XIV. Invito

Yen

Silenzio.
Da quando viveva a villa Grey non c'era mai stato. Non esisteva angolo di quell'enorme casa che non fosse rumoroso.
Le discussioni -anche le più banali- erano all'ordine del giorno. D'altronde già avere una sola sorella comportava litigi un giorno sì e l'altro pure, figurarsi quando a vivere erano quattro fratelli disadattati e particolari.
Di sicuro non c'era mai da annoiarsi.

Era stato difficile abituarsi un po' a quei cambiamenti improvvisi e necessari, ma alla fine non poteva lamentarsi. Erano stati tutti molto accoglienti con la sua famiglia e per questo era riconoscente a tutti loro. Quel giorno -dopo essere stata svegliata dalle urla isteriche di Eris, pronta a scannare sua sorella per il bagno- era stato strano adattarsi alla solitudine di quella casa, ormai completamente svuotata.
Sua sorella era andata all'università insieme ad Izar e ad Altair, mentre Arthur avrebbe dovuto sostituire Robert alla sua palestra, il perché ancora non le era chiaro.

Sarebbe rimasta da sola con sua zia Eleonore e un po' sentiva di poter approfittare per conoscere meglio quella casa e i suoi segreti, ma a quanto pare c'erano dettagli che non si volevano lasciar trapelare. Robert e Arthur erano sempre più sospetti e non sapeva come avvicinarsi meglio ad entrambi.
Robert era appena tornato a casa, dopo aver accompagnato Eris e Leon a scuola. Aveva posato le chiavi dell'auto, per un momento, su una mensola dell'ingresso e aveva iniziato a cercare Arthur per la villa.

Lo incrociò nel corridoio del piano superiore. Yennefer stava vagando tra i vari scaffali, alla ricerca di un libro da leggere per trascorrere il tempo, ingannando gli uomini di casa, che erano sempre in allerta. Sperava di abbassare un po' le loro linee difensive, alte e piuttosto difficili da scalare.
Credeva che quei corridoi della casa, quasi in stile, medievale -forse più simile a un castello diroccati- erano strani. Sembravano intinsi di storie mai raccontate e segreti familiari.
Nonostante ci fossero delle ampie finestre, il sole a stento riusciva ad illuminare l'ambiente, complici anche le tende di uno strano colore rosso cremisi.

Sussultò quando sentì i passi dell'uomo alle sue spalle.

«Perdonami, non volevo spaventarti.» Si sistemò meglio la giacca. Corrugò appena la fronte, studiandola incuriosito. «Cerchi qualcosa da leggere?»

Yennefer lo osservò con attenzione. Era abbastanza certa che dal loro ultimo incontro sul treno e alla Serpents Agency, qualcosa fosse scattato in lui. Aveva notato come fin troppo spesso incrociasse il suo sguardo a tavola o in qualche corridoio. Aveva la sensazione che stesse cercando di tenerla sotto controllo. Inoltre, sapeva bene di non averlo ancora ringraziato per averle quasi salvato la vita, ma ci sarebbe stata occasione. Non riusciva a fidarsi del tutto di una persona che, nonostante ogni negazione, sembrava essere in combutta con quella società. «Dovrò pur ammazzare il tempo per ignorare il fatto che abbiano cercato di uccidere me e la mia famiglia.»

Robert annuì. A volte si chiedeva come facesse a mantenere la calma, ma sembrava sempre che stesse sul punto di esplodere. «Per fortuna non sono tanto stupidi da venire qui. Attirerebbero troppo l'attenzione e qualunque cosa succeda a questa famiglia finisce sempre in prima pagina.»
Sorrise appena. Era vero.
I Grey non avevano mai avuto una buona reputazione negli anni passati e qualsiasi cosa accadesse rimbombava in città, attirando l'attenzione. Ogni dettaglio veniva ingigantito e ripetuto come un'eco tra le montagne. I genitori dei ragazzi erano stati amorevoli e onesti, a detta loro, ma liberarsi da certi marchi era difficile. Robert si guardò un po' intorno. «E comunque ufficialmente non vivono qui. Poche persone sanno davvero l'ubicazione reale di questa villa. È sempre stato un po' il rifugio di famiglia.»

«Quanti segreti avranno?»

«Oh non ne ho idea. Io sono un Grey d'adozione.» ridacchiò tranquillo. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. «Comunque, se ti interessa, c'è una libreria in casa. Puoi startene lì in tranquillità, circondata da tutti i romanzi che vuoi.»

«Piscina, libreria... sembra quasi un'abitazione per latitanti che vogliono tutti i comfort.»

