lo sguardo per incontrare quello di Jin. «Sto solo risolvendo alcune faccende finanziarie.»

Si strofinò le mani sulla faccia. «È un lavoro impegnativo, tutto qui. E anche fottutamente tedioso, mi ci sono volute ore per finire tutto.» Namjoon scostò le mani dal viso per tornare a guardare Jin.

«Scusami per il ritardo e per averti tenuto sveglio. Avevo davvero bisogno di finire tutto stasera, così non mi ci devo più stressare. Saresti dovuto andare a dormire senza di me.»

«Senza di te?» Jin spalancò la bocca, fingendo un'espressione inorridita che mutò subito in un sorriso. «Come avrei potuto?»

Namjoon ridacchiò, afferrando Jin e tirandolo giù in uno stretto abbraccio. «Sono davvero così irresistibile, eh?»

Jin sorrise contro il petto caldo del suo amante.

Il sorriso di Namjoon invece svanì. «Non è stato questo a rendere la mia giornata difficile, però. Qualcos'altro.»

Jin voltò la testa per guardare Namjoon negli occhi. «E cosa allora?»

Jin si accigliò e le sue sopracciglia si aggrottarono, quando vide l'espressione di Namjoon corrucciarsi per l'apprensione. Si mordeva il labbro e fissava il soffitto, un'abitudine nervosa che Jin aveva visto solo in situazioni particolarmente gravi.

Si scostò leggermente dal petto di Namjoon. «Cosa c'è che non va, amore?»

«Jeongguk, di nuovo.»

Jin sospirò e aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse.

«Sta peggiorando, Jin. È più chiuso in se stesso, più impetuoso e... più crudele. So che questo lo rende un leader perfetto per il Geom-eun Dogsa, ma...»

«È il tuo fratellino. E non vuoi vederlo cadere ancora più a fondo nel baratro, al punto che nessuno potrà più raggiungerlo. Neanche tu» concluse Jin.

Namjoon annuì, accarezzando i capelli di Jin con la mano libera. «Esattamente. Perciò questo pomeriggio, mentre lui era a recuperare alcuni pagamenti dalle imprese sul nostro territorio, sono andato nel suo ufficio personale.»

Jin deglutì, una sensazione di puro terrore si insinuò nelle sue vene insieme alla realizzazione che quella storia non avrebbe avuto alcun lieto fine.

«All'inizio ho solo dato un'occhiata in giro per provare a... scoprire che cosa stesse combinando. Qualcosa che mi aiutasse a capire cosa gli fosse successo di recente, dal momento che lui non vuole dirmelo. Ho aperto uno dei cassetti della sua scrivania e ho dato uno sguardo ai vari documenti. Per un po' non ho trovato nulla di significativo, finché non ho visto l'angolo di una fotografia sporgere da uno di quei documenti. L'ho tirata fuori e... Cristo. C'erano centinaia di foto, se non di più, di quest'uomo. Molto giovane, poco più che ventenne. Insieme alle foto c'erano documentazioni su ogni singolo dettaglio della sua vita. Certificati di nascita, pagelle scolastiche dalla scuola materna al liceo, cartelle cliniche, domande di lavoro, fascicoli con tutti i luoghi in cui ha vissuto, passaporti, documenti bancari e tanto altro.»

Si fermò di colpo, la preoccupazione era dipinta sul suo volto.

«E?» chiese Jin, iniziando ad aver paura di sapere dove volesse andare a parare.

«C'era una tua foto.»

Jin si irrigidì, il volto corrucciato per la confusione. «Perché? Perché dovrebbe esserci una mia foto lì dentro?»

«Nella fotografia ci siete tu e quell'uomo. Dev'essere di parecchi anni fa, perché entrambi sembrate molto giovani, soprattutto lui. Probabilmente era adolescente.»

Namjoon si mosse, allungando una mano sotto al letto e frugando nel suo borsone. Quando tornò a guardare Jin, aveva in mano una piccola fotografia.

