XLI. Scomparsi
Michael
Non sapeva spiegare come fosse possibile, ma nei Grey aveva trovato una famiglia, al di là di ogni possibile immaginazione.
Quel pomeriggio era ancora in camera sua. Doveva iniziare a prepararsi per andare a scuola. Se fosse arrivato in ritardo Eris lo avrebbe pugnalato fino alla morte. Avevano le prove generali del loro piccolo spettacolo su Shakespeare e il professor Smith li avrebbe seguiti. Ogni giorno lavorava con un gruppo, per potersi dedicare esclusivamente ai ragazzi e dedicare loro ogni genere di attenzione.
Adesso toccava a loro.
Michael si tirò in piedi e sistemò il letto. Sua madre era uscita per andare in ospedale. Non l'aveva ancora detto a nessuno, troppo intimorito dal fatto che la Serpents Agency potesse scoprirlo, ma suo padre si era risvegliato dal coma, dopo due mesi.
Non riusciva a crederci. Quando aveva incrociato il suo sguardo, di nuovo, era scoppiato a piangere.
Aveva di nuovo la sua famiglia indietro. Eris aveva ritrovato suo fratello ed erano così vicini ad ottenere la meritata giustizia. Non aveva mai creduto al lieto fine delle favole, ma poterlo quasi assaporare era strano, inebriante. Iniziava a non volerne far a meno, come se avesse provato una potente droga.
Si sistemò lo zaino in spalla. Robert sarebbe andato a prenderlo con l'auto, assieme ad Eris e Leon. Ultimamente preferivano accompagnare sempre anche lui, soprattutto da quando avevano scoperto che suo padre era il poliziotto che credeva alla teoria di Orion redivivo e semi innocente, più che altro strumentalizzato.
Conoscere Orion Grey era stato altrettanto strano. Non credeva fosse davvero una cattiva persona, così come avevano raccontato i notiziari, ma gli incuteva comunque un certo timore. Non gli erano sfuggite le risate divertite di tutti, quando Michael gli si rivolgeva con il voi.
Sentì suonare il clacson dell'auto di Robert e balzò sul posto. Prese una busta con alcuni costumi di scena e parrucche.
Uscì da casa e si assicurò di aver chiuso bene la porta. Fece scivolare le chiavi nelle tasche dei pantaloni e si mosse verso l'auto.
Micheal agitò la mano per salutare tutti. Poteva già sentire i piccoli bisticci che regnavano nell'abitacolo.
«Perché non posso mettere Katy Perry? Da quando comandi tu la radio?!» Eris strepitava verso Robert, che sembrava già pronto a un collasso di prima mattina.
Michael lo trovava un po' pallido. Avevano iniettato tutti il siero una settimana prima, ma apparivano ancora provati. Salì in auto e si accomodò.
«Da quando l'auto è mia? Credo di conoscere a memoria la sua discografia e anche quella di Britney Spears, possiamo cambiare ogni tanto?»
Michael richiuse la portiera e si sporse verso Leon. «Di cosa stanno discutendo?»
Leon sospirò frustrato. Si massaggiò le tempie. «A volte mi chiedo se esista un argomento che non generi discussioni... comunque, della musica da ascoltare in auto.»
Robert lo salutò poi con un cenno della mano, arrendendosi ad Eris, che impose a tutti la propria musica pop.
La ragazza si voltò a guardarlo e Michael sentì il cuore schizzargli in gola.
Erano circa tre anni che cercava di attirare le sue attenzioni. E in parte poteva dire di esserci riuscito se non fosse stato che le attenzioni guadagnate erano tutte occhiatacce.
Continuava a considerarla una vittoria. Bisognava essere ottimisti, suo padre e sua madre glielo ripetevano sempre. Michael tendeva a ricercare sempre il lato mezzo pieno del bicchiere, non voleva lasciarsi trascinare dai timori.
Sapeva bene, però, che i suoi approcci si fossero dimostrati più che fallimentari, ma, quando era con Eris, il suo cervello entrava in panico, smetteva di funzionare di colpo. Si spegneva e andava in tilt. Iniziava a dire cose senza senso e stupidate capaci di irritarla ulteriormente.
«Bene siamo arrivati, quando avete finito mi chiamate e vengo a prendervi...» Robert li guardava in tensione. «Mi raccomando, eh? Fate i bravi.»
Eris e Leon uscirono subito dall'auto e Michael li imitò, dopo aver salutato l'uomo. Avvolse un braccio attorno alle spalle del migliore amico e ghignò verso Eris. «Facciamo la grande prova in costume, che ne pensi?»
Eris sembrava frastornata, un po' fuori dal mondo. L'aveva notato lo sguardo perso nel vuoto, ma credeva fosse solo una paranoia. Michael si morse l'interno guancia e osservò la ragazza. «Qualcosa non va?»
«Non lo so. Sono in pensiero per Altair...»
