XXXVIII. Laboratorio
Altair
Il ritorno di suo fratello a casa era stato folle. Altair ancora non riusciva ad abituarsi alla sua presenza, ma era impossibile non rendersene conto.
Orion era invadente, rumoroso. Non c'era angolo della Villa in cui non rimbombasse la sua voce.
Non riusciva a far finta di nulla quando c'era lui. C'era sempre una vocina che gli diceva che non potesse fidarsi completamente come una volta. Altair aveva paura. Paura di ritrovarsi di nuovo solo, proprio adesso che stava iniziando ad abituarsi a quel caos che regnava in casa.
Avevano trovato da poco la formula. Se ne stava in cucina a bere della cioccolata calda, nella speranza che lo ristorasse un po' e riscuotesse i sensi.
«Dovrò chiamarti Vlad, anziché Frozen prima o poi.» Zalia se ne stava poggiata contro la parete della cucina, con le braccia conserte.
Altair alzò lo sguardo su di lei e storse il naso. «E questo perché-»
«Perché te ne stai sempre sveglio a notte inoltrata... come mai non riesci a dormire ora?» Zalia gli si avvicinò, sedendosi di fronte. Lanciò un'occhiata fugace al pentolino con la cioccolata ancora sui fornelli e si mordicchiò il labbro.
«Ce n'è ancora, puoi prenderne.» Altair la anticipò. La vide sorridere appena, come una bimba. Zalia si tirò subito in piedi e riempì una tazza anche per sé.
Altair non avrebbe quasi mai dimenticato quelle serate così. Dopo la prima volta in cui avevano parlato nel cuore della notte, c'erano state anche altre nottate trascorse in quel modo. Una volta Zalia era andata a svegliarlo di proposito, perché aveva voglia di cioccolata calda, ma non aveva idea di dove fosse tra i mobili della cucina. Si era anche scusata perché non trovava educato aprire cassetti di una casa che non le apparteneva.
Altair aveva mugugnato qualche lamentela, anche perché chissà come aveva trovato un modo per dormire. Poi l'aveva accontentata.
Spesso si limitava a starsene in silenzio. Era abbastanza convinto che Zalia nemmeno si accorgesse del fatto che fosse l'unica a parlare. Però gli piaceva ascoltare le sue storie. Non si annoiava mai.
«Allora...» Zalia lo riportò alla realtà. Si accomodò di nuovo di fronte e fece un piccolo sbadiglio, coprendosi con la mano la bocca. I capelli scuri erano leggermente arruffati. «Come mai sei qui questa notte, signore delle tenebre?»
Altair roteò gli occhi al cielo. Era snervante quando si metteva d'impegno. «Non c'è un vero motivo... cioè in realtà sì. Non mi piacciono le idee di mio fratello.»
«Nemmeno a me particolarmente, ma che alternative abbiamo? Riprodurre il siero e iniettarlo a loro, ci permetterebbe di eliminare la Serpents Agency senza troppi problemi e ottenere risposte...»
Altair sbuffò piano. Lo sapeva bene. Ma la sua mente vagava ovunque. Nessuno di loro aveva idea degli effetti collaterali nel breve termine. E se avessero reagito male? Non poteva smettere di lasciarsi tormentare dai timori. Alla fine anche Robert e Arthur si erano lasciati coinvolgere. A detta loro non poteva essere peggio del primo siero. E se Paul Kinglsey lo cercava con così tanta avidità, allora forse era perché sapeva già della sua ottima riuscita.
Altair si grattò il mento. «Sì, lo so. Ma ci sono tanti ma. Ti rendi conto che abbiamo affittato un laboratorio chiedendo aiuto a una conoscenza di mio fratello? Permettimi, ma non mi fido delle sue conoscenze.»
Zalia sorrise appena, prendendo a mangiucchiare la cioccolata calda con un cucchiaino. Si pulì gli angoli della bocca. «Beh non è detto che vada malissimo... ce ne occuperemo io ed Eris del siero.»
Altair sgranò gli occhi. «Che cosa?!»