Robert fece un sorriso sghembo. «Beh il nonno dei ragazzi era un latitante all'epoca.» Scrollò le spalle. Abbassò lo sguardo sul proprio orologio da polso e aggrottò la fronte. «Io devo andare... per caso hai visto Arthur?»

Yennefer scosse il capo. Si dondolò appena sui piedi e sorrise tranquilla. «Credo si stia preparando per andare in palestra... come mai non puoi fare lezione oggi?»

Robert la osservò con attenzione. Poteva sentire i suoi occhi color nocciola bruciarle sulla pelle. Non aveva idea di cosa significassero quei gesti. Le prestava sempre troppe attenzioni. «Ho alcuni impegni fuori città. Piccolo tuffo nel passato.»

Yennefer comprese che da quel momento sarebbe stato inutile cercare di avere altre informazioni. Entrambi si voltarono verso un rumore sordo proveniente dal corridoio. Arthur era appena uscito dal bagno e li stava raggiungendo, a testa alta. Teneva stretto tra le mani il borsone per gli allenamenti e li osservava com uno strano sorrisetto a increspargli le labbra. Si fermò accanto a Robert. Inclinò appena il capo.
I due uomini sembravano studiarsi e Yen ebbe la sensazione che stessero quasi conducendo un discorso mentale, in silenzio.
Era strano, ma aveva avuto spesso quella sensazione. Sembravano capirsi al volo.

«Ho interrotto qualcosa?»

Robert gli scoccò un'occhiataccia. «No, ti stavo cercando.»

Arthur allargò appena le braccia. Yennefer lo aveva sempre visto piuttosto sorridente con tutti, ma, spesso, con lei si era rivelato stranamente silenzioso e scontroso. «Eccomi, a tuo servizio, amico.»

«Quando vai in palestra, accendi prima un po' l'aria condizionata o geleranno come dei pinguini. Accertati che sistemino poi ogni peso e non farli picchiare senza consenso, poi Eris e Leon sono a scuola se non riuscissi a tornare in tempo, sappi che finiscono alle due oggi. Dopo Eris deve andare a comprare alcune cose per cui-»

Arthur gli posò le mani sulle spalle. Yennefer avrebbe voluto ridere per l'espressione confusa ed esasperata di Robert. «Bob, amico, lo so. Sembra quasi che non abbia mai fatto io il baby sitter numero uno.»

«È un lavoro stressante-»

«Lo so.»

Yennefer se ne stette in silenzio, fingendosi interessata al libro che aveva tra le mani. Si allontanò poi. «Con permesso, vado a cercare quella libreria di cui mi stavi parlando.» Salutò entrambi e si mosse nel corridoio, fino a svoltare a destra, in direzione delle scale. Poteva sfruttare la loro distrazione per intrufolarsi nell'ufficio di Orion. Poteva sentire anche i rumori provenienti dalla cucina, dove sua zia aveva deciso di rintanarsi per preparare una crostata alla marmellata. Negli ultimi tempi si era data alla cucina pasticciera, ormai non faceva altro. Era anche divertente, perché quasi ogni giorno chiedeva ad Arthur o a Robert di andarle a comprare delle uova o della farina, perché erano finite.

Attese che la porta di casa si fosse chiusa. Aveva riconosciuto i passi di Robert mentre si allontanava per uscire. Si avvicinò alla porta, provò ad aprirla, quando sentì la voce di Arthur alle sue spalle.

«Quella non è la libreria. È l'ufficio di Orion ed è chiuso a chiave.» La guardava serio. Sembrava infastidito.

Sospirò piano e si voltò a guardarlo. «Oh-» indossò il suo miglior sguardo mortificato. «-mi dispiace, stavo cercando la libreria, mi sapresti dire dov'è? Qui dentro è così facile perdersi.» Adesso era intenzionata a sapere dove diavolo fossero quelle chiavi.

«Proverò a crederti.» Arthur le fece cenno di seguirlo. Scosse appena il capo e i riccioli biondi si mossero con lui.

Yennefer lo affiancò, muovendosi velocemente e al suo passo. «Perché non mi credi?»

«Perché non mi sembri così innocente come vuoi far credere, Yen. E poi ti sei messa a indagare anche alla Serpents Agency, mettendo tutti in pericolo. Suppongo sia un requisito di voi giornalisti o pseudo tali, mi sbaglio?»

