𝖼𝗈𝗆𝖻𝖺𝗍𝗍𝖾𝗋𝖾
𝟎𝟐 , combattere
season 1 - 𝟪𝟦𝟩 ; xii 𝒚.𝒐
地獄 ─ 𝒋𝒊𝒈𝒐𝒌𝒖 ©s-starspace
« 地獄 »
𝒋𝒊𝒈𝒐𝒌𝒖
𝐓𝐑𝐀𝐒𝐂𝐎𝐑𝐒𝐄 𝐃𝐄𝐋 𝐓𝐄𝐌𝐏𝐎 dalla formazione del 104° corpo reclute. Questo era un periodo di passaggio, nel dettaglio un arco di tempo caratterizzato da ben poche novità e dall'assenza di stabilità, regolarità, nel nuovo stile di vita dei prossimi soldati, poiché il soggiorno al campo sembrava esser ancora precario per quei giovani; tuttavia, lentamente, nella vita d'ognuno iniziava a prender forma una sorta di quotidianità, che prevedeva l'uscita di scena sempre di un minor numero di cadetti.
Tra questi, rischiava di trovarsi il dannato di Shiganshina, Eren Jaeger, che alla vigilia del giorno di prova dell'idoneità al movimento tridimensionale ispirò i suoi compagni con un discorso iracondo e, a tratti, infantile; Eva non voleva sminuire il dolore del ragazzo, tuttavia l'idea di poter uccidere tutti quei mostri per i loro peccati contro il genere umano, in quel momento aveva i chiari toni infantili di un ragazzino che doveva trovare il suo capro espiatorio, un oggetto verso il quale indirizzare la rabbia generata dalla frustrazione dell'impotenza.
Le faceva pena. Non rise quando Eren tornò sconfitto e ferito dal campo per mangiare la cena in mensa, non lo derise, immaginando il peso dell'umiliazione gravare sulle sue spalle. Ma neanche lo compativa o perdonava: aveva fatto la figura dell'idiota, e non lo conosceva abbastanza per poter rivalutare la sua idea.
Corrucciò lo sguardo come segno di disapprovazione, assottigliando gli occhi sottili ed increspando vagamente sprezzante le labbra.
« Per gli idioti come lui forse è meglio mollare e basta, almeno per il loro bene » disse saccente una voce maschile proveniente dalla destra di Eva, attirando immediatamente l'attenzione di questa, comprendendo all'istante che il cadetto seduto affianco era rivolto a lei: « Mi hai davvero strappato le parole di bocca » era sorpresa, stupita, poiché quel ragazzo parve dare voce al suo pensiero, riflesso nell'espressione del suo volto; tuttavia, appena lo riconobbe, lo stupore svanì in pochi istanti, portando la ragazza ad inarcare un sopracciglio e assottigliare il taglio dello sguardo indispettito, velando le labbra di un sorriso beffeggiante.
« Ma non crederti meno idiota di lui, Kirschtein » il sorrisetto saccente di Jean, tipico di chi è conscio d'aver fatto centro con le sue parole, dopo il cambio d'espressione d'Eva parve tendersi, senza ancora vacillare. Corrucciò dubbioso le sopracciglia. « Dai andiamo, non mi paragonare a lui, Krause » scherzava, eppure l'ovvietà espressa dal suo tono dichiarava precisamente che il ragazzo era pienamente sicuro di quel che diceva.
Ah si ricorda il mio cognome, notò lei, ipotizzandone già il motivo: dopotutto, dubitava che il 104° potesse scordare la ragazza patata e con questa forse anche la risata di Krause. « In effetti . . . » concordò « Non è lui che si è guadagnato una ginocchiata nello stomaco il primo giorno » l'accenno di una risata rese cristallino il tono della sua voce, era stata davvero divertente quella scena!
« È divertente sentirlo dalla stessa idiota che il primo giorno ha riso in faccia all'istruttore » Jean volse uno sguardo di sfida ad Eva, appoggiandosi scomposto alla sedia, morbidamente rilassato; Eva sostenne il suo sguardo, stavolta non velato di semplice beffa, ma di divertimento. Incrociò le braccia sotto l'acerbo petto. Parve sul punto di ribattere, ma schiudendo appena le labbra con una silenziosa risata, un tsk piacevolmente divertito spezzò il silenzio di sfida, rifiutata dalla fanciulla. « Touché » si arrese, riconoscendo il suo limite: non era dell'umore.
