Intervista a @suonidissonanti
1. Qual è il significato del tuo username?
L'username "suonidissonanti" in realtà ha più significati: l'aggettivo dissonante è di solito associato a qualcosa di stonato, di negativo, io nei difetti, nelle dissonanze delle persone cerco di vedere l'unicità di ognuno. I suoni dissonanti sono quelle persone e quegli eventi della nostra vita che ci sconvolgono e portano scompiglio. All'inizio possono sembrare caos, poi a un certo punto ti rendi conto che quei suoni hanno un senso e sono musica; un altro motivo per cui ho scelto proprio questo username è legato al desiderio e alla volontà di essere una voce fuori dal coro. Spesso sono stata definita strana. Perché allora non fare della stranezza un marchio di fabbrica? Sono dell'idea che se devo essere strana meglio esserlo fino in fondo, meglio essere quella nota stonata che invece di cantare "Sì" suona un "D(N)o". Potete chiedermi tutto, tranne di non essere me stessa.
2. Qual è la storia (da te scritta qui su Wattpad) a cui sei più legato/a?
Hm...domanda difficile. Sono una tipa sentimentale e di solito mi affeziono a tutte le storie. Forse "La Poesia dei Fiori" è la mia preferita, sebbene la trama e i personaggi siano totalmente inventati. Ho la netta impressione che quando il romanzo sarà finito sarà come averci lasciato dentro svariati pezzi della mia anima. Quei pezzi rimarranno per sempre chiusi lì e forse non mi apparterranno mai più.
3. Qual è il personaggio (da te creato) che ti è rimasto nel cuore? Parlaci un po' di lui/lei.
Ho un cuore piuttosto largo e allo stesso tempo selettivo, perciò i personaggi sono due: Fulgenzio e Isidoro. Fulgenzio è un personaggio che ho creato tre anni fa ed è rimasto chiuso nel cassetto; ho delle grandi aspettative su di lui. Sogna di diventare un ballerino di danza classica in un periodo buio della nostra storia Mentre il Fascismo lo vorrebbe soldato, lui desidera volare grazie all'arte ed esibirsi nei grandi teatri d'Europa. A causa della sua passione viene considerato effeminato, debole e "pericoloso". Fulgenzio è un'anima ribelle, ascolta musica jazz (a volte alcuni dimenticano che fu vietata), frequenta un locale di anarchici e ama un'ebrea. Tutto ciò che è vietato finisce con l'essere centro del suo amore. Fulgenzio l'ho creato per ricordarmi che i divieti a volte sono stati creati per la nostra sicurezza, e altre volte servono soltanto per incutere paura. Nel secondo caso bisogna rompere le regole. Cosa dire di Isidoro? Lui è il protagonista di "La Poesia dei Fiori", è dolcissimo (a volte un po' timido), ma quando parla ha sempre la poesia in bocca. Io e lui ci assomigliamo un poco: possiamo stare per ore in silenzio senza sentire la necessità di parlare con qualcuno. Isidoro ama la natura e i fiori (non a caso fa il fioraio), è sordo, possiede una grande fantasia e, sebbene sia un'anima fragile, possiede una grande forza interiore. Con le sue parole riesce a risollevare se stesso e i suoi cari, è generoso e vorrebbe che le persiane attorno a lui siano tutte felici.
4. Da dove prendi l'ispirazione?
Dipende. A volte arriva da un quadro, altre volte dalla musica (classica soprattutto), a volte dall'osservazione della natura, da un libro di filosofia o da un romanzo, anche i film sono spesso stati d'aiuto. Altre volte ancora, i personaggi arrivano come un grido, come se fosse una richiesta da una coscienza venuta dal passato o dall'altro lato dell'universo, ed è come se fossero loro a raccontare la storia, e io dovessi soltanto trascriverla. Forse l'ispirazione la prendo anche da Dio, seppure sia agnostica la parte più profonda di me vuole crederci. Poi, ovviamente, alcune idee le prendo dal mondo reale: mi capita una cosa e penso "Però, questa persona o questo fatto non ci starebbero male in un romanzo". Quando ho un dubbio o non so come fare procedere una storia leggo qualcosa di Khalil Gibran. Non so quante volte ho letto i suoi racconti, ogni volta ci trovo nuovi spunti di riflessione. Infine ho ideato un metodo: quando ho voglia di sperimentare prendo delle parole a caso e cerco di trovare un collegamento. E' semplicemente divertente. Il racconto "La Trappola" è nato così: ho preso le parole "matrimonio", "campane", "ghigliottina", "robot" e "rivoluzione" e mi sono detta "Che cosa hanno in comune?". Alla fine sono venuti al mondo Rachele e una potente distopia sul capitalismo.
