IV. Incontro

Eris

Una famiglia normale sarebbe stata gradita, ma il destino aveva deciso di farla nascere e crescere in una rumorosa, numerosa, dove il rispetto dello spazio personale non era minimamente contemplato. Aveva sperato per lo meno che quell'anno scolastico tutto andasse secondo i suoi piani, invece, il professore aveva ben pensato di farla capitare nello stesso gruppo con Michael. Unica nota positiva era che suo fratello sarebbe stato con lei.

C'era una strana tensione nell'aria di casa, di solito c'era più rumore, qualche urla, soprattutto quando Leon iniziava a mettere la musica ad alto volume. Avrebbe tanto voluto che anche a scuola fosse così espansivo. Di solito Izar si univa a lui e non si stava mai calmi o in silenzio. Mai come quella volta trovava il loro maniero quasi simile a una villa fantasma. Cercava sempre di non soffermarsi, di non lasciare che i pensieri sul loro passato la terrorizzassero. A volte fissava ancora il loro vecchio pianoforte, ormai quasi polveroso. Le sembrava di vedere Orion suonare, con il bicchiere di whisky poggiato accanto. Canticchiava, intonava qualche melodia e tutti loro ridevano felici e spensierati. Ebbe quasi la sensazione che la musica fosse ancora lì, a riempire la stanza. Socchiuse gli occhi, sembrava riuscisse a percepirla ancora forte e chiara, così violenta come un pugno allo stomaco ben assestato.

Si sentì strattonare accanto. Aprì d'istinto gli occhi. Andromeda si era scontrata casualmente con lei. Teneva in mano un asciugamano ed era diretta alla loro piscina coperta. D'estate la lasciavano all'aperto, ma d'inverno dovevano coprirla, e Andromeda trascorreva quasi sempre le sue giornate in acqua. Era sempre stata una grandissima appassionata. «Ti devo parlare... vieni in piscina con me.»

Andromeda era sempre stata particolare. Non a caso era  un po' l'anima gemella di Orion, se così potesse definirla. Discutevano spesso, ma solo perché erano molto simili. Andromeda era schietta, altruista ma molto impulsiva. Era difficile tenerla a bada, anche se spesso si rifugiava nei suoi silenzi, come se ne avesse l'estrema esigenza. Se avesse dovuto paragonarla a qualcosa, avrebbe immediatamente pensato a una supernova sul punto di bruciare e scoppiare. Era un'esplosione e anche la sua ancora di salvezza. Non era facile crescere in una famiglia popolata quasi solo da uomini e aveva trovato sempre in sua sorella una spalla e una speranza. «Che succede?» Iniziò a seguirla attraverso i lunghi corridoi di casa. I loro passi erano felpati, sia lei che Andromeda amavano camminare a piedi scalzi, assaporando le infinite sensazioni che il gelido pavimento poteva suscitare in loro.
Riuscivano anche a muoversi, così, abbastanza furtivamente, ma quella doveva essere una dote di famiglia.

«Tu zitta e seguimi.» Andromeda la afferrò per il polso e la trascinò in piscina. Richiuse la porta alle spalle, dando anche una mandata di chiave.

Eris sentì il cuore perdere un battito. «Che succede? Sei strana oggi»

«Non hai notato quanto lo siano anche Altair e Izar, ultimamente? Da quando siamo tornati dal cimitero.» Andromeda si liberò dell'accappatoio rosso ed Eris cercò di non sorridere. Continuava a dichiararsi indifferente ormai alla morte di Orion, se non provando un pizzico di rancore, ma indossava il suo vecchio accappatoio per sentirlo più vicino. Aveva imparato quanto i Grey fossero sinonimo di incoerenza.

«In realtà sì, ma Altair lo è sempre dopo l'anniversario...» Osservò Andromeda mentre si tuffava in acqua. Storse il naso per l'odore del cloro e aspettò che sua sorella riemergesse. Si sedette su un trampolino, lasciando penzolare le gambe nel vuoto. Andromeda si poggiò coi gomiti sul bordo vasca e si liberò degli occhialini.

«Credo che questa sera non studieranno assieme...» Ghignò poi divertita. «Né tantomeno hanno intenzione di organizzare una strana orgia con le loro amiche-»

«'Dromeda! Smettila!» Sentì le guance andarle a fuoco.

Sua sorella sghignazzò divertita. «...comunque ho origliato ieri notte Izar e Altair. Erano a confabulare in camera e dovevo capire.»

«E?»

