XL. Nottata

Zalia

Lavoravano sul siero già da qualche settimana. Continuavano a usufruire di quel piccolo laboratorio che Il Corvo aveva loro gentilmente concesso.

Durante le mattinate, si ritrovava praticamente da sola a lavorarci. Izar seguiva per lei ogni lezione, dato che era impossibilitata a frequentare i corsi, e Altair aveva iniziato a prestarle i suoi vecchi quaderni di appunti. Era rimasta imbambolata per qualche ora a fissare quelle pagine così ordinate. La scrittura era precisa, senza una sbavatura e i fogli non presentavano nemmeno una piega.

Zalia era convinta che Altair li nascondesse in una teca di vetro e li onorasse con sacra devozione.
O per lo meno così si divertiva a dire, giusto per il gusto di prenderlo in giro e vederlo aggrottare la fronte in un'espressione offesa.

Roteò un po' sulla sedia girevole, in attesa che il fluido bollisse e si ritrovò a fissare intensamente le formule dei suoi genitori. Accarezzò il retro della vecchia foto, dove torreggiava la scrittura disordinata del padre. Un'ondata di malinconia la travolse, cercando di portarla a fondo.

Le lacrime iniziarono a pizzicarle gli angoli degli occhi e fece appello a tutto il proprio auto controllo per non farsi annebbiare da una crisi. Voleva rivederli, a tutti i costi.

Tamburellò la penna sul bancone bianco e immacolato e si liberò dei guanti. Decise di sciacquarsi le mani. Il lattice, a volte, a contatto con la sua pelle per tanto tempo, cominciava a provocarle pruriti nervosi. Così trascorreva buona parte del tempo tra provette, esperimenti e tentativi andati male e lavaggio ossessivo delle mani.
Nei momenti vuoti, quando doveva aspettare che le sostanze si miscelassero al meglio tra loro e reagissero secondo i loro tempi, Zalia si limitava a studiare oziosamente, sfogliando i fogli dei quaderni di appunti di Altair.
Continuava sempre a meravigliarsi di quell'ordine, chiedendosi se sarebbe mai stata capace di tanta perfezione.

Alzò lo sguardo verso l'orologio a parete e sbuffò piano. In quel piccolo laboratorio completamente tinto di bianco, aveva l'effimera sensazione che il tempo si dilatasse. Gli attimi divenivano infiniti e un senso di angoscia prendeva il sopravvento.

Sentì bussare alla porta. Per quel giorno dovevano esserci Orion e Arthur di turno, a garantirle una certa sicurezza. Zalia si avvicinò e aprì appena la porta, affacciandosi. «Che succede?»

Intravide la figura di Altair. Il ragazzo le fece cenno di farlo entrare e si richiuse la porta alle spalle. «Sto scappando dalla stupida paternale di mio fratello.»

Zalia aggrottò la fronte. L'immagine di Orion che cercava di comportarsi come un adulto la fece sorridere. Di certo non si poteva dire che fosse il più maturo dei fratelli.
Poggiò le mani sui fianchi, indossando uno sguardo indagatore. «Perché stai scappando da lui?» Piegò appena il capo di lato.

Altair sbuffò scocciato. Agitò la mano, come se fosse un problema irrilevante. Si avvicinò alla provetta e ticchettò con le dita contro il vetro. «Perché è un idiota. Non gli piace la mia proposta.»

«E quale sarebbe?» Zalia aveva una strana sensazione. Si massaggiò il collo e si accomodò sulla sedia, in attesa di una sua risposta.

Detestava quell'improvviso silenzio. Odiava quegli attimi di vuoto, sentiva sempre di doverli riempire in qualche modo.

Altair mordicchiò il labbro, già abbastanza dilaniato e screpolato. «Voglioiniettarmiilsieroinsiemealoro.» rispose così velocemente e a bassa voce, che a Zalia sembrò quasi di non aver sentito.

La voce di Orion ruppe quella momentanea calma. L'uomo varcò l'ingresso del piccolo laboratorio. Gli occhi scuri erano circondati da una strana espressione rabbiosa. Per un attimo, Zalia ebbe il timore che fosse in preda a una furia omicida, pronto a ucciderli tutti. «Ti ha detto della sua idea del cazzo?»

Altair strinse i pugni. «Non ti farò fare l'idiota salvatore kamikaze ancora una volta. Se vai a fondo, questa volta, ci vengo anch'io.»

Zaia sperava di aver capito male.

Voglio iniettarmi il siero insieme a loro.

