XXXIV. Chiamate
Arthur
Si era allontanato dal salotto. Orion se n'era appena andato e Arthur doveva ancora metabolizzare tutto quello che era successo.
Si incamminò verso il piano superiore e sospirò piano.
Tutti i loro segreti stavano venendo a galla e si chiese fino a quanto avrebbe potuto tenere il suo al sicuro.
Orion era tornato e sentiva che il suo mondo stesse per crollare dalla sorpresa. Ci aveva sperato, ci aveva creduto.
Le mani presero a tremargli, in un gesto di stizza, sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e osservò lo schermo. Tentennò su un numero di telefono tanto familiare quanto doloroso e restò a osservare il display quasi disincantato. Avrebbe potuto avviare la chiamata e lasciarsi sommergere da paure e sensi di colpa. Oppure continuare a fingere che nulla fosse successo e continuare per la sua strada.
Riconobbe i passi di Zalia. Sussultò, voltandosi a guardarla. Aggrottò la fronte. «È successo qualcosa?» Fece scivolare il cellulare nella tasca dei pantaloni.
La ragazzina scosse il capo. Non la detestava, non era colpa sua tutto ciò che gli era successo. Eppure, negli occhi di Zalia riconosceva lo sguardo di suo padre Drew. Ricordava ancora l'ago che affondava nella sua pelle. Quasi istintivamente si portò una mano al collo, accarezzando la vena.
«Sono preoccupata per Altair... insomma tutto quello che è successo non è da lui. È esploso e non vorrei che gli accadesse nulla...»
Arthur scosse il capo. «Orion è con lui. Parleranno e pian piano chiariranno, ne sono sicuro.»
«Va bene... tu come stai?» Zalia piegò il capo di lato, in un'espressione comprensiva. Si torturava le mani, tesa e nervosa come una corda di violino.
In fondo, Arthur capiva la sua fame di verità. Aveva bisogno di rivedere i genitori, la famiglia. Ognuno di loro era mosso da quel sentimento di profonda protezione e devozione per i propri legami. La capiva e proprio per quel motivo doveva comunque difendersi.
«Sono stato meglio.» Arthur tentennò per un breve istante. Zalia seguiva i suoi movimenti con la coda dell'occhio. «Scusami. Sono un po' stanco. Credo che andrò in camera a riposare.»
Zalia lo salutò con un cenno della mano e Arthur aprì la porta della stanza, rifugiandosi al suo interno. Si distese sul letto e prese un grosso respiro. Avrebbe voluto urlare, ma non poteva. Incrociare di nuovo gli occhi scuri di Orion l'aveva fatto vacillare, di nuovo. Incredibile come riuscisse a confondere ogni suo piano.
Avrebbe protetto la famiglia Grey, lo aveva e avrebbe sempre fatto in nome del suo migliore amico. Eppure, adesso aveva così tanti problemi ad affollargli la mente che non aveva idea di come uscirne. Doveva proteggere anche quel che restava della propria famiglia. Fissò il soffitto bianco, chiedendosi quando le loro vite avessero iniziato a spezzarsi. Si arrovellava, ripercorrendo le loro stupide scelte. Cercava il momento esatto che aveva causato tutta quella serie di eventi che avevano portato alla loro caduta verso gli abissi. Erano franati su loro stessi, sotto il peso delle decisioni avventate.
«Arthur? Hai intenzione di aprirmi o sfondo la porta?»
Credeva che dopo essersi congedato dall'esercito, Orion avesse iniziato a metter su un po' di sale in quella zucca vuota.
Invece, a quanto pare Arthur si sbagliava di grosso.
Si alzò svogliatamente dal divano di quel piccolo appartamento, che poteva concedersi a Boston con una paga piuttosto onesta. Adesso lavorava come buttafuori in diversi locali e la piccola pensione dell'esercito lo aiutava a sostenere l'affitto.
Aveva lavorato, anche, assieme a Robert e Orion per un po' di tempo alla Serpents Agency. In realtà diverse missioni erano state sostenute economicamente da loro e spacciate bellamente per operazioni militari dell'esercito.
A ripensarci, Arthur aveva ancora i brividi.
