.𝟐.

Erano trascorse due settimane da quando Patroclo si era sistemato nella sua nuova camera. Si era già abituato alla cittadina di provincia in cui si era trasferito, ma ciò che lo turbava era la mancanza delle stelle nel cielo. Si era sporto dal davanzale della sua finestra nel corso di quelle notti afose, ma erano poche le stelle che era riuscito a osservare. Non poteva neanche contrastare il caldo andando a nuotare in quanto l'unico specchio d'acqua presente fosse un piccolo torrente torbido. Due settimane in cui esplorò la sua nuova città, fermandosi di fronte a ogni vetrina, comprando gelati e sedendosi in solitudine su una panchina del parco comunale. Per quanto si sforzasse, nessuno dei suoi vecchi compagni di avventura sarebbe arrivato a invitarlo a una partita di calcio improvvisata sul prato verde del parco, né nessuno avrebbe cercato di rubargli il cono gelato.
In compenso, ancora qualche giorno e sarebbe iniziata la scuola. Provava un moto di agitazione al pensiero di doversi presentare a una classe in cui tutti si conoscevano. Forse la sua era una paranoia infantile, ma fino a quel momento non si era mai trovato in quella situazione: lontano da casa, in un luogo in cui non conosceva nessuno. Fino a quel momento era vissuto tranquillamente nel suo piccolo mondo fatto di passeggiate sulla spiaggia con lo schiamazzo dei suoi amici in sottofondo, di notti trascorse sul tetto a ritrarre il cielo stellato con i colori ad olio, a leggere sotto l'albero di arance che avevano piantato decenni prima i suoi anni nell'ampio cortile. Adesso non poteva più osservare le stelle e le uniche arance disponibili erano quelle che aveva acquistato sua madre al supermercato. L'unica costante era la frequenza con cui continuava a imprimere sulla carta ciò che vedeva. Una fila di fogli impilati in un angolo della stanza ancora quasi completamente spoglia era la dimostrazione che non aveva abbandonato la sua passione principale, a cui continuava a dedicarsi incessantemente. I condomini che osservava dalla finestra non avevano la stessa carica emotiva del mare in tempesta, ma si accontentava. Passarono così gli ultimi giorni di vacanze estive, con Patroclo sdraiato sul pavimento della sua camera vicino al ventilatore, in canottiera e pantaloncini sgualciti con un blocco da disegno tra le mani. Non poteva prevedere che a breve sarebbe avvenuto il secondo evento volto a sconvolgere il suo piccolo mondo.

Era il 12 settembre, il primo giorno di lezioni. Patroclo iniziava a percepire l'avvicinarsi dell'autunno, benché non lo avesse mai avvertito così presto. Supponeva fosse dovuto al clima diverso a cui era abituato. Quella mattina uscì presto e si svegliò ancora prima. Era insolito anche per lui, sempre attento ad arrivare puntuale. Proprio per quel motivo voleva evitare spiacevoli sorprese, come arrivare in ritardo il primo giorno di scuola. Nei giorni precedenti aveva provato a prendere l'autobus che lo avrebbe portato in prossimità della scuola, così da non trovarsi impreparato. Aveva anche avuto la possibilità di fare un giro turistico della scuola accompagnato dalla vicepreside qualche giorno prima. Non si aspettava di trovarsi di fronte alla Villa Reale, né che un'area del palazzo fosse stata adibita a liceo artistico. Aveva intravisto alcuni studenti in cortile, benché definirlo cortile gli risultasse un termine riduttivo, che discutevano animatamente. La vicepreside gli spiegò che quel gruppo di studenti – tra cui si trovavano anche alcuni suoi futuri compagni di classe – si trovavano lì straordinariamente per un concorso. Patroclo non ricordava se avesse aggiunto altri dettagli in merito, distratto dagli ettari di parco che si estendevano fuori dalla una delle innumerevoli finestre. Se ne avesse avuta la possibilità, non avrebbe esitato ad addentrarsi per i corridoi e le stanze del palazzo neoclassico, cercando di ridisegnare nel suo album gli affreschi e i dettagli architettonici. Inoltre l'immenso giardino avrebbe rappresentato una fonte infinita di ispirazione. Si era spesso cimentato nel raffigurare fiori e quel parco così verdeggiante si sarebbe dimostrato un ottimo studio di botanica.
Anche il ragazzo biondo con la t-shirt bianca sarebbe stato un ottimo studio di anatomia, constatò, mentre la vicepreside lo riaccompagnava all'uscita al termine del tour. Aveva sempre avuto una buona vista, quindi nonostante la distanza riuscì a scorgere chiaramente il volto vagamente abbronzato di quello studente. Sembrava appartenere a una dimensione diversa rispetto agli altri adolescenti, completamente incurante della loro discussione, osservava con vivo interesse gli spruzzi d'acqua della fontana. Si trattenne da interrogare la professoressa riguardo l'identità di quell'alunno, ma sperava vivamente rientrasse tra i suoi futuri compagni di classe. Era abbastanza sicuro di essere stato visto dallo sconosciuto, dato il placarsi delle chiacchiere del gruppo quando lasciò il palazzo. Probabilmente erano curiosi quanto lui di scoprire le rispettive identità, ma per quello avrebbero dovuto pazientare ancora qualche giorno.

