"that's actually my hoodie"


14 Dicembre 2019

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Londra, Inghilterra, Mounmounth Coffee

Quando ero piccola, quasi dieci anni fa ormai, mio padre mi ha portata ad una partita dell'Arsenal, una delle mille squadre di calcio a Londra.

Non ho mai avuto un particolare rapporto con lui, non facevamo mai nulla insieme quando ero piccola e non facciamo mai nulla insieme anche ora che sono cresciuta. Insomma, di base l'unica cosa che ci lega oltre al sangue e l'aspetto fisico è l'abitazione in cui viviamo. Altrimenti, siamo come due sconosciuti, io e lui.

L'inverno della mia terza media mia madre era dovuta partire assieme a mio fratello maggiore, che sognava di andare a studiare ad Harvard o a qualche altro college americano, e per questo era andato a fare una specie di "periodo di prova" negli USA da Ottobre a Marzo. Ancora oggi non sono riuscita a capire come abbia fatto a procurarselo, o come abbia funzionato la permanenza lì, ma non ho un grande rapporto neppure con mio fratello maggiore, quindi non ci sono mai state occasioni per lui di rivelarmi alcuni dettagli su quell'esperienza.

Fatto sta che, in casa, siamo rimasti soli io, mio padre e i miei altri due fratelli per circa sei mesi. Questo comportava che Nick e Tom, i miei fratelli, facessero tutto quello che volevano, e io, povera unica figlia femmina nonchè la più giovane della famiglia, ero costretta a subire di tutto. Okay, magari non di tutto, perchè mio padre per quanto a volte alzava la voce contro di noi o ci tirava qualche schiaffo non è mai stato un tipo violento. Però ciò non toglie che io, da Ottobre a Marzo, non abbia avuto un briciolo di vita sociale.

Mio padre si arrabbiava spesso e mi vietava di uscire, castigandomi con punizioni lunghe mesi per cose che non avevo neanche fatto. Mi prendevo di continuo la colpa delle malefatte che combinavano i miei due fratelli maggiori, a volte per la mia eccessiva bontà e gentilezza nei loro confronti e altre perchè mio padre era incapace di prendersela con loro. Trovava sempre un modo per attribuire qualsiasi colpa a me.

Ecco, in quel periodo sarei scappata di casa, e vi giuro che l'avrei fatto davvero, se non fosse stato per quella partita dell'Arsenal a cui eravamo andati io e lui diversi anni prima.

Quel giorno, di cui ormai ho i ricordi parecchio confusi, mio fratello si era ammalato la sera prima della partita e gli altri due erano in punizione, e dato che mio padre non voleva sprecare il biglietto in più che gli era rimasto, aveva deciso di portare me. Da allora sono appassionata allo stadio, anche se è da ormai qualche anno che non ci vado.

Chiunque in questo istante, però, si chiederebbe cosa diamine possa essere successo a quella partita per crearmi dei ricordi talmente belli da impedirmi di scappare di casa, ma la verità è che non successe assolutamente nulla di speciale. Vedere l'Arsenal, quel giorno, è stato così importante per me perchè era la prima attività in assoluto che facevo assieme a mio padre. E per una bambina di sette anni, che è cresciuta vedendo le sue amiche e i suoi amici giocare ogni giorno assieme ai propri padri quando li venivano a prendere dopo la scuola, condividere un'esperienza con lui era una delle cose più importanti che potessero capitare. Quella bambina, ossia io, non è mai cresciuta con un padre o con una madre che giocassero assieme a lei, e per questo si aggrappava e si aggrappa ancora oggi ai pochi ricordi che si è creata assieme a loro, nella speranza che possano accadere di nuovo un giorno.

Tutti questi ricordi mi invadono la mente alla vista di Millie, che è appena uscita dal bagno di servizio con addosso la mia felpa dell'Arsenal, una delle mie preferite proprio per ciò che mi riporta alla mente.

"Volevi chiedermi qualcosa?" Dice l'attrice, mentre io mi costringo a richiudere la bocca e ad assumere un comportamento normale nonostante la visione che mi si para davanti.

