fifty

[Superhero — Lauv]

🌹 A R I E L 🌹

«Io e Liam andremo da Andrew più tardi, vieni con noi?» Todd è accanto a me, le mie dita tra i suoi capelli.

Solleva la testa e il suo sguardo per posarlo su di me, con i suoi occhi grandi che mi guardano con speranza.

«Tu vuoi che venga con te?», replico, anche se conosco la risposta.

È da due giorni che mi pone la stessa domanda, che mi propone di raggiungere mio padre in clinica per vedere Andrew. A quanto pare si è ripreso quasi completamente, e adesso sta meglio.

È da due giorni che non lascio questo appartamento, ed è da quattro che non vedo Harry.

Ammetto di aver avuto più volte l'impulso di chiamarlo, cercarlo e correre da lui, ma ogni volta che sono stata sul punto di farlo, poi non ce l'ho fatta. Neanche lui l'ha fatto.

Non sono ancora pronta. E non so se lo sono a rivederlo, se accettassi di andare alla clinica con mio fratello e Liam. Le possibilità che lui sia lì ci sono, e se ci fosse davvero, sarebbe inevitabile incontrarlo.

Durante questi due giorni ho riflettuto tanto. Ho pensato a quando Tara mi ha supplicata per non dire niente a Harry, e soltanto adesso capisco la sua preoccupazione. Penso alle parole di Stephan e a quelle di Liam e di mio padre.

Mio padre. Non parlo con lui da quel giorno.

E so che probabilmente sto sbagliando, che forse ho ricominciato a chiudere tutto fuori, ma è qualcosa che non riesco a controllare. Per quanto voglia e per quanto io ci provi, non ci riesco.

«Voglio che tu stia bene», mi risponde Todd, contro le mie aspettative.

Lui continua a guardarmi; le mie mani scivolano dai suoi capelli e le sue adesso sono poggiate ai lati del suo corpo mentre si mette seduto vicino a me.

«Todd», sussurro, portando una mano sul suo volto. Mi si stringe il petto, e non so come io sia riuscita a sopravvivere a tutto il tempo senza di lui.

«Ieri ti ho sentita piangere», sostiene, la voce piccola e dolce. «Poi sono anche venuto da te, ma tu non mi hai visto.»

Chiudo gli occhi, pensando a quel momento.

È vero. In questi due giorni ho pianto; non come la prima volta, non come quando ho sentito il rumore dei pezzi del mio cuore infrangersi contro la mia anima e lasciare il mio corpo, ma l'ho fatto.

Erano lacrime silenziose, ma ogni singola lacrima che mi rigava il volto lo solcava fino a bruciarlo. Non c'erano singhiozzi e sibili, ma versarle in quel modo faceva anche più male, mentre non riuscivo a controllarle quando scendevano sulla mia pelle. Faceva male e continua a farlo, e io non riesco a fare a meno di sentirlo. Di sentire quanto fa male anche solo pensarci.

Fa male e basta, e io non so cosa fare.

«Perché piangevi? È per Harry?» continua Todd, e io mi volto verso di lui.

«Come conosci il suo nome?»

«Era insieme a te la prima sera dopo essere arrivati qui. Eravate fuori la sala dove dentro c'era Andrew, e ho sentito Liam parlare con lui», dice, mentre un brivido ricopre il mio corpo al suono del suo nome. «È per lui che piangi?»

Io annuisco, un debole sorriso contrae le mie labbra.

«Sta male anche lui?»

«Sì», rispondo, la mia voce ridotta ad un sussurro.

Todd mi sorride e mette la sua mano sulla mia. «Vieni con noi.»

Gli sorrido anch'io. «Vengo con voi.»

🌹

«Sei sicura di volerlo fare?» mi domanda Liam per l'ennesima volta, fermandosi prima dell'ingresso della clinica.

Annuisco. «Credo di sì.»

«Vieni qui», mormora, avvolgendo le sue braccia intorno a me. Io mi lascio andare a lui e lascio che mi stringa a sé, mentre faccio lo stesso con il suo corpo. Liam sarà sempre il mio porto sicuro.

Quando si allontana da me prende la mia mano, intrecciando le sue dita alle mie. Todd è accanto a noi e insieme entriamo nell'ampia sala. Attraversiamo i corridoi e sto per svoltare nel punto in cui ci sono le scale che portano al piano di sopra, nel reparto dove dovrebbe esserci Andrew, ma mi fermano.