«Lo so, ma a quanto pare è davvero brava in chimica. Ha vinto anche alcuni premi a scuola-»
«Lo so. Sono andato sempre alle premiazioni e alle gare. Ma non voglio che venga coinvolta. Ha sedici anni-»
Zalia roteò gli occhi al cielo. «Al, verrà lo stesso e lo sai. Piuttosto tuo fratello e Arthur ci faranno da guardia.» Si massaggiò un po' le tempie. Posò poi una mano sulla sua. Altair sussultò e abbassò lo sguardo sulla mano di Zalia.
«Siamo vicini alla fine. Io voglio rivedere solo i miei genitori. Magari torneremo alla normalità. Non è quello che vuoi anche tu?»
Altair la fissò e deglutì appena. Da quando era un bambino non aveva mai avuto idea di cosa fosse la normalità, ma l'aveva sempre desiderata in un certo senso. Avrebbe voluto poter essere un ragazzo semplice, felice, senza troppi pensieri per la testa. Aveva cresciuto tutta la sua famiglia e aveva dimenticato quasi chi fosse davvero. Si sistemò alcuni ciuffi di capelli e sospirò piano. «Certo, ma resta rischioso.»
«In tutto ciò, però, non devi dimenticarti di te... come sta andando con Orion?»
Altair storse il naso. Non ne aveva idea. Suo fratello provava ad avvicinarsi in ogni istante. Tentava di prenderlo in giro, di scherzare. Orion non era mai stato bravo con i discorsi seri, li rifuggiva quasi terrorizzato. Altair non si aspettava di rivederlo vivo, ma nemmeno sempre lo stesso. Credeva che dopo dieci anni fosse almeno un po' cambiato, che si fosse responsabilizzato. Invece gli sembrava un bambino annoiato e capriccioso. Orion ormai era completamente assorto dal suo piano di vendetta. Voleva eliminare tutti coloro che gli avevano rovinato la vita e indirettamente anche quella della sua famiglia.
«Non lo so...» Ammise poi. «È difficile. Sono felice che sia vivo, in realtà. Non gliel'ho saputo dire davvero, ma credo lo sappia...» Altair iniziò a torturarsi le mani. La gamba prese ad agitarsi su e giù. «Però non credo sia affidabile. Orion non ascolta mai nessuno ed è troppo impulsivo. Non voglio rischiare che ci schiantiamo malissimo a causa sua.»
«Non succederà.» Zalia rispose con tanta semplicità, da lasciarlo perplesso.
«Come fai a dirlo? Come fai a esserne così sicura?»
«Perché pur di difendervi tutti, ha preferito distruggere la propria vita. Ha le sue colpe, nessuno lo mette in dubbio. Ma voi resterete la sua priorità e non vi accadrà nulla.»
Altair annuì. Era proprio quell'amore che lo terrorizzava. Non voleva che Orion lo lasciasse di nuovo solo per sacrificarsi. Forse era egoista, ma aveva bisogno di lui, più di quanto amasse ammettere. «Non succederà nulla nemmeno a voi. Non lo permetterò.»
Zalia gli regalò uno dei suoi soliti sorrisi buoni e si sentì soddisfatto. Dopo aver concluso la propria cioccolata calda, raggiunse le scale per risalire in camera.
Spinse la porta in avanti e si accomodò sul letto, prendendo a fissare il vuoto e il soffitto.
Sentì dei passi in lontananza farsi sempre più vicini. Da quando era un bambino, aveva imparato a riconoscere le andature. E, infatti, pochi istanti dopo, Izar aprì la porta della camera e lo guardò. «Sei sveglio anche tu.»
«Già... non riuscivo a studiare e ho provato a distrarmi. Con scarsi risultati.» Altair sentiva che il loro rapporto si stesse raffreddando, eppure non aveva mai fatto nulla per cambiarlo. Izar negli ultimi tempi era molto più schivo e silenzioso. Se ne stava sulle proprie. Izar si avvicinò a lui e si sedette accanto.
«Mi sento un po' scombussolato... sai, penso sia stupido, ma vedere Orion, mi fa sperare nella possibilità assurda che anche mio padre sia vivo...»
Altair abbassò lo sguardo. Pollux era suo fratello, ma ne aveva vaghe immagini che gli ronzavano nella mente. Quando morì, Eris e Leon erano davvero dei bambini, non ne avevano grandi ricordi. Altair ricordava ancora qualcosa. Pollux l'aiutava spesso con lo studio. C'era stato per lui, ma era molto più severo. Aveva così pochi ricordi che a volte si sentiva quasi in colpa da non poterne raccontare abbastanza ad Izar.
