CAPITOLO 6
Si toglie il cappuccio dalla testa e mi mostra il suo volto, ed in quel momento rimango inorridita e scioccata, allora realizzo il motivo per il quale nasconde il suo viso e portava una maschera.
« Adesso hai capito, sono un mostro! »
« No, non lo sei, la colpa non è tua se hai quell'aspetto. Se me lo permetti, ti vorrei aiutare?»
« Vorresti aiutarmi? Sei ancora più strana di me, a volermi aiutare. Ti ho fatto del male, sono entrato furtivamente in casa tua, ti ho violentata e tu vorresti aiutarmi?»
«Ti prego, lascia che ti aiuti! »
«Tu sei pazza, no non te lo permetto anche perché non ho bisogno di nessun aiuto, lasciami in pace e se non te ne stai zitta e buona ti imbavaglio»
Dopo la sua affermazione, nella stanza regna il silenzio.
« Comunque il mio nome è Chris... Chris Logan e non ti ho detto tutto e a questo punto credo che tu debba saperlo.»
«Il giorno che Mary mi scoprì a fare sesso sul divano del mio ufficio, con quella donna; reagí molto male, l'opposto di ciò che mi aspettavo.
Sapevo che era una donna gelosa, ma che facesse ciò che ha fatto, mai.
Per prima cosa afferra la donna per i capelli trascinandola fuori dal mio ufficio mezza nuda, con i colleghi che ridevano e altri stupiti.
Poi prende l'ascensore per scendere ai piani inferiori, in quel frangente realizzai " è andata via! Menomale le parlerò stasera a casa".
Sto per ricompormi nel vestirmi, quando arriva come una furia con la batteria della sua auto nelle mani.
Lì per lì non ho pensato cosa volesse farci, risi, perché il suo fisico così esile non le avrebbe permesso di sollevare l'aggeggio, esitavo a credere una cosa simile. Invece!
Pensiero sbagliato, ho intuito troppo tardi la sua intenzione.
Velocemente svita il tappo, solleva l'oggetto fin sopra la sua testa, ( incredulo di quanta forza le abbia trasmesso la rabbia) riversando su di me l'acido che conteneva.
E sono vivo per miracolo perché alcuni colleghi, sentendo le urla disumane, sono accorsi e l'hanno fermata levandole dalle mani la batteria, ormai con metà liquido.
Mi portarono immediatamente all'ospedale, dove i medici si sono riservati dall'eseguire un intervento così delicato. Visto la mia lunga assenza dagli affari a causa dell'incidente, il mio amico, nonché mio vice, si era impossessato di tutto facendomi fuori.
E quindi non ero più proprietario di niente. Quindi ho compreso che i medici non volevano intervenire non per paura di fallire l'intervento, ma perché non potevo pagarlo e nessuno lo avrebbe fatto per me. Visto che non ho una famiglia»
Alla fine del suo racconto rimango esterrefatta per quanto gli è accaduto ma anche perché si è aperto con me:
« Perciò... portavi una maschera sul tuo volto?» chiedo
«Sì»
Mentre si sta avvicinando alla poltrona per sedersi, lo sento singhiozzare, mi avvicino lentamente, mi metto in ginocchio davanti a lui prendendo le sue mani - ricoperte da guanti senza dita - che sento raggrinzite in alcuni tratti e lisce in altri, dovuto all'acido che gli ha versato la sua ex e che sicuramente avrà usato per cercare di proteggere il viso parandosele innanzi.
A quel gesto mi guarda con quegli occhi malinconici e ormai rassegnati.
A un certo punto faccio una cosa assurda, che mai avrei creduro di fare. Comunicando:
« Conosco un bravo chirurgo plastico, se vuoi posso fargli una telefonata e prendiamo un appuntamento!»
Non capisco neanch'io cosa sto facendo e perché, ma sento che è la cosa giusta da fare.
Insisto su questo punto per convincerlo:
«Allora cosa faccio... telefono?»
« Lo sai che questo genere di interventi si pagano fior di milioni vero?»
« Sì lo so, ma lo conosco, è un mio amico vedrai che ci metteremo d'accordo»
« Se lo dici tu. Ok chiamalo allora. Ma prima voglio sapere perché lo fai? Non credo di meritarlo! »
Afferma con rammarico.
« Tutti noi, abbiamo diritto a una seconda possibilità e io sento che dovrei dartela! »
« Te l'ho detto, tu sei strana. Comunque... grazie! »
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