Rilasso i muscoli, lasciando cadere le braccia sul tavolo, forse in segno di apertura. « È un peccato che dai l'impressione di essere un idiota agli occhi delle persone, hai un cervello che funziona » rispose la fanciulla, accompagnando le parole con la stessa curva divertita delle labbra, aiutando la sua espressività con le sopracciglia, esprimendo un sincero dispiacere, quasi rammarico.
« In che senso? » Jean inarcò il sopracciglio, incuriosito e lusingato dalla lode. Per poco sospettò di una piccola frecciatina.
« La tua ambizione di condurre una vita tranquilla all'interno del Wall Sina ti distingue dagli idioti convinti che sperano di distinguersi in questa guerra, ed il tuo essere diretto ti distingue da chi si affida a scuse e giustificazioni per vivere in pace con sé stesso. Non sei un codardo, semplicemente non sei un dannato che ha solo voglia di morire, il che è fraintendibile in un ambiente come questo . . . » spiegò ovvia, gesticolando con la destra come a render più chiare e fluide le parole del suo discorso; un gesto naturale, non proprio voluto. « . . . avresti dovuto capirlo prima di presentarti in maniera tanto arrogante a Shadis ed ai tuoi compagni » concluse severa, fulminando con lo sguardo spento il ragazzo. Impassibile nelle iridi grigie.
A questo giro, fu Jean a rimaner sorpreso. Non si aspettava di venir compreso con così tanta facilità da una sconosciuta, tantomeno approvato. Incredibilmente, le sue parole tanto razionali sembravano sincere, non meramente cantinellate per deridere le fantasie di un codardo. Eppure non capiva: v'era discordanza, incoerenza tra quelle parole e le azioni della ragazzina; se davvero Krause fosse stata sincera, allora doveva condividere il pensiero di Jean, dato che concordava con egli sui vantaggi che dava una vita tra gli agi e le certezze del Wall Sina, allora perché diavolo lasciarlo? Se parlava con così tanta critica nei confronti di coloro che sceglievano di arruolarsi rincorrendo una vana gloria, allora perché era lì? Le sue parole, la sua espressione, non erano comuni ad uno dei tanti suicidi o ipocriti seduti a quella mensa.
« Se la pensi così, allora perché ti sei arruolata? » gli venne istintivo domandarglielo, coi dubbi chiaramente rappresentati dall'espressione disegnata: le sopracciglia erano corrucciate, lo sguardo assorto.
Eva, in risposta, sospirò stanca, tirando la testa indietro, tendendo i muscoli del collo, prima di raddrizzarsi coi medesimi.
Non le andava di sfiorare l'argomento di Shiganshina, non di nuovo almeno, ma nemmeno di troncare la conversazione, perciò semplicemente alzò al cielo lo sguardo esasperato, inarcando poi in un flebile ghigno saturo di ovvietà le labbra rosate (sebben fosse cosciente del fatto che fosse difficile risalire alla risposta di quella domanda senza i giusti indizi), accompagnando questo alzando delicata le sopracciglia.
« Perchè non vivo più nel Wall Sina »
Dichiarò, lasciando all'immaginazione di Jean le possibili cause.
Il ragazzo distese i nervi, poggiando il gomito destro sul bordo del tavolo al fine di sostenere la guancia destra con il pugno del medesimo lato; Eva scorse nel suo sguardo la ricerca di una risposta, leggendo nei suoi occhi una domanda che Kirschtein sapeva di non dover fare, almeno non quando era certo che la cadetta dinanzi non gli avrebbe risposto.
Krause imitò la sua posa, poggiando però il mento sul palmo destro, tingendo un furbo sorriso sulle labbra, senza scomporre la serietà espressa dal suo sguardo grigio.
