capitolo trentaquattro -

"Lucifer Morningstar? Non capisco"
Rose si divincolò dall'abbraccio e, con le ali spalancate, si avvicinò a Jovan.
Istintivamente, controllò se ancora fosse viva.
Jonn distolse lo sguardo e iniziò a coprire il cerchio di sangue con la neve; la sua camicia sporca gli riportava alla mente tutta la scena.
Il suo primo omicidio.
Non che la donna non se lo meritasse ma vederla lì, senza vita, era un dolore atroce nei suoi confronti.
"Jonn, vieni!" urlò Rose, evidentemente spaventata.
La pena che Jonn provava pochi istanti prima scomparve alla vista dei suoi occhi: erano totalmente bianchi, come se fosse impossessata.
Spalancò le labbra, mostrando i denti insanguinati, e pronunciò un'altra formula magica:
"Ardet donum mortis"
I suoi occhi erano fissi su Rose: sentiva le viscere contorcersi e il respiro divenne pesante.
Un'entità oscura, la sua magia, decise di evadere dal suo controllo ed emanare dal cuore una fiamma nera.
Urlava di dolore e disperazione.
"Ardet donum mortis" ripetè più insistente.
Jonn temeva per la vita del suo amore.
"Rose! Devi uccidere il demone che è in lei!" le urlò provando ad avvicinarsi.
Era una delle poche volte che egli tremava alla vista delle capacità di Rose. Poteva davvero fare grandi cose quella ragazza.

Ella chiuse gli occhi e immaginò tutto il potere che le scorreva nel corpo.
Quando riaprì le palpebre, le sue vene assunsero una sfumatura di nero, come il corpo di Jovan ridotto in cenere.
Rose era sconcertata, rabbiosa ma potente. Un potere così doveva essere custodito in mani sicure: sicuramente non erano le sue.
"Era un demone di Lucifer?" chise Rose chiudendo le ali.
I suoi occhi ritornarono color nocciola e il nero delle vene schiarì man mano.
"So solo una cosa: o ti vogliono morta o ti vogliono in vita"
Una risatina isterica riempì il silenzio.
"E io ti voglio al sicuro" disse Jonn, prendendole la mano e fuggendo insieme all'interno del castello.
Quella formula magica, terribile, sofferente, le riempì la mente per tutto il tragitto.
Solo quella stretta calda la tranquillizzava: era davvero al sicuro con Jonn.
"Grazie" gli disse semplicemente quando furono arrivati al quadro della Signora Grassa.
"Tutto per te, principessa"
Un brivido le percorse la schiena alla carezza di Jonn.
Egli sentì le curve della spina dorsale e si fermò poco prima del coccige.

Il giorno dopo, di buon'ora, Rose ricevette un invito al confine della foresta proibita da James: egli organizzò un picnic, sapendo che la ragazza amava i gesti dolci e semplici.

Le lezioni erano state nuovamente sospese, su richiesta della preside francese; un tour completo del castello medievale richiedeva minimo un giorno intero, senza interruzione dei pasti.
Pertanto, gli studenti ne approfittarono per un'ulteriore dì di svago.

Quella giornata il sole splendeva in cielo e gran parte della neve iniziò a sciogliersi.
Jonn pensò solo a una cosa: le ceneri di Jovan.
Con la scomparsa del manto di neve che avvolgeva il delitto, l'atto commesso si sarebbe rivelato, come una maschera a carnevale.
Imprecò alla vista di Rose, la quale indossava un abitino bordeaux, che si incamminava verso James.
Dall'alto della sua camera intravide gli stivaletti neri scomparire dietro fitti alberi: stava andando al confine della foresta.
Doveva intervenire prima che le streghe potessero riattaccarla.

Lo scopo di Rose non era fare colazione con il proprio amico, ma indagare sulla donna che l'aveva attaccata; la notte precedente non aveva chiuso occhio. Quel maledetto cerchio di sangue, quella parole, le iridi perlacee e tutto ciò che accadde, la tormentavano.
Il luogo scelto da James, casualmente a poca distanza da quello dell'omicidio, non le parve una semplice coincidenza.

James la vide arrivare ondeggiando con i suoi capelli sciolti, legati solo da un fiocchetto dello stesso rosso dell'abito.
Capì che qualcosa non andava: graffiava i simboli dannati e tormentava le ciocche ricce che le andavano sulla spalla.
Si sistemò il ciuffo ribelle e la invitò a sedersi sulla tovaglia a quadri.
"Non credi che un picnic in inverno sia ridicolo?"
Rose era acida, fredda e sospetta.
Gli si gelò il sangue; deglutì e si trattenne dal risponderle male.
"Scusa, ma Jovan ieri mi ha detto ch'era un'idea carina"
A quel nome Rose cambiò espressione: spaventata.
James le bloccò la mano che graffiava i simboli.
"Rose, che succede"
Rose non rispose. Lo guardò negli occhi e mimò zitto.
Ella aveva sentito qualcosa, un sibilio, che le aumentò il battito cardiaco.
Doveva pensare a James. Doveva metterlo al sicuro.
"James, non mi sento bene. Possiamo rimandare questo delizioso picnic?" chiese gentile, cercando di nascondere le proprie sensazioni.
Parve che James la credette; tornarono insieme al castello e, provando a dimenticare quella sensazione, Rose passò tutta la mattina con lui.