Ripensandoci, il Pollux degli ultimi periodi era difficile da gestire in casa. Spesso era nervoso e raramente aveva tempo per tutti loro.
Ricordava che litigava spesso con Orion, quando tornava dalla scuola militare.
Anche coi lori genitori le liti non mancavano mai.
Altair aveva sempre mal sopportato i rumori forti. Si nascondeva e correva via, non appena sentiva le loro voci alzarsi. Si nascondeva sotto le coperte, aspettando che passasse la tempesta.
Capiva il discorso di Izar. Nei suoi occhi chiari a volte gli sembrava di rivedere il fratello. Non poteva immaginare il dolore che stesse provando in quel momento. Gli posò una mano sulla spalla. «Mi dispiace, vorrei far qualcosa. Ma qui sei a casa, 'Zar, credimi. Qui avrai sempre una famiglia che ti vorrà bene. Sei come un fratello per me e, per quel poco che vale, ti starò sempre vicino.»
Izar annuì. Sospirò piano. «Mi dispiace solo essermi allontanato. Diciamo che ho provato ad aprirmi a Zalia ed è andata abbastanza male. Non l'ho presa bene e ora siamo okay, credo...»
Altair lo ascoltava in silenzio. Si distese sul letto, lasciando comunque dello spazio ad Izar, seduto. «Mi dispiace. Non ne capisco molto. Ma, ti ripeto, mi hanno sempre detto che il mondo è pieno di pesci. Dici che va bene in quest'occasione?»
Izar ridacchiò e si tirò in piedi. Sfilò un cuscino e glielo lanciò in volto. «Forse dovresti iniziare a controllare il tuo amo, Al. Altrimenti rischi di perdere la piccola perla che hai trovato.» Si allontanò, lasciandolo solo.
Altair si passò una mano in volto. Non voleva problemi. I sentimenti non facevano per lui, non ne era capace. Non aveva mai avuto una relazione stabile, né aveva idea da dove cominciare. Il solo pensiero lo terrorizzava già.
«Allora, in auto con me vengono Al, Eris e Zalia.» Orion stava sgranocchiando un biscotto, dondolandosi allegro sui talloni, poggiato al bancone della cucina.
Altair lo guardò male. «Che idiota. Non puoi farti vedere alla luce de giorno e guidare. Guiderò io e tu ti nasconderai dietro, un po' camuffato.»
«Al, stai tranquillo. La strada è poco trafficata e conosciuta. Ho chiesto alla mia fonte un posto affidabile, non mi darà problemi.» Orion si stiracchiò.
«E la tua fonte immagino voglia un gran bel pagamento.» Eris sorrise tranquilla.
«Esatto.»
Altair roteò gli occhi al cielo. Doveva solo star calmo. Non tutto doveva andare a rotoli, non era detto. Si massaggiò le tempie, cercando di riportare calma nella sua testa. «Quindi siamo noi e?» si guardò attorno alla ricerca di Andromeda. Le aveva chiesto di affiancarlo, non ce l'avrebbe fatta senza.
In realtà non avevano mai chiarito. Andromeda aveva fatto finta di nulla e Altair non le aveva chiesto scusa per aver reagito male. Una notte sua sorella era andata da lui e l'aveva abbracciato. Si era addormentata nel suo letto ed era stato bello, alla fine.
Arthur e Leon alzarono insieme la mano. Eris aggrottò la fronte. «Allora io vado con loro in auto...»
Orion si imbronciò. «Perché dovrei restare io coi due piccioncini?»
Altair gli versò erroneamente il latte bollente sulle gambe. «Oh scusami.» Borbottò infastidito. «Forse è meglio che ti cambi velocemente perché qui andiamo tutti di fretta.» Si alzò di scatto.
«Buongiorno, fratelli. Allora, andiamo a spacciare metanfetamine?» Andromeda ghignò divertita.
Altair era sull'orlo di una crisi di nervi.
Zalia, ancora assonnata, fece il suo ingresso in cucina. Altair si chiese come facesse a essere così tranquilla quando si trovava in un evidente e chiarissimo ritardo. La guardò, squadrandola da capo a piedi. «Ti suggerisco di muoverti.»