«Molto.» Yennefer si irrigidì e si bloccò nel corridoio. Doveva capovolgere la situazione e fingersi almeno offesa. Osservò meglio l'uomo. Al collo pendeva una collana il cui ciondolo era chiaramente la chiave che le interessava. Sarebbe stato difficile riuscire a sottrargliela, se non impossibile. Arthur era gentile con tutti, ma non con lei. Non si fidava e sembrava non fidarsi nemmeno del suo migliore amico quando le era intorno. «Non mi permetterei mai di frugare nella vostra vita, soprattutto dal momento in cui ci state aiutando a restare vive e con la questione dei nostri genitori, Arthur. Mi dispiace che tu creda questo di me, ma hai davvero sbagliato. Non è giusto.»

L'uomo aggrottò la fronte e si morse l'interno guancia. Senso di colpa.
L'empatia era la più grande debolezza delle persone buone. «Mi dispiace...»

«Bene.» Yen sbuffò, seguendolo. Rimasero in silenzio, mentre camminavano tra i corridoi. A volte credeva davvero che quella casa fosse un enorme labirinto. Si avvicinò a un'enorme parete, che chiudeva uno dei corridoi del salotto, dove si affacciavano le camere di Arthur e Robert, e la spinse in avanti. Delle scale si rivelarono. Per un attimo ebbe l'orribile sensazione che fosse uno scantinato e che Arthur avesse deciso di ucciderla e lasciarla lì.

«Scendendo le scale ti troverai in biblioteca... ti lascio la porta aperta. Io devo andare adesso.» Indietreggiò, allontanandosi.

«Oh grazie. Perfetto, ci vediamo più tardi.»

Arthur annuì. Tentennò sul posto e sbuffò piano. «Scusami è che questa situazione non piace nemmeno a me. Vorrei tenere i ragazzi al sicuro.»

«Tranquillo. Proverò a perdonarti.»

Le sue labbra si incresparono in un sorriso. Arthur sembrava sempre felice, in realtà, eppure i suoi occhi erano sempre intrisi da una dolorosa -e sconosciuta- malinconia. La salutò, prima di sparire oltre il corridoio.
Sentì la porta chiudersi e sbuffò piano.
Si mosse nuovamente verso l'ufficio di Orion. Voleva entrarci in ogni modo. Forse dall'esterno c'era una finestra che le avrebbe permesso l'ingresso.

Corrugò la fronte. Era sicura ci fosse qualcosa di abbastanza importante da non poter essere scoperta. Sembrava che in ogni modo stessero cercando di tenerli a distanza da quel luogo. Non avevano proprio idea di quanto fosse ostinata.

«Yen, non metterti nei guai. Non voglio che ci inimichiamo anche loro.» Sua zia era alle spalle. Era una passione di casa coglierla in flagrante.
Sbuffò scocciata e si voltò a guardare la donna. Eleonore aveva ancora quegli occhi languidi e tristi, solcati da occhiaie di preoccupazione. Sapeva quanto tenesse a loro, erano come delle figlie per lei.
A volte ricordava quanto tempo avessero trascorso insieme. Le domeniche erano sempre tutti a casa sua. Le sembrava di poter sentire ancora il profumo del suo stufato o del tacchino il giorno del Ringraziamento.
In quel momento era difficile da prendere sul serio, il naso scuro era sporco di farina. Sembrava un piccolo clown.
Ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca.
Sua zia corrugò la fronte. «Yen, sono seria, tesoro, cos'hai da ridere?!»

Scosse il capo, provando a ricomporsi. «È difficile prenderti sul serio, quando sei conciata così.» Indicò il naso sporco e il grembiule a scacchi rossi e bianchi. Le spalle erano a sbuffo. In quel momento, qualsiasi minaccia fosse uscita dalla sua bocca sarebbe risultata ridicola.
Si allontanò poi dalla porta, alzando le mani come arresa. Tanto entrare in quella stanza sarebbe stato troppo complicato per quel giorno, ma di certo non si sarebbe data per vinta così facilmente.

«E poi, tesoro, se proprio vuoi saperlo, credo tu possa arrivare a qualche informazione con molta più semplicità.»

Adesso aveva la sua attenzione. Inarcò un sopracciglio e inclinò il capo. «In che senso?»
Eleonore sorrise divertita. Le fece cenno di seguirla in cucina, il regno del suo disordine cronico. Sebbene poi si sarebbe preoccupata di sistemare tutto, Yen non poté far a meno di notare pacchi di farina rovesciati, barsttoli di marmellata ancora aperti e gusci d'uovo disseminati sul tavolo da lavoro. Decise di accomodarsi su una sedia, in disparte da quell'orrore, onde evitare di sporcarsi. «Allora?»