Jin la afferrò, girandola per poterla guardare, e il suo cuore cessò di battere per un secondo. In quella foto c'era Taehyung. Il dolce Taehyung, che per Jin era sempre stato un fratello minore, del quale si era preso cura al college, preparandogli da mangiare e dandogli consigli su come sopravvivere nel mondo alla sua tenera età. Taehyung, che era così brillante nei suoi studi da superare chiunque altro sia in termini di preparazione che di educazione, e che nonostante ciò si mostrava sempre umile e gentile con chiunque incontrasse. Taehyung, che era così innocente e spaventato dal mondo da non riuscire neppure a dare un bacio a qualcuno o bere un goccio di alcol in uno stupido gioco come obbligo o verità.

Il respiro di Jin fuoriusciva in piccoli sbuffi, mentre cercava di ricomporsi. Non ci riuscì, perché la fotografia di uno dei suoi migliori amici adesso era nelle mani di Jeon fottuto Jeongguk, che Jin aveva visto fracassare i crani della gente in innumerevoli occasioni.

Si strinse la foto al petto. «P-perché ce l'ha Jeongguk?» balbettò Jin, con il cuore che martellava contro il petto, minacciando di saltare fuori.

Namjoon si leccò le labbra. «Quando ti ho visto in quella fotografia ero sorpreso, ma anche arrabbiato. In più occasioni ho detto a Jeongguk che non avrei tollerato che ti trascinasse in nessuno dei suoi affari, quindi quando è tornato allo studio ero furioso con lui, naturalmente. Mi ha detto che non ti sta coinvolgendo in niente, e che ha quella foto solo perché voleva farti alcune domande su quel ragazzo. Sulla sua personalità o qualche altra cazzata. Gli ho chiesto di dirmi che cosa stesse facendo, perché avesse raccolto tutte quelle informazioni su un civile qualunque.»

Jin annuì, incoraggiando Namjoon a continuare.

«Beh, ha incontrato... Taehyung... mentre interrogava Jeong Gyu. A quanto pare, all'inizio aveva intenzione di ucciderlo per torturare suo fratello maggiore.»

Jin non riuscì a trattenere il sussulto di dolore che sfuggì alle sue labbra. Grosse lacrime grondarono dai suoi occhi, mentre pensava a quanto dovesse essere stato terrorizzato Taehyung. Namjoon gli strinse la mano, nel tentativo di confortarlo.

«Non l'ha fatto, però. Jeongguk ha detto che Taehyung ha in qualche modo stuzzicato il suo interesse. Allettante. Ha detto proprio così. Quindi l'ha lasciato tornare a casa, ma ha deciso di tenere qui suo fratello maggiore. Da allora Jimin segue ogni suo movimento e lo riferisce a Jeongguk ogni notte.»

«Allettante? Vuoi dirmi che Jeongguk... è interessato a Taehyung in quel senso?»

Namjoon sospirò. «L'ha sicuramente lasciato intendere.»

Jin gettò indietro la testa e si morse il labbro, tanto forte da far defluire tutto il sangue da quella zona. «Porca puttana...»

Era consapevole che Namjoon non potesse far nulla per fermare Jeongguk. Era un tacito accordo tra fratelli. Jeongguk non avrebbe mai interferito tra Namjoon e Jin, quindi neanche Namjoon aveva il diritto di farlo, anche se Jin avrebbe voluto il contrario.

«Namjoon, pensi che la sua sia un'infatuazione o un'ossessione?»

L'altro rimase in silenzio.

Se Jeongguk avesse trascinato Taehyung nel suo mondo, Jin sarebbe andato su tutte le furie. Taehyung non se lo meritava. Non meritava nulla di tutto ciò. Non poté fare a meno di immaginare Jeongguk ferire il suo migliore amico, fisicamente ed emotivamente. Jeongguk non era buono come Namjoon. Non era il tipo da andarci piano, né uno incline al romanticismo, tutte cose di cui probabilmente Taehyung aveva bisogno. Jeongguk era rabbia e lussuria che si mescolavano insieme a formare un'unica terrificante persona.

Jin gemette e si portò le mani tra i capelli, tirandoli un po', cercando di sentire tutto meno che il proprio cuore in quel momento. «Merda...»

Terribile a dirsi, ma Jin poteva solo pregare che Jeongguk si fosse interessato a Taehyung unicamente per il suo corpo. Soltanto per quello. Forse sarà soltanto un'altra delle sue avventure di una notte... E poi perderà interesse come sempre. Taehyung tornerà alla sua vita di tutti i giorni e non dovrà mai più avere a che fare con questo stile di vita.