Ho sempre amato quella felpa anche perchè mi è sempre stata bene addosso, e mi ci sentivo parecchio a mio agio al suo interno anche quando quasi un anno fa ho attraversato un periodo di profondo odio verso il mio fisico, che grazie ai miei amici e specialmente Mary sono riuscita a superare, per fortuna in breve. Ma se a me stava bene, a Millie quella felpa stava da Dio.

"Uhm, no, io..." Lascio scivolare lo sguardo lungo la sua figura, riportandoli sui suoi occhi dopo neanche un secondo, deglutendo rumorosamente. "Ecco, volevo... volevo solo chiederti se avessi bisogno di qualcosa per cambiarti." Accenno un sorriso, abbassando lo sguardo sul pavimento.

"Oh, io, ehm, ho preso..." Inizia la bruna, ma la interrompo quasi senza pensarci.

"La mia felpa." Dico, e immediatamente cade un silenzio imbarazzante fra me e lei. Sbatto freneticamente il piede contro il pavimento e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, facendo volare lo sguardo al soffitto.

Interessante quella trave, davvero. Il legno con cui è stata fatta sarà sicuramente di quercia, o di castagno, o...

"Oh, è tua? Scusami davvero, non volevo prenderla. Cioè, nel senso, avevo bisogno di cambiarmi e l'ho vista piegata sul mobile di fianco al lavandino, quindi... ecco, se ne hai bisogno me la tolgo subito e te la restituisco, non c'è problema. Scusami." Millie balbetta velocemente e io fatico a capire quello che dice, ma appena capisco di averla fatta sentire in colpa mi sento come se stessi precipitando in un pozzo nero e senza fondo.

E sì, so di essere melodrammatica, ma insomma, voi non vi sareste sentiti allo stesso modo se aveste fatto sentire in colpa il vostro idolo?

"Oddio, no, scusami tu. La felpa è mia, certo, ma mio era anche il caffè con cui ho sporcato la tua giacca e il tuo maglione, quindi non preoccuparti. Darti qualcosa da mettere addosso direi che è il minimo." Accenno una risata. "Puoi tenerla, considerala un regalo di Natale in anticipo dalla ragazza che hai salvato."

Millie ridacchia assieme a me, e al suono della sua risata sento il mio cuore andare in fibrillazione. Credo di essere diventata rossa, e quando mi tocco le guance per accertarmene posso costatare che lo sono davvero.

L'ho fatta ridere. So che è una cazzata, lo sa ogni fibra del mio corpo, ma a quanto pare l'organo da cui esso è tenuto in vita non sembra voler rendersene conto.

Il fatto più strano, però, è che attraverso uno schermo la risata di Millie non mi hai mai fatto quest'effetto. Non ero una sua fan a tal punto da sentire il mio corpo scaldarsi e il mio battito accelerare ogni volta che lei rideva. Insomma, amavo e ovviamente amo ancora Stranger Things con tutto il cuore, ma non sono mai stata del tutto ossessionata dall'attrice di Undici. Certo, la stima e il rispetto che provavo verso di lei e per le sue capacità impressionanti erano enormi, ma non mi sono mai innamorata di lei. Non come, ad esempio, ho preso una sbandata per Tom Holland nel periodo in cui era appena uscito Endgame, o come ho avuto una cotta per Robert Pattinson dal compimento dei miei dodici anni a causa di Twilight, o come mi sono infatuata di Nina Dobrev nei panni di Katherine Pierce dopo averla vista recitare in The Vampire Diaries.
No, non ero innamorata di Millie, nè avevo una cotta per lei, ma in questo momento, al suono della sua risata, lo strano sentimento che provavo prima mi pervade nuovamente il corpo.

Sento il mio cuore scaldarsi, mentre ritrovo il coraggio di alzare lo sguardo un'altra volta e puntarlo nel suo. Sta ancora ridacchiando, il volto illuminato da un sorriso che a me sembra assolutamente perfetto. Lei è perfetta.