Decise di aspettare tutti fuori, restandosene in giardino vicino l'auto. Non sopportava l'idea che i suoi fratelli saltassero la scuola a causa del nuovo piano suicida di Orion. Fissò il cielo nuvoloso. A volte credeva di essere così simile a quelle nubi. Filtrava la luce. Nascondeva i raggi di sole, perché non credeva di meritarli davvero. Sempre ingrigito, era sul punto di scoppiare all'improvviso. La pioggia della sua rabbia era ogni giorno sul punto di abbattersi nella giornata.
Attese una decina di minuti. Vide Arthur e Andromeda raggiungerlo. L'uomo si poggiò all'auto, affiancandosi a lui. «Sei nervoso. Non ti piace il piano, vero?»
«Che perspicace che sei, Arthur.» Andromeda ridacchiò e si affiancò ad Altair.
Altair annuì. «Non credo sia la migliore delle idee. A chi diavolo abbiamo dato i soldi? Chi stiamo pagando? Io non ne ho idea, tu? E se ne parlasse con la Serpents?»
Arthur scrollò le spalle. «Dice che lo ha conosciuto durante la latitanza... non è raccomandabile, ovviamente, ma non ha nessun interesse nella Serpents Agency. I soldi, invece, possono comprare tutto per lui.»
«Che bel tipo, insomma.»
Andromeda gli diede una gomitata. «Dai magari è simpatico davvero, chi lo sa.»
Quando tutti gli altri furono pronti, Altair aprì la portiera a Zalia, quasi più come un gesto incondizionato. Orion era dietro di loro e sorrise divertito. Punzecchiò la sua spalla e Altair si girò verso di lui, esasperato. «Che vuoi?»
«Perché a me non apri la portiera? Sono anch'io tuo ospite in auto o sbaglio?» Orion ghignava divertito. Zalia era già in auto. Girò la chiave e abbassò i finestrini.
«Ci muoviamo?!»
Altair sbuffò frustrato e aprì con veemenza la portiera per Orion, che si accomodò sui sedili posteriori, sghignazzando con Andromeda.
Iniziò a guidare. Orion gli indicava la strada, agitando a destra e a sinistra le mani. Aveva dimenticato quanto suo fratello fosse confusionario. Altair strinse forte il volante dell'auto. Zalia nel frattempo metteva a dura prova la sua pazienza cambiando ogni due minuti una stazione radio alla ricerca di una canzone decente, a detta sua.
«Scusate tanto!» Altair sbottò nervoso. «Zalia se cambi ogni secondo, dubito che troverai mai una canzone adatta! Non riesci a sentire nemmeno l'intro così! Scegli una radio e basta!» Guardò poi suo fratello dallo specchietto retrovisore. «E tu stamattina hai fatto il bagno nel profumo? Mi stai asfissiando, non si respira.» Abbassò il finestrino dell'auto.
Zalia ridacchiò e si girò a guardare Orion. «Ha ragione però... che profumo è comunque? Perché mi sembra tanto un Dior. Però sai che amo i profumi maschili? Dio sono molto più buoni! Un po' come le felpe maschili, perché quelle femminili fanno sempre cagare-»
Orion sorrise. «Vedi, Al? Questo significa lavarsi, comunque.» Suo fratello tornò a prestare attenzione a Zalia. «Quando vuoi posso prestarteli, nessun problema tesoro.»
Altair voleva scoppiare a urlare. C'era così tanta confusione in auto, che quando arrivarono davanti a quel capanno abbandonato, quasi tirò un sospiro di sollievo.
Anche perché Andromeda e Zalia avevano iniziato a discutere sulla musica da ascoltare in auto.
Una volta scesi dall'auto, sgranò gli occhi perché Arthur, Eris e Leon erano già lì.
Insieme a Michael. Il ragazzo agitò il braccio. Arthur sembrava in preda a una crisi di nervi.
Altair si avvicinò a loro. «Che ci fa lui qui?»
Michael gonfiò il petto. «Vuoi la versione lunga o quella breve?»
Eris roteò gli occhi al cielo. «Ci ha seguiti con un taxi. Voleva sapere come stessero andando le cose e perché non lo stessimo più coinvolgendo nelle ricerche.»
Altair sgranò gli occhi. «LUI LO SAPEVA?!»
