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[BLUE — Troye Sivan, Alex Hope]
L'auto scura è ancora davanti a me, ma non riesco a capire chi ci sia al suo interno. Me ne rendo conto soltanto quando vedo la punta di uno stivale toccare l'asfalto.
«Ariel Green» mi chiama Harry chiudendo la portiera e venendomi incontro. Sospiro e chiudo gli occhi per un istante, poi mi alzo rassettando il vestito leggermente spiegazzato.
«Harry» replico, aspettando che mi raggiunga sulle scale.
«Cosa ci fai qui?» chiediamo nello stesso momento per poi sorridere.
«Ho dimenticato le chiavi» gli spiego senza troppi giri di parole. «Tu?»
«Ti ho vista da lontano, così mi sono fermato» afferma mentre si passa una mano tra i capelli. «Non ero sicuro che fossi tu fino a che non sono stato abbastanza vicino da averne la conferma. Sono pur sempre le due del mattino.»
Tengo lo sguardo basso e penso alla serata trascorsa, a quante probabilità ci fossero che mi potesse trovare proprio Harry.
«Hai provato a chiedere aiuto a qualcuno?»
«Non c'è nessuno» rispondo, tornando a sedermi sulle scale.
«E tuo padre?»
Mi passo una mano tra i capelli, poi con la stessa mi copro la bocca quando non riesco a trattenere uno sbadiglio. «Probabilmente lavorerà tutta la notte.»
C'è qualche istante di silenzio mentre Harry si guarda intorno prima di riprendere a parlare. «Vieni con me.»
Alzo la testa nella sua direzione e da dove sono seduta riesco a vedere chiaramente il suo volto, illuminato dalle luci vicine all'entrata del palazzo. «Come?»
«Ariel, è tardi, e non sai quando tornerà tuo padre. Non puoi continuare a stare qui da sola.»
Sto per obiettare quando una folata di vento mi attraversa i capelli e fa nascere brividi lungo tutto il mio corpo. Harry mi guarda ancora dall'alto e mi sorride compiaciuto.
«Dai, vieni» mi incita ancora con un cenno del capo.
Mi alzo e recupero le scarpe di Tara che avevo sfilato prima; ho la borsa tra le mani e la giacca ancora stretta sulle spalle mentre lo raggiungo nella sua auto. Le pareti sono impregnate del suo profumo; lui accende il riscaldamento automatico interno quando mi vede ancora scossa dai brividi.
«Va meglio?» mi domanda, voltandosi nella mia direzione.
«Sì, grazie.» Poggio la testa contro il finestrino e chiudo gli occhi, anche se non sono sicura di dove stiamo andando. È quando sosta in un parcheggio che glielo chiedo.
«Harry, dove siamo?»
«A casa mia» risponde guardandomi e spegnendo il motore. Indosso velocemente le scarpe e lo seguo fuori esitante, pensando a quanto tutto questo sia sbagliato.
Harry è più veloce di me, faccio quasi fatica a stargli dietro. Attraversiamo il parcheggio fino ad arrivare all'entrata del palazzo. Lui è già davanti all'ascensore quando io sono ancora all'ingresso, e continuiamo a stare in silenzio mentre saliamo verso il suo piano. Entrambi non sappiamo bene come prendere questa situazione né come comportarci. Non era qualcosa di programmato.
Nel momento in cui le porte si aprono Harry sfila le chiavi dell'appartamento dalla tasca interna della giacca, e insieme percorriamo il corridoio. Siamo davanti alla sua porta quando solleva le chiavi e fa scattare la serratura in pochi secondi. Accende una luce all'entrata e lancia sia quelle dell'auto che quelle dell'appartamento sul tavolo, dove posa il cellulare. Mi guardo distrattamente intorno e mi accorgo che c'è tanto in questa sala. Mi basta poco per capirlo.
«Vivi da solo?» gli chiedo. Si toglie la giacca e slaccia i bottoni dei polsini della camicia.
Annuisce. «Sì, sono soltanto io.»
«Vado a prenderti qualcosa» continua subito dopo spezzando il silenzio e l'imbarazzo del momento. Mi siedo sul divano in pelle scura e, nell'attesa, sfilo le scarpe e il cappotto prima di scrivere un messaggio a mio padre per avvertirlo che non mi troverà a casa quando tornerà. Non so come potrebbe prenderla perché non conosce Harry, ma non avevo altre alternative.
