𝐕𝐈
| 𝗦𝗔𝗦𝗦𝗢𝗟𝗜𝗡𝗜 𝗡𝗘𝗟𝗟𝗘 𝗦𝗖𝗔𝗥𝗣𝗘 |
Faceva freddo. Tanto, ma tanto freddo. Le camicie nere non riscaldavano affatto il corpo gelido dell'uomo - che giocherellava con il suo accendino -. Se n'era andato dal diner. Alena era riuscita a rovinare l'unico posto caldo ed accogliente della città, l'unico posto nel quale c'era solo lui e la sua arte - la stessa che lo farà vivere -.
"Come ha potuto?" Sussurrò durante il cammino verso casa. I suoi passi erano pesanti, rumorosi e pieni di domande. Come ha solamente pensato di poter veramente pronunciare quelle parole? Come ha potuto soltanto pensare che la conosceva? Come?
"Aspettami." Diceva una voce affannata, stanca del suo continuo sbagliare con le persone. "Fermati, ti prego." Urlava, questa volta. "Ti prego." Concisa. Lui riuscì a fermarsi, a calmare i suoi piedi pieni di lacrime di rabbia.
"Cosa cazzo vuoi?" Non si preoccupò di esser scortese, di poter offendere ancor di più i sentimenti sperduti di Alena.
"Lei era Maddalena Avyla?" Domandò questa volta tranquilla, con le guance tutte rosse, e con la gola infiammata. "Ti prego, ammettilo."
"Come fai a conoscerla?" Iniziò lui. Adesso sapeva di non potersi fermare più. "Lo facevi anche tu?" Inghiottì la saliva formatasi per la forza e crescente agitazione. "Non indossi nessuna perla, perciò non sei una di loro. Dimmelo, eri una di loro?" Respirava a tratti. L'aria non riusciva a penetrare, non riusciva godersi il suo lungo viaggio.
"No." La risposta fu secca, determinata e brutalmente triste. La sua fronte, di conseguenza, si aggrottò. Si chiese come, come poteva conoscere il suo bellissimo nome. "Mia cugina era una di loro: Le perle, che coglione del cazzo!" La bile salì. Il sol pensiero del corpo della sua piccola cugina disteso su quel materasso sporco, mangiato da mille formiche lussuriose, la riportò alla nausea della zia, alla paura della madre e al coraggio di suo zio. "Mia cugina è stata stuprata fino a morire. Non le hanno lasciato neanche l'ultimo respiro, neanche l'ultimo grazie ai suoi amati genitori. Loro hanno ucciso l'unica mia amica." Le sue urla, le sue strazianti urla invasero tutta la stradina addormentata. Gli occhi di Alena guardavano i suoi, umidi, pieni di ricordi da scrivere e di sangue rosso come le guance di Maddalena.
"Hanno manipolato delle giovani, interrotte donne con l'unico desiderio di esser accettate da chi non poteva mentire." Le lacrime iniziarono a scavare il suo viso illuminato dalle vecchie e perforanti risate delle giovani. "Hanno portato alla rovina la mia dolce Adelaide." Lui, immobile, sentiva freddo. Immobile per meno di cinque secondi, ripercorse tutta la meravigliosa festa che ha vissuto con lei. L'abbracciò, quindi. Non riuscì a compiere altre azioni.
"Hanno portato avanti le loro speranze di essere amate." Affermò lui.
"Come hanno potuto? Dimmelo." Urla. Pianti. Urla e pianti. Pianti e urla. Si poteva mangiare questo dal menu servito dai due appena amici. Come due giovani donne possono cadere nell'oblio senza conoscerne il significato?
Casa sua
La stessa sera
Un amico telefonò. Voleva sentirlo dopo le sue affascianti vicissitudini. Che gran stronzata, vero? Lo pensò anche lui quando lesse il nome di Edward.
"E adesso come farai a vivere?" La conversazione va avanti da molto, molto tempo. Edward non ha fatto altro che domandare, domandare e domandare.
"Che cazzo intendi con come farai a vivere?"
"Intendo che adesso non hai più nessuno, devi trovare per forza qualcuno."
"Faccio come sempre."
"Ma scommetterai ancora? Berrai ancora? Farai ancora-"
"Sì." Era stufo. Doveva porre fine a quella caterva di domande, così chiuse. Diede la colpa alla linea. Glielo scrisse, si scusò e continuò a strimpellare un po' la sua chitarra. Niente di eccezionale, tranne che i suoi pensieri ritornavano sempre alla discussione avuta con Alena. Sarà mai tutto vero? O idiozie?
