IV. Exile.

I think I've seen this film before
And I didn't like the ending
I'm not your problem anymore
So who am I offending now?
You were my crown
Now I'm in exile seein' you out
I think I've seen this film before
So I'm leavin' out the side door.

- "exile", Taylor Swift (folklore).

Stagione del Sole, Regno di Warriangon.

Le irrequiete e schiumose onde del mare si infrangono contro le rocce dell'isola con la stessa velocità della lama che mi ha esiliato fin qui.

La storia del mio Regno coincide con l'ascesa della mia rovina.

Il fato mi ha reso l'uomo che meritavo di essere.

Mi ha condannato a un esilio senza fine, di cui non rinnego nulla. Poiché se potessi tornare indietro per soffocare ogni gesta, ogni parola, ogni sentimento, ogni azione, non lo farei. Sarebbe come rinnegare me stesso. Rinnegare tutti i valori per cui sono nato.

Se avessi fermato il tempo per dare ascolto alla ragione, probabilmente non sarei qui. A raccontarti la mia storia.

Sulla riva di una spiaggia abbandonata, si intrecciano i passi del fallimento con l'eco dei miei ricordi. La sabbia dorata danza nella melodia di un vento che mi toglie il respiro.

Sento la tua voce, percepisco la tua presenza. Ogni angolo, ogni rumore, ogni ricordo mi riporta a te. A ciò che siamo stati. E a ciò che saremmo potuti essere.

Tutto iniziò con l'ascesa al trono del tuo futuro marito, il re di Wealthagon.

Il popolo accolse l'incoronazione del principe Edward con estrema gioia: le piazze erano gremite di persone, spensierate, felici. L'arrivo del nuovo sovrano significava rinascere. Rinascere dal clima di un regime di terrore durato troppo tempo.

La guerra decimò vite, speranze, anime e cuori.  Trasformò per sempre le sorti di un Regno che splendeva da secoli come un diamante grezzo tra una moltitudine di ciottoli.

Ma Re Edward, nel giro di pochi anni, riuscì a rinchiudere il passato in un armadio come un vecchio lembo di stoffa consumata.

Le strade tornarono a riempirsi di sorrisi, il sole a splendere, il reame a prosperare. Prese le redini di una terra come il migliore dei condottieri, trasformandola in oro.

Le sue gesta furono tramandate dagli scrivani di corte, oralmente e anche dalle menti curiose della popolazione. Tutti parlarono di Re Edward come l'uomo che aveva restituito il coraggio di sognare.

Concluso un obiettivo, puntò a un altro: stabilizzarsi. Confermare la sua posizione.

Ed è qui che entra in gioco il tuo destino, principessa Solaria: prima del tuo Regno e futura sposa di un altro.

Egli ti conobbe in un banchetto organizzato da tuo padre, in vista degli accordi di pace tra i due popoli. Quel dì, le danze si consumarono ai sorsi delle bevande, alle melodie di strumenti a fiato e alle risate dei nostri nobili. Tutto, in quell'aria inebriante, presagiva l'inizio di una nuova era.

Qualche giorno dopo, giungesti alla corte di Edward con una carrozza maestosa: scendesti gli scalini con il più sfavillante dei vestiti, sotto gli sguardi di un popolo che non ti avrebbe mai dimenticata.

Eppure, nel tuo sguardo, qualcosa mutò.

Quel dì segnò anche la fine di un ciclo. La fine di un sogno. L'esito delle tue speranze.

Eri stata data in sposa al sovrano all'età di sei anni: l'occasione di pace non sancì altro che una promessa già fatta. Un fato già scritto.

Sapevi che quel giorno sarebbe arrivato... ma in cuor tuo, avevi continuato a sperarci. Soltanto dinanzi ai cancelli del Regno, con la folla alle spalle, metabolizzasti: il tuo viaggio finiva lì. Con esso le speranze, i sogni e la libertà.

Al baciamano del re, non provasti sollievo. Ti sentisti intrappolata come un uccello in gabbia, privato anche delle sue ali. Non c'era amore in quell'unione. Non c'era amore in quei gesti.

Soltanto il desiderio di un uomo che aveva raggiunto il suo potere, il primo passo verso un fine più grande: sottomettere l'intero mondo. A discapito di una donna senza scelta.

E fu sotto quelle mura, gli sguardi gelidi e i sorrisi forzati che iniziò il mio, di destino.

La principessa del regno straniero incrociò per la prima volta lo sguardo di un umile cavaliere del re.
E nulla, da quel giorno, fu più come prima.

La mia carica era stata confermata da poche Stagioni or Sole: Re Edward mi portò nel suo regno anni prima, in occasione di una guerra. Mi notò tra i tanti e mi promosse alla sua corte. Da quell'evento inaspettato, gli devo la mia fedeltà, la mia gratitudine, il mio onore.

Il settimo giorno della Stagione della Luna, ti prese in moglie, diventasti la Regina Solaria. Il tempo, da quell'arrivo a corte, volò come la più leggera delle piume.

