XLIV. Sono la mia famiglia
Altair
A volte gli incubi ritornano.
Altair ne era sempre stato sicuro.
Di solito, ci si risvegliava. Riprendersi era difficile, ma alla fine erano come i mostri nascosti nell'armadio: non erano reali.
Il suo incubo, invece, era vero, così tanto che poteva toccarlo. Poteva sentire benissimo il dolore che gli provocava per tutto il corpo. Cercò di farsi coraggio. Si morse l'interno guancia, provando a non piangere come un bambino disperato.
Era solo.
Era di nuovo solo e tutta la sua famiglia era in pericolo.
Aveva bisogno di un piano, di un'idea. Ma la sua mente riusciva soltanto a pensare che anche Orion era scomparso, che l'aveva abbandonato di nuovo.
Per di più Eris e Leon erano stati rapiti.
Aveva sempre avuto una cosa a cuore: la sua famiglia. L'unico motivo che l'aveva tenuto in vita fino ad allora era Eris. Era Leon. Era Andromeda e adesso, sfortunatamente, anche Orion.
Teneva tra le mani -tramanti- il cellulare. Aveva da poco concluso la chiamata con suo fratello e non riusciva a metabolizzare nemmeno un pensiero sensato. Alzò lo sguardo su Andomeda e Zalia, che erano di fronte a lui, e si morse l'interno guancia. «L-lui era con Arthur. Stava andando alla Serpents-»
Andromeda prese la propria mazza da baseball e fece per uscire da casa, ma Robert la afferrò per le spalle, facendole fare retrofront. «No. Dobbiamo agire in modo intelligente. Cos'altro ti ha detto?»
Altair aggrottò la fronte. Doveva mantenere la calma, ma il suo cervello gli proponeva tutti i peggiori scenari possibili. Alzò lo sguardo su Robert e prese un grosso respiro. «Mi ha mandato l'indirizzo di dove dovrebbero essere i genitori Cortez...» Lo inviò anche a Robert, che sfilò il cellulare dalla tasca e osservò lo schermo.
«Il vecchio ospedale psichiatrico?» L'uomo aggrottò la fronte. Non sembrava del tutto convinto, ma d'altronde non avevano altre informazioni utili, dovevano affidarsi a quelle completamente. «Sentite, se tengono reclusi lì Drew e Katherine Cortez, allora ho motivo di credere che tengano anche Leon ed Eris lì.»
Altair alzò lo sguardo su sua sorella e Zalia. Robert doveva andare a recuperare gli altri. Il suo compito, invece, adesso era salvare Orion. Non gli avrebbe permesso di lasciarlo ancora solo. Non era un soldato addestrato, sicuramente, ma il siero scorreva anche nel suo sangue. Doveva pur valere qualcosa. Non poteva permettersi di restare fermo a guardare e aspettare che tutto si risolvesse. Aveva anche una strana sensazione. Orion non poteva fare tutto da solo con Arthur.
«Allora tu vai a recuperare i miei fratelli e i loro genitori. Io e Andromeda proveremo a metterci in contatto con Orion e a scoprire dove si trova.» Altair era accigliato, osservò Robert.
L'uomo si massaggiò il mento. «Va bene, dovete restare qua, Al. Se ti succedesse qualcosa-»
Altair ormai lo ignorava. Non ascoltava nemmeno una delle sue parole. Fissò soltanto l'uomo muoversi verso l'uscita del salotto, alla ricerca delle chiavi dell'auto. Yennefer seguiva Robert con la coda dell'occhio.
«Vengo con te. Zalia tu resti qui.»
Zalia scattò sul posto. «Cosa?! No scordatelo! Devo venire con te! Sei mia sorella. Sono i miei genitori anche. Io non ho intenzione di starmene così, ad aspettare!»
Yennefer la tirò a sé e la abbracciò. Le posò un bacio sulla fronte e le accarezzò le guance, con gesti dolci e delicati. «Andrà tutto bene. Ho bisogno di sapere che sei a casa e al sicuro, va bene? Ti prego, per una volta dammi ascolto.»
