fiftyeight
[River flows in you — Yiruma]
Le dita di Harry sono intrecciate alle mie mentre lasciamo la pista e torniamo alla sua auto. Mi tira debolmente e mi fa voltare, poi mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Resti con me?» Mi domanda, la voce bassa e roca.
Annuisco, senza esitazioni e senza riserve. «Sì.»
Mi sorride sollevando un angolo delle labbra che gli incide la fossetta ai lati della bocca.
«Cosa ti ha detto Liam, Harry?» gli chiedo mentre lui avvia il riscaldamento della sua auto.
Mi guarda per un istante prima di rispondermi. «Che era preoccupato per te.»
«Mi dispiace», sussurro, e ancora una volta mi sto scusando per qualcosa che neanche io conosco.
«Non hai nessuna colpa, Ariel. Nessuna. Smettila di credere il contrario.»
Io scuoto la testa e la appoggio contro il vetro dell'auto. «Parli così perché non hai visto il modo in cui mi guardava mio fratello e quello in cui lo faceva mio padre. Li ho distrutti, Harry. Ho distrutto ogni cosa.»
Riesco ancora a vedere gli occhi colmi di lacrime e di dolore di Todd mentre mi urlava tutto quello che sono. Mentre si riversa su di me, mentre lascia uscire tutto e si protegge, mentre protegge ancora la mamma, il suo ricordo e quello che vive in lui e in mio padre.
«Non saranno distrutti per sempre», dice. I suoi occhi incontrano i miei per un solo breve secondo, e so che adesso non sta più parlando di mio padre o di Todd.
Mi sta semplicemente dicendo che anche lui mi distruggerà quando mi lascerà andare, ma che non lo sarò per sempre. Solo che anche questo è inevitabile, e lui lo sa.
Un giorno succederà, succederà e io resterò qui, mentre lui mi lascerà andare. Succederà e nessuno saprà quando.
Harry ha il suo sguardo sulla strada che stiamo percorrendo davanti a noi, e nessun'altra parola riempie i nostri vuoti fino a quando siamo fuori il suo appartamento. Questa volta non mi ha preso la mano, allora sono io a prendere la sua quando la porta si chiude dietro di noi.
Lui mi guarda aggrottando le sopracciglia e dischiudendo le labbra; io annuisco soltanto e allora lui mi segue, si lascia guidare da me nella sua stanza.
Non so a cosa sto andando incontro, con il cuore che rischia di scoppiarmi da un momento all'altro mentre raggiungo il pianoforte contro la parete.
«Ariel», sussurra Harry quando si rende conto di ciò che voglio fare. Ma io non lo guardo perché ho paura che, se lo faccio, cederò.
Ho paura che in lui potrei trovare quel sostegno e quel posto sicuro in cui rifugiarmi, ma adesso io ho bisogno che lui mi prenda soltanto se rischio di perdere l'equilibrio, perché il resto devo trovarlo da sola.
Lascio scivolare lentamente la sua mano dalla mia e mi siedo, sollevando il ripiano e abbassando il mio ultimo muro, quello che ha distrutto me per troppo tempo.
Chiudo gli occhi mentre lo faccio, e quando li riapro i tasti sono lì, nella loro sequenza, costanti e perfettamente allineati. Mi allineo anch'io, sospirando un'ultima volta prima di poggiare entrambe le mani sul piano.
Poi, il primo dito si muove, la prima nota risuona in questa stanza, nel mio cuore riparato dal ragazzo che mi sta guardando e che è con me senza il bisogno delle parole. È una certezza, ed è l'unica che mi resta. È forse l'unica che io abbia mai avuto.
E senza che neanche riesca a rendermene conto, i miei muri cadono intorno a me trasformandosi in macerie, mentre io riprendo l'ultima speranza che ho negato a me stessa.
Le mie dita scivolano e accarezzano ogni tasto, mi riparano sempre di più e mi riportano in superficie, e io non mi sono mai sentita così libera nel modo in cui mi sento adesso.
I ricordi si costruiscono e riprendono vita nella mia mente, ma io non li distruggo e non li respingo, non mi fermo, non cado senza rialzarmi. Le mie mani si spostano sempre più velocemente sulla tastiera, incidono ogni tasto e recuperano ogni nota persa.