Orion li raggiunse, completamente ignaro della situazione, dato che fino a pochi secondi prima era impegnato a chiacchierare con Zalia dei nuovi film usciti al cinema. Diceva di essere rimasto parecchio indietro e stava organizzando le prossime serate cinema. Orion si liberò degli occhiali da sole e abbassò lo sguardo su Michael. Inarcò un sopracciglio. «E lui chi è?»
Leon sospirò piano. «Il mio migliore amico. Lui ci ha aiutato a cercarti.»
«Un idiota.» Eris aggiunse.
«Ehi! Non sono un idiota, ho un'ottima media scolastica, lo sai benissimo tu, raggio di sole.»
«Come ti ha chiamato? Mi sono perso troppe cose.» Orion si portò una mano al petto.
Michael si irrigidì. «Oh ehm salve, signore. È un piacere conoscerla, signore.»
Altair sentiva di essere circondato da un covo di idioti. «Benissimo! Ora dovremo pagare anche il suo silenzio-»
Michael si passò una mano tra i capelli biondi. «Cosa? No! Io volevo dare una mano dall'inizio perché mio padre lo aveva contattato quando era ancora in vita. Credeva fosse vivo... poi poco tempo dopo la scomparsa dei genitori di Zalia e Yen, ha fatto un "incidente".» Mimò le virgolette alte con le dita.
Arthur posò gli occhi sulla figura di Orion. Il suo sguardo tremolò appena. «È vero?»
Orion annuì. «Sì un certo poliziotto Ward provò a contattarmi via radio, ma non gli ho mai risposto. Pensavo potesse arrestarmi e non volevo farmi trovare...»
Michael abbassò lo sguardo. «Sto solo cercando giustizia per la mia famiglia. Non ho intenzione di remarvi contro.»
Leon sorrise e scrollò le spalle. «È bravo in chimica. Può aiutarci col siero.»
Michael si voltò a guardare Leon ed Eris. «Lo avete trovato?»
Altair sentiva di star scoppiando dentro. Zalia gli prese il polso e con le dita lo costrinse ad aprire i pugni. Intrecciò le dita alle sue. Sentì all'improvviso una morsa di calore attanagliargli le viscere. Abbassò lo sguardo su di lei e deglutì. «Grazie...» mormorò appena.
Zalia gli sorrise e lo trascinò in avanti con sé. Aprirono la porta del laboratorio e restarono quasi raggelati.
C'erano provette e macchinari di ogni genere, anche aspiratori che permettevano ai gas tossici di fluire via. Alcuni attaccapanni presentavano già delle divise da poter utilizzare.
Altair rabbrividì quasi. Sembrava tutto già perfettamente organizzato.
Orion allargò le braccia soddisfatto. «Ho trovato o no un posto meraviglioso?»
Arthur si passò le mani in volto, guardandosi attorno. «Bene, mettetevi al lavoro. A quanto pare ci hanno rifornito anche di tutti gli ingredienti.»
Zalia sorrise e passò i camici ad Eris, Leon e Michael.
Andromeda, che fino ad allora se n'era stata in silenzio, osservando tutto il teatrino, si avvicinò ad Altair, strattonandogli il braccio. Insieme uscirono fuori, raggiungendo Orion e Arthur, intenti a fumare insieme e a fare da guardia.
«Chi ti ha trovato questo posto?» Andromeda guardò suo fratello maggiore.
Orion espirò il fumo e ghignò. «Lo chiamano la Iena.»
Altair si passò le mani in volto. «Stiamo cercando di combattere degli psicopatici con l'aiuto di altri psicopatici?!»
«A chi dovevo chiedere? Alla polizia? Loro non ci aiuteranno. Vi assicuro, è un tipo simpatico. Ora, però, dobbiamo pensare alle armi.» Orion lanciò un'occhiata ad Arthur, che annuì.
«Non possiamo attaccare la Serpents disarmati...»
Altair strinse i pugni. «E hai idee?»
«Beh... Killian è un amico, oltre che un grande collezionista e rivenditore a nero. Chiederemo a lui. Mi metto in contatto appena posso. D'altronde dietro questo capanno c'è sempre lui.»
Altair deglutì. Lanciò un'occhiata ad Andromeda che scosse il capo avvilita. Sua sorella si allontanò, non appena sentì le urla di Eris e Michael intenti a discutere come due bambini.
Altair sperò che tutto procedesse seguendo quei folli piani.
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