Altair incrociò lo sguardo di Zalia ed ebbe la conferma che cercava in lui qualcosa, il disperato appiglio di sentirsi utile in quell'infernale confusione.
Annuì. Non avrebbe permesso che Orion restasse da solo, l'idea non l'aveva sfiorato nemmeno per un momento. Non avrebbe abbandonato suo fratello, non gli avrebbe permesso di scomparire ancora una volta dalla sua vita.
Zalia alzò, così, le mani in alto, in segno di resa. «Va bene, ma dovrete aggiornarci.»
Robert sembrava volesse entrare nelle loro menti. Altair sapeva che non si fidasse di lui. Non riusciva a credere alle sue parole, al fatto che sarebbero stati fermi ad aspettare, ma era costretto a farlo. In una situazione simile il tempo era fin troppo importante per trascorrerlo a preoccuparsi di ogni possibilità. Si avvicinò ad Altair e lo abbracciò, posandogli un bacio sulla fronte. «Torneremo a stare tutti insieme, va bene? Te lo prometto, Al.»
Altair fece un sorriso forzato, accompagnando i due adulti alla porta. Zalia urlò forte il nome di sua sorelle e la raggiunse in giardino, travolgendola in un abbraccio.
Altair detestava quei saluti, sembrava che volessero garantirsi almeno l'idea di essersi detti addio, nella peggiore delle possibilità.
Scosse il capo. Non avrebbe permesso a nessuno della famiglia di scomparire. Fin da quando era piccolo, da quando Orion era morto -o almeno così credeva- aveva promesso che non sarebbe successo nulla a tutti loro. Sarebbe morto pur di mantenere quella promessa.
Alzò lo sguardo verso Andromeda, seduta sul divano del salotto. Tamburellava le dita sul tavolo, agitando poi anche la gamba su e giù, in un nervosissimo scarico di tensione.
Altair attese che Zalia tornasse in casa. «Allora? Cosa facciamo?»
Altair fece un sorrisetto sghembo e osservò sua sorella e Zalia. Non avrebbe saputo ben definire quale fosse il loro rapporto. Certo, lei gli era stata vicina tutta la notte quando gli aveva iniettato il siero. Era stato così male da credere di morire e poi l'aveva baciata. Non aveva idea nemmeno di come avesse trovato il coraggio, ma in quell'istante gli era sembrato giusto. Come se i suoi occhi fossero lo specchio dove avrebbe voluto riflettersi per sempre. Attraverso lo sguardo di Zalia riusciva a detestarsi di meno, a sentire che forse davvero il peso del mondo non era sulle sue spalle. Si sentiva leggero e non aveva mai provato un qualcosa di simile.
E gli piaceva.
E non voleva perdere quelle sensazioni rigeneranti.
Eppure, da quel momento non avevano mai trovato il coraggio per parlarne. C'erano sempre stati troppi problemi di mezzo e adesso avevano questioni più importanti di cui occuparsi.
«Andremo a recuperare Orion e Arthur alla Serpents Agency...» Altair corrugò la fronte. «Abbiamo le armi di mio fratello-»
Zalia alzò la mano. Sembrava febbricitante, simile a una bambina pronta a fare macelli. «Per quanto mi piacerebbe entrare e fare un po' il culo a tutti come la Vedova Nera, devo dirvi che non so usare una pistola... e già che ci siamo non ho il coraggio nemmeno di uccidere gli insetti. Non perché mi senta una pacifista, anche se effettivamente non amo la guerra, ma perché mi fanno senso. Insomma quelle zampette orripilanti-»
Altair si lasciò sfuggire un sorriso, mentre la fissava. I suoi occhi chiari si calamitavano sempre in quelli color nocciola di Zalia. «Io e Andromeda sappiamo sparare. Giocavamo al tiro al piattello da bambini... ce lo ha insegnato Orion.»