Scosse il capo. «Sei impazzito? Non sei addestrato come loro, Al. Né sappiamo gli effetti che potrà avere su di te. Mi sembra un'idea un tantino folle soprattutto se è partorita da te! Ti prego, e se succedesse qualcosa?»

«Appunto. Se succedesse ancora qualcosa a mio fratello, allora voglio dare una mano. Non mi interessa e non mi farete cambiare idea. È una mia scelta.»

Orion si stizzò. Zalia lo vide tremare nervoso. In un lampo, afferrò suo fratello per il colletto della camicia, tirandolo a sé, quasi fino a far scontrare i nasi. «Non se me parla. Non finché ci sono io.»

Altair si liberò dalla sua presa, non così forte come poteva sembrare. Se Orion avesse voluto, gli avrebbe impedito qualsiasi movimento con la sua forza.

«Lasciami stare. È una mia scelta. Il corpo è mio e ne faccio il cazzo che mi pare.»

Orion era in preda a una crisi isterica. Il petto si agitava in su e giù in maniera irregolare. «Ma dico ti sei fumato il cervello? Ma che cazzo dici? Sai cosa proverai? Le ossa sembreranno spezzarsi e gli organi collassare. Non se ne parla. A costo di doverti chiudere in camera e legarti a una sedia, non ti permetterò di iniettarti quel coso.»

Altair scosse il capo. «Tu provaci e io ti denuncio.»

Zalia sgranò gli occhi. Cadde un silenzio tombale tra tutti loro. Non poteva voler giocare quella carta. Si avvicinò piano, provando a prendere il polso di Altair. Era una minaccia folle e stupida. Non potevano rischiare a tal punto. «Al... non mi sembra una buona idea. Normalmente ti supporterei, ma-»

Altair si allontanò. «Non mi interessa.» Scrollò le spalle. «Cadi tu, cado io. Che ti piaccia o meno.» Lanciò uno sguardo gelido ad Orion, prima di afferrare il giaccone e uscire dal laboratorio.

Orion rimase paralizzato. Si lasciò cadere su una sedia e si portò le mani in volto. Tirò istericamente i capelli all'indietro. Per la prima volta Zalia si sentì un'intrusa. Non avrebbe voluto essere lì, a fissare quell'uomo improvvisamente spogliato della propria sicurezza.

Orion agitava nervoso la gamba. «Non posso farglielo fare-»

Zalia gli allungò un bicchiere d'acqua. «Lo conosco abbastanza bene, anche se da poco tempo, per poterti dire che troverà un modo di farlo comunque...» Si sedette su una sedia, provando ad avvicinarsi ad Orion. Si posizionò di fronte a lui. «Preferisco essergli vicina e accertarmi che tutto vada bene, piuttosto che non poterlo aiutare perché sta cercando di fare tutto da solo...»

Orion alzò gli occhi neri su di lei. Zalia rabbrividì appena. «Ho promesso di proteggere la mia famiglia. Non posso lasciarglielo fare. Preferisco che mi odi a vita, piuttosto che gli accada qualcosa.»

«Non ne uscirai. È un testone.»

Orion sbuffò frustrato. Si tirò in piedi e lanciò un'occhiata al siero nella provetta. Zalia lo vide deglutire, come se stesse tornando indietro nel tempo. Lo sguardo vacuo si perse nel vuoto. «Quando sarà pronto?»

Zalia lanciò un'occhiata all'orologio a parete. «Questa sera.»

Furono interrotti dal rumoroso arrivo di Eris, Michael e Leon. I tre spinsero in avanti la porta, bisticciando. I loro discorsi riempirono l'aria
Arthur, alle loro spalle, si limitò a scrollare le spalle sconfitto.

«Non mi hanno dato tregua.»

Eris sorrise tranquilla. Lasciò cadere lo zaino ai suoi piedi. «Quanto manca? Finiamo qui e voliamo a casa. Abbiamo quasi finito il progetto su Shakespeare, se non avessimo avuto un idiota che vuole per forza delle parrucche inutili!»

«Ehi!» Michael alzò lo sguardo dal cellulare. Indossò il camice bianco e i guanti. «Senti, raggio di sole, li ho ordinati su Amazon, arriveranno e saremo perfetti. Assieme ai costumi d'epoca, ti giuro che il nostro spettacolo sarà il migliore! Allora mi ringrazierai con una bellissima uscita-»

Orion inclinò il capo e tossicchiò, attirando l'attenzione su di sé. «Come, prego?»

Michael tremò sul posto e a Zalia venne quasi da ridere per la scena.
Leon osservava di sbieco.

