XLIII. Tortura
Orion
Aprì gli occhi. Sbatté le palpebre e storse il naso infastidito quando la luce a neon gli accecò lo sguardo. Si lasciò andare a uno sbuffo scocciato.
Lì dentro puzzava.
Il tanfo era asfissiante e infestava ogni angolo della stanza, tutta l'aria. Avrebbe voluto vomitare.
Puzzava di morto.
Forse sarebbe stato il prossimo.
Non si sarebbe stupito se avessero ucciso qualche altro prigioniero prima di lui.
Non voleva credere a tutto quello che era successo. Arthur, il suo Arthur, non avrebbe mai fatto nulla del genere. Se era arrivato a spingersi a tanto doveva esserci una ragione, ne era sicuro.
Lo conosceva così a fondo che si sarebbe lanciato tra le fiamme dell'Inferno pur di seguirlo. Arthur non era cattivo, non era come la Serpents. Arthur era un cuore buono e Orion poteva dirlo con assoluta certezza. C'erano delle motivazioni alla base della sua scelta.
Non poteva odiarlo, non avrebbe mai potuto farlo. Ricordava ancora le sue ultime parole, prima che perdesse i sensi.
«Sistemerò tutto.» lo sentì sussurrare poi all'orecchio. «È per Lily, sanno dove l'ho nascosta.»
Così gli aveva detto e in poco tempo una sensazione di calore gli aveva irradiato il petto.
Orion si fidava di lui ciecamente. Non voleva credere che la loro storia sarebbe finita così. Soprattutto ora che era pronto ad affrontare stupide paure, a lasciarsi il terrore alle spalle.
Ma Arthur non si era fidato abbastanza di lui per rivelargli la verità su sua sorella. Orion non se la sentiva di recriminarlo. Si era infilato in un labirinto di problemi così vasto, che ritrovare la via d'uscita si stava rivelando sempre più difficile.
Il passato torna a galla, sempre. E Orion avrebbe dovuto imparare quell'amara lezione.
Lui e Arthur meritavano una possibilità o un finale alternativo. Non avrebbero concluso così la loro storia, non l'avrebbe permesso.
Si guardò attorno, provando ad abituarsi all'ambiente. I muscoli erano intorpiditi e lo avevano legato a una sedia. Aveva provato a liberarsi, ma le catene lo tenevano fermo e aveva modo di credere che gli avessero fatto ingerire qualche sostanza che rallentasse i suoi riflessi.
Era stonato.
La testa gli faceva male nel punto in cui era stato colpito. Invisibili stilettate gli dilaniavano il cranio e provare a concentrarsi fu più complicato del previsto.
La stanza, in cui l'avevano relegato, era vuota. C'era solo una luce al neon e un'enorme finestra opaca, attraverso la quale era certo lo spiassero.
Quella luce bianca era fastidiosa puntata nelle pupille, sembrava potesse cavargli gli occhi, accecarlo dall'interno.
Sentì la porta principale aprirsi e individuò la figura di Paul Kingsley varcare l'ingresso, tallonato a ruota da Maximillian. Incrociò gli occhi scuri del suo avversario e storse il naso. Non gli piaceva quella riunione ad armi impari; essendo legato a una sedia non poteva di certo spaccare il naso a nessuno di loro.
La rabbia e la frenesia iniziarono a formicolargli la pelle, a solleticarla come sottili aghi invisibili, nascosti sotto infiniti strati di epidermide. Serrò la mandibola, quando i suoi occhi si scontrarono con quelli chiari di Paul.
A volte l'uomo abitava ancora i suoi peggiori incubi.
«Quante vite hai, eh Orion? Una ventina?»
«Non ti conviene testare, Kingsley. Se riuscissi ad alzarmi saresti spacciato.» Orion sogghignò sfrontato. Sebbene il corpo gli dolesse quasi da ogni parte, non aveva paura di quell'idiota.
«Ti vedo ancora dolorante, prenditi pure il tuo tempo.» Paul si accese una sigaretta, guardandosi svogliatamente attorno.
Max seguiva ogni suo movimento, restandosene in tensione.
Orion sputò ai suoi piedi. Era da poche ore lì e già aveva dato fastidio alle guardie della sua cella. Fino a qualche ora prima l'avevano percosso con violenza, tenendolo bloccato. Il fianco gli doleva ancora e i vestiti erano sporchi del suo sangue.
Paul gli si avvicinò e il tanfo della sigaretta gli inondò la faccia, facendolo rabbrividire. Un conato di vomito gli risalì lungo la gola e trattenerlo fu difficile. L'acido sapore della bile gli riempiva la bocca e lo guardò con odio.
«Tu dimmi dove sono le sorelline Cortez e non ti succederà nulla, te lo prometto.»