Recupero me stessa e quella che ero, e quando tutto finisce, sono ancora qui. Sono ancora Ariel, ma quella senza le sue mura e le sue barriere. Quella che permette a se stessa di sentire il battito del suo cuore nel petto e quella che si lascia attraversare.
Sollevo lo sguardo, un piccolo sorriso increspa le mie labbra e una lacrima cade sul mio volto. Lo sposto e la mia ancora di salvezza è sempre con me; sente esattamente tutto ciò che ho sentito io.
«Era la sua preferita», sussurro, la mia voce si incrina verso la fine.
Si avvicina a me, non dice niente, mi raggiunge e basta e poi appoggia le sue labbra tra i miei capelli, stringendomi al suo petto.
È tutto grazie a lui. È lui la mia ancora di salvezza, l'angelo bianco che mi ha portata via dall'oscurità.
🌹 H A R R Y 🌹
Guardare Ariel suonare è stato tutto ciò che mi ha tenuto qui con lei ad aspettarla, ad aspettare questo.
È ancora seduta, la sua testa è contro il mio petto e le sue dita avvolgono il mio polso, mentre la tengo stretta a me.
Il modo in cui le sue dita sono scivolate accarezzando ogni tasto facendogli prendere vita e prendendo vita con esso mi ha permesso di rendermi conto che quello che sento per lei è una certezza, e cresce ogni giorno di più. Lei ha preso vita, ha finalmente preso vita ed è finalmente viva, qui con me e in questo momento.
Prendo il suo volto tra le mani e la guardo: la osservo e la vedo per tutto ciò che è, la ragazza che si è presa anche tutto ciò che mi restava di un cuore sano che non ho mai avuto.
La guardo e i suoi occhi sono vivi; una sola lacrima è scivolata via e io l'ho raccolta.
«Sei bellissima», le dico, coprendo le parole che vorrei assicurarle con queste e avvicinando le mie labbra alle sue. Lei non mi respinge e mi permette di stringerla ancora a me, di non lasciarla andare.
«Non posso credere di averlo fatto davvero», mormora sorridendo e scuotendo la testa.
«Sono così orgoglioso di te, Ariel Green», prometto passando le mie dita tra i suoi capelli. Adesso siamo entrambi in piedi, ma lei ha sempre la testa contro il mio petto.
Voglio conoscerla, sapere ogni cosa che prova anche se la sto sentendo io con lei, ma non sono ancora sicuro che sia pronta per questo. Per tutto quello che resta.
È una delle persone più forti che io abbia mai conosciuto, nonostante i limiti che si è imposta di non varcare, di non superare per non rischiare di scivolare nel vuoto dell'oblio.
È una delle persone più forti che io abbia mai conosciuto per aver ripreso quello che restava di lei, per essere risalita in superficie e per avermi permesso di essere con lei, di tenerla con me.
È una delle persone più forti che io abbia mai conosciuto per essere qui, adesso e con me, promettendomi di esserci anche senza il bisogno delle parole, anche se ciò che siamo resterà inciso soltanto sotto la nostra pelle.
La sua mano si solleva, se la porta sul volto e strofina le dita piano sotto l'occhio, abbassando lo sguardo.
«L'ultima volta che ho suonato è stata una settimana prima che morisse. Lei me l'aveva chiesto, e questa era la nostra canzone, o almeno, mi è sempre piaciuto pensare che lo fosse. Mi chiedeva di suonarla e diceva che le piaceva anche guardarmi mentre lo facevo», inizia, le parole scivolano fuori dalle sue labbra insicure mentre io cerco di tenerle al sicuro insieme a lei.
Si sposta da me, si volta e va a sedersi sul mio letto, una mano tra i suoi capelli e non solleva lo sguardo su di me.
«Dopo che lei se ne è andata non l'ho più fatto. Ho distrutto alcuni dei miei spartiti e ho giurato a me stessa che non avrei più suonato in tutta la mia vita. Era come se io avessi dato la colpa anche alla musica, per avercela portata via. Solo adesso mi sono resa conto che l'unica possibilità di tenerla ancora con me è questo.»
Sorrido, mi avvicino a lei che mi guarda, porta i suoi occhi scuri nei miei. Mi cerca e io le permetto di trovarmi.
«E quando alla festa di Tara quella sera suonasti, stavi iniziando a ricompormi e io non me ne rendevo conto. Era la prima volta che mi ritrovavo di fronte a tutto quello da cui io stavo cercando di nascondermi, ma con te era diverso.»