«Mi scusi, signore. Se per lei va bene, ovviamente.» Michael accennò a un saluto militare.

Orion ghignò divertito e gli scompigliò i capelli. Salutò i fratelli con un bacio sulla fronte e uscì fuori al laboratorio, lasciandoli soli e tornando a fare da guardia.

Eris scoccò l'ennesima occhiataccia della giornata a Michael, che continuava a scompigliarsi i capelli e a parlare in sottofondo delle splendide parrucche d'epoca. «Bene, allora, cos'altro c'è da fare?»

Zalia indicò alcune provette. «Miscelate e mettetele a bollire. Quando arrivano a settantasette gradi, tenetele fuori e aspettate si colorino di nero.» Indicò quella già pronta. Passò a Leon il termometro e sorrise. «Non appena la vedete tingersi di nero come questa, siamo pronti. Questa sera inietteremo il primo siero...»

I ragazzi si misero all'opera e Zalia si lasciò cadere sulla sedia girevole, dove poco prima si era sistemato Orion. Non poteva far a meno di pensare alla breve discussione avvenuta poco prima. Sbuffò piano e riprese a fissare l'orologio. La sola idea che Altair potesse star male e soffrire a causa del siero prodotto dalla sua famiglia -e da lei anche se non di sua invenzione- la faceva star male. Sentì la bile risalire lo stomaco, raggiungendo la trachea.
Fu difficile mandar giù quel groppone.



Tornati a casa, Zalia sentiva l'aria elettrizzata. In una borsa termica, teneva con sé le quattro provette. Era consapevole che Orion avrebbe cercato in ogni modo di impedire ad Altair di iniettarsi il siero.

Attesero che i ragazzi andassero a dormire, ma Andromeda riuscì comunque a restare lì con loro, assieme ad Izar, avvalendosi del fattore età. Zalia si sedette accanto a lei sul divano.

Andromeda agitava la gamba, negli stessi movimenti nervosi che Zalia aveva visto fare ad Orion. D'istinto le posò una mano sul ginocchio, cercando di infonderle sicurezza, anche se era la prima a detestare la folle idea di Altair. «Andrà tutto bene...»

Andromeda le fece un mezzo sorriso, sebbene fosse storpiato dal contorno lucido dello sguardo.

Arthur aveva appena preso le provette. Zalia si tirò in piedi e socchiuse gli occhi. Prese un grosso respiro e li riaprì.

«Chi vuole iniziare?», chiese poi, riempendo la siringa del contenuto del siero.

Altair fece un passo avanti, ma Orion lo acciuffò per il colletto della giacca, costringendolo a tornare indietro. «Lasciami stare! Ti ho detto che non deciderai per me!»

Robert lanciò un'occhiata ad Orion. Sfilò un fazzoletto dalla tasca e sospirò piano. «Non farmelo fare di nuovo-»

Altair sgranò gli occhi. «Mi hai drogato tu l'ultima volta!» Strinse i pugni.

Arthur sembrava paralizzato. Deglutì e accerchiò Altair, supportando Orion e Robert. Zalia comprese che si fossero coalizzati per impedirglielo.

Altair alzò lo sguardo e ghignò. Sfilò con rapidità il cellulare dalla tasca e compose il numero. Mise in viva voce.

I tre uomini si bloccarono sul posto. Robert inclinò il capo. «Al...»

«Pronto, 911 come posso aiutarla?» un'annoiata voce femminile proruppe nel silenzio, con un tono monotono e robotico.

Altair indietreggiò, fino a sedersi sulla sedia. Fece cenno a Zalia di sistemargli il laccio emostatico. «Pronto, vorrei denunciare un uomo. Mi sembra di aver visto il suo volto sui giornali.» Alzò la manica della giacca.

Orion deglutì. Il suo pomo d'Adamo si abbassò più volte.

Zalia lo osservò. Non avrebbe permesso a nessuno di loro di fare una stupidata simile.

«Dove ti trovi?» la donna rispose abbastanza allarmata. «Sei ferito? Hai bisogno di un'ambulanza?»

Altair sorrise antipatico. «Inietta, ora.» Si rivolse a Zalia, mormorando piano, così da non farsi sentire per telefono. Poi modulò il tono di voce. «I-io non so dove sono. Si sta avvicinando-»

Orion strinse i pugni. Altair teneva stretto il cellulare tra le mani. Gli sarebbe bastato pronunciare solo un nome così velocemente, che nemmeno un attacco improvviso di uno dei tre uomini sarebbe bastato.

