XIII. Bluff
Leon
Robert li aveva appena accompagnati a scuola. Negli ultimi tempi era un po' più teso, soprattutto da quando le due sorelle Cortez vivevano da loro, di nascosto, per difenderle da nuovi attacchi.
Quella situazione pesante stava iniziando a gravare un po' sulle spalle di ognuno di loro e fingere che non fosse successo assolutamente nulla non era semplice.
Il gesso gli dava un po' noia, ma doveva imparare ad adattarsi.
Una volta che scese dall'auto, assieme a sua sorella, Robert si affacciò dal finestrino dell'auto e li osservò. «Mi raccomando, almeno voi due tenetevi fuori dai guai.»
Eris sorrise tranquilla. Lo rassicurò al suo solito modo e lo salutò agitando la mano. Aspettò che l'auto fosse abbastanza lontana prima di parlargli. «Andromeda verrà a prenderci da scuola con un permesso prima della fine della quarta ora di lezione... dice che ha alcune novità che possono interessarci.»
Leon corrugò la fronte. Era abbastanza sicuro che quel piano non fosse così in linea con la raccomandazione di Robert, fatta pochi istanti prima. «Ma non credi che sia pericoloso? Forse dovremmo lasciar fare tutto a Robert e ad Arthur. Se ne parlassimo con loro, risolverebbero sicuramente tutt-»
«E invece no! A tutti interessa raggiungere i genitori di quelle ragazze, poco importa se il nome di nostro fratello verrà ancora sporcato. Io non posso permetterlo, soprattutto se Orion fosse ancora vivo... tu non la pensi così?»
«Certo che sì!» Agitò l'unico braccio libero, l'altro era bloccato in quel fastidioso gesso asfissiante, che tra l'altro stava iniziando a procurargli qualche prurito. «Ma ho un po' di timore, abbia solo quindici-»
«Quasi sedici anni.»
Leon sorrise e roteò gli occhi al cielo. «Va bene, mi arrendo... piuttosto stai accettando di saltare delle ore di lezione, ti senti bene?»
Eris aggrottò la fronte, punta sul vivo. Si mordicchiò il labbro, in tensione, e lo osservò con attenzione. «Lo so», sbuffò afflitta, «però per Orion farei questo ed altro. È la famiglia... insomma, lo sai. Voi verrete sempre per primi per me.»
Il volto di Leon si distese in un sorriso. Nel porticato della scuola erano ancora solo loro. Robert li aveva accompagnati abbastanza presto quel mattino e non avevano potuto far a meno di chiedersi perché fosse così frettoloso quel giorno. Aggrottò la fronte, ripensando proprio all'uomo che non aveva fatto altro che cercare di accelerare i tempi quel mattino. «Secondo te doveva andare da qualche parte in particolare? Era frettoloso oggi.»
Eris, che nel frattempo si era seduta sulle scale del porticato, sorrise appena. Si sistemò i mossi capelli scuri in una coda alta e scrollò le spalle. «Se te lo dico non andare in iper ventilazione.»
Leon inarcò un sopracciglio. «Io non vado mai in iper ventilazione, sono una persona rilassata e spontanea-»
Sua sorella scoppiò in una fragorosa risata. «Leon, tu sei qualsiasi cosa tu voglia, ma proprio spontaneo no. Pensi sempre almeno duecento volte prima di agire...»
Si imbronciò, ma non sul serio. Sua sorella aveva ragione, ma l'impulsività era così un tratto genetico di famiglia, che Leon cercava sempre di visualizzare pro e contro di qualsiasi gesto o futura azione, era una sorta di meccanismo di risposta e ribellioni alle attitudini dei membri della famiglia. Sotto quell'aspetto era molto più simile ad Altair, anche se suo fratello arrivava a superarlo decisamente, rischiando quasi di diventare un tantino maniaco del controllo, con picchi di ossessione. Sentì dei passi provenire alle sue spalle e si voltò in direzione del rumore.
Tutti i suoi muscoli si rilassarono -al contrario di sua sorella, che si irrigidì come un blocco di marmo-, non appena riconobbe il suo migliore amico.