« Ho la tua stessa ambizione, Kirschtein; voglio tornare nel Wall Sina » per quanto sature di spirito fossero quelle parole, lo sguardo dalle iridi spente d'Eva non si colorava d'alcuna luce. Era angosciante quel dettaglio del suo viso, poiché tradiva all'occhio più attento la vera natura di Eva: ella era assopita in un sonno privo di emozioni, così tanto represse all'interno delle sue viscere da avvelenarle, così come nell'età dell'infanzia aveva represso il suo carattere; « Allora dovremo darci da fare Krause » ricambiò il sorriso furbo, arricchendolo di una vena d'arroganza. Niente risaltò all'occhio del ragazzo, dopotutto . . . Quella ragazza era ancora una sconosciuta ai suoi occhi.
Quella sera, Eva Krause conobbe Jean Kirschtein.
Nei giorni successivi, furono rade le occasioni adatte a favorire nuove conoscenze, poiché l'addestramento, una volta confermati i numeri, sembrò addentrarsi in altre sfere d'apprendimento dei soldati cadetti, che variavano dallo studio delle informazioni alle prove di forza fisica, stabilendo perciò un nuovo ritmo giornaliero al quale sottostare per mantenere un sano equilibrio tra copro, mente e spirito.
Eva si era, finalmente, addentrata in una nuova e stabile quotidianità, vantante almeno d'una base di certezze, nonostante l'angosciante e persistente incognita sul domani.
୨⭒〄⭒୧
Il Sole pomeridiano splendeva sul cielo sereno sopra la testa dei cadetti, intenti ad allenarsi nello scontro corpo a corpo.
Tra affanni e sudore, si disegnò una scena colma di vari soggetti diversi: v'era chi non prendeva seriamente quell'allenamento, superfluo ed irrilevante per quanto riguardasse combattere i giganti, nient'altro che un requisito in più che sarebbe stato meglio ottenere per la classifica finale, ma anche chi provava ad impegnarsi, conseguendo risultati medi o scarsi, raramente troppo alti.
Lo scopo finale di Eva era, dopotutto, sopravvivere ed imparare a farlo contando solo sulle sue forze, in modo autonomo ed indipendente, perciò tra le sue priorità era compreso l'apprendimento del combattimento corpo a corpo (conscia soprattutto della sua utilità non tanto con i giganti, quanto contro gli esseri umani).
La sua altezza permise il progredire delle sue doti fisiche, favorendola nel prevalere su avversari più minuti, ma non si illuse per qualche vittoria di poco conto di aver appreso un livello di forza e versatilità maggiore rispetto ai suoi compagni: dopotutto, gli sfidanti sui quali prevaleva erano soggetti scarsi, deboli, ed era contro bestioni come Reiner Braun che la sua fermezza vacillava, riportandola ad ogni sconfitta al punto di partenza. Col culo per terra, in altre parole.
Perciò, Eva aveva scelto una determinata cerchia di persone con le quali allenarsi, al fine di non sprecare i pomeriggi sotto il sole e su terra battuta, convinta che ciò bastasse per aiutarla a migliorare (lei non demordeva: se qualcosa rientrava tra le sue priorità, con difficoltà avrebbe lasciato perdere, poiché si affidava troppo alla validità del suo giudizio per retrocedere su qualcosa che aveva già precedentemente scelto), ignara di ciò che effettivamente le serviva per raggiungere un traguardo significativo: tecnica.
Ahia! « Lasci la tua difesa troppo scoperta » la rimproverò il ragazzo, senza saccenza o presunzione nella voce, regolata invece in un tono tranquillo (neanche affannato) e maturo, simile a quello di un maestro.
Eva riprovò nuovamente sotto la guancia del candido viso la durezza dell'arida terra prestata sotto i piedi, certa di essersi guadagnata un altro livido nella caduta. Gentile, gli venne tesa la mano del compagno per aiutarla ad alzarsi; accettò il gesto, notando quanto delicata e ferrea fosse la presa del biondo. La cosa più umiliante è che ci sta andando pure piano, constatò sconfortata Eva dinanzi la sua netta inferiorità. Le mancava il fiato « Lo so, credo che il problema sia . . . » mormorò a fatica.