Andromeda sorrise come rigenerata. Si tirò in piedi. «Oh ora ti riconosco, Al. Allora entriamo e spacchiamo i culi di tutti quei soldatini-»
Altair scosse il capo. «No. Ho solo io il siero, quindi cercheremo un ingresso secondario tramite il ristorante al pianterreno. Ci saranno una scala interna che ci condurrà ai piani superiori della Serpents...»
Zalia arricciò il naso. «E noi?»
«E voi aspetterete in auto. Non voglio che vi succeda niente.»
Zalia lo colpì con un ceffone dietro la nuca. «Ma sei idiota? Se ti succedesse qualcosa-» gli accarezzò poi la mano e Altair sentì il corpo percorso da un milione di brividi di freddi. Fissò la sua mano, le dita affusolate che si avvolgevano attorno al polso dolcemente. Abbozzò un sorriso e si sentì un idiota a spegnere i pensieri per qualche istante.
Andromeda roteò gli occhi al cielo. «Potete fare Romeo e Giulietta in auto?» Si mosse veloce verso l'ufficio di Orion.
Altair le scoccò un'occhiataccia. La seguì un po' inferocito, cercando di ignorare le sue parole velenose. «Che diavolo fai?»
«Faccio carico di armi. Se vuoi davvero che non ci immischiamo, allora lascia che ti spianiamo un po' la strada con sana improvvisazione.»
Altair aveva quasi paura a chiedere a sua sorella altre informazioni. «A cosa ti riferisci, scusa?» Sentì il cellulare nella tasca vibrare.
La sua mente si spense di nuovo, catapultata nel baratro delle paure e degli incubi. Non riusciva a sentire nemmeno la discussione tra Zalia e Andromeda, perché il suo sguardo era fisso sul nome che illuminava lo schermo del cellulare.
Rispose e il cuore si fermò per qualche istante, quando riconobbe la voce di Izar spezzata e dolorante. «Izar? Che succede?»
«L-loro vogliono che veniate qui. Hanno me, Orion e Arthur.»
Altair sentì le mani tremargli. Mise in viva voce e lasciò ascoltare anche le altre. «Che succede? Se mi dici dove sei proviamo a raggiungerv-»
«Pronto? Mi senti, piccolo Grey?» Era una voce sconosciuta. Altair deglutì.
«Che cazzo vuoi?»
«Non ci siamo ancora presentati, sono James. Un vecchio amico di tuo fratello. Ho fatto anche l'insegnante per un po' alla tua adorabile sorellina e al suo gemellino. Senti, non mi piace questa situazione, quindi arriviamo al sodo. Voi venite qui, con la formula del cazzo di siero e trattiamo una soluzione insieme. Senza scherzi o faccio saltare il cervello a tutti i tuoi fratelli, uno ad uno.»
Seguirono attimi di silenzio. Altair prese un grosso respiro.
James sbuffò frustrato. «Siamo intesi?»
«Sì. È tutto chiaro.»
Spense la telefonata e lanciò il cellulare sul divano. Gli girava la testa. Il mondo vorticava attorno a lui. Lo risucchiava al centro, nutrendosi delle sue forze vitali, e continuava a girare con raggelante indifferenza.
Altair si lasciò cadere sul divano del salone. Si portò le mani in volto e si dondolò appena su se stesso. Non sapeva cosa fare.
Andromeda e Zalia parlavano, vedeva le loro bocche muoversi esagitate, ma non riusciva a sentire il suono delle voci. Si sentiva rinchiuso in una bolla, impossibile da rompere e spaccare.
Zalia gli afferrò il volto tra le mani, rompendo quell'asfissiante barriera. «Al dobbiamo fare qualcosa.»
Altair corrugò la fronte. L'unica soluzione era consegnare il siero, ma era certo che non li avrebbero lasciati scappare dalla loro stessa tana con così tante informazioni. Avrebbero dovuto accettare passivamente la morte.
Non poteva permettere che i suoi fratelli morissero, non era giusto.
«Dobbiamo andare lì... loro non sanno che mi sono iniettato il siero. Non si aspetteranno da me qualsiasi cosa, no?» Guardò Zalia.
