fortythree

[Take me to church — Hozier]

Il top bianco che indosso mi lascia leggermente scoperta la pancia prima; la fascia dei jeans a vita alta raggiunge appena la vita. Cerco una giacca o una camicia che possa andare bene al di sopra tra le cose che ho lasciato qua, anche se non so ancora dove andremo.

Liam mi ha semplicemente detto che stasera saremmo usciti, niente di più. Non ne sono entusiasta, ma potrebbe essere un'altra possibilità per lasciarmi alle spalle tutto ciò che mi lega a qui.

È venerdì sera, e non nascondo che ho paura di quello in cui potrei imbattermi quando sarò là fuori, ma almeno so che non sarò sola. Raccolgo i miei capelli in una coda alta e passo un velo di mascara sulle ciglia.

🌹

Quindici minuti più tardi sono fuori con Liam. La sua auto mi ricorda tutti gli anni in cui ho vissuto qui, le volte in cui l'ho chiamato perchè avevo bisogno di lui e anche se spesso e volentieri non avevo alcuna spiegazione, c'è sempre stato.

«Credi di riuscire a sopportare una serata al Baylees?» mi domanda con ironia, voltandosi un istante verso di me prima di tornare a guardare davanti a lui e verso la strada.

«Vuoi cercare di farmi ubriacare, Liam?» replico sarcastica.

Liam sorride, lascia cadere una mano giù dal volante. «Sicuramente ne avresti bisogno.»

Io abbasso lo sguardo, ma nonostante sappia che non è serio, qualcosa delle sue parole mi colpisce.

«Posso provarci», dico alla fine e lui risponde sorridendo ancora, solo che questa volta non mi guarda.

Le strade che percorriamo sono piene di ricordi che mi investono troppo velocemente e tutti in una volta sola. Ogni isolato che superiamo contiene qualcosa che è stato importante per me; sembra passato così tanto da quando Portland mi era così familiare, da quando tutto questo era la mia vita.

Lascio che il vento mi scuota i capelli mentre respiro quest'aria che sembra così nuova e allo stesso modo così familiare. Parcheggiamo l'auto nei pressi del locale; quando siamo davanti all'ingresso alzo lo sguardo sull'insegna che è composta sempre dalle stesse lettere, illuminata dalle luci dello stesso colore. È sempre lo stesso posto. È tutto uguale, sono io ad essere diversa, a non c'entrare più.

È sempre stato il nostro posto.

«Sicura che vada bene per te? Possiamo andare da qualche altra parte», mi assicura Liam poggiando una mano sulla mia.

Mi volto verso di lui. «Qui va bene, sono sicura.»

«Vieni qui» dice e mi attira a sè, stringendomi velocemente tra le sue braccia.

Molte persone sono fuori dal locale, ma sono piuttosto certa che ancora di più ce ne siano all'interno. Liam è davanti a me, mentre io esito prima di lasciare che i demoni del mio passato mi avvolgano. Come se sentisse ciò che provo si ferma anche lui e si volta di nuovo. Mi raggiunge e prende la mia mano nella sua; mi fa un cenno e io annuisco, lasciando che poi mi guidi dietro di lui.

La musica è alta e risuona tra le pareti scure del Baylees. Seguo Liam verso il bancone; le sue dita ancora tra le mie.

«Io prendo un Manhattan, tu cosa vuoi?» mi domanda accostandosi al mio orecchio per riuscire a farsi sentire sopra la musica.

«Uhm, lo stesso va bene», rispondo, lui annuisce sorridente.

Prendo posto al bancone mentre lo aspetto; mi guardo intorno con la consapevolezza che potrebbe riconoscermi e avvicinarsi chiunque, che qui ci vengono tutti.

Sobbalzo quando una voce familiare chiama il mio nome. «Ariel?»

Solo nel momento in cui mi volto riesco ad associarla alla persona che adesso è davanti a me.

«Jasmine

La ragazza dai capelli scuri si avvicina e si getta su di me, fino a stringermi tra le braccia. So di averla perdonata, ma quella di Jake è ancora una ferita aperta, e lei era la mia migliore amica. Probabilmente non riuscirò mai a vederla con gli stessi occhi con cui la guardavo prima.

«Non posso credere che tu sia qui», sostiene, le sue mani ai lati del mio volto.

Anche se le luci del locale sono piuttosto deboli riesco comunque a rendermi conto di alcuni cambiamenti in lei. I capelli sono più corti, quasi all'altezza delle spalle adesso, e sembrano anche più scuri di quanto ricordassi.

«Sono arrivata solo qualche giorno fa», rispondo, accennandole un sorriso.