« . . . ti butti a capofitto, puntando ad attaccarmi con tutta la tua forza. Purtroppo non tutti hanno una forza fisica incredibile come quella mostrata da Mikasa, tu in primo luogo: non hai la forza necessaria per affrontarmi in questo modo » Eva non si mostrò né sorpresa né scocciata, men che mai offesa, poiché riconosceva la veridicità di quelle parole; capì perfettamente anche il messaggio tra le righe, ed ansimò per poter recuperare il fiato necessario a riprendere parola.
« Grazie Reiner » esordì sincera, con l'aspro timbro della sua voce reso più morbido da una evidente nota di gratitudine per quella analisi ─ nonché per la pazienza ed il riguardo. « Capisco che intendi, ovvero che allenarmi con te non porterà a grandi risultati per entrambi » si stiracchiò, sciogliendo poi la lunga chioma corvina per poter riallacciarla in una nuova e salda coda alta, in poche manovre delle candide mani, sporche di terriccio e velate di rosso.
Non espresse stanchezza, nemmeno la sua demotivazione, delusione o qualsiasi altra emozione negativa, dopotutto non poteva considerare il tempo trascorso con il cadetto Reiner Braun come sprecato, poiché lui si prometteva esemplare per l'intero corso dal quale continuamente poteva apprendere.
« Sì, non adesso almeno. Non sono io la persona più indicata per aiutarti a migliorare, sai Eva, hai presente Leonhart? » il fare del ragazzo nei confronti dei suoi compagni ricordava modi vagamente premurosi, sebben questo aggettivo non calzasse alla perfezione all'idea che gli altri stavano iniziando a farsi di Braun; egli era il cadetto che più si avvicinava all'idea di soldato che Shadis si ostinava a promuovere, ed il lato più apprezzato del ragazzo (oltre alla sua onestà ed al suo spiccato senso di giustizia e dovere) era quello caratterizzato dalla sua disponibilità ad aiutare, donando utili consigli.
Eva lo aveva imparato nel tempo trascorso insieme, quindi, non mostrò incertezza nella sua risposta, dopo aver ripescato il viso della bionda dai suoi ricordi.
« Annie? Sì » rispose lanciando uno sguardo nella direzione della ragazza, notando un'altra cadetta con i capelli raccolti in codini stesa e confusa al suolo, riportando poi lo sguardo su Braun ed intuendo le prossime parole del compagno. « Credo che lei sia più valida di me come sfidante. Ha appena atterrato Carolina, prima che se ne vada ti consiglio di rimetterti in spalla il fucile e raggiungerla » Nonostante l'affidabilità del giudizio di Reiner, Eva non si mostrò propriamente convinta: per via della sua sola altezza, era in netto vantaggio rispetto ad Annie, e non considerava propriamente la sconfitta di Mina Carolina come una vincita importante (dopotutto, anche Eva aveva battuto Mina qualche giorno addietro).
Nonostante i suoi dubbi, annuì, e diresse il passo svelto verso Leonhart, prossima ai cancelli del campo.
« Annie! » richiamò la sua attenzione, fermando il suo passo. « Eh? » domandò la ragazza, voltando di poco il caratteristico profilo, dominato da un naso prorompente, incrociando con le iridi cerulee lo sguardo di Eva.
« Ti va di allenarti? » domandò semplicemente, avanzando ora con certezza nuovi passi verso la ragazza, raggiungendola in poco tempo.
Il suo tono era rilassato, privo di tensione o imbarazzo, e la sua camminata sciolta, mentre lo sguardo spento esprimeva determinazione e sosteneva le iridi gelide dell'altra, senza sentirsi in soggezione da questa; Annie parve squadrarla inizialmente, notando il velo perlato di sudore sulla candida pelle scoperta, impastato dalla terra, e ove risaltava qualche livido ed arrossamento.
« Non ti stavi già allenando con Reiner? » non era facile interpretare il tono di voce della ragazza, poiché questo era tanto sottile da esser facilmente frainteso. Le parve di incontrare una sfumatura di dubbio nel suo timbro. Eva si appoggiò al fucile in legno (parte dell'addestramento), ora piantato a terra, accennando a spallucce « Mi sono stancata di lasciarmi cadere a terra, ciò non mi aiuterà in alcun modo. Per quanta forza ci metta nei miei attacchi, non sono riuscita nemmeno a muoverlo dalla sua postazione » si grattò la testa, vagando con lo sguardo in preda alle immagini di qualche istante prima.