La ragazza corrugò la fronte. «Cos'hai in mente?»
«Tu e Andromeda vi presenterete lì per fare lo scambio, sicuramente vi porteranno dagli altri.» Altair si morse l'interno guancia. «Io sarò con voi, ma ad un certo punto sfuggirò alle guardie. Posso farcela, ho il siero migliore del loro. Cercherò di raggiungervi e intervenire.»
Andromeda scosse il capo. «Non se ne parla, è una stronzata folle.»
Altair strinse i pugni. «Hai idee migliori, forse? Perché non ne ho. Non ho soluzioni, né altre proposte. Ci vogliono eliminare. Cos'altro dovremmo fare?»
Andromeda ci ripensò su. «Ci serve una trappola. Porteremo le bombe fumogene con noi. Una volta dentro, le spareremo. Ci sarà confusione e dovranno cercare di non lasciarsi asfissiare dai gas tossici.»
Altair annuì. Avanzò verso l'ufficio di Orion. Sapeva che avesse stampato una pianta dell'edificio della Serpents. Erano riusciti a infilarsi nei server e ad avere il quadro completo, grazie all'aiuto di Ivy, la fidanzata di sua sorella. Le sue capacità informatiche erano davvero uniche.
Altair fece saettare lo sguardo lungo alcuni cerchi rossi lasciati da suo fratello com un pennarello. Aveva individuato l'ingresso ai sotterranei ed era abbastanza sicuro che solo il personale autorizzato poteva accedervi. Fissò poi Zalia e sua sorella. «E possibilmente dovremo prendere un ostaggio e portarlo con noi... sai per accedere ai sotterranei. Sono sicuro che tengano lì tutti quanti.»
Mentre si incamminava con Zalia e Andromeda verso l'ingresso della Serpents Agency, le mani erano percorse da formicolii nervosi; gli solleticavano la pelle, facendolo rabbrividire come in preda a continui brividi di freddo.
Nascondeva nel cappotto una pistola, e non aveva intenzione di usarla per uccidere qualcuno, e un paio di bombe fumogene. Le avevano equamente divise tra tutti.
Non appena varcarono l'ingresso della Serpents Agency, una donna dai capelli rossicci e un uomo dagli occhi chiari e l'ampia fronte li squadrarono. Avevano un aspetto familiare e Atlair impiegò poco tempo a inquadrarli. Aveva visto i loro volti, sebbene più giovani di più di dieci anni, nelle foto di suo fratello. E dai racconti non potevano altro che essere Syria e James, l'uomo con cui aveva parlato a telefono.
«Bene, sono felice che siate venuti di vostra spontanea volontà.» L'uomo fece scattare delle serrande, chiudendo le enormi vetrate dell'edificio, come se fosse chiuso all'improvviso.
Altair era abbastanza sicuro che avrebbero detto che fosse per lutto.
Le mani presero a sudargli. Ignorò il nervosismo e si limitò a fingere un sorriso di circostanza. «Maximillian non c'è? Avevamo fatto amicizia con lui, mi dispiace che non ci sia a minacciarci. Ormai lo sentivo quasi familiare...»
Si guardò attorno. Altre due guardie erano ai lati di Syria e James. Probabilmente non si aspettavano poi così tanti problemi da tre ragazzini.
Altair aveva sempre pensato che Orion avesse ragione. Spesso si davano per scontati i più deboli, almeno apparentemente. Si affrontavano con maggiore superficialità. Per questo, negli incontri di boxe, spesso Orion puntava su quelli che sembravano fisicamente sfavoriti. Si abbassava semplicemente la guardia ed era proprio ciò che aveva fatto Paul Kingsley e l'intera Serpents Agency.
Si scambiò una breve occhiata con Andromeda e Zalia. In un attimo scagliarono a terra le bombe fumogene, che impattando con il pavimento, scoppiarono, liberando un gas che avrebbe impedito a chiunque di vedere e respirare bene. Indossarono alcune maschere antigas rubare da Orion e iniziarono a correre verso l'ascensore. Altair sfilò un manganello dal cinturone di una delle guardie, strattonandola a terra. Lo colpì a una gamba, mentre il gas riempiva l'aria, creando una coltre grigia e fastidiosa.