Zalia si scambiò un'occhiata con Orion, che si ritrovò ad annuire a malincuore.
Si avvicinò ad Altair e gli sistemò il laccio emostatico.

«Signore? È ancora in linea?...»

Non appena Zalia affondò l'ago del siero, Altair richiuse la chiamata. Lo vide socchiudere gli occhi, evitando accuratamente il contatto visivo col fratello.

Andromeda era paralizzata, non riusciva a pronunciare nemmeno una parola. Si portò le mani in volto, quasi esasperata.

Zalia estrasse l'ago e osservò Altair. «Come ti senti?»

«Bene.»

Stava mentendo. Una goccia di sudore gli imperlava la fronte.

Orion digrignò i denti. Si sedette al suo fianco. «Al, adesso me lo inietto anche io e andiamo a dormire, va bene?»

Altair annuì. La rabbia nello sguardo del fratello maggiore era scomparsa in un lampo, lasciando spazio solo all'ansia e alla tristezza.

Zalia seguì quella procedura quasi con gesti meccanici.
Stringeva il laccio emostatico, tastava la vena e sorrideva con gentilezza a tutti loro. Orion le ricambiò il sorriso. Robert aveva finto una sciolta tranquillità, anche se i suoi occhi dardeggiarono alla ricerca di quelli di Yennefer, che era rimasta al suo fianco tutto il tempo.
Arthur sembrava paranoico. Aveva cominciato a tempestare tutti di domande.
Poi, Zalia aveva iniettato loro il siero. Aveva tamponato il lembo di pelle punto e applicato un cerotto, con sotto dell'ovatta.

Aveva riposto tutto e, in modo ancor più meccanico, aveva seguito Altair in camera.

Il ragazzo si era richiuso la porta alle spalle, ma sia lei sia Orion si erano infilati al suo interno, seguiti a ruota da Andromeda e Arthur.

Robert si era disteso sul divano del salotto, combattendo gli spasmi.

Arthur si era fermato sulle scale e Orion aveva ordinato ad Andromeda di accompagnarlo in camera.

Zalia posò una mano sulla fronte di Orion. Era bollente. Gli occhi scuri sembravano languidi, immersi in un oceano di disperazione. «Dovresti andare a letto anche tu.»

«Non prima di Al.»

Zalia lo seguì fino in camera di Altair. Spinsero in avanti la porta e lo videro accasciarsi a terra, contro la parete. Tremava come una foglia al vento e Zalia si inginocchiò al suo fianco. «Mettiti a letto.»

Altair scosse il capo. «Mi fa male lo stomaco.»

Orion prese il cestino della spazzatura e glielo avvicinò. «Vomita.»

«Vai a riposare.» Altair gli scoccò un'occhiataccia.

«Altair! Ho detto vomita e riposa.»

«Fanculo.»

«Oh, ma vaffanculo tu.»

«Smettetela!» Zalia alzò la voce e li guardò male. Prese Altair per mano e lo convinse a seguirla. Non aveva idea né del come né del perché la stesse ascoltando, ma evidentemente era abbastanza debole per combatterla. Lo accompagnò fino al bagno.

Lo aiutò ad avvicinarsi davanti al wc e gli accarezzò i capelli. Alzò lo sguardo su Orion, che li aveva seguiti. Era sicura che non avrebbe cercato di riposarsi non finché non avesse visto suo fratello dormire. «Prendimi due pezze d'acqua fredda. Fattele preparare da Yen o mia zia.»

Orion ubbidì. Sgattaiolò via, pur mantenendosi contro le pareti.

Zalia si voltò a fissare Altair e sospirò piano. «Cerca di prendere respiri profondi, okay?»

Altair sbuffò piano. «Non dovresti essere qui.»

«Prima o poi sarò medico. Se non ti sono vicina io, chi dovrebbe farlo?»

Altair scosse il capo. Era pallido. Le occhiaie violacee, che di solito gli contornavano lo sguardo, erano ancora più scure. Venature rossastre si ramificavano nelle pupille. Si sentiva in colpa. Non avrebbe voluto che stesse male, né tantomeno che fosse lei a iniettargli il siero.

Altair corrugò la fronte e le accarezzò la mano. «Non è colpa tua, ho deciso io.»

«Sì ma la pelle te l'ho bucata io-»

Lo sentì ridacchiare. «Come se fossi un eroinomane...» Poggiò il capo contro la parete fredda. Zalia gli restava di fronte. «Mi gira soli la testa, ma non credo di voler vomitare, in verità.»