Ma da qualche parte dentro di sé, Jin sentiva che non era così. Jeongguk non avrebbe stipato un vero e proprio archivio con centinaia di documenti nel suo cassetto solo per la scopata di una notte. Quella avrebbe potuto averla ogni volta che voleva. Era stato qualcos'altro ad attrarre Jeongguk quella notte. Eppure, lui e Taehyung erano due poli opposti. Quando Jin provava a immaginarli, riusciva solo a vedere un perfetto yin-yang. La purezza di Taehyung in contrasto con l'iniquità di Jeongguk. E questo preoccupava Jin ancora di più, perché poteva capire il motivo per cui Jeongguk lo trovasse allettante. Probabilmente provava piacere nel profanare l'innocenza altrui con le sue stesse mani.

Jin venne distolto dai propri pensieri quando Namjoon gli posò delicatamente una mano sulla guancia. «Mi dispiace, Seokjin.»

Jin capì che l'altro era sincero dal suo sguardo dolce e dal modo in cui aveva usato il suo nome completo.

«Non è colpa tua, Namjoon. Tu non c'entri niente.»

Namjoon gli rivolse un tenero sorriso complice. «È di Jeongguk, eh?»

Jin scosse lentamente la testa.

Namjoon inclinò la testa da un lato. «No?»

«No. Forse non è neanche colpa di Jeong Gyu. È una spirale di colpe, una combinazione di eventi che si sono accumulati fino a questo punto. Non ho il diritto di dare la colpa a una sola persona.»

Namjoon lo attirò delicatamente contro il suo petto, stringendolo in un abbraccio forte e carico di significato.

Jin si lasciò abbracciare, aggrappandosi alla foto che teneva in mano.










Non c'era nessun vero "aroma di casa", variava da persona a persona e in base alle opinioni e alle preferenze personali. Jeongguk non se ne era mai reso conto finché non era entrato nell'appartamento di Taehyung. Sebbene non fosse un profumo particolarmente forte, perché si trattava pur sempre di un appartamento con aria condizionata e altre stanze accanto, aveva un odore vago ma persistente di spezie e tè del mattino. Eppure, Jeongguk trovò che "familiare" fosse la prima parola che veniva in mente una volta entrato.

Taehyung non era a casa in quel momento. Jeongguk si era assicurato che Jimin lo tenesse lontano per un po', così avrebbe avuto un po' di privacy. Ad essere sinceri, l'appartamento era... strano. Se fosse stata la casa di un'altra persona, Jeongguk l'avrebbe definita di cattivo gusto in maniera a dir poco oltraggiosa, e poi avrebbe voluto dar fuoco a tutto.

L'appartamento in sé era piuttosto piccolo. Una cucina, un piccolo soggiorno con un tavolo da pranzo da un lato insieme a innumerevoli librerie traboccanti di libri, e una camera da letto con bagno annesso. Jeongguk non aveva di certo familiarità con uno stile di vita così umile. Era consapevole del fatto che Taehyung avesse guadagnato una bella somma di denaro lavorando come professore universitario e scrivendo diversi libri di testo, ma stando ai suoi dati finanziari aveva dato via gran parte di essa. Jeongguk non capiva perché lo avesse fatto, considerando che avrebbe potuto vivere in centro e in un appartamento molto più grande di quello, se avesse tenuto per sé tutto ciò che aveva guadagnato.

Jeongguk non poté a fare a meno di fissare il terrificante divano che giaceva nel bel mezzo del soggiorno. Era di una sfumatura di arancione così grezza e brillante che gli facevano male gli occhi solo a guardarlo. Fu comunque una sorpresa per lui vedere lo stato in cui versava l'appartamento. Jeongguk si era immaginato Taehyung come un tipo pulito e organizzato, e invece il suo spazio vitale sembrava un completo disastro, con libri e scartoffie abbandonati per terra e sui mobili.

Quando entrò nella camera da letto di Taehyung, percepì di nuovo un familiare pizzicore sulla pelle. C'era un letto singolo a ridosso del muro con un piccolo coniglio di stoffa appoggiato contro il cuscino. Jeongguk si avvicinò al comodino e aprì il cassetto. Rovistò all'interno, ma trovò solo un taccuino vuoto, un album fotografico e alcune penne. Sentì un po' della tensione che gli faceva serrare la mascella alleggerirsi, quando si rese conto che non c'erano i soliti oggetti che si trovano nel cassetto del comodino di un adulto. Non poté fare a meno di sentirsi un po' soddisfatto per quella rivelazione.