Annie Leonhart si girò interamente verso Eva, avanzando qualche passo nella sua direzione, imbracciando il fucile; parve sciogliere la tensione dei suoi muscoli, mettendo le necessarie basi per aprirsi « Questo perché Reiner è più forte di te, probabilmente è uno dei cadetti dalle capacità fisiche più avanzate; non puoi sperare di vincere contro di lui facendo affidamento solo ed esclusivamente sulla tua forza fisica: se l'avversario è più forte, bisogna trovare un modo per raggirare e sfruttare la sua forza contro di lui » gli occhi di Annie parvero illuminarsi, splendere di passione e vita, ripescando dalle profondità del suo animo un interesse che cristallino si rifletteva sul suo viso.
Eva rimase meravigliata.
Non lo diede a vedere, nascose bene la piacevole sorpresa, ma il suo sguardo riusciva a notare anche le più graziose particolarità che mutavano su quel viso dall'espressione assente, probabilmente perché conosceva nei dettagli le caratteristiche di questa noia vuota, poiché era comune trovarla disegnata sul viso di entrambe.
Le persone sembravano più affascinanti quando parlavano delle loro passioni, ed Annie non faceva eccezione. Inoltre, trovava interessante il concetto di Annie, a lei estraneo, poiché ignorante dell'arte del corpo a corpo.
« Come? » chiese, schiudendo appena le labbra, addolcendo il taglio sottile del suo sguardo.
Annie lasciò cadere al suolo il fucile, « Se vuoi, te lo mostro » alzò i pugni in difesa, mostrando con determinazione uno sguardo serio, invitando Eva all'attacco.
Krause esitò, come dopotutto si aspettava Annie. Chissà se lei ci trovasse qualcosa di divertente nella sorpresa che coglieva i suoi avversari, quando questi si ritrovavano a terra. Probabilmente era soddisfacente scorgere dall'alto la sorpresa o fastidio nello sguardo, e comodo eludere le aspettative.
Eva alzò il fucile, preparando un colpo allo stomaco con il bastone di legno, avanzando scattante i primi passi verso la ragazza.
Prima che potesse realizzarlo, Eva si ritrovò nuovamente con il sedere a terra. Si sbalordì, poiché non capiva neanche come potesse aver perso lo scontro in un tempo così immediato, con poche mosse da parte della biondina, il cui sguardo scrutava dall'alto della sua misera altezza Eva interrogarsi curiosa.
« Come . . . » mormorò, corrucciando le sopracciglia. « Non parlare. Riprova » fino a quando non capisci, lasciò per inteso Leonhart.
Con più grinta, Eva si rialzò, imbracciando nuovamente il bastone in legno per attaccare la minuta.
Stavolta, ebbe modo di notare i movimenti della ragazza in difesa, fluidi e precisi, capaci di muovere il corpo di Eva a suo volere; le sue gambe non rispondevano più si suoi comandi, poiché aveva nuovamente perso l'equilibrio dopo che la gamba destra della fanciulla sembrava essersi insidiata tra quelle di Eva, facendo leva in un rovinoso sgambetto.
Non le piaceva l'idea di non rispondere dei suoi movimenti, vittima delle manovre di Leonhart e della gravità, ma riconosceva il potenziale di quei movimenti, e soprattutto la sua mancanza di pronta reazione, probabilmente penalizzata da riflessi intorpiditi.
« Riprova »
Eva lasciò cadere al suolo il bastone di legno, convinta che fosse quell'impiccio a rallentarla.
Tuttavia, il risultato non fu diverso: con un movimento veloce, Annie era riuscita ad atterrare nuovamente in ginocchio Eva, distraendola prima di sferrare un pugno atto a confonderla, per poi calciare il retro del ginocchio, costringendola nuovamente a cadere.