«E sai già per quanto resterai? Mi piacerebbe tanto passare del tempo con te.» Tra me e Jasmine non c'è mai stato davvero quel rapporto che ho, invece, sempre avuto con Liam. Lei non c'era tutte le volte come avrei voluto e avrei avuto bisogno che ci fosse; lei non c'era tutte le volte che invece c'era Liam. Non c'erano le risposte ai messaggi, le chiamate nel cuore della notte, gli abbracci e le sue dita a raccogliere le mie lacrime.
Mi è stata accanto quando mia madre è morta, e anche quando Jake mi ha lasciata. Anche se lo ha fatto per causa sua, solo che io non lo sapevo ancora.

«Tornerò a Nottingham tra due giorni», affermo più distaccata. I ricordi mi stanno annebbiando la vista.

Dirlo ad alta voce fa sembrare tutto più reale, nonostante stia cercando di tenere la realtà al di fuori di tutto almeno per questa sera. Prima che lei possa rispondermi Liam compare alle sue spalle; tra le mani ha i nostri drink. Mi porge il mio e viene al mio fianco.

«Ehi, Jas», la saluta velocemente Liam, non sbilanciandosi ad altro. Jasmine ha fatto tanto male anche a lui.

«Adesso devo andare», dice lei, poi si rivolge a me. «Ma dico sul serio, vorrei riuscire a vederti ancora prima che tu riparta.»

«Possiamo provarci», taglio corto sorridendole, ma sono sicura che lei sappia che non succederà. Mi abbraccia ancora una volta prima di sparire tra la folla.

«Sembra tutto così...normale», sussurro, portando poi il bicchiere che Liam mi ha dato alle labbra e lasciando che l'alcol mi bruci la gola.

«Ed è così male?» replica di rimando, prendendo posto accanto a me.

«Non come credevo», ammetto, lui mi sorride.

Liam ordina un altro drink che sceglie lui anche per me; finiamo entrambi di bere e osserviamo il modo in cui il locale si riempie sempre di più, traboccando di persone. Nonostante abbia tolto la giacca il mio corpo continua ad accaldarsi, e so che l'alcol non migliorerà la situazione. 

Liam indossa una t-shirt a maniche corte con sopra una camicia; le maniche di questa sono ordinatamente piegate sui gomiti, e sorrido quando osservo i risvolti che mi ricordano Harry.

«Vuoi ballare?» mi distrae il mio amico sentendo il suo respiro sul mio collo.

«Certo», rispondo e afferro la sua mano, tesa verso di me. Mi aiuta a scendere dallo sgabello e ci allontaniamo insieme dal bancone, raggiungendo il centro del locale. Troviamo un punto in cui ci sono meno corpi aggrovigliati, un piccolo spazio dove entrambi possiamo ancora respirare.

La musica continua a risuonare tra le pareti e tutti si muovono sulle note della canzone che c'è in questo momento. Liam appoggia le sue mani sulla mia vita e inizia a muoversi leggermente, trascinando anche me insieme a lui.

«Dai, Ariel», mi incita, e lasciando che l'alcol rilasci i suoi effetti collaterali su di me assecondo i suoi movimenti, ondeggiando i fianchi sotto le sue mani.

Le luci del locale illuminano i nostri volti con colori diversi ogni volta, e le parole di questa canzone sembrano così giuste in questo momento che avverto uno strano formicolio dentro, alla bocca dello stomaco. Ho le braccia cosparse di brividi mentre avvolgo le braccia intorno al collo di Liam e le sue mani mi tengono ancora stretta. Lascio cadere la testa all'indietro e rido. Rido come non facevo da tanto, in modo genuino anche se sono cosciente del fatto che quasi ogni cosa che sento adesso sia frutto dell'alcol. Però sembra tutto così dannatamente giusto in questo momento, quindi va bene così. Decido di adattarmi, di provare a lasciarmi andare.

Liam ride insieme a me e mi stringe di più mentre mi fa fare una giravolta.

«È questa la mia Ariel», mormora tra i miei capelli; io continuo a sorridere.

Non importa più se è per l'alcol, per il posto in cui siamo o per qualsiasi altra cosa. Adesso non c'è più la Ariel che ha perso sua madre, quella che è stata lasciata nel periodo in cui avrebbe solo voluto che qualcuno la tenesse a galla, o quella di Nottingham. Adesso c'è soltanto Ariel. Ci sono soltanto io.

Ogni pensiero negativo o che mi ricordi chi ero e chi sono ora è annebbiato, e ne sono felice. Voglio soltanto vivermi questo momento. Voglio vivere come ho sempre fatto prima che tutto accadesse, prima che tutto cambiasse.

«Devi ancora dirmi chi ti aspetta in Inghilterra», gli dico alzando la voce così che Liam possa riesca a sentirmi.

Lui sorride. «Ricordi Danielle?»