Si avvicinò alla porta. Osservò dallo spioncino la figura di Orion, che camminava in avanti e indietro annoiato sul pianerottolo. Di tanto in tanto si guardava attorno, con una sigaretta penzolante tra le labbra. Dopo uno sbuffo scocciato, decise di aprirgli e lo fece entrare in casa.
«Dio mio, che faccia devastata. Hai dormito male stanotte?» Orion gli diede una pacca sulla spalla ed entrò nell'appartamento. Fece un giro su se stesso e allontanò la sigaretta dalle labbra, appoggiandosela dietro l'orecchio. Aveva tirato i capelli scuri all'indietro con del gel e gli sorrideva tranquillo.
Arthur richiuse la porta alle spalle e si passò una mano sul volto stanco. La serata precedente al locale era stata particolare. Aveva dovuto cacciare un paio di persone piuttosto rumorose, che, a quanto pareva, stavano cercando qualcuno. «È stata una nottata particolare, sì. Cosa vuoi, Orion?»
Dopo essere riuscito a placcare nel locale uno psicopatico, che sembrava in preda a una crisi omicida, Arthur era riuscito a convincere poi anche il suo amico che l'aveva accompagnato ad abbandonare il posto. Gli aveva rifilato qualche parolaccia in una strana lingua, forse norvegese. Poi se n'erano andati, lasciandolo interdetto.
A volte detestava dover lavorare come buttafuori. Quando c'erano soggetti simili era pesante.
Seppe che erano riusciti a entrare nuovamente attraverso l'altro ingresso, ma a quel punto erano un problema dell'altro buttafuori.
Orion gli sorrise e si accomodò sul divano, accavallando le gambe. «Ho una proposta. So che non puoi dirmi di no.»
Arthur avrebbe voluto tanto avere il potere di resistere alle proposte di Orion, nonostante sfiorassero la vera e propria follia.
Negli ultimi tempi, però, gli era stato molto vicino, insieme anche a Robert. A volte avevano trascorso nottate intere al suo fianco, fuori a qualche locale pur di stargli vicino.
Da quando Lily era "morta" la sua vita era completamente cambiata.
Credeva di essere finito in un burrone e che la luce fosse solo un miraggio. Nonostante avesse urlato in ogni modo possibile la sua rabbia nei confronti di Orion e delle loro missioni, Orion gli era stato comunque accanto. Consapevole che fossero solo parole vomitate addosso per la rabbia.
Gli mancava Lily, ogni giorno. Sua sorella era sempre stata l'ancora di salvezza nei momenti bui. Aveva dovuto fare delle scelte. Scelte che lo stavano uccidendo lentamente, logorandogli il cuore.
Orion era uno dei pochi motivi per cui ancora si manteneva a galla.
Decise di lasciarlo parlare, di ascoltarlo. Si accomodò di fronte a lui e sospirò frustrato. «Cioè? Cos'hai in mente adesso?»
Orion tamburellò con le dita sul tavolino di legno e storse il naso. «Non so tu, ma sono stanco di tutto quello che ci è successo. Alla fine di questa storia, non abbiamo un soldo, abbiamo fatto missioni indecenti e ogni mese rischiano di morire per via dei loro esprimenti.»
Arthur percepiva la rabbia nel suo tono di voce. Era lo stesso rancore che covava lui da tempo. Era impossibile da seppellire. Si erano sacrificati in ogni modo per l'esercito. Avevano messo a rischio la loro vita, avevano ucciso persone innocenti in nome del loro paese -o meglio ancora delle sue macchinazioni- e poi erano stati congedati come avanzi di galera, scarti di un pranzo troppo ricco per stomaci piccoli. «E quindi? Qual è la soluzione? Abbiamo perso già abbastanza... Robert ha dovuto rinunciare ad Abby. Se avesse parlato l'avrebbero uccisa. Hanno eliminato Lily e ti stanno dando la caccia. Io non vedo soluzioni, vedo solo problemi.»
Orion sogghignò appena. Era da un po' di tempo che aveva cominciato a nascondersi e a comportarsi in modo paranoico. Si nascondeva in casa, occupandosi dei suoi fratelli e trascorreva le notti a fare da guardia con una pistola tra le mani. Vagava attorno alla villa accertandosi che nessuno si avvicinasse per far del male ai suoi fratelli. Era arrabbiato e stanco. Voleva garantire un futuro migliore a tutti loro.