Dio, mi sto contraddicendo ogni minuto che passa, prima dico che lei è il mio idolo e poi affermo di non essermene mai innamorata davvero. E ora, guardandola mentre sorride, mentre mi sorride in quel modo... sento di essermi appena ripetuta un'infinità di cazzate. Sento di essermi innamorata, e mi sento stupida un attimo dopo perchè non è possibile che io provi sentimenti del genere verso una ragazza che ho incontrato per la prima volta meno di un'ora fa. Mi sento stupida e anche un po' psicopatica, perchè sono soltanto una fan che si sente in soggezione davanti alla sua idola. Tutto qui.

Mi schiarisco la gola per distrarmi dai contorti pensieri che stanno iniziando ad affollare la mia mente, riportando gli occhi sul pavimento. Inizio a giocherellare con le mani cercando di controllare il rossore da cui sono state invase le mie guance, per evitare che Millie noti come mi abbia fatto arrossire con una semplicissima risata, quando il suono della sua voce mi costringe a risollevare lo sguardo.

"Ti ringrazio per il prestito estremamente generoso, ma come regalo non posso accettarlo. La felpa è tua e te la riporterò al più presto. Anzi, stasera stessa torno a casa e la metto in lavatrice, e fra un paio di giorni la ritroverai sul tuo bancone perfettamente pulita e intatta." Lascia un secondo la frase in sospeso, come se dovesse decidersi su cosa fare. Cade il silenzio fra noi due per una quindicina di secondi e io non posso fare a meno di restare a guardarla mentre si mordicchia il labbro inferiore, pensierosa. Non appena prende la sua decisione, riporta il suo sguardo nel mio e mi costringe a pizzicarmi il polso nel disperato tentativo di non arrossire davanti a lei, mentre dice: "Te la riporterò io stessa."

Oh, mio, dio.

Millie Bobby Brown ha appena detto che si occuperà personalmente di riportarmi la mia felpa preferita in questo locale di merda.
Millie. Bobby. Brown.
Nonchè l'attrice con meno di diciott'anni più pagata al mondo, che potrebbe assumere letteralmente chiunque per farlo al posto suo, evitando così di andare in uno dei posti più frequentati di Londra e di rimanere intrappolata in una eventuale calca di fan.

Sento di nuovo il mio battito accelerare e vorrei solo tirarmi uno schiaffo per la vagonata di cazzate che stanno attraversando il mio cervello in questo momento, ma una parte di me non riesce a tirarsi fuori dalla testa che la ragione per cui Millie ha deciso di restituirmi la felpa personalmente è perchè ci tiene. Tiene a vedermi di nuovo, tiene a me.

Le importa di me.

E io non ho mai avuto nessuno a cui importasse veramente di me e di quello che pensavo, eccetto forse per la mia migliore amica Mary. Ma anche con lei, per quanto io sappia che sono solamente paranoie sciocche e senza fondamenta, a volte sento di essere fastidiosa o difficile da sopportare, e ho il terrore che mi abbandoni prima o poi.

Ho passato tutta la vita a vivere in una casa piena di persone, con le voci dei miei familiari che rimbombavano nella mia testa ogni minuto che trascorrevo in quell'abitazione, eppure non ho mai smesso di sentirmi sola. Perchè, quando non sei nè la prima nè la seconda scelta di nessuno, inizi a chiederti se esisti davvero. Se ci sia qualcuno che ti vede. Non qualcuno che ti ama, che ti rispetta, che ti odia e nemmeno che ti invidia.
Semplicemente qualcuno che ti vede.

E Millie, in questo preciso istante, mi sta vedendo.

Non so come faccio a esserne così certa, e non so neanche perchè dovrebbero essere vere tutte queste cazzate, ma l'ho capito dal momento in cui si è lanciata sulle striscie pedonali per salvarmi che in lei c'era qualcosa di diverso.

Nessuno mi ha mai guardato, nemmeno per sbaglio, nemmeno di sfuggita; finchè non è arrivata lei e in meno di due ore mi ha lanciato più occhiate di quanto io ne abbia mai ricevute durante la mia intera esistenza.

"Grazie." Sussurro appena, mentre la parte razionale della mia testa prende il controllo e inizia a catalogare tutto ciò che mi è venuto in mente finora come una cazzata.

"Direi che è il minimo." Sorride l'attrice, e io ricambio spontaneamente.