Harry torna reggendo in una mano un cuscino e un paio coperte, nell'altra dei pantaloncini e una maglia bianca. Mi porge i vestiti. «Puoi mettere questi se vuoi.»
Soltanto guardandolo mi accorgo che lui lo ha già fatto: non ci sono più i pantaloni eleganti e la camicia bianca a fasciargli il corpo. Adesso indossa soltanto un paio di pantaloncini simili a quelli che mi ha dato e una maglia grigia che gli lascia le braccia scoperte. Perdo qualche secondo ad osservare i tatuaggi presenti sulla sua pelle.
«Puoi cambiarti in bagno, è in fondo al corridoio» mi dice indicandolo con il dito.
Prendo i vestiti che mi ha dato e gli passo davanti. «Grazie, torno subito.»
Attraverso il corridoio a piedi nudi, e dopo aver chiuso la porta del bagno alle mie spalle mi sfilo velocemente il vestito. Prendo i pantaloncini e la maglia; sanno di Harry in ogni singolo centimetro. Non vorrei sentirmi in questo modo: sbagliata o nell'incertezza di star tradendo la fiducia di Tara. Non sono sicura di come reagirei se fossi al suo posto, anche se tra me ed Harry non c'è niente.
Mi guardo allo specchio e faccio scorrere l'acqua sul viso più volte prima di tornare da Harry. Sta sistemando la coperta sul divano quando lo raggiungo. «Qui c'è un'altra coperta nel caso ne avessi bisogno, e qui accanto c'è la cucina se ti serve qualcosa.»
«Va bene. Grazie davvero, Harry» gli ripeto. Si limita a sorridermi e a passarsi una mano tra i capelli di nuovo, poi cammina verso la sua stanza.
«Buonanotte, Ariel Green» dice infine. Spegne la luce e sparisce nel buio.
«Buonanotte, Harry.» Mi sistemo meglio sul divano avvolgendo il cuscino con un braccio e un sorriso mi curva le labbra, perché Harry sembra sempre essere al posto giusto nel momento giusto, perché sembra sempre essere in grado di sostenere parte del peso che porto sulle spalle senza che io glielo chieda.
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Il rumore di qualcosa che si scontra contro il pavimento mi fa aprire gli occhi di scatto, e ho bisogno di qualche secondo per capire dove sono. Sposto le coperte dal mio corpo e mi alzo, poi raggiungo Harry in cucina: lo trovo piegato sul pavimento che osserva la sua mano ricoperta da un rivolo di sangue. Una tazza frammentata in più pezzi è davanti a lui.
«Cos'hai fatto?» gli chiedo e lui si volta nella mia direzione.
«Credo di essermi tagliato» solleva la mano e la agita lentamente. Mi avvicino a lui.
«Fammi vedere» dico e lui me la porge. La prendo tra le mie e sposto lo sguardo sul suo viso: i suoi occhi saranno sempre qualcosa a cui non sarò mai in grado di abituarmi.
Scuoto impercettibilmente la testa e torno a guardare la sua mano. «Hai del disinfettante? Non è grave, ma la ferita continua a sanguinare.»
«Dovrebbe essere in bagno, terzo cassetto.» Lo lascio e recupero quello che gli avevo chiesto.
Quando torno in cucina è appoggiato al bancone e ha lo sguardo rivolto verso la finestra. Non so quanto resto ferma sullo stipite ad osservarlo, ma alla fine mi costringo a muovermi e lo raggiungo.
«Ho anche bisogno di una garza e di qualcosa per pulirti la ferita, se ne hai.»
«Certo» dice, «te le prendo io.» Harry si volta e si protende verso uno degli scaffali più alti della cucina; la maglia che indossa si solleva inevitabilmente e riesco a vedere una piccola parte del tatuaggio che ha sul fianco.
Torna al bancone con un piccolo contenitore tra le mani. «Qui dovrebbe esserci tutto.»
Ci sediamo entrambi e riprendo la sua mano tra le mie, mentre inizio a tamponare la ferita con del cotone e del disinfettante.
«È un brutto taglio, ma non hai bisogno di punti» dico. Continuo a medicarlo, ma a un tratto ritrae d'istinto la mano e sul suo volto compare una smorfia di dolore.