«Per questo ho un piano. Io e te insieme siamo sempre stati tra i migliori nell'esercito. Ci mandavano sempre in coppia, no?»
Arthur annuì, massaggiandosi il mento. Si grattò leggermente la barba chiara e storse poi il naso. «Sì, ma avevamo anche Robert dalla nostra e adesso non vorrei coinvolgerlo.»
«Neanch'io...» Orion scosse il capo. «La questione di Abby lo ha devastato, sta male e ha bisogno di tempo. Dobbiamo agire per lui, per noi e per la mia famiglia. Non mi nasconderò, Arthur. Voglio tenere i miei fratelli al sicuro e mi spingerei ovunque per loro. Ho bisogno di una mano. Se non vorrai, capirò. Farò tutto da solo.»
Arthur voleva giustizia. Se davvero Orion era intenzionato a distruggere chiunque li minacciasse, allora sarebbe stato finalmente anche lui libero. Lo doveva a Lily. «Cosa vuoi fare?»
Orion sorrise soddisfatto. Sfilò da una valigetta alcuni fascicoli. «Ho pagato un hacker. Comunque sia, uccideremo uno ad uno quelli che erano a capo del nostro progetto. Cancelleremo ogni prova, ogni cazzo di documento o formula. Non esisteremo più come soldati speciali, come K Weapon. Saremo solo dei ragazzi da stress post traumatico, ex militari.»
Arthur sentì la pelle solleticata dalla curiosità. Avevano la possibilità di essere liberi. Osservò i fascicoli. «Alcuni sono nomi in codice.»
«Lo so. Sarà un lavoro pesante, forse richiederà anche anni ed è rischioso. Parliamo di Paul Kinglsey e politici. Ma una volta finito, saremo solo noi e le nostre vite. So che le nostre anime si sporcheranno ancora di sangue, ma non lo saranno mai quanto le loro.» Batté una mano su uno dei fascicoli.
Arthur fissò tutti quei nomi. Alcuni erano così familiari. Incrociò gli occhi scuri di Orion, specchiandosi in quei buchi neri intrisi di rancore e desiderio di vendetta. «Ci sto.»
Sussultò all'improvviso, quando sentì il campanello di casa andare all'aria.
Si passò una mano in volto. Non si era reso conto di tutto il tempo trascorso fino ad allora, si era appisolato senza nemmeno volerlo.
Si tirò immediatamente giù dal letto e si sistemò i capelli allo specchio. Era stanco, tutta quella storia lo aveva quasi logorato.
Non aveva idea di che emozioni provare, certamente sapere che Orion fosse vivo gli aveva ridato un po' di luce. Aveva sentito il proprio animo risvegliarsi dopo anni -percepiti quasi come secoli- di letargo.
Uscì poi dalla stanza, guidato dal rumore, che aveva ricominciato a regnare sovrano in casa. Izar era appena tornato coi ragazzi. Teneva i cartoni di pizza in mano e un sorriso quasi spento.
Più Arthur osservava quel ragazzo, più riconosceva in lui lo sguardo del padre. E in quei momenti il senso di colpa dilagava in lui con forza. Si precipitò a dargli un aiuto con le pizze e le sistemò in cucina, dove Eleonore aveva già apparecchiato per tutti.
La donna si sistemò meglio il proprio vestito e sorrise ad entrambi. «Adesso ho apparecchiato anche per uno in più... sapete, amo le famiglie rumorose e grazie a voi sto vivendo in una.»
Arthur le sorrise gentile. Robert si affacciò alla finestra e picchiettò sulla sua spalla, per attirare l'attenzione. Yennefer era al suo fianco, quasi come un'ombra. Arthur avrebbe tanto voluto credere che fosse perché ricambiava i sentimenti dell'amico, ma aveva il sentore che quella donna non volesse perdere di vista i loro movimenti, soprattutto adesso che Orion era tornato a casa.
«Hai visto?» Robert lo ridestò dai pensieri.
Arthur scosse il capo, distogliendo lo sguardo dalla figura di Yennefer. «Ehm, scusa ero distratto.» Prestò attenzione al giardino, fissando il punto indicato da Robert: Orion e Altair erano appena tornati. Avevano parcheggiato entrambe le auto e si erano fermati a parlare.