«Ehi, ti hanno ingessato? Quei pezzi di merda.» Michael sembrava contrariato dello stato di salute del suo braccio. «Buongiorno raggio di sole.» si rivolse poi ad Eris, che si tirò in piedi, pronta a lanciargli addosso la sua enciclopedia nuova di zecca. Michael arretrò, quando riconobbe il suo sguardo omicida. Sfilò il proprio zaino e si mise alla ricerca di alcuni pennarelli.
Leon sorrise. Ormai il suo gesso era più colorato della città di Rio de Janeiro a Carnevale. Osservò sua sorella, poi. «Comunque... mi stavi dicendo?»
Eris fissava Michael un po' preoccupata. Comprese al volo i pensieri che la stavano tormentando. «Guarda che di lui ci possiamo fidare... credimi. Senti, non ho mai avuto amici e Michael per me c'è sempre stato.»
Il ragazzo si tirò in piedi, titubante. Prese il suo braccio e gli incise una piccola dedica: spero tu possa tornare a spendere. Scrisse accanto al piccolo sole disegnato da sua sorella e posò il pennarello dietro all'orecchio. «Se volete me ne vado... io volevo allontanarmi dalla squadra di football quando ho saputo cosa ti hanno fatto.» Si dondolò sui piedi, come se lo sguardo dei due gemelli bruciasse sulla sua pelle. «Poi però ho pensato che non fosse giusto abbandonare una mia passione, così ho raccontato al coach cosa ti hanno fatto e li ha espulsi dalla squadra.» Gli ammiccò.
Leon lo abbracciò forte ed Eris li osservava tranquilla. Sembrava essersi rilassata. «Ma se preferite, me ne andrò. Capisco, sono questioni di famiglia-»
Eris agitò una mano, come se stesse parlando un insetto fastidioso e pungente. «Non è nulla di così grande... ho messo un gps nell'auto di Robert, me l'ha dato Andromeda.»
«Tu cosa?!»
«La privacy si riconferma essere uno dei temi che avete più a cuore in famiglia, eh?» Michael ridacchiò.
Eris si avvicinò ad entrambi. «È l'unico modo per sapere cosa ha intenzione di fare insieme ad Arthur e allo stesso tempo, grazie a una conoscenza di Andromeda, per scoprire a che punto sono gli altri con le ricerche.»
«Quindi, ricapitolando, loro non sanno che noi sappiamo?»
«Esattamente, Leon.» Eris sorrise tranquilla.
Tutti insieme si incamminarono all'interno della scuola. Ormai il cortile si era riempito di studenti. Nei corridoi pochi ragazzi giravano ancora, tutti preferivano attendere il suono della campanella all'esterno. Loro avevano bisogno di un po' di spazio dove parlare indisturbati. Entrarono in classe, ancora vuota, e si sistemarono ai propri banchi. Eris si avvicinò a loro. «Dopo andremo con Andromeda in caffetteria a parlare...» Inclinò il capo. «Mi dispiace, ma non credo tu possa venire. Il permesso vale solo per noi.» Si rivolse poi a Michael, che scrollò le spalle.
«Ho un permesso speciale per uscire prima da qui quando voglio. Ho mio padre in ospedale e mi permettono di allontanarmi in qualsiasi momento.»
Leon si rabbuiò. A volte dimenticava quanto fosse difficile anche la vita del suo migliore amico. Nonostante tutti i problemi che gravavano nella sua vita e sulla sua famiglia, era sempre di buon umore. Gentile con tutti, diligente e persino uno dei ragazzi più affascinanti della scuola, tutte le studentesse cercavano di incrociare il suo sguardo nei corridoi. Michael era decisamente uno dei ragazzi più popolari, ma non era mai stato scortese o antipatico. Si era imposto nella sua vita, guadagnandosi un posto di fiducia come suo migliore amico. Gli guardava le spalle come un fratello maggiore; gli aveva anche insegnato a giocare a football. Non poteva credere che fossero così uniti, ma ne era davvero entusiasta.
Eris indietreggiò appena. «I-io mi dispiace... se vuoi approfittarne per venire con noi non c'è problema. Possiamo accompagnarti da tuo padre dopo...»
