• capitolo uno - il ritorno del male
Italia, 2022
L'Italia era sempre stato un luogo che ammirava: monumenti artistici in ogni angolo delle città, cibo delizioso, macchie di natura dappertutto.
Roma comprendeva tutte quelle cose.
Su quelle gradinate di Piazza di Spagna, in un'afosa giornata primaverile italiana, una giovane leggeva un libro antico e impolverato.
Bella come il sole che picchiava forte sul marmo, brillava con il suo abitino rosso ornato da una cintura nera. I lunghi folti capelli, castani come le sue iridi, erano acconciati con un fiocco del colore della cintura.
Rose Potter era apparentemente serena, una pura sedicenne in vacanza.
Ma ciò che sembra non sempre coincide; ella leggeva libri, in ogni lingua possibile, per ricavare informazioni su ciò che potesse accaderle.
Da mesi avevo perso i contatti con la propria famiglia, con tutti i suoi amici e con qualunque persona di Londra. Tranne con Jonn.
I due decisero di intraprendere questo viaggio poco dopo la morte di Lord Voldemort, ucciso dall'omega, l'unica a poter finire ciò che Regulus Black aveva iniziato.
Black. Non aveva mai pensato che aveva un forte legame con quella famiglia, che fosse il ponte tra due antiche famiglie di così tanto prestigio.
Ma, nonostante tutto, l'unico componente di una casata importante era proprio lui, il Riddle indesiderato.
"Rose! Ti ho cercata per tutta Roma. Che stai facendo?"
Jonn era talmente sudato che sulla maglietta grigia erano più che evidenti macchie bagnate.
Passò la mano tra i suoi capelli, che lo rendeva ancor più attraente, e si sedette accanto a lei.
Prese il libro dalle candide mani della fanciulla e si prese la libertà si stendersi su ella stessa.
"Quante volte devo dirti che non devi fare queste cose!" esclamò cercando inutilmente di allontanarlo.
"Non ti libererai facilmente di me, principessa. Sei ancora arrabbiata con me, dopo più di sette mesi?"
Rose capì a cosa si riferiva: le aveva mentito su tutto, dal lontano 2019 a quel giorno.
L'aveva ferita così tante volte che l'amore provato non era nulla a confronto dell'orgoglio.
Forse era vera la leggenda dell'amore solo tra dannati.
"Certe cose non si dimenticano"
I suoi occhi si dipinsero dell'incredibile rosso che ribolliva nella sue vene ad ogni suo tocco, ad ogni scambio di sguardi.
Alzò il corpo ardente del giovane e si alzò.
"Ti aspetterò ancora, Hayley Smith"
Il suo nome in codice...
"L'attesa è lunga, Jeremy Salazar. Ci vediamo a casa"
"Quando mi darai l'onore di dormire accanto a te?" chiese egli osservando la sua figura scendere gli scalini attentamente.
"Mai!" urlò lei cercando di non voltarsi per orgoglio.
Ormai Rose aveva chiuso con l'amore da quando l'unica persona che aveva amato era la stessa che l'aveva ferita continuamente.
Ad ogni suo tentativo di riavvicinarsi a lei, Rose lo allontanava e il loro rapporto si ridusse esclusivamente alla ricerca di Kezial.
L'Angelo Creatore era così vicino ormai; la città santa, il Vaticano, era purtroppo il luogo proibito per Rose. L'avevano cacciata prima ancora di varcare il confine.
Erano sul punto di partenza: Kezial era vicino.
Non conoscevano il suo aspetto, la sua presunta età, il suo lavoro o la sua identità; motivo secondario del divieto di relazione durante la missione -il primo era ignoto alla ragazza-.
Dopo aver lasciato Jonn, ella si recò in un bar che spesso frequentava, specialmente durante i giorni in cui non subivano attacchi da Mangiamorte o membri della congrega. Aveva sempre ucciso a sangue freddo i loro capi.
Entrò nel localino accogliente, risalente al 1956, gli anni d'oro italiani, e si avvicinò al bancone.
L'aroma del caffè attraverso le sue narici, invadendo la mente e ammirando quell'odore.
