capitolo ventotto - il tormento del primo amore
1943
《"Tom! Smettila di scappare da me!" urlava una ragazza castana correndo tra le scale di Hogwarts, mentre inseguiva un ragazzo con la spilla da prefetto in bella vista.
"Oh, Ella, smettila di fare queste scenate!"
Ma la giovane non si arrendeva e lo afferrò per la tunica.
Tom quasi inciampò mentre Ella si ritrovò con le ginocchia sanguinanti per terra.
"Oh, Ella, scusa. Se mi avessi ascoltato non saresti caduta!"
Tom sfoderò la bacchetta color avorio e colpì delicatamente l'arto danneggiato.
Ella gli accarezzò il viso e, con la voce tremante, sussurrò:
"Tu non sei un mostro, lo so. Dimmi la verità: hai ucciso tu quella ragazza?"
Tom la guardò negli occhi e parve sconvolto da quell'affermazione.
"Perché credi che sia io l'assassino?"
"So che sei l'erede di Serpeverde, <Voldemort>"
Tom le prese il braccio e la portò nel bagno delle ragazze del secondo piano, quello dove era morta una ragazza.
"Mia cara Ella, non avere paura"
"Come puoi dire una cosa del genere, mi fai schifo! Hai aperto la camera e hai tormentato i nati-babbani. Perché?!"
"Non capisci che quel che farò sarà per il potere. Tutti devono sapere che sono l'erede di Salazar Serpeverde. Io sono il mago più forte del mondo!"
"Sbagliato! Non sei un mago soprannaturale come un dannato, sei un mezzosangue, come tanti."
Tom non disse niente ma la vena sul collo pulsava ed Ella potè sentire il cuore accelerare sempre di più.
"E adesso? Non dici nulla? Io ti dico un'ultima cosa: ti amo, Tom."
"Io vorrei amarti, ma non ho il tempo per questo. Un giorno potrò farlo, ma quel giorno è lontano da qui, dalla scuola."
Ella chiuse gli occhi e raccolse tutto il coraggio ch'era in sè e lo baciò.
Le secche labbra prive di sentimento di Tom respinsero violentemente quelle dolci e rosee della fanciulla.
"I-io non posso!"
"Non vuoi!"
Ella fece per andarsene ma il ragazzo la trattenne ancora.
Le prese il viso e la passione lo travolse in un bacio che cancellò per il breve periodo l'odio della ragazza.
"Adesso, meglio dimenticare. È stato un bel momento, Cardiff".
"Tom!" 》
E ritornò in quel bagno per l'ennesima volta, con una lacrima che brillava alla luce fioca della finestra.
Il castello vuoto, nessun piagnucolare di Mirtilla Malcontenta e il suo cuore spezzato rendevano tutto più difficile.
Dopo più di sessant'anni, Ella era ancora giovane come una volta: nessuna ruga sulla fronte o volto stanco dalla vita dura.
Com'era possibile?
La giovane Cardiff era in possesso delle tre giratempo universali: oggetti potentissimi, dotati del potere delle streghe Cardiff, poi tramandato in generazioni, essi permettevano di viaggiare nel tempo, anche nei secoli più lontani. Ma, come ogni cosa bella e spettacolare, c'era anche un lato oscuro: chiunque usufruisse per lungo termine di quel potere, la propria età era ferma al punto cruciale della propria vita: l'età in cui avesse fatto un'azione o una decisione sbagliata. Come l'Inferno.
Ella era ferma all'età di sedici anni, al suo sesto anno. Quell'evento, il bacio con Tom Riddle, aveva devastato il suo equilibrio.
La giratempo del futuro, la più pericolosa, era quella che utilizzava di più: grazie ad essa, potè ammirare le atrocità del suo amato prefetto.
Il suo cuore si pietrificava ogni volta che l'adolescente Harry perdeva una persona cara, iniziando dai suoi genitori e finendo ai suoi amici.
-oh, Tom, perché hai fatto tutto questo- pensò mentre usciva dal bagno e usciva dalla scuola; odiava stare ad Hogwarts dopo tutto quello ch'era accaduto.
Arrivata nel villaggio vicino scuola, entrò in un negozio e indossò un abito viola e argento.
"Sul conto di Narcissa Black" disse con un tono di amarezza.
Con il caldo intenso di Luglio, la donna, appena uscita dal negozio, chiuse gli occhi e pensò al luogo dove si sarebbe materializzata.
Una villetta bianca con un giardinetto molto curato e pieno di fiori, soprattutto gigli.
Blop
In un batter d'occhio si ritrovò a Godric's Hollow, il villaggio che ospitò antiche famiglie.
Quella era la villa dei Potter.
Harry decise di ristrutturare l'intera abitazione e renderla accogliente per sua moglie e per i suoi figli.
-solo il tempo porta la verità-
Sospirò e decise di bussare alla porta di legno con un'incisione <Nobile casa dei Potter>
-sarà opera del secondo figlio, il sofisticato Albus-
Bussò una seconda volta ed aprì una ragazzina dai capelli rossi e gli occhi chiari. Il volto era ricoperto di lentiggini e delle labbra sottili rendevano tutto più grazioso.
"Buongiorno, come posso aiutarla?" chiese gentilmente, come le aveva insegnato sua nonna.
"Buongiorno, volevo parlare con Harry Potter e Ginny Weasley. Sono in casa?"
"Certo, entri pure"
La donna varcò la porta e si sedette sul divanetto marroncino posto avanti a un caminetto di pietra.