Michael aggrottò la fronte e annuì. Ricordava bene che Leon ed Eris gli avessero raccontato che il maggiore della famiglia si fosse iniettato anche lui il siero. Era stato male la maggior parte del tempo, preso a vomitare e a soffrire di vertigini.
Erano un paio di giorni, però, che sembrava star meglio. «Non avevate detto che si era ripreso?» Michael si grattò la nuca. Si scompigliò poi i capelli biondi.
Erano ancora tutti e tre fermi nel cortile della scuola. Era una giornata nuvolosa. I raggi del sole non riuscivano a illuminarli e il vento penetrava nelle ossa, attraversando gli strati dei cappotti. Sembrava volesse spingerli via e Leon inciampò quasi a terra dopo una violenta folata.
«Sì, certo. Ma la preoccupazione resta... Orion non è proprio di buon umore dopo quello che è successo e non fanno altro che discutere. La situazione è tesa, soprattutto perché stanno cercando di capire dove nascondono i genitori delle ragazze.» Leon si guardò la punta dei piedi e sospirò piano. Fissò un punto all'orizzonte, più perso nei propri pensieri che altro. «E quindi Orion parlerà con Syria, la sua ex ragazza.»
Michael si corrucciò. «Quindi Orion e Arthur non stanno insieme?»
Eris ridacchiò appena. L'idea di essere riuscito a distrarla per un attimo lo risollevò di colpo. Sentire il suo della sia risata era come una boccata d'aria fresca. «Beh no, anche se i loro atteggiamenti sono equivoci.»
«Giuro-» Michel si portò una mano sul cuore, «-ne ero convintissimo. Cioè stanno sempre insieme. Orion sembra gli faccia le fusa in ogni istante e Arthur gli sorride sempre-»
«Sì, beh. Nessuno di noi ha mai capito perché non stessero insieme.» Eris scrollò le spalle, tagliando corto. «Fatto sta che ha un appuntamento con Syria questa mattina. Andranno a fare colazione insieme e cercheranno di scoprire dove sono i genitori di Zalia e Yen.»
Michael allargò le braccia, rivolgendosi poi anche a Leon. «Beh, è un bene, no? Insomma, più informazioni per tutti. Volete andare a spiarli? Però questo ci farebbe saltare le prove...»
Leon gli assestò un buffetto dietro al collo e scosse il capo. «No. Adesso che abbiamo trovato Orion dobbiamo solo tornare a studiare e a fare i bravi.» Si sistemò lo zaino in spalla. «Al resto penseranno loro, va bene?» lanciò uno sguardo severo ma eloquente ad entrambi.
Michael abbassò lo sguardo su Eris. Si ritrovarono ad annuire all'unisono. Avrebbe voluto commentare, facendo notare alla ragazza quanto fossero in sintonia, ma preferì lasciar correre prima che Eris provasse a strangolarlo.
Il teatro era vuoto per quella giornata. Il professor Smith non era ancora arrivato e Michael si precipitò ad accendere le luci giallognole.
Pochi istanti dopo le poltrone rosse del loro futuro pubblico si illuminarono, in un'atmosfera semi rilassante. Sembravano tutti piccole lucciole e Michael sorrise istintivamente.
Si dondolò sui piedi e diede una leggera gomitata al fianco di Eris, che sussultò, voltandosi poi a guardarlo.
«Che ti prende?»
«Nulla, ma riesci a immaginarci qui su questo palco tra qualche settimana, con i meravigliosi costumi di scena e un pubblico che ci ammira? Mi pare che si possa anche illuminare il palco, se vuoi do un'occhiata.»
Eris roteò gli occhi al cielo, lasciandosi sfuggire un sorriso. Michael avrebbe voluto vederla sempre in quel modo. Non riusciva a sopportare il velo di malinconia che le annebbiava lo sguardo.
Leon ridacchiò e iniziò a muoversi verso i camerini. Allo stesso modo fece Michael. Osservò Eris scomparire dietro la porta dei propri e poi decise di seguire il suo migliore amico.
Leon era intento a litigare col panciotto. Lo sentì sbuffare frustrato.
«Che avete oggi?» Michael inclinò il capo. «Capisco la preoccupazione, ma non è solo quello... non so, ho una strana vibrazione.»
Leon gli sorrise gentile. «Non so spiegartelo, Mike. Forse siamo un po' paranoici, ma sentiamo qualcosa di strano. Preferiamo restare in allerta-»
Michael avrebbe avuto da ridire, quando, all'improvviso, si ritrovarono al buio. Doveva essere saltata la corrente. Si guardò attorno e strabuzzò gli occhi, cercando di abituarsi all'oscurità. «Vado a controllare il quadro generale. Forse è solo scattato l'interruttore.»
Sentì una presa aggrapparsi al suo polso. «Vengo con te?» Leon aveva una voce appena intimorita.
Michael scosse il capo. «No. Tu controlla Eris. Usa la torcia del telefono, va bene?»