Il 12 settembre Patroclo aveva perso l'autobus. O meglio, sarebbe stato più corretto affermare che avesse perso l'autobus giusto e che nella fretta fosse salito su quello sbagliato. Fu quando si rese conto che il paesaggio che vedeva faticosamente dal finestrino, a causa della calca di persone sull'autobus, differiva da quello che aveva visto nei suoi precedenti tentativi, che Patroclo scese alla prima fermata disponibile. Controllò con attenzione la tabella con gli orari dei vari mezzi e le differenti linee. Poteva affermare con certezza che non gli mancava andare a piedi a scuola accompagnato da un paio di amici, ma si sarebbe abituato anche a questo cambiamento. Non poteva fare altrimenti. Attese pazientemente una decina di minuta prima che passasse l'autobus giusto. Sfortunatamente non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo a scuola. Avrebbe impiegato almeno trenta minuti in più, mentre ne mancavano quindici alle otto. Mandò un messaggio a sua madre in cui la avvisava del fiasco. Poi salì sull'autobus, dopo aver controllato che si trattasse di quello corretto. Trenta minuti dopo dovette percorrere a piedi le ultime decine di metri che lo separavano dalla scuola.

Gli sembrava un sogno il fatto che un'ala della villa era il luogo dove avrebbe frequentato il resto delle scuole superiori. Doveva sembrare un idiota, in piedi di fronte all'imponente reggia e lo sguardo trasognato. Era già in ritardo e avrebbe dovuto attendere fino all'inizio della seconda ora prima di entrare, quindi qualche minuto trascorso a osservare a distanza l'edificio non avrebbe fatto la differenza. Erano le nove meno un quarto e Patroclo decise che fosse arrivato il momento di dirigersi alla ricerca dell'aula in cui avrebbe trascorso il resto della mattinata.
Improvvisamente aveva paura. Aveva paura di essere l'unico studente in ritardo, di avere puntato su di sé lo sguardo dei suoi compagni di classe, di fare una cattiva impressione, di non trovare l'aula. Aveva iniziato a sudare senza rendersene conto, mentre muoveva i primi passi in direzione di quella costruzione ora così spaventosa.

Poi, come un angelo custode, quello stesso ragazzo biondo dalla pelle leggermente abbronzata comparve al suo fianco. Aveva gli occhi del colore dell'acquamarina, contornati da lunghe ciglia. I capelli dorati gli raggiungevano le spalle, alcuni ciuffi erano raccolti in una coda appena accennata. Non indossava più un'anonima t-shirt bianca, benché anche quel giorno indossasse un completo della stessa tinta. La camicia bianca dal tessuto quasi trasparente coi  convenientemente sbottonati. Sulla pelle abbronzata del collo emergeva una catenella d'oro da cui prendeva un ciondolo in turchese.

“Che sollievo, quindi non sono l'unico in ritardo.” disse il giovane sconosciuto, accennando un sorriso “Credo di non averti visto prima, sei nuovo?”
“Sì.” si limitò a rispondere Patroclo. Anche se non fosse stato un nuovo studente, dubitava che il biondo potesse ricordarsi i volti di tutte le persone incontrate a scuola.

“Scherzone, credo di averti visto qualche giorno fa. Sei tu il ragazzo che è venuto a fare il giro della scuola, no?” si corresse il ragazzo.

“Proprio io.” gli diede ragione Patroclo. Continuava a distogliere lo sguardo dal biondo – nonostante avrebbe continuato volentieri a fissare la manciata di lentiggini che copriva le sue guance – benché quest'ultimo risultasse magnetico. Sembrava che esistesse apposta per essere osservato, ma Patroclo non voleva risultare scortese.

“Quindi suppongo di non poterti offrire una visita guidata...” rifletté il biondo “A meno che... che indirizzo frequenti?” chiese poi.

“Arti figurative, sono al quarto anno.” specificò Patroclo, per poi sistemarsi una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio, nel tentativo di distrarsi dal volto del biondo di cui ancora non conosceva il nome.

Il sorriso sul volto del ragazzo si allargò, scoprendo i denti bianchi come l'avorio “Siamo nella stessa classe!”

Patroclo dovette ricorrere a tutta la sua forza interiore per nascondere l'entusiasmo provato nell'apprendere quanto affermato dal ragazzo.

“Comunque, mi chiamo Achille.” si presentò il ragazzo.

Achille. Il pelide Achille. Achille piè veloce. Il re dei Mirmidoni e tanti altri appellativi. Patroclo aveva letto con abbastanza attenzione l'Iliade da considerare quel nome famigliare. Trattenne un sorriso quando fu il suo turno di presentarsi. Si trattava solo di una coincidenza, nonostante ciò era euforico – e anche leggermente imbarazzato.

“Patroclo.”

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