È seriamente inquietante come quella donna riesca a tirarmi su il morale muovendo soltanto i muscoli del viso.

"Okay, io allora... uhm, io torno di sotto. Se hai bisogno di qualcosa chiamami pure. Ad esempio, ce l'hai il phon per asciugarti i vestiti? In caso, è letteralmente sopra al tavolo del lavandino, quindi... insomma, magari ti serve una busta? Nel senso, probabilmente se ora asciugassi i vestiti si formerebbe una macchia e sarebbe più difficile lavarli e... cioè, io in realtà non ne so molto di lavatrici eccetera, ma se vuoi tipo una busta di tela per metterci i vestiti sporchi di caffè basta che mi chiedi. Letteralmente, siamo pieni di sacchetti sotto." Mi interrompo, notando di star parlando a macchinetta e probabilmente anche a vanvera davanti a una delle mie attrici preferite che per giunta sono andata a disturbare mentre si stava cambiando. "Scusa, sto dicendo cazzate. Anzi, scusa anche per averti interrotto. Non era mia intenzione disturbarti mentre ti cambiavi, quindi... scusami. Sappi che se hai bisogno sono a tua completa disposizione."

Faccio un sorriso imbarazzato che Millie ricambia senza esitazione. I suoi occhi sembrano brillare più del solito quando incrociano i miei per la millesima volta della giornata, e riesco a intravederci anche un pizzico di compassione. No, anzi, sembra più empatia quella.
Si, Millie Bobby Brown si sta immedesimando in me. Una povera ragazzina che cerca di non dare a vedere quanto stia sclerando internamente a causa sua.

"Tranquilla, non mi hai disturbata affatto, avevo praticamente finito di cambiarmi. Se mi dai un secondo prendo la mia roba e possiamo tornare al piano di sotto assieme." Dice con tono rassicurante, gli occhi ancora puntati nei miei. Nessuna di noi due smette di sorridere.

"Oh, okay, certo. Allora... fai con calma. Io ti aspetto qua." Rispondo con una scrollata di spalle. L'attrice allora rientra nel bagno di servizio e chiude la porta dietro di sè, lasciandomi a fissare quel pezzo di legno per due minuti buoni, finchè non esce dalla stanza con una giacca e un maglione in mano.

Le faccio cenno di seguirmi giù per le scale, e lei mi segue senza batter ciglio. A metà scalinata, però, interrompe il silenzio imbarazzante che si era nuovamente creato fra di noi. "Quindi... va bene se prendo una borsa per metterci dentro i vestiti? Te la riporto assieme alla felpa fra un paio di giorni."

Continuo a scendere senza voltarmi verso Millie, rispondendole lo stesso con tutta la gentilezza di cui sono capace. "Certo, ora ne cerco una al bancone e te la do."

Raggiungiamo il piano di sotto, nonchè il principale, dove io faccio il giro del bancone per cercare la busta e la castana si siede su uno sgabello dall'altra parte ad aspettare.

Mentre rovisto sotto il lavello provo a fare conversazione con l'attrice perchè, insomma, è letteralmente Millie Bobby Brown. Voglio sapere tutto di lei, e se potessi, le chiederei persino che cosa mangia a colazione.

"Sei di qui?" Chiedo, richiudendo lo sportello del lavandino e dirigendomi subito dopo allo scaffale delle tazzine.

La castana sembra riscuotersi dai suoi pensieri, perchè chiede con tono confuso: "Cosa?"

Mi sollevo un attimo e appoggio i gomiti sul bancone, immergendo lo sguardo nel suo. "Sei di Londra? Perchè non ti ho mai vista da queste parti, prima."

"Oh, io..." Resta un attimo a pensarci, come se fosse indecisa se dirmi o meno la verità. Effettivamente, la situazione in cui ci troviamo dev'essere parecchio strana se osservata dall'esterno: io sto cercando di capire se lei ha capito che sono una sua fan, mentre lei sta cercando di capire se sto facendo la finta tonta o se davvero non l'ho mai vista prima. "Sono nata in Spagna, in realtà."

Bene, ha optato per la verità. Non sospetta nulla.
Ora che ci penso, sono talmente brava a recitare che dovrei fare l'attrice anch'io.