La casa era molto semplice: pochi mobili riempivano le stanze ma tanti poster e quadri decoravano le pareti chiare.
"Buongiorno, chiedavate di me?"
Harry entrò nel salotto: Ella si rese conto che di fronte non aveva più il ragazzino che il suo primo amore aveva torturato.
"Signor Potter, mi chiamo Gabriella Cardiff. Ho informazioni che riguardano la vostra erede scomparsa."
Harry sussultò e deglutì. Si voltò verso la sua ultima creatura e le fece senno di andarsene.
"Gabriella, per caso l'avete trovata?"
Ella lo guardò e un flusso di coscienza invase il suo corpo: come poteva dire che Rose non era sua figlia? Come poteva mentire a quel padre disperato?
"Harry, prima che arrivi vostra moglie, voglio dirle una cosa"
Harry la guardò perplesso e si sedette sulla poltrona vicina.
"È un dannato. Io so anche che Ginny non è sua mad-"
"Lo è! La figlia di Morgana è morta!"
"È una bugia: la figlia di Ginny è morta, no quella di Morgana"
"Impossibile! Lei me lo giurò"
Ella si girò intorno: qualcuno origliava.
"Per amore si mente: per tenervi in vita, fece il suo più grande sbaglio." sussurrò così piano che Harry faticò per sentire.
"Quindi, la figli che ho perso non è Lily?"
"Voglio solo dirvi, che quest'anno c'è il torneo tre maghi e che vostra figlia è vicina"
Harry non disse nulla: i suoi occhi gridavano paura e le sue mani tremanti volevano strappare ogni cosa.
"Bene. Se sapete chi è, ditemelo."
"Gli spiriti del tempo pretendono rispetto per esso. Tom ritornerà."
Si alzò dal divanetto e continuò:
"Tom non è una persona cattiva. Ha voluto dimostrare il suo potere agli altri e ha pagato le conseguenze; che dolore immenso. Buona giornata Harry, prima o poi ci rivedremo. Ah, vi saluta Morgana"
"Dov'è?"
"Tornerà, un giorno. Ma non credete che il giorno è vicino, la strada lunga."
Ella si avvicinò la porta e sparì, come un giovane dente di leone quando c'è vento.
"Divertente, papà" commentò amaramente un ragazzo apparentemente elegante e serio, diverso da suo fratello.
I suoi occhi verdi scrutavano il padre e le sue labbra si contrassero in un sorrisetto.
"Albus, non è come credi."
"La mia gemella è morta, quindi?"
"Albus, non devi dire niente a tua madre. È una storia complicata"
"Papà! Voglio solo la verità!"
Harry abbassò lo sguardo e disse:
"Non puoi saperla! Vai in camera tua!"
"Non parli con tuo figlio, però credi alle cazzate di quella Cardiff. Complimenti: pessimo padre e marito infedele!"
Gli occhi di Albus erano pieni di odio: troppe menzogne. Era stanco di tutto ciò; era stanco di cercare sua sorella. La stessa sorella che credeva fosse la sua gemella.
Passarono alcuni giorni: Harry, in segreto, cercò disperatamente Morgana, la vera madre di Rose.
Dove poteva essere un dannato degli angeli?
Forse in un luogo sacro?
《"Se avessi scelta, me ne andrei in Italia, forse al Vaticano: una piccola vendetta per gli angeli"》
Un tempo la fanciulla gli aveva confidato il suo posto perfetto.
Doveva essere lì, per forza.
Uscì all'alba e memorizzò il luogo: per la smatelizzazione era essenziale avere in mente il posto giusto.
Chiuse gli occhi e quando li aprì si ritrovò sotto il sole cocente dell'Italia centrale: il caldo afoso umidiva la pelle e i turisti, provenienti dal tutto il mondo, sorridevano e scattavano foto.
Harry si girò intorno e poi la vide, in piazza, in un abitino rosso. I suoi occhi scuri erano sempre seducenti e i capelli mossi erano più corti di come li portava all'epoca.
Accanto a lei, un giovincello dai capelli biondo scuro le disse qualcosa e si allontanò.
-sempre bella- questo fu il suo primo pensiero quando i suoi sguardi si incrociarono.
La donna impallidì all'improvviso e abbozzò un sorriso: in fondo, era contenta di vederlo.
Inaspettatamente, fu lei ad avvicinarsi.
"Ciao, Harry" disse con la sua voce delicata e più serena di un tempo.
"Morgana, sei sempre bella"
"Mi lusinghi. Che ne dici di un caffè italiano?"
Harry annuì e si sedettero in un bar in piazza, ordinarono i due caffè mentre osservavano i passanti, i piccioni e gli alberi in quella fantastica giornata.
"Sicuramente non sei venuto perché ti mancavo" affermò lei senza fare giri di parole.
"Beh, sempre perspicace. Per questo amo mia moglie, perché lo è più di te"
"Ho mandato io Gabriella"
"E nostra figlia è viva"
"Era mia figlia, non potevo permettere che morisse per non far scoprire la tua infedeltà."
"Hai ragione. Adesso, dimmi chi è."
"Non sarà mai semplice con lei. Devi scoprirlo da solo, mio caro"
"Voldemort la vuole!"
"La proteggerò sempre, come già sto facendo. Quando la trovi, non dirle niente di me. Addio, Harry."
*Morgana è un personaggio del prequel "Morgana Rèal Black"*
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