Arthur vide Orion più sereno e Altair meno scontroso di com'era partito.
Ben presto il caos tornò a regnare sovrano. Aveva dimenticato quanto potesse essere rumorosa quella casa con la presenza di Orion. «Ed eccoci qui!» Orion batté le mani e abbracciò Leon ed Eris che gli corsero incontro.
Altair era alle sue spalle. Teneva le mani nascoste nelle maniche del giaccone. Zalia e Izar gli si avvicinarono, quasi accerchiandolo, ma Orion ormai era un fiume in piena. Arthur lesse nel suo sguardo quella disperata esigenza di tornare alla normalità. Non doveva essere stato semplice restare solo e nascosto per dieci anni.
«Uh! Pizze!» Orion sorrise. Andromeda gli passò un piatto e iniziarono a sistemare le fette nel cartone. L'uomo si avvicinò a Eleonore e le sorrise sornione, come sempre. «Mi dispiace non essermi presentato nelle migliori condizioni, signora. Spero che stia bene qui!»
«Certo, caro. Mangia mi raccomando.»
Arthur ghignò. «Ora che ci sei tu, magari farà preparare anche a te i pancakes e mi darà tregua.»
Robert ridacchiò e assestò un colpo sulla spalla ad Orion, che sussultò quasi. Ammiccò in direzione dell'amico e si sedette a tavola. Si accomodò al centro tra Arthur e Robert.
«Bene, buon appetito allora!» Orion fece scontrare la propria bottiglia di birra con quella di Arthur. Ascoltava in silenzio ogni racconto, facendo domande con la stessa curiosità di un bambino inesperto.
Arthur era rasserenato. Eris e Leon sembravano aver reagito bene al suo ritorno, anzi erano entusiasti, come quando erano alle prese con i regali di Natale da scartare.
«E allora io e Andromeda abbiamo rubato la chiavetta usb dallo zaino di Zalia!»
«C O S A?!» Le voci di Altair, Zalia e di Robert affollarono la cucina.
Arthur non poteva credere che adesso che tutti avevano iniziato a raccontare le loro avventure, persino Andromeda e gli altri avessero giocato alle loro spalle. Si passò una mano in volto sconvolto.
Zalia agitò le mani, non aveva ancora finito di lanciare la sua fetta di pizza. «Io ero sicura che sarei morta! Insomma, diglielo anche tu!» Diede una gomitata al fianco di Altair, che sussultò all'improvviso. «Mi sono sentita una cretina! Ho messo sotto sopra il mio zaino-»
«In realtà, era già abbastanza in disordine...» Altair mangiucchiò un po' di cornicione, parlando distrattamente.
Leon arrossì. «Beh... come diceva Eris: voi non sapevate che noi sapevamo...»
«È stato pericoloso. Cosa diavolo avete nella testa?» Robert assottigliò lo sguardo.
Eris gli sorrise incoraggiante, provando a metter su lo sguardo più dolce mai esistito. Arthur sapeva bene quanto la piccola Grey riuscisse a sfruttare la debolezza di Robert nei suoi confronti. «Però non è successo nulla, no? Adesso ne parliamo come una vecchia storia divertente, dai.»
Orion ridacchiò, mentre Robert si lasciava sfuggire un gridolino nervoso, più simile al fischio di una pentola a pressione. «Dai, amico. È acqua passata, sono pure sempre dei Grey, siamo fatti così.»
Andromeda ghignò. «Zalia è una testa di cazzo, ma non è una Grey-»
«Ehi! Scusa, bella. Io sarei qui. Non sono una testa di cazzo-»
Tutti si voltarono a guardarla e Zalia avvampò. Yennefer rise divertita e scosse il capo, versandosi altra birra. «Come no. Sei tante cose, ma soprattutto caotica e combinaguai.»
«E rompicoglioni.» Altair si stiracchiò.
Zalia gli scoccò un'occhiataccia. «Oggi hai l'assurda esigenza di commentare qualsiasi cosa?»
«Può darsi.» Altair scrollò le spalle.