Tirò fuori l'album fotografico e iniziò a sfogliarlo. Non c'erano molte foto di Taehyung, e le poche che c'erano lo ritraevano sempre insieme ad altre persone. Magari ne avrebbe trovata qualcuna da aggiungere alla propria collezione.

Quando arrivò circa a metà dell'album, trovò altre foto di Jin. Aveva affrontato la questione con Namjoon qualche ora prima. A quanto pare, Jin e Taehyung erano stati molto amici per un periodo. Ma Taehyung credeva che Jin fosse morto da diversi anni ormai. Jeongguk pensò distrattamente al giorno in cui si sarebbero incontrati di nuovo.

Immaginava fosse inevitabile, considerando che avrebbe di certo portato Taehyung nella sua camera da letto prima o poi.

Jeongguk non vedeva Taehyung in carne e ossa da diverse settimane ormai, tenendolo d'occhio solo attraverso le numerose serie di fotografie che aveva racimolato. Quelle erano sicuramente di grande intrattenimento per lui, ma Jeongguk desiderava vedere il vero Taehyung. Era un po' come se Taehyung avesse un'energia tutta sua, giovane e vibrante. Come un uccellino che si libra nell'aria e distende le ali per la prima volta. Jeongguk voleva ingabbiarlo, così non avrebbe più avuto alcuna possibilità di volare.

Un breve squillo squarciò il silenzio, e Jeongguk tirò fuori il telefono dalla tasca. Era un messaggio di Jimin.

Taehyung sta tornando all'appartamento. Siamo quasi lì.

Aveva pianificato di andar via prima che l'altro ritornasse, dato che in origine quella doveva essere una visita privata: Jeongguk che ispezionava di nascosto la vita Taehyung. Ma Jeongguk stava iniziando a provare una certa voglia di rimanere e aspettare. Pensava che sarebbe stato interessante vedere la reazione di Taehyung davanti a Jeongguk, in piedi nel suo appartamento, senza permesso.

Così, invece di nascondere discretamente la propria presenza e andar via senza lasciare traccia, decise di essere paziente e sedersi sul logoro divano arancione, con l'album fotografico in grembo.

Jeongguk lanciò un'occhiata all'orologio sul muro, pensato per assomigliare al fluido orologio da taschino dipinto da Salvador Dalì. Il ticchettio ritmico che accompagnava il trascorrere del tempo lo aiutò a calmare i nervi. Non gli erano mai piaciuti i cambiamenti né la disobbedienza, perciò i secondi che volavano via nelle loro sequenze ordinate e cadenzate per lui erano il perfetto ideale.

Mentre iniziava a perdersi nei propri pensieri, sentì qualcuno entrare dalla porta d'ingresso. Incrociò le braccia al petto e si appoggiò allo schienale del divano, aspettando che il minore si accorgesse dell'intruso nel suo appartamento.

Per un po' si sentirono solo dei passi leggeri, prima che Taehyung entrasse nel suo campo visivo.

I suoi occhi si posarono su Jeongguk, che al momento era stravaccato sul divano come se fosse a casa propria. Sentì il petto e la mascella stringersi a quella vista. Davanti a lui c'era l'uomo che detestava e che si era celato all'interno suoi incubi per parecchie notti ormai. Capelli neri e occhi ancora più scuri che lo trafiggevano da parte a parte. Jeongguk indossava un abito costoso, sembrava che fosse appena uscito da un importante incontro di lavoro. Taehyung non poté fare a meno di sentirsi un po' ridicolo con i suoi comodi pantaloni della tuta e la sua maglietta oversize. Iniziavano a tremargli le mani, così le strinse in due pugni, prima che l'altro potesse notarlo.

Taehyung si leccò le labbra ormai secche. «Come sei entrato?»

Le labbra di Jeongguk si incurvarono all'insù, mentre sollevava una chiave e la faceva ciondolare nell'aria, senza dire niente.

«...Perché sei qui?»

Jeongguk gli rivolse un sorriso superficiale. «Pensavo che l'avresti capito da solo a questo punto.»