«Non ti preoccupare.» Michael le sorrise gentile e buono. A volte Leon si sentiva in colpa al solo pensiero che si stava cacciando nei guai pur di trascorrere del tempo insieme a loro. Poteva essere pericoloso per tutti. «Quindi qual è il piano?»
Eris sospirò piano. Entrambi pendevano dalle sue labbra, anche se Leon era consapevole che Michael stesse cercando in ogni modo di ingraziarsi sua sorella. Aveva notato gli sguardi che le lanciava di continuo. Non gli dispiacevano come coppia nel futuro, ma se si fosse azzardato a farla soffrire gli avrebbe spaccato il naso.
Era pur sempre un Grey.
«Andremo a casa di questa amica di Andromeda. Questa mattina aveva un incontro con Izar, Zalia e Al.» Prese fiato per parlare ancora, ma il professor Smith fece il suo ingresso in aula, seguito anche da qualche altro alunno.
Li osservò di sbieco e sorrise appena. «Buongiorno ragazzi. Siete sempre puntualissimi, i miei complimenti.»
«Grazie.» risposero tutti e tre in coro, prima di accomodarsi.
«Leon, vedo il gesso. Stai bene, caro?» Trovava simpatico il professor Smith. I suoi occhi chiari erano sempre intrisi di una particolare e malinconica gentilezza.
Annuì. «Sono stato meglio, ma va tutto bene. Per fortuna sono mancino.»
L'uomo gli sorrise, sistemando poi la borsa sulla cattedra prima di far lezione.
Michael si spalmò contro la parete, mentre Leon tendeva a perdersi a guardare fuori dalla finestra. Da quando gli avevano riferito che suo fratello potesse essere vivo, aveva iniziato a sentire una strana sensazione irradiarsi in lui. Un qualcosa che ormai aveva sepolto da tempo: la speranza.
Eppure aveva paura di restarne scottato, deluso e amareggiato.
Un'orda di domande si era affollata nella sua mente, ma soprattutto una: perché suo fratello non era mai andato a cercarlo?
Si mordicchiò il labbro, in tensione. Di solito amava ascoltare la lezione, ma mai come quel giorno non vedeva l'ora di abbandonare subito la scuola per avere delle novità. Alzò lo sguardo verso l'orologio a parete e sbuffò piano. Iniziò ad agitare la gamba su e giù. Michael gli posò una mano sulla spalla. «Andrà tutto bene.»
Le lezioni erano piacevoli dopotutto, ma aveva voglia di evadere. I suoi occhi saettavano di continuo per l'aula e sobbalzava ogni qualvolta che qualcuno entrasse in aula per qualche avviso.
Le ore sembravano non trascorrere mai.
Michael gli si avvicinò, parlando a bassa voce. «Lo sai, magari per il prossimo anno, riuscirai ad entrare in squadra. Al coach stavano piacendo i tuoi miglioramenti... mi dispiace solo che tu ti sia fatto male per non poterti proporre già.»
Leon sorrise. «Beh, già è tanto. In realtà sono anche più bravo di quegli idioti, ma nessuno sembra accorgersene.»
«Io ed Eris sì.»
Leon sorrise. «A proposito di mia sorella... lo sai che ti ammazzo se le fai del male?»
Michael annuì piano. «Me l'avete fatto intendere tutti, ma fossi in te non mi preoccuperei. Sembra sempre che voglia staccarmi la testa e giocarci a pallone.»
Trattenne a stento una risata. Michael aveva riempito fogli interi di appunti con le iniziali di sua sorella, l'avrebbe trovato ridicolo di norma, ma non poteva che provare una sorta di tenerezza per lui. Non aveva idea di quanto Eris l'avrebbe fatto penare e, di certo, continuando coi suoi modi non ci sarebbe arrivato poi così presto.
«Bell e Grey, avete per caso intenzione di raccontarci perché state ridendo? Almeno potrete coinvolgerci.» la professoressa di matematica, che ormai aveva dato il cambio a Smith, li osservava attraverso gli occhiali poggiati sul naso aquilino. Sembrava volesse ucciderli in ogni modo possibile. Era stata spesso protagonista dei suoi incubi.
«Scusi.» trillarono entrambi ad alta voce, cercando poi di restare calmi almeno per un altro po', per non attirare attenzioni indesiderate.