"Me' dica tutto pischella" disse l'anziano barista bassino alle prese con le macchine da espresso.
Non riusciva a capire come mai le ricordava il rozzo proprietario dell'hotel di Sutton...
"Scusi?" chiese Rose arrossita poiché il romanesco non era il .
suo forte, nonostante la lunga permanenza in città.
Non capì il termine scherzoso pischella, ovvero ragazzina, fanciulla.
"Er caffè americano, acqua?" chiese l'anziano, che la prese sul ridere.
Rose si voltò alla sua sinistra, verso un giovane uomo apparentemente inglese.
Egli aveva i capelli sul castano chiaro, le labbra carnose -dettaglio saltato all'occhio- incollate alla tazzina dell'Espresso, gli occhi nocciola.
Un uomo così proporzionato e semplicemente perfetto, anche nel vestiario, non l'aveva mai visto.
"Inglese?" gli chiese poggiando il palmo sulla camicia bianca che indossava.
I loro occhi si incrociarono; sentì le dita fremere alla contrazione del muscolo e quel tocco arse.
"Oh, certo. Dimmi" rispose con una voce profonda e melodiosa.
"Ehm, sembra imbarazzante ma è la prima volta che sento qualcuno parlare romano e quando vengo mi serve sempre una ragazza francese"
Stava farfugliando.
Vide le labbra dell'uomo contorcersi in una risata, che la coinvolse in uno stato di totale imbarazzo.
"Antonio, due caffè a tavolino. Vieni, ho una domanda"
Domanda? Bello ma strano come uomo.
Si sedettero al tavolino di legno circolare che affacciava sulla strada principale, un paesaggio nato dall'incrocio di antico e moderno.
Rose poggiò sulle proprie gambe il grande libro - Mitologia Magica, mito e realtà- e posò lo sguardo su egli.
Istintivamente portò la mano sui simboli dannati, riconoscibili solo da abili maghi o da dannati stessi.
"Strega inglese, vero?" chiese sorseggiando il suo secondo caffè.
"Mago inglese, vero?"
"Esattamente. L'ho capito da ciò che stai nascondendo con il palmo e dal libro per niente esuberante che porti. O sei una svitata o non me lo spiego"
Fin troppo perspicace.
Dunque, sapeva dei dannati e del libro. Qualcosa le diceva che egli aveva ben studiato la Mitologia Magica: uno dei miti raccontava la storia di un angelo biasimato a camminare sulla Terra finché il successore non lo faccia innamorare, cadere negli Inferi.
Una storia che ella ammirava molto, forse per il macabro lato romantico: passione e amore fusi in un peccato.
"Il mito di Hellebore, divenuto una pianta?" chiese curiosando la pagina che aveva aperto per errore.
"Perché hai fatto portare i caffè qui?"
Rose cambiò discorso, in modo da poter studiare meglio l'uomo.
Tutti potevano essere Kezial
Egli sorrise, una risata sincera; si morse il labbro inferiore carnoso e portò lo sguardo sulle dita frenetiche della ragazza.
"Mi ricordi qualcuno, tutto qui" disse porgendole la mano e stringendo le sue dita fredde.
Rose sentì un calore avamparsi lungo il corpo, attraversare le viscere e tramutarsi in una scossa nel contatto.
"Kai Reelson, piacere di conoscerti"
"Hayley Smith" rispose ricambiando il sorriso
"Allora è vero che tutti gli inglesi sono Smith?" chiese ridendo, come se volesse prenderla in giro.
Portò la tazzina di caffè sulle labbra e iniziò a sorseggiarlo, senza mai abbassare lo sguardo da Rose.
"Sii onesto" disse la ragazza; la situazione le puzzava troppo...
"Sempre onesto"
"Mi hai avvicinato per i miei simboli dannati?"
Egli osservò i simboli scoperti: un serpente, una rosa, i doni della morte, una spada e una saetta.
"La stella dell'Angelo Creatore. Senti, Hayley, posso davvero aiutarti a controllare i tuoi poteri se m-"
"Non voglio questo"
Aggrottò le sopracciglia e si avvicinò ad ella, che rabbrividì ancora.