Sua zia sistemò la crostata nel forno. Era tranquilla, ma Yen sapeva quanto stesse cercando di distrarsi dai pericoli, pur di fingere di vivere in una parvenza di normalità. «Hai un certo ascendente su Robert. Lo vedo interessato a te, potresti spennare il pollo giusto anziché cercare di farti ammazzare.»

Roteò gli occhi al cielo e intrecciò le braccia. «Potrebbe star facendo lo stesso anche lui per tenermi sotto controllo.»

Sua zia si lavò le mani e storse il naso contrariata. «Può darsi, ma non ne sarei tanto sicura.»


Nel pomeriggio, Zalia, Altair e Izar fecero ritorno dall'università. Li vedeva piuttosto su di giri e in tensione. Sua sorella le si avvicinò mentre era tranquillamente seduta su una poltrona a leggere un romanzo, che alla fine aveva accettato di prendere in prestito dalla libreria di casa. Le prese il polso, attirando la sua attenzione. «Forse abbiamo scoperto a cosa lavoravano i nostri genitori.»

«Sarebbe?»

«Te ne parlerò stasera in camera, lontano da occhi e orecchie indiscrete.» mormorò appena, lanciando un'occhiata fugace ad Arthur, dall'altro lato del salotto, intento a strimpellare una melodia al pianoforte. Era tornato subito poco prima dell'ora di pranzo.

In pochi attimi ci fu il panico. Robert varcò l'ingresso agitato. Quando aprì la porta, fece entrare Leon ed Eris. Dietro di loro Andromeda. «Non vi si può dare un minimo di libertà!»

Arthur si risvegliò da quello strano stato di trance e si voltò a guardarli. «Che succede?»

«Succede che sono piccoli bugiardi in erba.» Robert sbuffò stanco. Era teso. La voce gli si alzò, attirando le attenzioni di tutti. Altair, infatti, uscì dalla cucina, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni. Abbassò lo sguardo sui suoi fratelli.

«Cos'hanno fatto?»

«Non ci difendi?» Eris tentò all'ultimo, ma Robert sbuffò scocciato.

«Ti hanno chiamato dalla scuola oggi, per qualche novità imprevista?»

Arthur scosse il capo. «No, Bob. Ho solo ricevuto un messaggio dalla piccolina qui. Mi ha avvisato che sarebbero rimasti a provare Shakespeare nel teatro.»

Eris arrossì fini alle orecchie e Yen si ritrovò a sorridere appena. Quella ragazzina sembrava avere un piccolo talento naturale per i guai, così come sua sorella. Si chiese quanto altro avessero di così simile a quella famiglia. «E infatti all'inizio era così, poi sono cambiati i programmi...»

Robert la guardò storto. «Eris...»

C'era una cosa che a Yen non era affatto sfuggita. Il rapporto che Robert aveva con quella ragazzina. Solo un cieco non avrebbe notato quanto fosse la sua preferita. Teneva molto a lei, la accompagnava ovunque ed era l'unica che aveva il permesso di dirgli e fargli fare qualsiasi cosa, persino ascoltare musica che non gradiva affatto.

Leon fu il primo a vuotare il sacco, eppure ebbe la sensazione che stesse tralasciando qualche informazione. «Michael ci ha raccontato, oggi in cortile, che ha suo padre malato in ospedale. Voleva andarlo a trovare e io non volevo andasse da solo. Eris voleva accompagnarmi, così abbiamo chiesto ad Andromeda di venirci a prendere. Non vi abbiamo contattato perché sapevamo foste impegnati e mi andava di saltare un po' la scuola per una sola volta...» Tornò a fissare la punta delle scarpe. Con quello sguardo da cucciolo bastonato, gli occhi dolci e il braccio ingessato, era quasi impossibile resistere a quel concentrato di tenerezza.

Yennefer era abbastanza conosciuta per essere fredda e insensibile, almeno a detta di sua sorella Zalia, ma di fronte a quel faccino anche tutte le sue più salde sicurezze sarebbero crollate.

Andromeda, invece, consapevole di non aver fatto nulla di male, scrollò le spalle. «Bene, io abbandono il teatro greco tragico e vado a farmi una nuotata.» Si allontanò, lasciandoli tutti da soli. Altair sbuffò piano, passandosi una mano in volto.

«Poteva essere pericoloso, sapete quanto è rischioso muoversi da soli in questo periodo. Sarebbe stato meglio che foste rimasti a scuola. Poi Robert o Arthur sarebbero venuti a prendervi.»