Michael, poi, abbandonò la classe prima dell'ultima ora, con la scusa di dover andare a trovare suo padre. Li attese nel cortile della scuola. Leon fissava l'orologio e sorrise felice quando vide sua sorella varcare l'ingresso.
Insieme ad Eris, raccolse tutti i suoi quaderni. C'era una strana eccentrica adrenalina nei suoi gesti, non vedeva l'ora di essere messo al corrente delle imminenti novità.
Si sistemò lo zaino in spalla e salutò l'insegnante. Seguì Andromeda fino al cortile, quando anche Michael li raggiunse, dondolandosi sui piedi con uno strano sorrisetto a increspargli le labbra.
Si affiancò ad Eris.
«Sei felice che vi abbia raggiunto, raggio di sole?»
Sua sorella roteò gli occhi al cielo, fingendo disinteresse.
«Perché questo idiota è con noi?»
«'Dromeda, ormai è coinvolto e vuole aiutarci. Ti prego, è il mio migliore amico. Ho bisogno del suo supporto morale.» Leon sapeva bene che oltre al gene della follia Grey, aveva anche ereditato quello della melodrammaticità. Andromeda sbuffò scocciata e aprì la portiera dell'auto. Sembrava fosse già satura della loro presenza, dopo solo cinque minuti.
Era un record.
Salirono così in auto. Dopo circa una ventina di minuti di guida, durante la quale Eris non faceva altro che mettere canzoni pop dal gusto discutibile, litigando con sua sorella, arrivarono davanti a una piccola villetta in stile inglese. Il giardino permetteva l'accesso e il verde prato era rigoglioso e curato.
Andromeda aprì il cancello e bussò alla porta.
Ad aprire fu una ragazza dai tratti orientali e i capelli blu elettrico. Leon la trovò immediatamente simpatica. «Oh okay. Non aspettavo tutta la squadra dei cucciolo Grey, ma entrate.»
Michael sorrise tranquillo. Si guardò attorno e tossicchiò. «Io sono solo un loro amico, non sono un Grey, va bene comunque?»
«Certo! Seguitemi in salotto.» Attraversarono il corridoio. Leon osservò gli scaffali riempiti da tanti tomi e romanzi. Probabilmente Eris avrebbe voluto trascorrere tutto il tempo lì a perdersi tra quelle pagine. Era una casa ordinata. Si accomodarono in soggiorno, accanto a un camino ancora spento, su delle poltrone in pelle. Ivy prese il proprio portatile e lo posò sul tavolino centrale. «Vostro fratello mi ha contattata tramite Raven, una mia amica. Lei è un po' pazza, la conoscono tutti in qualche modo. Comunque sia, mi ha chiesto di hackerare il sito della Serpents Agency, cercando dei nomi ben specifici.»
Andromeda si appollaiò sulla poltrona con naturalezza, come se fosse casa sua. Di norma Leon non ci avrebbe fatto caso, era sempre stata così, anche a casa degli estranei. Eppure seguiva i movimenti e le parole di Ivy con una strana attenzione, un po' disincantata.
Eris si sedette accanto a lei. Sembrò leggergli nella mente. A volte trovava assurdo come fossero telepatici. «E voi due come vi conoscete?»
Ivy balbettò appena. Andromeda sbuffò piano, osservando il pc, con noncuranza. «Ivy ed io stiamo assieme. Problemi?»
Scossero tutti il capo. Eris la abbracciò forte e Leon si unì a loro. Andromeda non era mai stata così tanto loquace con loro, spesso fingeva di ignorarli. Sapeva benissimo che non c'era bisogno di aprirsi o di spiegazioni, l'avrebbero amata a prescindere. Volevano solo farle sapere che anche lei era la loro priorità, era la loro famiglia. Vide sul volto di Andromeda dipingersi un leggero sorriso.
Michael li osservava imbarazzato, dondolandosi sui piedi. Ivy lo fece accomodare sul divano. Si mise poi seduta di fronte al proprio portatile e riprese a parlare, smorzando la tensione. «Allora ho avvisato Andromeda, mi sembrava strano. Mi ha chiesto di cercare i fascicoli sui vostri Arthur, Robert, Orion e due persone, suppongo i genitori della ragazza che era con loro, Zalia Cortez.»