"Voglio solo un aiuto, io e il mio socio non abbiamo nessuan informazione necessaria"
"E perché pensi che io sappia qualcosa?"
"Perché sei uno dei custodi dei segreti, anche il tuo bel marchio scintillante dovrebbe essere nascosto col palmo"
Una chiave brillava effettivamente sulla mano dell'uomo.
"Perspicace. Dunque, ti dirò tutto quello che vuoi, solo a una condizione"
"Sarebbe?"
Scosse la testa e si alzò dal tavolino, lasciando accanto alla tazzina vuota un bigliettino da visita:
Studio Psicologia e Psicoterapia
Dott. Kaeden St. Reelson
Via Frattina 12 - Roma (RM)
"Fa al caso tuo uno psicologo"
Rise nuovamente allo sguardo fulmineo della giovane.
Strana l'Italia.
-
Londra, 2022
Ormai era passato tanto tempo dall'ultima volta che Harry Potter, eroe pelide degli inglesi, non vedeva la sua cara figliola.
Una figlia avuta clandestinamente con la donna che più l'aveva ingannato, una sorte che probabilmente avrebbe colpito anche la piccola Rose.
Subito dopo la sua partenza improvvisa, egli decise di fare il passo più lungo della gamba: spedire una missiva a Morgana.
《 Sono consapevole che questa lettera non sarà di tuo gradimento, ma non avevo scelta.
Non so come comportarmi con nostra figlia, nata dopotutto dall'amore.
Scappare è la cosa che le viene meglio e che fa di continuo. Era appena tornata dal viaggio dopo la morte di James e già è andata via...
Non voglio sbilanciarmi, vediamoci ad Hogwarts, domani sera.
Harry》
E l'indomani Morgana si presentò da quell'uomo che le rese la vita migliore rendendola madre e peggiore per aver patteggiato quella stessa bambina per la sua libertà.
Harry era seduto sulla piccola collina antecedente la capanna del suo amico Hagrid, il grande gigante buono, che aveva vegliato sui figli negli ultimi anni.
Indossava abiti quasi adolescenziali, forse per ricordare il loro primo appuntamento tenutosi proprio su quel ceppo d'erba.
"Non ti bacerò di nuovo, Potter, non siamo più nel '95" disse quella voce che per lui era come il Paradiso.
Un ambiente celeste che si fondeva con il calore delle fiamme infernali.
"No che ci sperassi"
Si voltò e si accorse che anche lei abbandonò gli abiti regali e si lasciò al jeans e alla felpa.
In quel momento, dopo anni di guerra e freddezza, sedevano accanto col capo di Morgana appoggiato alla spalla dell'uomo.
"Grazie, Harry"
"Per cosa?"
"Per avermi donato Rose, l'unico motivo per cui lotto ancora con me stessa e il male che la percuote."
Sentì i capelli essere accarezzati dalle mani di Harry: amava quel tocco leggero e timido, impaurito dal pensiero di aver sbagliato.
"Grazie anche a te, Ana. Ti ho odiato per contrastare il mio amore per te. Ho provato ad allontanarti, ma dalla notte in cui Rose è nata, ti assicuro, che sei stata il chiodo fisso nella mia mente.
Dobbiamo solo sperare che lei stia bene..."
"Harry, lei sta facendo quello che noi non abbiamo fatto. Sta lottando per ciò che ama e per quello che vuole essere. Non possiamo impedire, ancora e ancora, di farla crescere. Ormai sappiamo entrambi che il suo potere è troppo per questo mondo, ma è un po' la vendetta per ciò che abbiamo fatto"
"Il mio più grande sbaglio è stato non ascoltarti. Non sai quante cose vorrei chiederti"
"Lasciamo i dubbi al passato, restiamo così per tutto il tempo di pace che ci resta"
Ella si avvinghiò al suo petto; la vita insieme era l'illusione che decisero di viverla insieme, quella notte.
L'amore era la salvezza dei Potter, no dei Rèal.
Quale destino toccherà Rose?
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