«Ormai è una Grey.» Orion ridacchiò tranquillo. «O potrebbe esserlo prossimamente.» Ammiccò in direzione di suo fratello e di Izar, che si irrigidì di colpo.
Arthur aveva notato come fosse silenzioso. Forse non credeva di essere parte integrante del discorso. Orion iniziò a raccontare una vecchia storia, tenendo tutti in compagnia.
A fine serata, Arthur aiutò a sistemare, mentre Altair e Orion accompagnavano gli altri in camera.
Era strano, quasi surreale. Altair non sembrava intenzionato a lasciare il proprio ruolo da capo branco, ma aveva iniziato ad accettare di buon grado il ritorno del fratello maggiore.
Avevano trascorso forse una delle prime serate tranquille. Si chiese come avrebbero cominciato a comportarsi poi. Orion diceva di avere un piano, ma aveva timore che la sua salite mentale non fosse al massimo della forma. Aveva notato come spesso si estraniasse, fissando un punto indefinito della stanza.
Dieci anni di solitudine non dovevano essere facili.
Dopo aver salutato gli altri, si incamminò verso la propria camera. Si distese sul letto e si lasciò andare a uno sbuffo frustrato.
Sentì bussare alla porta e sorrise istintivamente. «Entra.»
Orion spinse in avanti la porta e si affacciò. La richiuse poi alle proprie spalle e si dondolò sui piedi, a disagio. «Come facevi a sapere che ero io?»
«Lo sapevo e basta.»
«Mh, già.» Orion scrollò le spalle e si sedette sul suo letto, come sempre. Sembrava che il tempo non fosse mai trascorso. Aveva sentito la mancanza della sua vicinanza invadente. «Come stai?»
Arthur ridacchiò. «Dovresti dirmelo tu... com'è andata con Al?»
«Poteva andare meglio... o anche molto peggio. Direi che pian piano andrà tutto bene.» Orion fissò il vuoto e sospirò piano. «Mi dispiace aver incasinato tutto... non volevo lasciarvi soli. Né volevo lasciarti solo.»
Arthur annuì. Gli si seccò all'improvviso la gola e tossicchiò per dar vigore alla voce. «Lo so. È tutto okay. Da domani dobbiamo trovare i genitori delle ragazze e cercare un modo per ridarti la vita che ti è stata tolta.»
Orion sorrise e lo tirò a sé, abbracciandolo. Affondò il capo nell'incavo del suo collo. «Grazie... mi siete mancati tutti.» Si staccò e si tirò in piedi.
Si avvicinò alla porta per andarsene. Arthur era ancora intontito, il profumo di Orion gli aveva invaso la mente.
«Izar... lui sa qualcosa?»
Arthur scosse il capo. «No. E mi fa male doverlo guardare in volto ogni giorno con la consapevolezza di ciò che gli abbiamo fatto.»
Orion sospirò piano. «Non c'era alternativa... sai? Io lo vedo ancora. Ogni giorno il suo fantasma mi tormenta.»
Arthur deglutì. Non riuscì a rispondere e Orion si allontanò, richiudendosi la porta della camera alle spalle.
Arthur sbuffò frustrato e sfilò il proprio cellulare dalla tasca. Si accertò che nessuno fosse nei paraggi, affacciandosi dalla porta e si chiuse all'interno dalla stanza. Si accucciolò contro la parete, portandosi le gambe al petto e avviò la chiamata. Attese qualche istante, tenendo gli occhi socchiusi.
Voleva piangere, non sentiva la sua voce da mesi. L'aveva fatto per lei, per proteggere entrambi, lo sapeva bene.
Eppure, rivedere Orion vivo gli aveva fatto rinascere quell'assurda speranza di una normalità agognata.
«Pronto?»
Si strozzò quasi. La sua piccola, gli mancava. «Lily? Come stai?»
«Arthur! Oh mi sei mancato!»
Angolino
Già sintetizzando, i morti non muoiono mai. Avete visto il cadavere? No, allora è vivo.
Tranquilli, il simpaticone di Pollux è morto davvero, c'era il cadavere citato.
Ora andrò a nascondermi, perché immagino eventuali minacce.
Alla prossima ❤️🩹
Ps. Grazie per il sostegno in un periodo davvero difficile.
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