Taehyung si bloccò. Nelle ultime settimane aveva ottenuto abbastanza indizi da Jimin da rendersi conto per buona parte della mole di curiosità morbosa che Jeongguk nutriva nei suoi confronti. Taehyung era combattuto tra il guardare altrove o sostenere il suo sguardo. Si rifiutava di farsi intimidire da quell'uomo, non importava quanto potente fosse.

Da qualche parte nei meandri della sua mente, Taehyung si rese conto che Jeongguk era bellissimo. Lineamenti spigolosi e definiti, una figura alta e forte, e un viso molto attraente. Se Jeongguk fosse stato chiunque altro, probabilmente Taehyung sarebbe rimasto sorpreso nel vederlo. Ma adesso quella figura gli riportava alla mente soltanto odio e paura.

«Questo non ti dà alcun diritto di violare il mio appartamento. Non è che puoi fare irruzione qui dentro come se fossi il padrone di casa!» sbottò Taehyung, arrabbiato per l'atteggiamento disinvolto dell'uomo sul suo divano.

«Ma io sono il padrone di casa. Mi paghi la maggior parte dell'affitto» rispose Jeongguk compiaciuto, facendo roteare la chiave nella sua mano.

Taehyung fece un'espressione a dir poco confusa.

«Il Geom-eun Dogsa controlla gran parte degli edifici e delle aziende di Seoul. Questo condominio prende una percentuale dei vostri affitti per pagare l'affitto a noi.»

Taehyung sbuffò e si mise le mani sui fianchi. «E perché dovrebbero pagare l'affitto a voi?»

«Perché il loro condominio è sul nostro territorio.»

«Cosa? Quindi adesso hai una sorta di rivendicazione autoproclamata sulle terre? Questo territorio non appartiene a te, e noi ci viviamo per puro caso. Devi essere più arrogante di quanto pensassi, se ci credi sul serio.»

Jeongguk spinse la lingua contro l'interno della guancia, sentendo la pelle tirare un po'. «Questa terra mi è sempre appartenuta e mi apparterrà sempre. È così che funziona questo sistema. E pare che tu sia convinto che la mia... organizzazione sia tutta malevola. La vita a Seoul sarebbe piuttosto difficile anche per qualcuno poco coinvolto come te, se il Geom-eun Dogsa non controllasse la città.»

Si sporse in avanti e si compiacque nel vedere Taehyung sussultare. «Vedi, Taehyung, esiste un ordine naturale delle cose. Il dominante controlla e protegge, mentre il sottomesso supporta e accetta. È un equilibrio importante che troverai in tutti gli aspetti della vita.»

Taehyung alzò gli occhi al cielo. «Parli come un vecchio conservatore che è rimasto ancorato alle tradizioni passate. L'equilibrio del mondo è mantenuto dagli esseri viventi, che coesistono tra loro. Non che dominano l'uno sull'altro come dei bambini. Forse dovresti imparare a separare le tue fantasie personali dalla visione che hai del mondo.»

Jeongguk fece un sorrisetto e si leccò le labbra, consapevole che Taehyung avesse colto la sua implicazione. «Le mie fantasie personali, hm?»

«Sì, non sono mica un bambino. So dei tuoi... desideri nei miei confronti. E io non voglio avere niente a che fare con te, perciò passa oltre e stammi lontano, perché non succederà un bel niente fra noi due!» Taehyung alzò la voce, sentiva la rabbia ribollire nelle vene di fronte a quella contorta maniera di flirtare di Jeongguk.

Jeongguk sollevò un sopracciglio e spostò l'album fotografico dalle sue gambe. «E come mai, dolcezza?»

Il petto di Taehyung si alzava e si abbassava, si alzava e si abbassava, mentre tentava disperatamente di contenere il fuoco che divampava dentro di lui. «Non... chiamami così» lo minacciò. «Sai perfettamente perché ti detesto. Sei un fottuto mostro che rovina la vita delle persone. Hai ferito mio fratello con un coltello, l'hai torturato davanti a me e mi hai costretto a guardare! Va' avanti e smettila con queste cazzate sulla tua stupida piccola banda, non sei qui per difendere o proteggere questa città! Te la cavi sfruttando le persone più deboli e manipolandole! Perché diavolo dovrei voler toccare una persona disgustosa come te?!» urlò Taehyung, perdendo la propria compostezza e arrossendo in viso.