Individuò in un angolo Syria presa a tossire. Corse veloce e le avvolse un braccio dietro al collo. La donna provò a liberarsi, colpendolo, e dovette trattenere i gemiti di dolore.
Per fortuna la sua presa era nettamente maggiore. «Adesso vieni con noi...»
La trascinò fin dentro all'abitacolo dell'ascensore e pigiò nervosamente i tasti per il seminterrato.
Zalia e Andromeda gli sorrisero, liberandosi delle maschere e lasciandole cadere a terra.
Quando le ante dell'ascensore si chiusero, Altair lasciò Syria, puntandole subito dopo una pistola contro. Zalia e Andromeda lo imitarono. Anche se Altair aveva leggermente timore a lasciare un'arma nelle mani di Zalia. Caotica com'era avrebbe potuto premere il grilletto per errore. «Adesso ci porti dai miei fratelli.»
Syria lo guardò in cagnesco. «Ti piace cercare di morire, eh? Sei più simile a Orion di quanto credessi.»
Altair strinse tra le mani la pistola. Andromeda le mollò il calcio, scocciata, e roteò gli occhi al cielo. «Avvicina quella faccia di merda al lettore e portaci dai nostri fratelli, stronza.»
Zalia la guardava confusa e sospirò piano. «Ci uccideranno. E se non ci uccideranno loro, allora ci ucciderà mia sorella.»
Altair sorrise appena. Le labbra gli si incurvarono spontaneamente all'insù. Premendo la canna della pistola contro la schiena di Syria, la costrinse a voltarsi e inquadrare il lettore visivo.
Una voce robotica rispose, rimbombando nel cubicolo. «Accesso autorizzato.»
Altair voleva riprendere i suoi fratelli e fuggire. Poi avrebbero pensato a un contrattacco. Il cuore gli martellava in gola e il sudore gli bagnava le mani, al punto tale che ebbe quasi la sensazione che la pistola potesse scivolargli via come una saponetta bagnata.
Le porte dell'ascensore si aprirono di colpo, dopo un breve trillo.
Altair agguantò nuovamente Syria, puntandole la pistola alla tempia. Zalia lo guardava preoccupata e Andromeda lo seguiva, guardandosi attorno con fare circospetto.
Lì dentro era tutto grigio, triste e quasi funebre. Altair rabbrividì. Sarebbe stato semplice perdersi, ogni parete, ogni angolo e ogni corridoio sembravano uguali tra loro.
Spintonò un po' Syria. «Portami da loro.»
La donna si incamminò in avanti. Altair sentì i passi di alcune guardie in avvicinamento. Da quando aveva preso quel siero i suoi sensi si erano acutizzati.
Si fermò e si nascose dietro una parete, costringendo Zalia e Andromeda a imitarlo. Attesero che le due guardie passassero, superando il corridoio. Gli parve strano che non fossero in allerta, che James non li avesse avvisati. Forse aveva inalato abbastanza gas da perdere i sensi.
Svoltarono un'ultima volta poi.
Altair si raggelò quando varcarono una cella. Erano tutti lì, allegramente legati.
Robert, Yennefer, Orion, Eris, Leon e Michael.
Si voltò a guardare sua sorella e Zalia. Tutti insieme alzarono le mani in alto, quando Paul Kingsley, al centro della cella, sorrideva divertito. «Buonasera, ragazzi. Mancavate solo voi a questa piccola riunione. La chiameremo l'ora della verità. Immagino ci sia abbastanza da divertirsi.»
Ciò che gli squarciò a metà il petto, risucchiandogli quel che restava del suo cuore provato, fu incontrare gli sguardi di Arthur e Izar, alle spalle di Paul, e accanto a Maximillian, il cui sguardo, per la prima volta gli apparve in apprensione.
Angolino
A giovedì per il finale.
Grazie per esserci stati.
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