Stavolta, Eva si fece più male, assaporando un accenno del ferroso sapore del sangue in bocca, per il gancio destro incredibilmente potente della ragazza. « Riprova »
Strinse i pugni Eva, ripartendo nuovamente all'attacco, caricando con più forza. E con la medesima, venne respinta. Ricevette come primo colpo una ginocchiata allo stomaco, ed, approfittandosene dell'abbassarsi della corvina, Annie affiancò le mani ai lati della testa di lei, sbattendo questa contro un'altra ginocchiata, lasciando Eva dolorante sulla terra battuta.
Però questo nuovo scontro le permise di comprendere meglio la tecnica di Annie: il suo pugno non vantava di una incredibile potenza, questo era solo correttamente stretto e proiettato, come dopotutto ogni movimento della biondina era più calcolato che rafforzato. Le apparenze non ingannavano: Annie non aveva chissà quale incredibile potenza, ma sapeva come usare a proprio vantaggio quella degli altri.
In qualche modo, giocava d'astuzia.
« Riprova »
Il suo tono era glaciale.
Le iridi cerulee scrutavano con impassibilità Eva, come se prive di emozione umana. Annie prendeva seriamente il combattimento. Ma la corvina non si spaventò, fu solo grata di non esser stata trattata coi guanti di velluto, a differenza di Reiner, convinto di dover proteggere l'avversaria dalla forza dello scontro. Ora che ci pensava, probabilmente quella era la prima volta che si spaccava un capillare del naso.
Alzò lo sguardo sottile, dal taglio ora minaccioso, incrociando le iridi fredde dell'avversaria. Si asciugò un rigolio di sangue che colò dal naso.
Avvertì il suo cuore pulsare l'adrenalina dello scontro nel suo corpo, pronta finalmente a reagire ai movimenti di Leonhart.
Scattò in avanti, senza rialzarsi prima (a differenza delle volte precedenti), alzando un pugno mirato a colpire Annie; osservò i suoi momenti, prestando attenzione a come le sue gambe si muovevano e dando la priorità a trovare un equilibrio. Andò contro la sua difesa, ma quel pugno si rivelò essere solo un diversio: scivolò sulla difesa della ragazza, provando a coordinare un calcio al ginocchio per destabilizzare la sua posa. Questa riuscì a spostarsi in tempo e velocemente, e nel mentre Eva si sporse per riprendere il fucile in legno precedentemente abbandonato, provando a caricare una sorta di fendente destro mirato a colpire il fianco di Annie. Questa lo schivò prontamente con un passo all'indietro, ed approfittò del nuovo equilibrio precario e sbilanciato di Eva per afferrare il fucile con una salda presa a due mani, attirandolo a sé per permettere una totale perdita del bilanciamento del peso sul bacino.
La corvina non fece in tempo a lasciare la presa, perciò si sporse troppo in avanti per riprendere l'equilibrio, in prossimità del viso di Annie. « Impari in fretta » constatò nel mentre, distraendo l'avversaria.
Servendosi del fucile ancora in suo controllo, per far mollare ad Eva la presa, alzò in un rapido e carico movimento il bastone in una traiettoria contro il suo mento, colpendolo da sotto e stordendo la povera cadetta, potendo così strappare dalla presa labile delle sue mani l'arma, lanciandolo abbastanza lontano.
Poi, per atterrare Krause, Annie insidiò le candide dita tra i capelli d'ebano della sua coda, stringendoli saldamente senza dolorosi eccessi di forza, tirando questi all'indietro, trainando il peso del capo per portare Eva a seguire i movimenti decisi da Annie; « Dovrestì tagliarti i capelli »
Si allontanò d'un passo per poter alzare il ginocchio, contro il quale sbattè nuovamente il capo di Eva, che si lasciò sfuggire un flebile lamento. Tuttavia, il colpo fu meno forte del primo, ma abbastanza per chiudere l'incontro ─ seguito da pochi sguardi curiosi.
Eva riuscì a riprendersi, una volta seduta, sebben ancora stordita.
Percepì nuovamente il sapore ferroso del sangue sulle labbra.
Dovrei, confermò Eva ad Annie, incerta sull'averlo detto a voce alta.