Sentirla parlare di quella sera mi ricorda della prima volta che la trovai, la prima volta che poi mi resi conto che l'avrei sempre trovata e che non avrei più potuto lasciarla andare.
«Con te è tutto diverso, lo è sempre stato. Hai ricomposto ogni mio singolo frammento senza che io te l'abbia chiesto, tu l'hai fatto e basta. E se adesso sono qui, circondata soltanto dalle macerie dei miei muri distrutti, è grazie a te, Harry. Tu sei stato la mia speranza quando neanche volevo averne una. Sei stato la speranza che mi è stata tolta troppe volte.»
Sospira e appoggia la fronte contro la mia. Adesso è lei che prende il mio volto tra le sue mani. I suoi occhi, scuri e intensi vivono con i miei.
«Tu hai salvato me, Harry.»
La guardo. La guardo e la vedo, la sento, la ascolto. Non è più insicura, ogni parola è scivolata via dalla sua bocca perché lei lo voleva davvero.
«Sei tutto ciò che ho», respiro, chiudendo i miei occhi per un istante e sentendo ancora il suo tocco sulla mia pelle. «Ho messo il mio cuore nelle tue mani.»
La stringo a me cercando di recuperare tutte le volte che avrei voluto e avrei dovuto farlo, ma che invece non l'ho fatto. Per tutte le volte in cui non aveva nessuno a stringerla, a tenerla al riparo.
«Puoi accompagnarmi a casa?» Mi domanda poi, la voce piccola e la sua fronte ancora una volta contro la mia.
Annuisco. «Certo.»
Sfioro la sua fronte con le mie labbra e lei sospira, non lasciandomi ancora andare. Io vorrei soltanto che durasse per sempre.
🌹 A R I E L 🌹
Quando torno a casa è tardi e mio padre è nella sua stanza, vestito dai ricordi sul suo letto vuoto per metà. Come il suo cuore, riempito soltanto da me e da Todd.
Solo che io quel vuoto non ho fatto che accentuarlo, invece che riempirlo. Non ho fatto altro che spingere via mio padre e tutto il resto, nonostante i suoi tentativi di tenermi con lui, di colmare quel vuoto che avevo anche io.
Ma io non gliel'ho permesso, non l'ho mai fatto. Non gli ho dato neanche una possibilità, nonostante lui fosse distrutto esattamente quanto me.
E soltanto adesso me ne rendo conto.
La casa è buia, io non mi tolgo neanche la giacca e la attraverso, aprendo di più la porta e cercando di riempire fisicamente l'altra metà del cuore di mio padre.
Lui si accorge di me: è sveglio e i suoi occhi sono nei miei, ma sono sempre gli stessi. Sono soltanto più veri, più trasparenti. Anche lui ha smesso di non sentire dolore.
Senza che io dica niente avvolge un braccio intorno alle mie spalle, io lascio ricadere la testa sul suo petto.
«Ho suonato», affermo, la mia voce è bassa e si perde nel silenzio. «Prima, con Harry. Ho suonato la sua preferita, e anche lei era con me.»
Sollevo leggermente la testa quando pronuncio le ultime parole, e sul volto di mio padre cade una lacrima, che scende fino al sorriso che curva le sue labbra.
«Ti stai lasciando amare», sussurra, accarezzandomi il viso.
«Ma per cosa, se siamo destinati ad essere separati?» È un sussurro anche il mio; scuoto debolmente la testa distogliendo lo sguardo dal suo.
«Perché siete destinati anche ad essere quello che siete adesso, Ariel. Siete destinati a vivervi ogni secondo, e questo non puoi cambiarlo.»
E non lo vorrei neanche. Io non vorrei cambiare niente di quello che siamo, perché probabilmente non sarei quella che sono adesso. C'è soltanto una cosa che cambierei, ed è quella di poterlo tenere con me per sempre.
«Ma io ho paura, papà», ammetto, come se improvvisamente avessi trovato l'ultimo muro nascosto. Quella consapevolezza che non sono mai riuscita a rendere mia, quella per cui mi sentivo così vuota, eppure così piena allo stesso tempo.
«Di cosa hai paura, Ariel?» Mi chiede con dolcezza, le sue dita tra i miei capelli mi accarezzano la fronte.
«Che lui non riesca a dirmi addio.»
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