La notte, Jonn si avventurò nella fitta foresta con la bacchetta in alto.
Non c'era luna più luminosa di quella: la luna piena.
Le creature che vi abitavano, esseri temuti dai maghi, iniziarono ad evadere dal proprio nascondiglio e impossessarsi della notte.
Ma egli sapeva che non sono animali dominavano quell'arco di tempo: le streghe dell'angeli congregratio.
La congrega degli angeli era un'associazione di maghi e streghe aventi il dovere di servire il proprio padrone: l'Angelo Creatore.
Jonn conosceva questa società segreta: ne faceva parte.

"Dameta! So che sei qui, è inutile nasconderti nell'ombra!"
Le sue urla vennero sentite e derise perfino dai saggi centauri.
Il silenzio che venne dopo, si interuppe con lo scalpiccio di una donna.
Una fanciulla alta, formosa e seduttrice. I capelli rosso fiamma, incendianti come il suo carattere spigoloso, volteggiavano attorno a Jonn.
Gli occhi verdi felini, ammalianti, erano fissi sul suo torace.
La mano sottile, dalle unghie dipinte di nero, attraversavano le spalle muscolose.
Abbassando lo sguardo, egli ammirò il suo vestito verde: stretto in vita da una cintura di pelle, gli sembrava una piratessa, cui la spada era la bacchetta grezza.
"Hai ucciso Lovota per quella sgualdrina!"
Le sue unghie gli graffiarono il volto dalla potenza dello schiaffo.
Jonn si allontanò il più possibile da quella strega.
"La tua serva la stava uccidendo!"
"Era quello il suo dovere"
"Morgana non ha mai voluto che uccideste sua figlia e non credo che il creatore dei dannati voglia perdere la sua più grande opera"
Dameta rise rumorosamente.
"Tuo fratello ti ha ordinato di ucciderla e tu dici a me che non dobbiamo ucciderla?! Ti rendi conto che quella ragazza ti sta indebolendo?"
"Tu non hai mai amato, lurida strega naturale!"
Jonn le puntò contro la bacchetta ma ella, precendolo, colpì l'oggetto, portandolo a metri di distanza.
"Ti dirò tutta la verità, Jonn, basta che ti calmi. Non attaccare"
Piccole lucciole li illuminarono.
La donna notò le occhiaie del ragazzo; fu la prima volta che provò pena per il fratello di Alexander Grindelwald, il figlio adottivo di Morgana ed erede al trono.
"Tuo fratello ci sta controllando. Alexander vuole il trono e sappiamo entrambi che finché Rose è in vita, non potrà averlo"
"Alex non sta bene. Non è più lo stesso da anni e, lo so per certo, è controllato a sua volta"
Dameta scosse la testa.
"Perché la vuoi portare da Lucifer?"
"Perché quello mi deve un favore"
Aggrottò le sopracciglia.
La congrega non ne sapeva niente del favore che gli doveva restituire.
"Cosa hai combinato! Mai fare patti col diavolo!"
"Dameta, vattene e non tornare più! Dì alla congrega che io non ne farò più parte"
Jonn era disperato e temeva il peggio; Dameta non l'avrebbe mai lasciato andare senza la morte della sua amata.
Era una continua lotta per la sopravvivenza; doveva scegliere se salvare Rose o se stesso.
"Uccidila e sarai libero, per sempre. Jonn, hai affidato la tua vita alla congrega per liberare tuo fratello"
"Che liberò Morgana, lo so"
La donna si avvicinò e le accarezzò la nuca affettuosamente. Lo stava manipolando.
"Jonn Riddle, tu sei un ragazzo potente, ho bisogno di te. Se non la ucciderai tu, lo farà qualcun altro"
Egli non rispose, nè aveva intenzione di ribattere che non l'avrebbe mai fatto.
Il vero patto da non fare era con la congrega, no con il diavolo.

Due settimana dopo...

Nella settimana seguente, furono eletti i tre campioni: Ingvar Borks per Durmstrang, Colette Devoirs per Beauxbatons e, infine, James Black per Hogwarts.
Il Tassorosso era stato scelto dal grande calice; quell'anno si decise di estendere l'età ai quindici anni, piuttosto che i diciassette.
Un sospiro di sollievo per gli insegnanti che assistettero al torneo del 1994, il quale venne eletto un quarto campione: Harry Potter, ovviamente.
Si temeva che uno degli eredi del prescelto venne scelto, ma questo non accadde mai.

Si vociferò immediatamente del ballo del ceppo, un evento per festeggiare il Natale e, per gli studenti, di sfoggiare gli abiti da cerimonia.

Sophie venne invitata da Sirius ed Hugo: poiché arrivò prima l'invito del Potter, ella dovette rifiutare il tanto atteso dell'amico.
"Almeno mi concederai un ballo?" chiese rosso in viso il ragazzo quando la fanciulla gli spiegò il contrattempo
"Certamente" rispose arrossendo.
L'ultimo invito fu di Scorpius, il quale non ebbe mai il coraggio di chiederlo alla migliore amica della ragazza.

Rose, invece, ricevette solo due inviti: Mattheo e James.
Senza neanche pensarci, decise di andarci con James; erano amici da semore e rifiurarlo -di nuovo- le sembrava scorretto.
Mattheo capì e, nonostante non avesse accettato, la invitò ad uscire.
Ma tra i Riddle, sono uno di loro, il più misterioso, aveva rubato il suo cuore: Jonn.
Lo stesso ragazzo che la ignorava da giorni, anche dopo la prima prova -vinta da James- tenutesi al lago nero.
Lo stesso ragazzo che non la invitò a uno stupido ballo.
Ma soprattutto, lo stesso ragazzo che le liberò l'oscurità dei propri poteri.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top