Alzò poi lo sguardo nuovamente verso la ragazza, incrociando le sue iridi, ora meno gelide e minacciose, capaci di esprimere tranquillità, rilassando i muscoli tesi.
« Sei incredibile » le venne istintivo, quasi come se non potesse astenersi dall'esprimere in modo diretto il suo parere. Non aveva un tono adulatorio, esprimeva solo sorpresa e rispetto.
« Non è niente di troppo importante » rispose vaga, disinteressata, avanzando qualche passo verso Eva, una volta che questa decise di alzarsi, offrendole un appoggio vista la sua andatura traballante.
La ragazza, sfinita, si appoggiò a Leonhart, ansimando alla ricerca del fiato necessario per proferire le prossime parole.
« Insegnami » chiese semplicemente, senza superbia o arroganza, senza pretendere, ma solo con una semplice richiesta.
Poté scorgere un bagliore nello sguardo di Annie, represso nel profondo di questo, lontano e perso negli occhi cerulei, sincero e genuino, radicalmente legato alla sua persona. Era una sorta di nervo scoperto forse?
Eva non si sorprese. Non poteva essere "niente di troppo importante", non dalla passione che riversava nel combattimento.
E poi, vide la lontana ombra di un sorriso sulle sue labbra, probabilmente non direttamente collegato ad Eva, quanto invece alla sua richiesta: « Va bene. Ti insegnerò a combattere . . . » irrigidì nuovamente e severa il viso, voltando lo guardo con la coda dell'occhio verso la corvina dalle iridi grigie « . . . Ma non credere che sarà una passeggiata »
❪ 地獄。❫ ⤸
⤹ 𝒂𝒅𝒓𝒊'𝒔 𝒔𝒑𝒂𝒄𝒆 ⛓️
FORTUNA CHE DOVEVA ESSERE CORTO ! non dirò la quantità parole ho scritto, spero solo che sia risultato godibile e non troppo lungo e lento ─ provate ad indovinare a voi in caso quante parole vi sembrano, ditemi quanto vi è sembrato lungo ~
Comunque, scherzi a parte, ho un rapporto abbastanza amore odio con questo capitolo, poiché mi è piaciuto scrivere dei legami di Eva e dell'inizio della sua conoscenza con Annie (a proposito, vi è piaciuta la scena anche se abbastanza scontata?) ma è stato estenuante, e lo stesso capitolo è stato soggetto a più cambi d'idea: in teoria, scrivendo ho aggiunto Jean e Reiner, tuttavia non mi pento di averlo fatto
In mia difesa, dico che questi capitoli sono risultati più lunghi non solo perché mi sono persa a scriverli, ma perché era necessario dare una base di conoscenze importanti ad Eva (altri personaggi verranno dopo, non temete) ed ho pensato di metterne più possibili in un solo capitolo, poiché questa prima parte della storia è dedicata agli anni dell'addestramento, quindi ai rapporti con i compagni, ed aggiungi che il loro evolversi verrà curato molto ─ in particolare il rapporto con Annie cara.
Poi, ho pensato di rendere il capitolo 3 una sorta di capitolo molto soft e tantissimo di passaggio, e dopo quello volendo possiamo iniziare il countdown per la battaglia di Trost.
Poi, vorrei un consiglio: è meglio secondo voi presentare capitoli lunghi ma con più cose o capitoli brevi con una cosa a testa?
Poi, piccolo retroscena: dall'inizio della progettazione di Eva, io mi sono detta "questa andrà d'accordissimo con Jean", davvero, li vedo molto bene come amici; poi, diciamo che approfondivo l'intero loro rapporto con una superflua descrizione vagamente spoiler, che però mi sono risparmiata, pensando di riutilizzarla quando magari questo sarà chiaro ai lettori. Detto ciò, impallidisco dinanzi al conteggio delle parole attuali e corro a finire latino!
𝒄𝒂𝒅𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒌𝒓𝒂𝒖𝒔𝒆
pub: 𝟢𝟥/𝟢𝟤/𝟤𝟢𝟤𝟤
地獄 ─ 𝒋𝒊𝒈𝒐𝒌𝒖
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