Leon annuì appena. Entrambi uscirono dai loro camerini. Le torce dei cellulari illuminavano poco avanti i loro piedi. Tutto il teatro era calato nella più completa oscurità e a Michael non era mai apparso così inquietante. Si chiese dove si trovasse il professore, non era da lui essere così in ritardo.
Scese le scale, che lo portarono al livello della platea del pubblico, e prese un grosso respiro. Si avviò verso la fine della sala, diretto verso il fondo, dove era stipato il quadro generale d'emergenza.
Provò a muovere il solito interruttore verso l'alto, ma ogni volta continuava a staccare, ricadendo sotto il suo stesso peso.
Michael aggrottò la fronte, osservando la leva. C'era qualcosa che non andava. Tenendo ancora la torcia ben salda tra le mani, si voltò a guardarsi attorno.
Quel silenzio cominciava a non piacergli. Ebbe quasi l'assurda sensazione che il fantasma di Amleto fosse lì per tormentarli e ucciderli, in una perfetta scenografia shakespeariana. Il cuore prese a martellargli forte. Così tanto che lo sentiva in gola, con violenza, ed ebbe quasi l'esigenza di vomitare.
Si massaggiò il petto, cercando di digerire quel nervosismo.
Poi sentì un tonfo provenire dai camerini e un urlo.
Riconobbe la voce di Eris. Scattò sul posto e cominciò a correre lungo il corridoio. Salì le scale a due a due, rischiando di incespicare sui suoi stessi piedi.
Le mani gli tremavano. Il sudore gli appicciava la pelle. Provò ad aprire il camerino femminile, ma la porta era incastrata.
«Leon? Eris? State bene?!» urlò, provando a dare qualche spallata alla porta. Nessuno gli rispose. Continuava a smanettare con la maniglia, imprecando probabilmente anche in qualche lingua a lui sconosciuta.
«Andiamo, apriti!» bofonchiò.
«Fossi in te, inizierei a correre.»
Michael si girò a guardare alle proprie spalle, riconoscendo la voce del professore Smith.
L'uomo lo fissava coi suoi occhi grigi. Non indossava i soliti completi eleganti. Aveva un auricolare alle orecchie e una pistola tra le mani.
Michael sussultò. Le gambe tremolarono come se fossero fatte di gelatina. Fu difficile quasi riuscire a mantenersi in piedi, senza cadere sotto il proprio stesso peso. Deglutì, portando le mani in alto. «Quanto tempo ho a disposizione?» scattò sul posto, prima che l'uomo potesse reagire.
Iniziò a muoversi dietro le quinte del teatro. Si sentì quasi uno stupido ad aver accettato le prove per quella giornata. Erano da soli, la scuola era deserta e avrebbero dovuto far lezione con solo il professore.
Quella giornata si era tramutata nella trappola perfetta.
«Andiamo, Mike. Non farmi perdere tempo. Sappiamo entrambi come andrà a finire questa storia. Non fare troppe moine e vieni con me. Non ti torcerò un capello.»
Michael era abbastanza sicuro di non potersi fidare. Mentre si incamminava dietro le quinte, spinse a terra alcuni manichini e vestiti, per intralciare la strada all'uomo. Individuò, poi, l'uscita d'emergenza e spinse in avanti la porta.
Si ritrovò tra le scale antincendio della scuola e cominciò a correre, scendendo verso il basso. Sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e inviò un messaggio vocale al primo numero trovato in rubrica.
Trovò subito il contatto di Altair, ringraziandolo mentalmente per essersi preoccupato così tanto da dargli il suo numero per qualsiasi evenienza.
All'inizio gli avevano dato del paranoico. Mai come quella volta Michael avrebbe voluto abbracciarlo.
«Al, c'è un problema. Hanno rapito Leon ed Eris e credo che tra poco tocchi a me. È stato il professore Smith. Non so dove ci porteranno. Ehm ti prego veniteci a salvare..» Si guardò indietro.
L'uomo prese la mira con la pistola e Michael si acquattò. Sentì il proiettile schiantarsi contro le sbarre d'acciaio. Lasciò scivolare il cellulare in un angolo e si voltò verso il professore, alzando le mani in segno di resa. «Eccomi, sono tuo. Il patto era niente aggressioni, no?» provò a sorridere incoraggiante, ma aveva così tanta paura da voler vomitare.
L'uomo gli afferrò la spalla e lo costrinse a seguirlo, puntandogli la canna della pistola contro la schiena. Si incamminarono nell'atrio, dove un'auto li stava aspettando.
Michael individuò Eris e Leon senza sensi, svenuti sui sedili posteriori.
Riconobbe Maximillian appoggiato contro l'auto. Le braccia erano intrecciate al petto. Alzò lo sguardo su di loro e ghignò appena. «Ti stavi facendo sfuggire un novellino stupido, eh James?»
Angolino
Questo capitolo non avrei saputo descriverlo se non dal pov di Michael, che è anche il suo primo e unico.
Allora, immagino vi aspettaste che il professore fosse James.
Comunque sia chissà cosa succederà ora.
-5 capitoli.
Alla prossima 🫶🏼
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