«Mi prometti che non lo dirai né a Robert né ad Arthur?»

Eris tentennò per un attimo. Con Arthur era semplice mentire, si adeguava alle loro scuse. Trovava difficile fare lo stesso con Robert. Si mordicchiò il labbro e annuì con un cenno energico del capo. Erano una famiglia, erano uniti e se sua sorella le avesse rivelato anche il peggiore dei segreti e le avesse chiesto di tenerlo nascosto, lo avrebbe fatto, perché qualunque cosa accada, la famiglia viene per prima.
«Dai adesso parla.»

Andromeda si morse l'interno guancia. «I genitori di Zalia e Yennefer sono scomparsi da un ben po', infatti vivono dalla zia.»

«Sì, okay e cosa ne dovremmo fare? Certo mi dispiace per loro, povere. Sono anche simpatiche-»

«Orion c'entra nella loro scomparsa, Eris.»

Eris aggrottò la fronte. Era una sola informazione da elaborare, ma il suo cuore iniziò a battere con violenza nel petto. C'erano troppe cose che non tornavano. I suoi occhi vagarono in tutta la piscina e la vista cominciò ad annebbiarsi. Sentiva le lacrime pronte a strozzarle la voce.
«I-in che senso? Orion è morto dieci anni fa.»

Andromeda sospirò piano. «Le sorelle Cortez credono sia vivo o che non sia morto prima dell'anno scorso, a giudicare da alcune informazioni trovate.»

Eris avrebbe voluto svenire. Un'infinità di domande affollavano la sua mente. Eppure, la sola idea che il suo amato fratello fosse ancora vivo, le aveva acceso una strana speranza. «Perché non ce l'hanno detto?»

Andromeda fece uno sbuffo scocciato e scontento. «Perché secondo loro siamo piccoli per essere coinvolti in questa cosa-»

«Ma tu e Izar avete quasi la stessa età!»

«Lo so, ma è lui l'amico della piccola delle Cortez, non di certo Altair.» bofonchiò di tutta risposta. «Comunque sia, Altair crede, così come quell'idiota amorevole di Izar, che Orion sia il colpevole della loro scomparsa ed eventualmente morte.»

Eris sgranò gli occhi. Come poteva Altair credere una cosa simile del loro fratello? Certo, sulla testa di Orion di certo c'erano grandi accuse, molte pesanti, eppure Eris era sempre stata convinta che fosse un capro espiatorio, era semplice accusare qualcuno che non avrebbe più potuto parlare o difendersi. Iniziò a mordicchiarsi le unghie delle mani, ma Andromeda le diede uno schiaffo sulla gamba per farla smettere.
Fece un sospiro frustrato. «E noi cosa faremo ora?»

Andromeda sorrise di sbieco. Riconobbe quel luccichio: aveva un'idea. «Questa sera li spieremo, ho messo una piccola videocamera nell'ufficio di Orion e li ascolteremo.»

«Sei inquietante.»

«Me l'ha insegnato Orion!»

«Appunto.»

Andromeda ridacchiò e si allontanò da lei, smuovendo un po' l'acqua della piscina. «E poi lo cercheremo noi, insieme a Leon. Perché sicuramente siamo gli unici fratelli a non volerlo consegnare alla polizia, no?»

Eris scosse il capo. «Assolutamente.» Arricciò una ciocca di capelli attorno all'indice e sospirò piano. «Non capisco però perché Altair faccia così.»

«Perché crede che Orion sia colpevole della scomparsa dei genitori di Zalia e Yen, così come dell'omicidio del ministro degli interni.» Si sedette sul bordo, penzolando per un po' coi piedi nell'acqua. «Altair non vuole consegnarlo, ma sicuramente braccarlo per scoprire la verità e ci terrà fuori perché noi siamo meno oggettivi di lui...»

«Ma è nostro fratello... la famiglia viene per prima, no?»

Andromeda storse il naso. «Orion però non l'ha fatto. Soprattutto se è ancora vivo e noi non ne sappiamo nulla. Da dieci anni, Eris.»

Eris sbuffò piano. Andromeda ormai non aveva più voglia di chiacchierare. Si era immersa di nuovo in acqua e aveva iniziato a fare alcune bracciate.
Si liberò i capelli dalla coda alta e uscì dalla piscina. Una marea di pensieri si affollavano nella sua testa. Continuava a domandarsi perché Orion non li avesse cercati, cosa nascondesse. L'idea che fosse ancora vivo le aveva scaldato il cuore, assieme alla speranza di poterlo abbracciare di nuovo. Eppure era allo stesso tempo terrorizzata dal fatto che forse lo avevano tutti idealizzato e che Orion non sarebbe stato più lo stesso, perché quello che conosceva lei sarebbe corso in ogni modo da loro.