Orion roteò gli occhi al cielo. Era davvero così stupido da credere che avrebbe parlato. Avrebbe preferito morire piuttosto che consegnare quelle ragazze che ormai facevano parte della sua famiglia.
Lo aveva anche promesso al padre. Provò a liberarsi delle catene e il clangore metallico riempì la stanza.
Lanciò un'ultima occhiata a Maximillian, che se ne stava fermo impalato sul posto. Le mani congiunte in avanti e lo sguardo completamente indifferente a tutto quello. Orion ricordava bene cosa significasse essere un soldato pronto a tutto. Aveva assistito alle peggiori torture senza muovere un dito, troppo ancorato alla propria vita, al desiderio di tornare a casa.
Si chiese se Maximillian considerasse davvero Paul una casa, un motivo per spingerlo a essere così crudele, così come la sua famiglia lo era stato per Orion.
Paul perse la pazienza. Quel bastardo colpiva ancora forte e conosceva i punti più sensibili. Gli assestò un pugno in pieno volto e il sangue riprese a scorrere, macchiandogli ancora i vestiti. Non soddisfatto, ghignò.
Un altro schiaffo lo colpi in pieno volto, facendolo voltare dal lato opposto. Orion socchiuse gli occhi, doveva solo restare calmo, respirare e resistere. Non era niente di impossibile.
Avrebbe potuto agitarsi, distruggere tutto, ma non aveva più forze, erano prosciugate. Le braccia erano legate ai dietro la schiena, si tendevano e bruciavano quasi dal dolore. Percepiva ogni muscolo del suo corpo cedere alla stanchezza. Una goccia di sangue si liberò dalle sue labbra e sporcò il pavimento. Paul si sistemò le cravatta elegante. Gli occhi scuri lo guardavano con odio. Si passò una mano su quella zucca vuota, la luce risplendeva sulla testa calva. Poggiò le mani sui bordi della sedia su cui era seduto. Lo fissò intensamente. Un tempo avevano anche lavorato insieme, erano amici o qualcosa di vagamente simile; così credeva. «Amico mio, non farmi perdere tempo, dove cazzo sono?»
Scosse il capo. «Ti ho detto che non lo so, Paul-»
L'ennesimo pugno sul naso lo colpì con una tale violenza che chiuse gli occhi e si irrigidì di colpo. Bruciava e gli occhi sembravano pronti a gonfiarsi di lacrime.
«Va bene. Sei testardo. Sei sempre stato il mio preferito sai? Violento al punto giusto, scaltro e furbo.» Tirò una sedia, trascinandola sul pavimento.
Orion lanciò l'ennesima occhiata a Max, che, a quel punto, non riuscì a nascondere un ghigno carico di fastidio.
Si sedette di fronte a lui e un sorriso cattivo gli illuminò lo sguardo tetro. Avrebbe tanto voluto staccargli quegli occhi del cazzo. «Allora, ricapitoliamo. Tutte le persone che ami moriranno. Una ad una. Mi occuperò personalmente di seppellirle e far sapere loro qual è stata la causa della loro morte: tu.» Una ferita che non si sarebbe mai rimarginata.
Altair non l'avrebbe mai perdonato. Avrebbe creduto che l'aveva abbandonato ancora.
Improvvisamente ripensò a tutte le scelte fatte.
Se avesse eseguito semplicemente gli ordini, se non avesse voluto mettere fine ad ogni cosa, provare a insabbiare tutto, probabilmente non avrebbe mai messo tutti in pericolo. Se non avesse mai accettato quel patto infernale anni prima, probabilmente avrebbero avuto tutti ancora una vita normale, non da fuggitivi. Doveva morire. Forse era giusto così. «Non hai più nessuno. Sei solo, lo capisci? Adesso ti sto offrendo l'opportunità di essere di nuovo libero. In cambio mi devi dire dove hai fatto scappare i tuoi complici. Non è così complicato. Impegnati, so che in quella testa vuota e inutile ci sono informazioni utili.»
Sgranò appena gli occhi, prendendo un forte respiro. Aveva la sensazione di star collassando su se stesso. Tirò il capo all'indietro e iniziò a ridere. Il sangue gli macchiava tutto il viso, i dolori lo laceravano da ogni parte. La sua risata, pesante e inquietante simile a un latrato, rimbombava nella stanza vuota, dov'era solo insieme al suo aguzzino. L'uomo si innervosì, vide un lampo di rabbia squarciare i suoi occhi, e lo colpì ancora una volta in pieno volto.
Si accasciò col capo verso sinistra, sputando a terra mentre ridacchiava ancora.
«Allora dove cazzo sono?!» sibilò con rabbia al suo orecchio. «Cosa cazzo ridi, non sai di essere un uomo morto?»