"Davvero?" Dico, cercando di non farle capire di essere già a conoscenza del suo luogo e della sua data di nascita.

Lei annuisce. "Però dopo nemmeno quattro anni io e la mia famiglia ci siamo trasferiti qui in Inghilterra, a Londra, dove sono rimasta per parecchio."

"Con parecchio intendi che poi vi siete trasferiti, o è un aggettivo che hai usato con il semplice scopo di enfatizzare la frase?" Chiedo, accennando un sorriso.

Millie ridacchia mentre scuote la testa. "No, no, intendo che poi mi sono trasferita. Sono andata a vivere negli Stati Uniti quando avevo undici anni e beh, penso che ormai ci rimarrò per tutta la vita."

"Fortunata, io non me ne sono mai andata da Londra." Ridacchio anche io, accovacciandomi di nuovo sotto il bancone per cercare la borsa di tela che le serve. "Tu sei qui in vacanza?"

"Più o meno... sì." Risponde l'attrice dopo essere rimasta in silenzio per diversi secondi, probabilmente indecisa anche stavolta se dirmi o meno la verità.

Il silenzio inizia a calare fra noi, ma dopo appena un minuto trovo una busta e "riemergo" dal bancone stringendola nel pugno destro, con un sorriso vittorioso e al tempo stesso ironico stampato in faccia.

Lei alla mia vista ridacchia, e mormora un "grazie" mentre le porgo la borsa di tela.

"Figurati." Dico, mentre la castana ci infila dentro i vestiti macchiati e si alza dallo sgabello.

A quel punto restiamo l'una di fronte all'altra e il bancone che ci divide sembra improvvisamente un muro insormontabile. Vorrei solo allungare una mano verso di lei e stringerle una spalla, attirarla a me con un gesto e travolgerla in un abbraccio fino a toglierle il respiro, ma non posso. Il bancone in questo momento è la rappresentazione materiale della barriera che c'è e ci sarà fra me e Millie per sempre.

Perchè lei è un'attrice di fama internazionale, e io sono soltanto... io. Nessuno vuole diventare mio amico a scuola, figuriamoci se lo vorrebbe diventare lei, che sicuramente ha gente migliore da frequentare. E poi, sono convinta che Millie odierebbe essere amica di una sua fan. Insomma, sarebbe inquietante persino per me se fossi nei suoi panni. Non riuscirei mai a capire se il fan in questione mi amasse per il personaggio che ho interpretato o per chi sono io davvero.

Sospiro, abbassando lo sguardo per evitare di scoppiare a piangere alla vista di Millie Bobby Brown che esce dal mio locale per non ritornarci mai più.

Lo so, sto di nuovo facendo la melodrammatica, ma sono convinta che alla fine si deciderà a mandare qualcuno al posto suo a portarmi la felpa.

"Allora... grazie mille per l'ospitalità, direi. Ci vediamo fra un paio di giorni." Dice l'attrice, avviandosi subito dopo verso l'uscita.

Apre la porta e fa tintinnare il campanello, quando mi decido anch'io a salutarla.
"Figurati. A presto, Millie."

E mentre lei si gira verso di me per rivolgermi un ultimo sorriso, mi rendo conto di aver appena fatto un'enorme cazzata.

Perchè lei non mi ha mai detto il suo nome.













SPAZIO AUTRICE
ecco finalmente il nuovo capitolo:))
scusate a chiunque stia ancora leggendo questa storia, vi amo e volevo solo dirvi che proverò ad aggiornare con più costanza ora che è iniziato il periodo natalizio e ho più voglia di continuare questa storia, essendo ambientata a dicembre.
però non prometto nulla, potrei tranquillamente sparire da un momento all'altro quindi non fate affidamento su quello che dico:)
detto questo, la prossima parte esce (spero) entro due settimane/dieci giorni. sono così lenta ad aggiornare perché ultimamente mi sto dedicando anima e corpo a una nuova storia su stefan salvatore di "the vampire diaries", che trovate sul mio profilo. se avete voglia passate a darci un'occhiata<3
a presto, bacioni<33

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