«Merda, scusa.»
«No, non preoccuparti.» Mi ridà la mano e con la garza completo la medicazione, avvolgendogliela intorno al polso e fissandogliela.
«Come hai imparato?» mi domanda quando richiudo il contenitore. Mi abbasso a raccogliere gli ultimi pezzi di vetro rimasti sul pavimento.
«Mio padre è un medico.» Si alza anche lui e si abbassa per aiutarmi; quando sento il suo sguardo su di me sollevo il mio e gli sorrido debolmente. «Puoi dirlo, Harry.»
Ci rialziamo entrambi prima che lui parli. «Non ha potuto fare niente per tua madre?»
Scuoto la testa. «No, ed è questo a distruggerlo. Ogni singolo giorno.»
«Ma non è colpa sua, Ariel.» Mi limito a scrollare le spalle e ad uscire dalla cucina, dopodiché torno in sala e ripiego le coperte che Harry mi ha dato stanotte.
Mi guardo intorno perché, quando sono arrivata, non sono riuscita a farlo abbastanza. La mia attenzione viene subito catturata da una libreria posta contro la parete e piena di libri di ogni genere. Mi avvicino e lascio scorrere lo sguardo sui vari titoli: molti di quelli presenti li conosco, altri li ho letti o ne ho sentito parlare.
Ci sono molti classici e libri sulla musica, ma un sorriso si costruisce spontaneamente sulle mie labbra quando trovo Jane Eyre. Lo prendo tra le mani e ne sfoglio le pagine; era il libro preferito di mia madre. Ero ancora una bambina quando mi regalò la sua copia e lo lessi per la prima volta. Leggo qualche passo di sfuggita, poi mi accorgo di Harry che, con le braccia incrociate e appoggiato alla parete, mi osserva con un sorriso sulle labbra.
«Non ti facevo una tipa da Charlotte Brontë.»
Ricambio distrattamente il sorriso e chiudo il libro accarezzando la copertina con le dita. «Era il libro preferito di mia madre. Ho la sua copia qui con me, la custodisco come se fosse la cosa più preziosa che io abbia.»
«È una cosa bella» sostiene raggiungendomi. Mi volto a guardarlo ed è davanti a me.
Scrollo le spalle. «Mi aggrappo a quel libro come se fosse l'unica cosa che mi tiene ancora legata a lei, eppure non riesco a versare neanche una lacrima per la sua morte.»
Distolgo lo sguardo da quello di Harry e mi allontano da lui, solo che mentre lo faccio sento le sue dita sulla mia spalla e sul mio braccio, quindi mi volto ancora. È vicino a me e la distanza che ci separa poca quando alzo lo sguardo sul suo volto. Si avvicina ancora a me e si abbassa quasi fino a sfiorarmi la fronte con la sua. Sento le sue mani sui miei fianchi, il suo respiro contro le mie labbra. So che non resisterò a lungo, eppure se cedessi me ne pentirei. Mi sentirei in colpa per Tara, per lui, per me.
Ho ancora il libro tra le mani, ma mi scivola nel momento in cui il suo naso sfiora il mio: quel contatto ci riporta esattamente dove dovremmo essere.
«Harry...» sussurro e lui lascia scivolare la presa sul mio fianco.
«Non possiamo» mormoro e sposto velocemente lo sguardo dal suo; non riesco più a sostenerlo.
Mi abbasso a prendere il libro e lo appoggio sul tavolo. Prendo il vestito che indossavo ieri sera, attraverso il corridoio e quando sono in bagno mi chiudo la porta alle spalle appoggiandomici contro. Chiudo gli occhi e sospiro, e soltanto adesso mi allontano per sostenermi con le mani ai lati lavandino. Alzo gli occhi verso lo specchio, e osservo il mio riflesso mentre ripenso a quello che sarebbe potuto succedere se quel libro non mi fosse scivolato dalle mani.
Sono certa che Harry ami Tara in modo puro e sincero, e che non la ferirebbe mai per un momento di debolezza — specialmente in questo modo. Lo ha dimostrato ieri sera e lo fa in ogni altra occasione: Harry non è quel tipo di persona, e neanche io lo sono. Non voglio diventarlo adesso soltanto perché mi sono infatuata di lui.
🌹🌹🌹
Ops? [mannaggia]
Pazientate 💝
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