Eris sbuffò scocciata. Robert la guardò male. «Dovevi avvisarmi.»

«E perché? Tu mica mi dici dove vai ogni giorno?»

Robert sgranò gli occhi. «Sai che non è la stessa cosa, vero?»

Eris scosse il capo. Intrecciò le braccia al petto. «Quando ero bambina ti ho chiesto di sposarmi quando sarei cresciuta, come minimo devi essere sincero con me.»

Robert scoppiò a ridere, allentando la tensione. «Questo non cambia il fatto che dovevo essere avvisato...»

Leon lo guardò. «Quindi adesso ci perdoni, vero? Niente punizione, vero?»

Yen decise di intromettersi, soprattutto quando Robert e Arthur non sembravano così tolleranti contro quell'effrazione. Forse erano troppo preoccupati. «Ma dai, non sono andati a ubriacarsi o a drogarsi! Sono andati in ospedale a fare da supporto a un loro amico. Per me si può chiudere un occhio.»

Zalia ridacchiò. «E se lo dice l'abominevole strega delle nevi, vuol dire che allora è davvero una sciocchezza.»

«Perdonami, come mi hai chiamata?» Yen aggrottò la fronte.

Sua sorella rise e scattò in piedi. Si mise sotto il braccio di Izar e sotto quello di Altair. Quest'ultimo sussultò appena. «Ops! Noi dobbiamo andare assolutamente a studiare, addio.» Trascinò via i due ragazzi.

Robert si passò una mano in volto e accarezzò i capelli di Leon. Sembrava essere tornata la serenità in casa. I due ragazzi corsero su per le scale, pronti ad andare a cambiarsi.
Arthur riprese a suonare il pianoforte, sorridendo divertito.

«Cos'è quel sorriso?»

«Nulla, Bobby. Sei troppo paranoico oggi.»

«Non mi piace quando mi chiami Bobby.» Robert accarezzò il muso del loro rottweiler, che scodinzolava appena, nonostante la coda piccola e tagliata.

Yen fingeva disinteresse, mentre leggeva il proprio romanzo.

Leon urlò e li raggiunse, saltellando. «Arthur, hai comprato il mangime per Flash?»

Yennefer aggrottò la fronte. «Flash?»

«La sua tartaruga...» Robert sorrise appena.

Arthur impallidì, si tirò subito in piedi e uscì di fretta da casa, promettendo che avrebbe comprato anche delle scorte per i prossimi mesi. Quando la quiete fece ritorno in salotto, allora Yen decise di riprendere a leggere il proprio romanzo. Percepì un profumo familiare sempre più vicino, finché non notò la figura di Robert al suo fianco. L'uomo si sistemò la camicia e socchiuse gli occhi, dopo aver gettato il capo all'indietro. «Alla fine sei andata in biblioteca.»

«Non c'è molto da fare quando sei nel programma protezione testimoni.»

Ridacchiò. Detestava ammettere che non fosse di cattiva compagnia, ma non riusciva a fidarsi, non solo per le possibili verità che le nascondeva, ma anche perché trovava difficile affidarsi a qualcuno. «Se ti va possiamo uscire dopo, ti assicuro che non succederà nulla.»

Abbassò il romanzo sulle gambe e lo squadrò dal capo ai piedi. Lo vide ritrarsi, come se stesse cercando di affondare nel divano e scomparire. «È una sorta di appuntamento?»

«Non esageriamo ora, una bevuta in tranquillità.»

«Pensavo fossi più coraggioso.»

«Un appuntamento molto informale.»

Yen sorrise. Vide anche il volto di Robert distendersi.«Ci sto.»


Angolino
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ultimamente ho la sensazione che tutto faccia cagare, perdonate.
Ho sistemato tutti i punti del fanta e questo capitolo ha portato un po' di malus.
Alla prossima ❤️‍🩹

Jedi  145 pt
Orion (K)
Altair
Arthur 30+20
Andromeda

Tot 195


Niani 315 pt
Eris (K) 2* (-20)
Leon -20
Michael
Izar

Tot 255

Mars  370
Leon -20
Eris -20
Michael
Altair (K)

Tot: 330

Teste calde (marwoleth) 185
Orion
Arthur +50
Andromeda (K)
Max

Tot 235

Darkflame 160
Andromeda (K)
Orion
Robert 20+30+10
Leon -20

Tot 200

Claudia 250
Altair (K)
Orion
Yen -20+20+20
Leon -20

Tot: 250

Mavi 285
Altair (K)
Andromeda
Leon -20
Yen +20

Tot 285

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