«Va bene, allora ti aiuto ad alzarti.» Zalia assecondò i suoi movimenti, mentre Altair si puntellava alla parete. Lo fissò per qualche istante di troppo e interruppe, poi, il contatto visivo.
Odiava ammettere a se stessa che adorava trascorrere i momenti con lui. Altair le dava la sensazione di ascoltarla davvero, nonostante si lamentasse scherzosamente che fosse logorroica. Quasi ogni sera, davanti a una tazza fumante di cioccolata calda, ascoltava la sua giornata e i suoi discorsi, anche se li aveva già sentiti.
E spesso, quando la interrompevano, era l'unico che si avvicinava a lei, chiedendole cosa stesse dicendo, esortandola a continuare. A volte si perdeva nelle sue stesse sotto trame e Altair riusciva a farle ritornare il filo del discorso, semplicemente ascoltandola.

Capiva quando fosse una giornata no, semplicemente dal suo sguardo, e le offriva sempre qualche caramella a fragola rubata da Orion.

Gli accarezzò la guancia, seguendo l'istinto, e Altair la fissò intensamente. Finché non sussultarono entrambi, quando la porta si aprì di colpo.

Izar li raggiunse poco dopo. «Al! Posso fare qualcosa?» provò ad avvicinarsi, ma Zalia lo respinse.

«Aiuta Andromeda con Arthur. A Robert ci sta pensando mia sorella. Io mi occupo di lui e Orion.» Forse rispose con troppa prontezza, ma d'improvviso una strana rabbia le percorse la schiena.

Izar annuì confuso, scattò via come un giocattolo a molla. Zalia si avvicinò ad Altair e gli asciugò la fronte.
Lo convinse a sciacquarsi appena il volto.

Gli passò poi un asciugamano e Altair tamponò l'acqua.

«Forse dovresti riposare, che ne dici?»

«Mh. Credo di sì, già...» Gli sfuggì l'asciugamano dalle mani ed entrambi si abbassarono per recuperarlo.

Zalia sfiorò la sua mano e alzò lo sguardo su Altair, che deglutì appena. La accarezzò il braccio e lo vide avvicinarsi. Forse avrebbe dovuto reagire, fare qualcosa, ma si immobilizzò. I pensieri scomparvero di colpo. I nasi presero a sfiorarsi e pochi secondi dopo sentì le labbra di Altair poggiarsi sulle sue. D'istinto sorrise, ricambiando il bacio. Gli accarezzò i capelli scuri; Altair teneva le sue guance arrossate tra le mani.

«Al ti muovi o no? Vieni a riposare o ti spacco io le ossa, altro che siero!»

Si staccarono quando sentirono la voce arrabbiata di Orion. Zalia non era mai stata sicura che fosse serio, ma vederlo arrabbiato le dava sempre una strana sensazione. Riuscuva ad incutere timore. D'improvviso smetteva di essere allegro e rasserenante.

Altair sbatté le palpebre confuso. Zalia gli prese la mano e lo costrinse a seguirla fino in camera.

Orion li aspettava già lì, poi. Aveva aperto il divano letto di Altair e li guardava con un sopracciglio inarcato, sebbene il pallore tradisse la sua sicurezza. Appariva anche lui fin troppo stanco.

Zalia li costrinse a stendersi entrambi sul letto, anche perché Orion non sembrava intenzionato a lasciare solo suo fratello.
Posizionò allora le pezze fredde sulle loro fronti bollenti.

Ebbe la sensazione che Orion non si sarebbe riposato e rilassato per molto tempo. Sembrava non sentisse il dolore, troppo impegnato a preoccuparsi, come un pazzo senza risorse, per Altair.
Altair tossì forte, portandosi una mano al petto e strizzò gli occhi.

Per quanto Zalia avrebbe voluto pensare ad alto, la sua mente la riportava ai pochi attimi precedenti, strappandole qualche sorriso di tanto in tanto.
Ringraziò mentalmente qualsiasi divinità esistente che Orion fosse troppo stanco per fare commenti.

D'istinto, prima di addormentarsi, Altair si accasciò sul fianco e le strinse la mano. «Grazie...» mormorò con un filo di voce, accoccolandosi vicino a lei.



Angolino
Non mi parlate.
Odio le scene romantiche e l'ho scritta LETTERALMENTE ad occhi chiusi perché mi faceva schifo.
Spero vi piaccia al di là di tutto e preparatevi al peggio coi prossimi capitoli.
L'allegria è finita.
Grazie al cielo.

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