Scosse il capo, risalendo le scale e allontanandosi dal seminterrato della villa, dove tenevano la piscina, e si diresse verso il secondo piano, nella propria stanza. Avrebbe dovuto iniziare a mettersi all'opera, studiando Macbeth.
Aveva sempre trovato affascinante Shakespeare, ma come si sedette davanti alla propria scrivania, era impossibile trovare la concentrazione. Continuava a ripetersi che doveva trovare un modo per scoprire la verità. Iniziò ad armeggiare con la matita, facendola ticchettare sulla superficie della scrivania, con nervosismo.
Sentì poi bussare alla porta e sussultò, interrotta forzatamente dai propri pensieri. «Avanti.»

Il ciuffo scuro di Leon fece per primo capolino. Suo fratello le sorrideva con una tazza di the caldo in mano. Si accomodò sul letto, porgendogliela. «Ho pensato te ne servisse un po' prima che arrivi Mike.»

Eris roteò gli occhi al cielo. Aveva dimenticato la presenza di quell'idiota. «Non me lo ricordare.» Iniziò a sorseggiare il the e sorrise in direzione di Leon. «Dai spara. Te lo leggo negli occhi che vuoi dirmi altro.»

«Dove siete andate tu e Dromeda?» Inclinò il capo, curioso. Si sistemò meglio sul letto, come pronto ad accogliere le nuove informazioni ed Eris sospirò piano.

«Te ne parlerà lei questa sera...» Vide Leon imbronciarsi e sorrise divertita. Era dolce anche quando arrabbiato. «Però non possiamo parlarne con nessuno. Izar, Altair, Arthur e Robert non possono saperlo.»

Le labbra di Leon si tirarono all'insù. Era sempre stavo un amante dei piccoli segreti tra loro, come se fosse una rivincita sugli adulti di casa. «Oh, non vedo l'ora.»

Era in tensione. Michael aveva appena varcato la porta di casa e la sua risata aveva già iniziato a inondare la stanza. Tutti gli sorridevano, si presentavano ed erano affabili con lui. Eris lo trovava pericolosamente irritante. Non aveva di certo dimenticato le sue stupide battute da idiota il primo anno scolastico e né tantomeno quanto l'avesse presa in giro per le ore trascorse a studiare, perché lui non ne aveva bisogno a detta sua. Si credeva solo più intelligente e talentoso. Eris lo detestava e odiava ancor di più come nessuno sembrasse intenzionato a capirla. Era il suo acerrimo rivale scolastico e l'idea di dover collaborare con lui e, quasi sicuramente, dover condividere lo stesso voto, la nauseava. Nonostante ciò, era sicura che comunque fosse più semplice per lei quella giornata: giocava in casa e aveva comunque il supporto dei suoi fratelli.

Scese le scale, raggiungendoli in salotto. Ormai Arthur e Robert erano usciti, nonostante fossero appena le cinque del pomeriggio. Michael se ne stava seduto su una poltrona del salotto, mentre si presentava gioiosamente ad Izar e Altair. Il primo si mostrava come sempre gentile e affabile, suo fratello, invece, se ne stava sulle proprie, tenendo le braccia incrociate al petto e un'espressione seria in volto. Eris si chiese se non fosse ancora in pensiero per le recenti scoperte. Sapeva altrettanto bene che entrare nella sua dedalica mente era impossibile.

Michael la riportò alla realtà, agitando la mano nella sua direzione per salutare. Indossava una felpa larga e rossa. I jeans erano stracciati sulle ginocchia e sembrava completamente indifferente al freddo delle ultime settimane. «Allora ci mettiamo all'opera?» Si tirò rapidamente in piedi ed Eris annuì con un cenno del capo.

Leon non sembrava così entusiasta di riprendere a studiare. Eris lo aveva sempre trovato paradossalmente brillante, ma preferiva starsene a leggere cumuli di libri in biblioteca. Nonostante un po' di pigrizia iniziale, riusciva sempre ad ottenere ottimi risultati scolastici. Michael, invece, l'anno precedente aveva vinto il premio come miglior studente dell'anno, soffiandoglielo all'ultimo semplicemente perché era anche uno dei capitani della squadra di calcio della scuola.
Quell'anno lo avrebbe stracciato: si sarebbe candidata come rappresentante scolastica e nessuno avrebbe potuto impedirle la sua ascesa al governo.
Ovviamente la teatralità era un gene della famiglia Grey.