«Non dovremmo salire?», chiedo a Liam, e lui mi sorride. Un cipiglio prende forma sul mio volto mentre lo guardo.

«Andrew non è più lì, è tornato nella sua vecchia stanza.»

Sospiro, con il cuore un po' più leggero. «Oh, va bene.»

Lo seguo verso quel reparto insieme a Todd. Alcuni dei vetri che permettono di vedere le stanze anche dall'esterno non sono coperti, e non capisco per quale motivo quasi tutte quelle in cui riesco a vedere siano vuote.

Siamo davanti alla porta della camera di Andrew, ma dall'esterno riusciamo a renderci conto che dentro non c'è nessuno.

«Dove sono tutti i bambini del reparto?» domando, ed è un'infermiera di passaggio a rispondermi.

«Sono tutti nella sala con Harry. È il secondo sabato del mese, quello che aspettano per tutte le settimane.» La donna sorride mentre pronuncia quelle parole, mentre il mio cuore prende a battermi forte contro il petto.

Liam le chiede qualcosa, ma io non presto attenzione a quello che si dicono. Soltanto quando se ne va Liam si volta verso di me e la sua mano scivola dalla mia.

«Se non vuoi farlo, lo capisco.»

«Non so se sono pronta a vederlo.»

«Vuoi andare via?» mi domanda, ma io scuoto la testa.

«No, ho soltanto bisogno di un po' di tempo», ammetto. «Andate avanti voi, io vi raggiungo.»

I suoi occhi mi guardo con preoccupazione e apprensione. «Sicura che non vuoi che resti con te?»

«Sono sicura», dichiaro, accennando un sorriso e guardando mio fratello. «Andate.»

Liam mi sorride e si allontana insieme a Todd, percorrendo il reparto fino alla fine del corridoio, dove si trova la sala di cui parlava quell'infermiera.

Avevo pensato alla possibilità che Harry potesse essere qui, ma adesso che ne ho la conferma, adesso che so che lui è davvero ad un passo da me, mi spaventa fino a paralizzarmi. E non so neanche io da cosa sono spaventata, quali saranno le mie paure quando lo incontrerò. O forse lo so, solo che non voglio ammetterlo.

Ho paura che quando lo vedrò, quando incrocerò i suoi bellissimi occhi, non sarà più allo stesso modo, e non sarà come le altre volte. Che forse non lo sarà più. Non lo sarà perché adesso c'è una nuova consapevolezza da parte di entrambi e che entrambi fronteggeremo, ma forse non insieme.

Quello che non so, che non so davvero, è come io potrei reagire nel rivederlo.

Ho paura che in lui vedrei ciò che è, quello che incombe su di lui che potrebbe sopraffarlo da un momento all'altro senza il minimo preavviso.

È di questo che ho paura, ed è la mia paura più grande.

Io ho paura di perderlo; sono terrorizzata soltanto dall'idea che un giorno qualunque potrei non ritrovare più i suoi occhi al mio risveglio.

Eppure, in qualche modo le mie gambe si stanno muovendo, spostandosi verso il fondo del corridoio e avanzando verso la sala.

Un sospiro lascia le mie labbra quando chiudo gli occhi, prima di svoltare l'angolo che porta alla sala. Riesco a sentire le voci di tutti i bambini, e tra tutte, riesco anche a sentire la sua. Ed è questo a spingermi ad andare avanti, a svoltare quell'angolo come se fosse la decisione che cambierà la mia esistenza.

I miei occhi si posano sul gruppo di bambini all'interno della sala e poi sulla persona a cui stanno dedicando tutta la loro attenzione. È in quel momento che lo vedo.

Harry è in piedi in mezzo a loro, una sua mano tiene quella di Andrew, accanto a lui, e sul suo volto c'è un naso rosso che contrasta con il verde dei suoi occhi.

Le sue labbra si muovono mentre dice qualcosa ai bambini, ma non riesco a scandire le parole. La mia attenzione è completamente su di lui e sui suoi movimenti, sul suo volto dai lineamenti dipinti.

I capelli sono spinti all'indietro; una bandana li tiene fermi e alcuni riccioli gli ricadono ai lati del collo e sul retro.

Guardo in quella sala, spostando lo sguardo su Liam. Anche con lui ci sono dei bambini, e anche lui ha un naso rosso poggiato sul viso. Todd è insieme a lui e agli altri, e io non riesco a smettere di guardarli.

Il modo in cui Harry parla ai bambini è quasi ipnotico; lo ascoltano come se non volessero perdersi neanche una parola di quelle che lasciano la sua bocca.