Annuirono tutti. «Ho detto loro che non avevo alcuna copia, ma mi sono accorta che la Serpents Agency aveva notato il mio ingresso anomalo, così siamo scappati e non hanno controllato. Ho fatto una copia di tutto per voi. Ovviamente non ho letto nulla, sono questioni personali.» Sfilò una chiavetta usb dalla tasca della felpa e la tese ad Andromeda.
Sua sorella le indicò di inserirla nel pc. Doveva fidarsi davvero di Ivy, un po' come lui con Michael. Si avvicinarono tutti allo schermo e iniziarono a leggere quel poco di decriptato dai fascicoli.
Leon sbiancò appena. C'era davvero un collegamento tra i genitori di Zalia e suo fratello e la cosa che lo terrorizzava di più era che anche Arthur e Robert ne erano stati coinvolti. Sembravano entrambi particolarmente interessati a scoprire dove fossero quegli uomini, forse per portare a termine qualcosa di più grande progettato da Orion.
Il terrore, che le paure e supposizioni di Altair fossero bere, si impossessò del suo corpo.
Se suo fratello aveva davvero ucciso i genitori delle ragazze?
E se non fosse mai stato vero quel ricordo che aveva di lui?
Andromeda scosse il capo. «Quindi si sarebbero sottoposti a un esperimento mentre erano nell'esercito. Esperimento creato dai genitori di quelle due e dalla Serpents Agency?» si grattò il mento.
Eris si allontanò appena dallo schermo. «E quindi Orion li avrebbe uccisi? Davvero vogliamo credere questo?» Strinse i pugni. «No, non voglio pensarci nemmeno.» Iniziò a camminare nervosa, avanti e indietro. «Dev'esserci una spiegazione logica, no?»
«Orion quindi potrebbe essere davvero vivo. Ricordate? Ha avuto contatti coi genitori di Zalia e Yen prima che scomparissero.»
«Erano messaggi, però. Potrebbe essere stato chiunque che si firmava col nome di un uomo ormai morto...» Michael inclinò il capo.
Ivy annuì. «Ha ragione e, per quanto ne so, sarebbe preferibile non immischiarsi negli affari della Serpents Agency. Lasciate che se ne occupino le forze dell'ordine o i vostri amici. Dovreste fidarvi di loro, vi hanno cresciuto.»
Andromeda storse il naso e sfilò il cellulare dalla tasca. «Robert è stato tutto il giorno fuori. È andato a Cleveland, vicino a un vecchio locale.» indicò la mappa dove il segnale gps si era fermato per qualche ora. «Adesso è tornato ed è, oh-»
«Cosa?» Leon le si avvicinò, ormai era un fascio di nervi.
«È a scuola. Mi sa che ha scoperto che sono venuta a ritirarvi prima-»
Eris sfilò il cellulare dalla tasca e impallidì. «Ho perso tre chiamate sue e due di Arthur...»
«Cazzo. Dobbiamo inventare una scusa decente.» Leon si passò le mani in volto.
«Forse ho un'idea.» Michael attirò la loro attenzione e sorrise, seduto sulla propria poltrona, indossando un'espressione soddisfatta in volto.
Angolino
Buongiorno! Ho una settimana un po' impegnativa, per cui i calcoli del fanta li farò appena sono un momento più libera, non preoccupatevi❤️
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto
Jedi (125 pt)
Orion (K)
Altair
Arthur
Andromeda +20
Tot 145 pt
Niani (205)
Eris (K) 2* (20+30-20) = 60
Leon 20+30 = 50
Michael 20
Izar 0
Tot 315
Mars (270)
Leon +50
Eris +30
Michael +20
Altair (K)
Tot: 370
Teste calde (marwoleth) (145)
Orion
Arthur
Andromeda (K) +40
Max
Tot: 185
Darkflame (70)
Andromeda (K) +40
Orion
Robert
Leon +50
Tot 160
Claudia (200)
Altair (K)
Orion
Yen
Leon 50
Tot 250
Mavi 215
Altair (K)
Andromeda +20
Leon +50
Yen
Tot 285
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