5. Dove sono ambientate le tue storie?
Principalmente in luoghi reali ed esistenti. Di solito scelgo una città che mi piacerebbe visitare. Metti caso che un giorno divento famosa e quando i miei libri diventeranno dei film, obbligherò i registi a invitarmi sul set, così intanto visito pure la città.
6. Romance o Horror?
Da leggere, preferisco l'horror. Il genere romance è sfruttato e bistrattato e, purtroppo, spesso i risultati sono scarsi. Da vedere al cinema meglio romance, i film horror non mi divertono. Alcuni li trovo stupidi, altri mi fanno accapponare davvero la pelle e mi vengono gli incubi. Da scrivere è indifferente, mi piace spaziare.
7. Qual è la tua definizione della parola "successo"?
Allora, qui voglio partire da un presupposto: spesso tendiamo a confondere la parola "successo" con la parola "fama". Il successo è quando compiamo una qualsiasi azione, ci impegniamo e ci viene dato un riconoscimento. Avere successo può essere cucinare una lasagna e ricevere i complimenti dalla propria famiglia; può essere svolgere il proprio lavoro con dedizione e ricevere ogni mese la busta paga, prendere un otto a scuola o avere la soddisfazione di riuscire a pagare l'affitto. La fama invece è quando stai facendo una passeggiata per conto tuo e vieni paparazzato, le persone ti fermano per chiedere un autografo o un selfie; la fama è quando non sei presente e la gente continua a parlare di te, in modo positivo o anche negativo. La fama è difficile da gestire, e non sempre viene conferita alle persone giuste. Il successo, bene o male, è fatto di piccoli passi quotidiani. Nel nostro piccolo tutti possiamo raggiungere un successo: per esempio quando vado a letto e penso "Oggi ho aiutato qualcuno, ho raccolto una bottiglietta di plastica, ho abbracciato i miei cari e ho finito quel racconto che stavo scrivendo", così so di poter morire felice. Ecco, avere successo nella vita per me è questo: non avere rimpianti.
8. Da piccolo/a ti piaceva leggere?
Tantissimo. Mi piaceva così tanto che ero io a leggere la favola della buonanotte a mia madre. Poi c'è da dire che alla fine di ogni anno scolastico chiedevo ai miei genitori libri e cruciverba. Il mio concetto di regalo corrispondeva con un libro. Tutt'ora, se vuoi farmi felice, portami in una libreria e sarò come una bambina nel paese dei balocchi.
9. Quando hai iniziato a scrivere?
A dodici anni. Scrivevo poesie e poi avevo creato un piccolo rimario. Ho cominciato a scrivere qualcosa di più serio attorno ai sedici anni: poesie, racconti e qualche idea buttata giù per un romanzo.
10. Che rapporto hai con la punteggiatura?
Travagliato. Quando partecipo ai concorsi i giudici mi dicono "Punteggiatura corretta, grande padronanza ma" (c'è sempre quel ma), "devi usare più punti e meno virgole. Devi scrivere frasi più corte, devi evitare i due punti, e i punti e virgola sono sconsigliati. Scrivi frasi sintetiche". Onestamente gli stili moderni non mi fanno impazzire, né quando scrivo né quando leggo. Trovare uno o più punti a ogni rigo mi innervosisce. Inoltre, avendo cominciato a scrivere con delle poesie, tendo ad attribuire dei significati simbolici alla punteggiatura. Gli spazi per me sono importanti tanto quanto le parole.
------------------
Ecco a voi l'intervista di @suonidissonanti!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top