«Sei venuta.» Una voce che riconosco mi richiama, così io mi volto.

Mio padre viene verso di me e mi raggiunge, affiancandomi e portando lo sguardo davanti a noi, sulla sala dove tutti i bambini del reparto stanno sorridendo, dove riescono a trovare la forza per farlo e dove basta poco per essere felice. Dove basta poco per tornare a respirare, a vivere.

Liam solleva lo sguardo e incrocia il nostro, poi ci sorride agitando una mano. Mio padre sbocca in una piccola risata, e io non riesco a non fare lo stesso. Anche alcuni dei bambini che sono con lui poi si voltano verso di noi, fino a raggiungere Harry.

Il sorriso è ancora sulle sue labbra mentre si volta, fino a quando i suoi occhi mi trovano e si posano su di me. I suoi movimenti si fermano, le labbra si dischiudono mentre mi guarda. Tutto si ferma, si arresta e si dissolve come ogni volta.

E succede. Succede esattamente quello che avevo paura accadesse. Io lo sto guardando adesso, ma in qualche modo so che un giorno potrei non rivederlo. Potrei svegliarmi e non trovarlo, potrebbe davvero scivolarmi tra le dita come è successo a mio padre con mia madre.

E so che non sono pronta farlo. Non sono pronta a perderlo e probabilmente non lo sarò mai; ho paura a trascorrere ogni singolo momento con lui per imprimerlo nella mia mente, perché so anche che quello che mi resterà dopo sarà soltanto il suo ricordo.

«È questo quello di cui parlavo», sussurra mio padre, e io esito ancora sullo sguardo di Harry prima di voltarmi verso di lui.

«Cosa?»

«Il modo in cui vi guardate. È come se non aveste bisogno delle parole, come se aveste bisogno soltanto di guardarvi negli occhi per riuscire a respirare. È come se respiraste l'uno dell'altra.»

Mio padre continua a guardare Harry mentre pronuncia quelle parole, segnandomi e riportandomi a posare lo sguardo su di lui.

Adesso i suoi occhi si sono spostati e tornano verso il basso, dove Andrew gli sta dicendo qualcosa. Lui esita ma poi annuisce; indica verso di me portando tutti gli sguardi dei bambini su me e mio padre.

E prima che possa rendermene conto, adesso il bambino dai capelli biondi mi sta guardando e sta venendo verso di me, uscendo da quella sala.

«Andrew», mi abbasso e gli sorrido quando mi raggiunge.

«Ariel!» Mi chiama, prima di avvolgere le sue piccole braccia intorno al mio collo.

E mentre lo stringo delicatamente a me, penso a come debba essere per lui. Penso che soltanto una settimana fa era in quella sala a continuare a combattere per vivere; penso a come possa sentirsi a non uscire mai da queste mura, a come possa sentirsi diverso dagli altri soltanto perché la vita lo ha voluto per lui senza lasciargli una minima facoltà di scelta.

Lo ha segnato in questo modo, ma soltanto perché lui è in grado di sostenerlo. Di sostenere il peso continuando a sorridere e fronteggiandolo con i suoi grandi occhi, blu come un cielo trasparente senza nuvole.

E adesso è qui, ad insegnare a tutti qualcosa di più grande. E lo sarà ancora.

Sto per chiedergli qualcosa, ma lui mi interrompe e si allontana da me, prendendo la mia mano nella sua. «Vieni anche tu a giocare con noi.»

Sposto lo sguardo su mio padre, che lo ricambia mentre un sorriso è presente sulle sue labbra. Annuisce, come se sostenesse che è la cosa giusta da fare.

Alla fine riguardo Andrew, i suoi occhi pieni di vita, e io gli passo la mano libera tra i capelli prima di alzarmi e seguirlo.

Le sue piccole dita sono intorno alla mia mano quando insieme a lui entro nella sala. Liam mi sorride quando mi vede; tutti i bambini sono intorno a me mentre Andrew non lascia la mia mano neanche quando sono davanti a Harry.

Poi la solleva insieme alla sua, e con l'altra prende quella di Harry, facendole incontrare. Io guardo le nostre mani insieme e poi sollevo lo sguardo su di lui, il naso rosso ancora sul suo volto e un sorriso che increspa le sue labbra rosee.

«Ciao, Ariel Green», dice, riuscendo a far battere ancora il mio cuore che credevo ormai senza speranze, e prima di sollevare con le dita un altro naso rosso e posarlo sul mio.

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