Orion sorrise sarcastico. «Sono morto già da tempo. Sono morto quando ho accettato di esserti amico. Colpiscimi più forte non mi lascerai credere di non saper fare di meglio? Uccidimi, dai.» Ridacchiò ancora, era un modo per stemperare la paura e darsi coraggio.
Paul scosse il capo. Sorrise beffardo, come se avesse tutto sotto controllo. Si avvicinò a Maximillian e gli fece uno strano cenno. L'uomo annuì e si spostò ad aprire la porta.
«Sai, Orion», Paul camminava lentamente attorno a lui. Orion provò a prendere fiato. I pugni gli avevano annebbiato appena la vista, gli occhi erano ridotti a due fessure e il sangue gli sporcava le labbra e i vestiti, di nuovo, «non sono l'unico che cerca risposte da te e ho sempre un buon motivo per minacciarti... so quanto tieni alla tua famigliola.»
Improvvisamente i sensi si risvegliarono dal sonno. Come luce nelle tenebre. Scattò sulla sedia, provando a liberarsi inutilmente. «Stai lontano da loro.» La voce gli uscì rauca, quasi raschiata.
Vide Syria raggiungerli nella sala. Sorrise complice a Max e si avvicinò a Paul. D'improvviso Orion sentì la pelle accapponargli. Quell'arpia gli aveva dato un indirizzo. E Orion probabilmente aveva spedito Robert e gli altri diretti in una trappola. Sbiancò di colpo.
Paul rise divertito. «Tu consegnaci le sorelline Cortez e ai tuoi fratelli non succederà nulla-»
Syria lo guardò male. Gli prese il mento, stringendolo, e costringendolo ad alzare lo sguardo. «E dimmi cos'è successo a mio fratello.»
Max si mosse nervoso sul posto. «E muoviti, anche perché io e James non sopportiamo più la tua sorellina isterica.»
Eris.
Orion sentì la terra franare sotto i piedi.
«Lasciateli fuori da tutto questo.»
Paul ridacchiò, fece cenno a Max di seguirlo, lasciandolo solo con Syria.
La donna lo guardava incattivita. Quello sguardo dolce di qualche ora prima -anche se era abbastanza sicuro fossero trascorse almeno ventiquattr'ore- era svanito nel nulla, spazzato dal violento vento del rancore. «Cos'è successo a mio fratello?»
Orion deglutì. Doveva guadagnare tempo. Avrebbe potuto cantare qualsiasi informazione su Andrew. Avrebbe provato poi a guadagnare tempo sulla posizione di Zalia e Yennefer Cortez. Era abbastanza sicuro che Robert non le avrebbe portate con sé nel luogo indicatogli da Syria. Sapeva che volevano arrivare al siero. Si chiese perché Arthur non avesse detto loro ancora nulla. Gli aveva consegnato soltanto Orion.
La consapevolezza che Arthur potesse arrivare a tradire tutti lo investì in pieno, con la violenza di un tir. Paul voleva da lui le ragazze per eliminarle così come coi genitori. Voleva loro perché era arrivato alla conclusione che fossero in possesso del siero.
Orion sentiva la testa martellare, affollata da così tante domande da voler spaccarsi il cranio per liberarsene. Chi aveva detto loro che avessero la formula?
Arthur sembrava la risposta più probabile. Si chiese ancora perché avesse consegnato solo lui.
Syria gli accarezzò la guancia con la lama di un pugnale, che lasciò scivolare a terra. Per poco non si conficcava nelle sue scarpe. Orion la guardò male. «Dimmi cos'è successo. Dimmi cos'hai fatto a mio fratello...Il tuo fidanzatino ti ha abbandonato qui, eh?» Indossò un tirapugni e lo colpì in pieno volto.
Orion voltò il capo di lato, assecondando il dolore. La guancia gli bruciava, lo zigomo pulsava dal dolore. Sentiva la pelle squarciata dal sangue. «Lascia stare la mia famiglia.»
Syria lo colpì allo stomaco. Tossì, sputando a sangue a terra. Un rantolo gli sfuggì dalle labbra, risalendo lungo i polmoni. Syria gli tirò il capo all'indietro, acciuffandolo per i capelli. «Allora?! Dovresti capirmi! Andrew era la mia famiglia, come loro lo sono per te! Vuoi uccidere i tuoi fratelli? Parla, idiota.»
Orion riprese fiato e inspirò a fondo. «L'ho ucciso io. Insieme a Robert. Era pazzo, Syria. Ci aveva aggrediti-» tossì. Un rivolo di sangue scorreva sulla sua fronte, fino a macchiargli le labbra. Il sapore metallico gli riempì la bocca e si sentì di nuovo a pezzi.
Stava crollando su se stesso.