«Sei tu quello che sta perdendo tempo in inutili chiacchiere.» posò le mani sui fianchi, fissandolo con uno sguardo di sfida.

Si passò una mano tra i capelli biondi disordinati. «Mi sto presentando alla tua adorabile e gentile famiglia... a quanto pare non hai preso da loro-»

«Va bene! Smettetela.» Leon si mise al centro tra loro.

Andromeda, intenta a sistemare la legna nel camino per ravvivare il fuoco, si lasciò scappare una risatina divertita. Si scambiò uno strano sorriso complice con Altair, anche se sul volto di suo fratello pareva più un ghigno. Leon salutò i fratelli e costrinse entrambi a salire le scale, fino alla sua camera. Aveva deciso che avrebbero studiato lì almeno fino ad ora di cena, come se fosse un territorio neutrale.

Eris si appropriò della scrivania di Leon, lasciando che Michael e Leon si accomodassero sul letto. Michael iniziò a guardarsi attorno nella stanza. Si fermò a fissare alcuni funko-pop di Harry Potter, sistemati minuziosamente sullo scaffale della libreria dell'amico. «Mio Dio devi invitarmi più spesso! È fantastico!»

Leon sorrise fiero. Quell'angolo pieno zeppo di fumetti e poster di film era il suo gioiello.

Michael si avvicinò poi a un piccolo recinto e sorrise. «Questa deve essere la tua tartaruga... come hai detto che si chiama?»

Leon sorrise imbarazzato. «Lei è Flash... credevamo fosse un maschio all'inizio.»

«C'è dell'ironia nel nome.»

Leon scrollò le spalle. «Mio fratello Orion ne aveva da vendere.» ridacchiò poi.

Eris scosse il capo, tossicchiò per attirare la loro attenzione e accese il computer. «Dobbiamo metterci all'opera», si appollaiò sedendosi come un indiano sulla sedia girevole, «io inizierei a fare ricerche sulla trama e anche sulla caratterizzazione dei personaggi, perché è molto importante.»

Michael -stranamente- non ebbe da ridire. Sfilò dal proprio zaino un ulteriore portatile e cercò una presa per tutta la stanza pur di metterlo in carica. «Beh, sapete, ha una batteria di merda.»

Leon sorrise e inclinò il capo. «Forse nella nostra libreria c'è qualcosa di interessante, no? Pollux studiava lettere classiche!» Si tirò in piedi e corse via dalla stanza.

Eris avrebbe strozzato il suo gemello, anche perché credeva fermamente di essere l'unica ad averne il diritto. C'era una strana tensione nell'aria, avrebbero potuto tagliarla con una lama affilata. Sospirò piano e indossò degli occhiali, spesso si stancava a stare davanti agli schermi luminosi. Iniziò a fare alcune ricerche online, ma a quanto pare Michael amava interrompere qualsiasi momento. «Ehm, allora... come va?»

Eris roteò gli occhi al cielo. «Andrebbe meglio se finissimo questo lavoro il prima possibile.»

«Lo sai che non potremo mai concluderlo in un unico incontro, vero?»

Sentì addosso i suoi occhi smeraldo, era certa la stesse scrutando con attenzione. «Certo che lo so, ma gradirei fare il minimo numero di incontri.»
Lo sentì ridacchiare e alzò lo sguardo dal pc. «Che diavolo hai da ridere?»

«Secondo me alla fine ti mancherò-»

«Nei tuoi sogni.»

Leon entrò in camera, tenendo tra le mani un polveroso tomo forse più grande della sua testa. Michael lo aiutò. «Avete in casa la biblioteca di Hogwarts o cosa?»

«Una cosa simile.» Leon sorrideva trionfante. Spesso, quando non lo si trovava in casa, si nascondeva tra gli scaffali della biblioteca. Era capace di leggere per ore intere, perdendo la cognizione del tempo.

Sentirono bussare al campanello. Eris e Leon si scambiarono un'occhiata di allerta. Avevano messo sl corrente Leon del piccolo piano di Andromeda e l'unico problema era la presenza di Michael.
Finsero indifferenza per alcuni minuti, mentre fingevano di essere interessati alla ricerca su Shakespeare. Nel mentre fremevano dalla curiosità di scoprire cosa si sarebbero detti.
Pochi istanti dopo, la porta si aprì e Andromeda entrò in stanza. Fece loro cenno di star zitti. Chiuse a chiave.