Ho bisogno di un istante per mettere a fuoco la persona di cui parla, ma quando lo faccio mi allontano e lo colpisco leggermente, spalancando la bocca. Sono sicura che se non fossi più o meno ubriaca non reagirei in questo modo.

Non sono mai stata una di quelle che bevono fino a stare male e a non ricordare niente il giorno dopo, ma non posso neanche affermare di non aver provato tutto quello che c'è da provare. Alcune volte me ne sono pentita, non lo nascondo, ma da quando sono arrivata a Nottingham non ho più bevuto come facevo prima. Non ho neanche mai più toccato una sigaretta dopo Jake.

In realtà non mi lasciavo andare in questo modo da tanto, allo stesso modo in cui Liam tollera l'alcol più di me. Decisamente.

«Siamo soltanto rimasti in contatto, niente di più», mi assicura, come se dovesse giustificarsi.

La testa inizia a pulsare, ma è un dolore così lieve e piacevole da essere quasi impercettibile. È come se tutto intorno a noi non esistesse, come se ci fossimo soltanto io, Liam e nessun altro.

«Io ho lasciato Zayn», affermo, e come se la consapevolezza mi colpisse tutta insieme mi blocco, fermando i miei movimenti e quelli di Liam. Lui si rende immediatamente conto di quello che sto provando e si avvicina a me.

«L'avevo immaginato», sostiene, prima di prendere ancora una volta la mia mano e tornare verso il bancone.

Attraversiamo il centro del locale passando tra i corpi che ci travolgono, e le dita di Liam lasciano le mie quando vengo colpita da qualcuno.

Chiamo il suo nome e lui si volta, ma insieme a lui lo fa anche la persona in cui mi sono imbattuta. E nel momento in cui lo fa, insieme al mio respiro, ai miei passi e al mio cuore, tutto intorno si ferma.

E sembra anche che improvvisamente l'alcol presente nelle mie vene si sia prosciugato, perché altrimenti non riuscirei a dare nessun'altra spiegazione a tutto questo.

Lui sembra avere la mia stessa reazione quando si rende conto che sono davvero davanti a lui. Il sorriso sul suo volto si spegne, e mi guarda come se non riuscisse a fare altro.

Adesso so cosa temevo, cosa mi spaventava di più, e so che era questo.

«Ariel», sussurra, e al suono della sua voce ogni cosa inizia a girare.

«Jake

🌹 H A R R Y 🌹

Nel momento in cui aprii gli occhi il bianco delle pareti mi avvolse, e quella era l'unica cosa di cui riuscivo a rendermi conto, di cui ero cosciente.

Delle voci intorno a me si sovrapponevano, ma non ero in grado di distinguerle o di riuscire a capire cosa stessero dicendo.

Il mio corpo era disteso, ed era come se avessi completamente perso ogni tipo di sensibilità, come se quel corpo non fosse più realmente il mio.

A coprirmi la bocca c'era qualcosa: mi permetteva di respirare, di recuperare l'aria di cui avevo bisogno senza affaticarmi.

Sentivo le pareti della gola secche, e mi bruciavano ogni volta che l'ossigeno le attraversava, ma almeno stavo respirando. Ero vivo.

Percepivo ancora quelle voci, ma non riuscivo ancora a raggiungerle. Avevo la vista annebbiata, così come sembrava esserlo completamente anche ogni mio altro senso.

Allo stesso modo, un ennesimo suono si accostò alle voci, e dalla velocità con cui chiunque fosse mi stesse trasportando, ero quasi sicuro si trattasse di quello a cui stavo pensando.

Tentai di spalancare i miei occhi di più e di prestare più attenzione alle voci.

Mi concentrai soltanto su una di quelle, quella che mi sembrava più familiare, quella che mi sembrava di conoscere da sempre, perchè pensai che forse in quel modo sarebbe stato più semplice.

Ma il dolore alla testa aumentava, ed era come se mi stesse per andare in pezzi da un momento all'altro.

Alla fine ci riuscii.

«Non c'è più tempo. Dobbiamo intervenire adesso», disse, e io sorrisi debolmente quando riuscii anche ad associare a quella voce un volto.

«Ne sono sicura, maledizione! E se non lo facciamo ora, lo perderemo», pronunciò ancora la  sua voce dopo alcuni istanti, dopo altre voci.

In qualche modo, sapevo cosa mi stava succedendo. Non era la prima volta, e non sarebbe stata neanche l'ultima, se fossi riuscito a superarla.

Tentai di tenere ancora i miei occhi aperti, ma ero troppo debole anche per quello.

🌹🌹🌹

Grazie per i meravigliosi messaggi e commenti che mi lasciate ogni volta.
A presto,
Chiara 💌

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top