Io fui promosso a Cavaliere fidato del sovrano, la carica più illustre di tutti i tempi, bramata da tutti i nobili della Terra.
Iniziai a guidare le spedizioni più importanti, a portare a casa le vittorie più gloriose: il Regno iniziò a espandere i suoi confini, prosperare sotto gli occhi di un sovrano osannato come un Dio.

Eravamo i più ricchi del mondo, i più astuti della Terra. Mai nessuno avrebbe più potuto privarci di quel titolo.

Eppure, ogni conquista, rivela una condanna.
Ogni vittoria nasconde una rovina.
E la mia, all'epoca, portava il tuo nome.
Lady Solaria, la donna che cambiò la mia vita per sempre.

I miei ritorni dalle guerre erano sanciti dal richiamo della tua voce. Eri sempre lì ad aspettarmi. A ricordarmi perché ti amavo. E come, per te, avrei dato l'anima agli inferi.

Posso ancora vederti, mia cara Solaria. Posso ancora sentire il tocco delle tue esili dita sulle ferite sanguinanti del mio volto.

Posso vederti mentre mi fissi, tesoro, come se lui fosse solo il tuo sostituto, come se faresti a pugni solo per me.
Seconda, terza, centesima occasione. Ci abbiamo provato tante, tantissime volte. Senza mai riuscirci.

In equilibrio sui rami spezzati, quegli occhi che aggiungono la beffa al danno. Ogni dolore, ogni ricordo, mi riporta al tuo volto, a tutti i momenti passati insieme.

Posso vederti in piedi, tesoro, con le sue braccia intorno al tuo corpo, ridendo, ma la battuta non era per niente divertente.
Tutte le volte che dovevi recitare il ruolo di regina, tutte le volte che forzavi un sorriso alle sue umiliazioni, io c'ero.

A consolarti, a ricordarti che per me valevi più di mille diamanti di Wealthagon.

Per tutto quel tempo abbiamo sempre camminato su un filo sottilissimo, rischiando di farci scoprire.

I nostri incontri nelle tue stanze, le rose tra i capelli, le danze in una bolla di sguardi; le nostre labbra sfiorate, i nostri peccati, le nostre paure, i nostri rifugi. I nostri segreti.

Tutto questo tempo, io ti ho dato così tanti segnali.
Così tante volte, ma non ho mai imparato a leggerti nella mente.

Ci siamo amati come nessun altro, fino a consumarci.
E allora perché sono qui a farmi logorare dal dolore?
Perché sono qui a scontare il mio esilio?
Cosa è successo nella tua mente?
Perché l'hai fatto?

Dopo l'arrivo di Dario e Eric, tutto cambiò. Quei due eredi sancirono la fine del nostro sogno. La fine della Solaria che avevo conosciuto e amato alla follia.

Iniziasti a percepire la vita sotto un'altra prospettiva: il tuo unico desiderio era quello di proteggere i tuoi figli. E non posso biasimarti per questo, non posso condannarti.

Ma nel momento in cui il re venne a sapere del mio tradimento, del nostro tradimento, furono i tuoi silenzi a fare così rumore. Fu il tuo battito accelerato, le lacrime a rigarti il volto, a condannarmi per sempre.

l'esilio, né la condanna, né la vergogna: fu la tua sola resistenza a uccidere la mia anima.

Non mi hai nemmeno ascoltato, non ho potuto sistemare le cose perché non hai mai dato un segnale di avvertimento.

Fui condannato a morte per un peccato che commetterei altre dieci, cento, mille volte.

E anche sulla soglia di quella porta sul retro, dove la notte prima mi hai fatto scappare per evitare il processo, non hai avuto il coraggio. Hai visto la quantità di lacrime che ho versato per te, mentre asciugavo con lentezza le tue, come ad aver paura di consumare il tuo volto e non ricordarlo mai più.

E ti ci sono voluti interi minuti per impacchettarci e lasciarmi così, trattenendo tutto questo amore. Hai finto di non importartene, chiedendomi di scappare mentre trattenevi i singhiozzi e non incrociavi il mio sguardo.

Per tutto questo tempo, abbiamo sempre camminato su un filo sottilissimo.

E adesso eccomi, sulla terra di un popolo che non mi appartiene, a osservare la schiuma di un mare che non mi giudica. A scriverti questa lettera, chiedendoti di conservare le lacrime per trasformarle in forza per i tuoi figli.

Qui si sta celebrando una festa, l'incoronazione di una donna amata dal suo popolo. Ti ricorda qualcosa, mia dolce regina? Penso di aver già visto questo film e il finale non mi è piaciuto.

Non sei più la mia casa, quindi cosa sto difendendo ora?

Ogni sera mi siedo su questo scoglio e mi innamoro di un tramonto diverso, immaginando i tuoi occhi. Ogni alba convivo con l'idea di non poterti sfiorare mai più.

Eri la mia città, eri la mia corona. Ora sono in esilio, guardandoti da fuori.

Questa è la nostra storia, questo è il nostro destino.

Non piangere, mia regina.
Non piangere più, riesco a sentirlo.

Non sentirti in colpa.

Poiché se potessi tornare indietro, lo rifarei.
Altre cento, mille, milioni, miliardi di volte.
Stessa spiaggia, stesso mare.

Stesso esilio.
Per l'eternità.

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