Jeongguk non sembrò prendere molto in considerazione le parole di Taehyung. Si alzò in piedi e spazzolò via la polvere dal suo completo, come se il ragazzo di fronte a lui non avesse appena avuto un micro-esaurimento nervoso.

«Taehyung, non ti consiglierei di fare l'insolente con un uomo come me. Tuo fratello è un patetico traditore che meritava di morire, tu la pensi diversamente solo perché la vedi attraverso la tua prospettiva. E credimi, tuo fratello è ancora vivo solo per il mio interesse nei tuoi confronti.» La voce di Jeongguk era mortalmente seria, gli occhi socchiusi e la mascella serrata.

Taehyung non riusciva più a guardarlo negli occhi, così abbassò lo sguardo sul pavimento, assimilando ciò che Jeongguk gli aveva appena detto. Allora la vita di Jeong Gyu era davvero appesa a un filo, pronto a spezzarsi non appena Jeongguk fosse stato dell'umore giusto.

Dopo diversi momenti di esitazione, mormorò: «Jeon-» Taehyung si interruppe subito e si schiaffeggiò mentalmente per quello scivolone. Non era sicuro che Jeongguk l'avrebbe presa bene nell'apprendere che Jimin gli avesse detto il suo nome, anche se per caso. Taehyung aveva iniziato a maturare una certa simpatia per Jimin e non voleva che gli facessero del male.

«Puoi dirlo. Il mio nome.»

Taehyung sollevò di nuovo lo sguardo. «Tu...»

«Jimin mi ha già parlato del piccolo stratagemma che hai usato con lui qualche settimana fa. Pensavi davvero che me l'avrebbe tenuto nascosto?»

Taehyung aprì e chiuse la bocca diverse volte, prima di sussurrare: «Jeongguk.»

Fu strano sentirlo uscire dalla sua bocca, come se non gli appartenesse. Si sentì quasi sporco nel dirlo.

«Ammetto che sono rimasto impressionato quando Jimin me lo ha detto. Mi piace che tu sia intelligente, creativo.»

Taehyung non sapeva più cosa dire, perciò tenne la bocca chiusa.

Jeongguk avanzò a grandi passi verso di lui, invadendo lo spazio di Taehyung. Si fermò solo quando furono a pochi centimetri l'uno dall'altro. La sua voce divenne più calma, eppure più profonda in quella breve distanza fra loro.

«Il mio nome suona bene su quella piccola bocca adorabile.»

Taehyung tremava visibilmente sotto quello sguardo implacabile.

Le labbra di Jeongguk si incurvarono in un ingannevole sorriso dolce, mentre carezzava la guancia di Taehyung. «Hai paura di me. Te lo leggo negli occhi. Sottomesso di natura.»

Taehyung odiava essere sminuito in quel modo, come se fosse una sorta di bambola.

«Va' a farti fottere» ringhiò, spingendo via Jeongguk.

Non ebbe il tempo di processare alcunché, perché l'attimo dopo venne spinto contro il muro e messo all'angolo da un paio di spalle ampie e una figura incombente.

Taehyung si lasciò sfuggire un gridolino sorpreso e impaurito, ma strinse immediatamente le labbra per trattenerlo, perché l'ultima cosa che voleva era che Jeongguk si accorgesse di quanta paura provasse davvero.

C'era una mano proprio accanto alla sua faccia che gli impediva di muoversi, mentre l'altra mano era premuta contro la sua gola. Quella posizione gli ricordò il loro primo incontro.

Tutto l'umorismo di Jeongguk venne spazzato via, sostituito da qualcosa di ben più oscuro e pericoloso. «L'unico che si farà fottere qui sei tu.»

Taehyung boccheggiò in cerca d'aria. Più la presa intorno al suo collo si stringeva, più la sua trachea veniva schiacciata. Sollevò le mani e cercò di allontanare quella di Jeongguk. Fu tutto inutile, l'uomo davanti a lui era troppo forte perché Taehyung potesse muoversi.

«Dillo» ringhiò Jeongguk, premendo il corpo contro il suo.

Grosse lacrime iniziarono a riempire i suoi occhi, offuscandogli la vista. Con un verso strozzato, balbettò: «Io- Sono io. S-sono io q-quello che si farà fo-ttere!» Non poté fare a meno di provare uno strano senso di verità mentre lo diceva.