«Avete intenzione di uccidermi?» Michael scherzava, anche se sembrò preoccuparsi per qualche istante.

«Se non stai zitto sì.»

Il ragazzo impallidì e Leon rise per stemperare la tensione. «Andromeda scherza sempre...»

Sua sorella accese lo schermo del telefono, collegandosi alla videocamera che aveva piazzato nel vecchio studio di Orion. Michael aggrottò la fronte. «Credo sia violazione della privacy-»

«In questa famiglia non sappiamo cosa sia.» Eris ci tenne a chiarire. Era quasi sempre stata la prima vittima della totale mancanza di uno spazio privato in casa, ogni suo fatto veniva a conoscenza di tutti i fratelli nel giro di poche ore, nei migliori dei casi.

Andromeda storse il naso, fissando Michael. «Forse dovremmo chiuderlo in un armadio. O bendarlo.»

Lui scosse il capo. «Vi prego no. Ho il terrore. È il mio peggior incubo. Non dirò nulla, lo giuro.»

Andromeda ed Eris non sembravano soddisfatte. Leon gli posò una mano sulla spalla. «È l'unico amico di cui mi fido. In realtà lui è stato il primo a capire che fossimo quei Grey, ma non l'ha detto a nessuno. Poi che l'abbiano scoperto comunque è un altro paio di maniche...»

«Cosa?!» Eris avrebbe voluto urlare.

«Ho ottime doti da Sherlock-»

«Zitti!» Andromeda iniziò a fissare lo schermo del telefono. Tutti si appollaiarono sul letto per origliare ed Eris si ritrovò ad affiancarsi a Michael. Aveva i capelli che profumavano di miele.

Vide Altair chiudere la porta e tenere le mani nelle tasche dei pantaloni. Zalia aveva frequentato spesso la loro casa. Eris l'aveva sempre trovata piacevole, amava i suoi capelli ricci e il sorriso splendente, che risaltava ancor di più sulla pelle color caramello. Le aveva fatto anche delle treccine una volta. Sua sorella Yennefer era molto simile, decisamente più alta e forse un po' più sfacciata e avvenente. Sapeva che avesse circa trent'anni e lavorasse come giornalista. Probabilmente stava fiutando anche l'articolo del secolo: Orion Grey, terrorista ancora vivo, che minacciava la sua famiglia. Storse il naso infastidita.

«Non vorrei fare inutili preamboli..» Altair si sedette sulla poltrona che una volta apparteneva a suo fratello, sebbene sembrasse a disagio.

Izar si era accomodato accanto a Zalia e le teneva la mano, con dolcezza. La ragazza sospirò piano. «Abbiamo trovato un vecchio telefono di nostro padre, l'aveva nascosto in uno dei suoi libri, dopo aver bucato le pagine.» Glielo passò. Era un vecchio modello, uno di quelli non tracciabili e immortali. «Un anno fa ha parlato con vostro fratello Orion.»

Altair fissava le conversazioni. I suoi occhi saettavano ovunque. «Potrebbe essere chiunque che si sta spacciando per lui. Sono solo stupidi messaggi.»

Izar lo guardò calmo. «Al-»

Si alzò in piedi nervoso. «Non potete venire qui e accusare il nome di mio fratello solo per degli stupidi messaggi in cui il mittente si rivela. Sono tutte stronzat-»

Yennefer roteò gli occhi al cielo. «E anche se fosse, eh? Se fosse qualcun altro, perché dovrebbe sporcare il nome di tuo fratello? Davvero non ti interessa?»
Altair si irrigidì nervoso. Strinse i pugni in una morsa, mentre Yennefer sorrideva soddisfatta di quella reazione.
«Siete solo dei ragazzini. Non mi interessa chi dovrò resuscitare dai morti pur di avere delle risposte. Io devo sapere perché tuo fratello ha minacciato i miei genitori di ucciderli, elencando anche dieci torture diverse.»

Eris deglutì, scambiandosi un'occhiata preoccupata coi suoi fratelli.









Angolino
Finalmente attraverso gli occhi di Eris sono riuscita a presentarvi le sorelline Cortez.
Il prossimo capitolo avrà Zalia come pov, quindi vedremo la storia dal suo punto di vista.
Spero che questo capitolo non vi abbia annoiati e a martedì ❤️‍🩹

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