Syria storse il naso poco soddisfatta. «Sai cosa? Non ne avevi il diritto. Potevi fermarlo. Era mio fratello!» La voce le si strozzò quasi in gola. Alzò poi i toni, dopo aver stretto i pugni. «Era mio fratello! E tu lo hai ucciso! Mi hai portato via tutto!» Lo colpì con violenza di nuovo allo stomaco.
Orion si morse il labbro, spaccando la ferita ancor di più. Tossì forte. Sentiva gli organi voler collassare. Provò a liberarsi di quelle dannate catene.
Syria gli si avventò addosso, senza controllo. Iniziò a prenderlo a pugni in volto. Sentiva le ossa scricchiolare sotto i suoi ganci. Vide la figura della donna -dai contorni ormai ovattati- allontanarsi. Maximilliam l'aveva presa di forza. Riconobbe la sua voce e la spinse via.
«Ci serve vivo! Idiota.» L'uomo le puntò un dito contro.
Syria strinse i pugni. Le lacrime le pizzicarono le guance, scorrendo poi inesorabili. Orion riconobbe quello sguardo carico e denso di dolore e delusione.
«mi avevi promesso che saremmo stati tutti una famiglia. Syria come la stella, perché ero sola come voi Grey, eh Orion?»
Orion deglutì. Il dolore gli paralizzava i muscoli, ma avrebbe tanto voluto che placasse il senso di colpa. Tutto quel rimorso lo stava logorando, divorando lentamente la sua anima, rosicchiando ogni centimetro di essa.
«Mi dispiace...» mormorò.
Syria sembrava pronto a colpirlo ancora, ma Maximillian riuscì a bloccarla, afferrandola per la vita. La spinse all'indietro. «Abbiamo altro da fare ora, lo sai.»
«Perché difendi quell'ammasso di niente? Ha ucciso Andrew. Ha ucciso la mia famiglia! Andrew era tutto ciò che avevo!» la voce le si incrinò.
«Abbiamo ordini da eseguire. Dobbiamo prendere gli altri Grey.» Orion detestava la voce fredda di Maximillian. All'inizio della sua avventura all'accademia si era illuso che potessero diventare amici.
Rivali in campo, in ogni ambito, ma quando giocavano in squadra insieme erano imbattibili. Sembrava sempre che riuscissero a capirsi a volo, a leggersi nelle menti, folli e pronte al pericolo in qualsiasi evenienza.
Max gli aveva impedito qualsiasi rapporto civile, rendendo la sua vita e quella dei suoi amici impossibile.
Syria uscì agitata dalla cella dell'interrogatorio. Maximillian sospirò scocciato e si voltò a guardarlo. Inarcò un sopracciglio.
«Mi sa che il tuo bel faccino è un tantino tumefatto.»
«Fottiti, Max. Se fossi senza catene sareste tutti morti.»
Orion sputò ancora del sangue a terra e storse il naso.
Maximillian scrollò le spalle. Insieme ad altri soldati lo scortò fino alla sua cella. Restò qualche istante ad osservarlo. Orion non aveva le forze per ribellarsi, le gambe erano improvvisamente molli, fatte di gelatina. Voleva soltanto vomitare dal dolore e urlare per non riuscire a salvare i suoi fratelli.
Se non avesse parlato, lo avrebbero usato come trappola e attirare Altair fino a lì.
E con lui Zalia e Yennefer.
Si tartassò le mani, chiedendosi dove avesse sbagliato.
Maximillian sì inginocchiò di fronte a lui. Batté la mano contro il vetro protettivo. Orion era sicuro che non avrebbe mai potuto spaccarlo. Chissà quali ingegneri c'erano dietro la sua perfetta e prestante costruzione. «Mi chiedo perché tu riesca sempre a complicare ogni cosa.»
«E io perché tu sia sempre dalla parte sbagliata, Max.» Orion lo guardò male. Si massaggiò la spalla. Lo zigomo destro continuava a bruciare. In realtà non aveva idea di quale muscolo gli facesse male di più. In alcuni punti non credeva nemmeno fosse possibile provare dolore.
«È la mia famiglia, la Serpents. Dovresti capirlo.»
«Hai scelto male.»
«Io non ho mai scelto.» Max si tirò in piedi e si sistemò la pistola nella fondina. Si guardò alle spalle e ghignò. «Ah! Uno dei miei Grey preferiti! Perché non vieni a farti una chiacchierata, eh Izar?»
Orion rabbrividì, quando, alzando lo sguardo, incrociò lo sguardo di ghiaccio del ragazzo, che gli ricordò terribilmente quello di suo fratello. D'improvviso gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo, catapultato in un incubo.
Pollux, o meglio la sua allucinazione, ridacchiò. Un ghigno gli distorse il volto. «Sei morto, ormai.»
Angolino
Ci avviciniamo alla resa dei conti💔
Max e Orion che non sanno di essere fratelli (forse )💔
Izar che vuole risposte e Syria che si sfoga.
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