Jeongguk sembrò calmarsi considerevolmente dopo aver ricevuto quella conferma (non importava quanto insincera suonasse). La sua mano mollò lentamente la presa sulla gola di Taehyung. Taehyung annaspava per l'aria, pallido in volto e con gli occhi spalancati per il terrore.

Il giovane perse l'equilibrio a causa della mancanza di ossigeno, e Jeongguk gli tenne le braccia per impedirgli di cadere.

Gli piaceva quell'immagine di Taehyung. Eppure, provò un moto d'insoddisfazione sapendo che quella non era la maniera giusta per convincere Taehyung a fidarsi incondizionatamente di lui. Semmai avrebbe reso il divario fra loro ancora più insormontabile, e Jeongguk non voleva... no, non poteva permetterlo.

Mentre Taehyung si riprendeva, pensò a un possibile modo per impedire a Taehyung di scappare da lui. Quando Jeongguk alzò di nuovo lo sguardo sul giovane ragazzo di fronte a lui, Taehyung lo stava già guardando, le pupille dilatate e il viso che tremava come se fosse sul punto di piangere. Taehyung tirò sul col naso.

Jeongguk si rese conto che era ancora aggrappato alle braccia di Taehyung, ma non le lasciò andare. C'erano dei segni rossi sulla sua gola, dove prima si trovavano le sue dita.

Il suo primo marchio.

Jeongguk non vedeva l'ora di poterlo marchiare liberamente, ogni volta che voleva.

«Perché lo fai? Perché non mi lasci in pace?» singhiozzò Taehyung.

Silenzio.

«Non fare domande, se non sei pronto a sentire le risposte.»

Taehyung riuscì solo a chiudere gli occhi e a emettere brevi respiri affannosi. Per un breve attimo, odiò suo fratello per averlo coinvolto in tutto questo. Per aver distrutto la pace che Taehyung aveva raggiunto per la prima volta in tutta la sua vita. Quell'attimo passò in fretta.

Quando riaprì gli occhi, Jeongguk aveva una penna in mano. Non c'era carta in vista e Taehyung provò un'ondata di terrore, temendo che potesse fargli di nuovo del male. Sussultò quando Jeongguk gli prese la mano e la sollevò.

Invece del dolore che si aspettava, percepì il lieve formicolio di una penna che appuntava qualcosa sul suo palmo. Jeongguk stava scrivendo qualcosa... sulla sua pelle. Le labbra di Taehyung s'imbronciarono.

Quando allontanò la penna, sulla sua mano c'erano dei numeri. Taehyung ci mise qualche secondo a capire di che cosa si trattasse, ma alla fine qualcosa dentro di lui scattò. Jeongguk aveva scritto un numero di telefono.

«Perché?» chiese cauto.

«Se vuoi rivedere tuo fratello, dovrai barattarlo qualcosa di pari valore. Quando sarai pronto a fare questo patto, contattami.»

«Non ho intenzione di fare sesso con te, se è questo che mi stai proponendo.»

Jeongguk fece qualche passo indietro, lasciando la mano di Taehyung ricadere lungo il suo fianco.

«Non l'ho mai detto.»

«Ma è questo che intendevi.»

Jeongguk sbuffò divertito. «Non ti resta che scoprirlo, no?»

E con questo, Taehyung venne lasciato da solo nel suo appartamento con nient'altro che sé stesso e i suoi pensieri.

Guardò il numero sulla sua mano. Non desiderava altro che salvare suo fratello maggiore, ma voleva anche lasciare Seoul e non tornare mai più. Si chiese se Jeongguk lo avrebbe inseguito persino allora. Per qualche motivo, pensava di sì.














notes

and it only gets worse!!!

spero che l'aggiornamento a sorpresa vi faccia piacere. avevo voglia di tradurre LIT in questi giorni💕

P.S. vi ricordo che Taehyung è più piccolo di Jeongguk in questa storia. ho scritto le loro età nel cast per sicurezza, perché so che per molti il maggiore tra i due è Tae, but no, not this time. lo dico solo per chiarezza, dato che in alcuni punti l'autrice si riferisce a loro come "il giovane" o "il maggiore" et similia

kithes~
Maddie

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