"Che cazzo me ne frega." Urlò, facendo un accordo troppo acuto nel frattempo. Qualche attimo dopo, tra uno sbuffo annoiato, tra degli accordi imparati a memoria, si alzò e posò la chitarra desiderata dalla tenera età di cinque anni. Era così confuso. Non poteva capacitarsi delle parole sentite. Vide fogli sparsi sul pavimento pulito poche volte, e non poteva sopportare quelle lacrime altrui, delle lacrime che non fossero le sue - neanche quelle di Maddalena, neanche quelle della madre, soltanto le sue, le uniche e sole -.
Il mobile dei liquori gli sembrò l'unica uscita in una strada soffocante, in una strada piena di incomprensibili vicissitudini. Lo aprì, guardò un po' quale super alcolico poteva alleviare l'odore di ruggine e pioggia che inondava quel maledetto salone. E il rum fu il fortunato. Il rumore delle gocce di rum che scendevano, scendevano, scandivano il tempo. Il fugace, straziante e liberatorio tempo.
Appena il bicchiere fu pieno fino all'orlo, si sedette sulla poltrona e lo sorseggiò come con il tè caldo delle cinque. L'unica cosa che non faceva di lui un uomo solitario erano i suoi ricordi. Così iniziò ad andare nei meandri più felici e colorati - per così dire - della sua vita.
Era il 23 novembre dello scorso anno. L'inverno anticipò a venire, come ogni anno, solo che l'eccezione di quell'anno era la stupenda compagnia della dolce e felice Maddalena. Erano proprio insieme quella sera. Erano sotto le coperte, avevano fatto sesso - l'amore, come volete chiamarlo - esattamente due minuti prima. Si coccolavano come una coppia felice faceva, nulla di più normale e tranquillo. Nella testa di lei, però, qualcosa bolliva, scottava e rendeva la camera una piccola ciminiera. Sapeva che lui era innamorato pazzo del suo modo di essere. Sapeva tutto quello necessario per far zittire la sua mente, eppure, le voci che circolavano su un gruppo di donne che si prostituivano, l'affascinava molto è dir poco, perciò aveva bisogno urgentemente di uno scoglio su cui aggrapparsi, su cui potere rinforzare la sua enorme forza.
"Ho letto che l'amore è come una campana." Iniziò lei. Faceva troppo freddo per star nudi, infatti, si coprì con una sua felpa e si rimise le mutandine - come le chiamava lei -. Lui la guardò. Era così fottutamente, perdutamente innamorato di lei che neanche cercò di capire dove avesse letto questa frase e neanche si domandò se provenisse da qualche parte oscura della città. "Dimmi, tu la senti nella mia voce?" La guardò sorpreso. Maddalena non faceva mai di queste affermazioni. Era già sicura di natura. Aveva la sicurezza che scorreva nelle vene, e fu anche questo che colpì il grande cervelletto dell'uomo.
"Sì, certo, amore mio." Si affrettò a dire. Le baciò la fronte. Le dedicò una piccola poesia - nella sua mente - e poi tolse le labbra dalla superficie morbida e calda della sua guancia. "Perché me lo chiedi?" Domandò al quanto preoccupato.
"Così, amore." Concluse lei ricambiando i baci e stringendosi tra le sue braccia. Tuttavia la testa non finiva di porsi domande, occupava tutto il tempo a disposizione per pensare, pensare e pensare. Non riuscì subito ad afferrare che dal suo immenso scoglio si buttò senza preoccupazioni, che il suo scoglio non fece altro che prosciugare la sua anima, non fece altro che arginare la forza fino a renderla un sassolino.
Ritornò alla faticosa realtà. Notò il bicchiere vuoto, notò quant'era offuscata la sua mente all'epoca. Lo era al tal punto di non capire che quello fu solo il punto d'arrivo in un circolo di brillanti e stupefacenti graffi di una punizione.
Non volle pensare ad altro. Si toccò e sistemò un altro po' i capelli neri. Tolse davanti agli occhi quelli più corti e fastidiosi e prese tra le mani il telefono. Lesse diversi messaggi tra cui alcuni da Alena e uno in particolare da parte di Laurie. Esso diceva che l'indomani ci sarebbe stata una riunione delle famiglie vittime di quel brutto giro, essendo l'anniversario della prima ragazza uccisa e/o suicida. La mia famiglia tiene alla tua presenza, diceva il messaggio. Rise, come non mai appena letta quella frase. Di gusto, proprio. Si ricompose giusto un po' e rispose che sarebbe venuto, del resto non ha altro che aggrapparsi al sassolino che conserva sempre nella tasca destra dei pantaloni.
*
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Ecco a voi un altro capitolo. Ormai è inutile scusarmi per l'ennesimo ritardo, ma sapete bene anche voi quanto tempo ruba la scuola.
Allooooraaaaa, in questo capitolo Alena parla. Ve lo immaginavate? Lui come sempre molto gentile e fine.
Fatemi sapere se avete altre considerazioni o domande.
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