𝐕
| 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗨𝗡𝗢 𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗘 𝗠𝗔𝗗𝗗𝗔𝗟𝗘𝗡𝗔? |
Il turno della terza cameriera terminò. I due erano ancora lì. Parlarono dell'università, parlarono di tutto. Lui, addirittura, sorrise. Mantenne la conversazione ad un livello interessante. Mantenne la promessa di non ascoltare il silenzio quando si è in compagnia e lei trattenne la sua curiosità su un individuo da scoprire. Tenne la lingua al suo posto, la usò solo per ricambiare le parole affermate da lui. Fecero i bravi, senza dover indossare la maschera della falsità.
"Non mi hai mai parlato del tuo lavoro di attrice." Affermò lui tra un sorso di caffè e un morso al suo waffle caldo. Alena si grattò la testa con la mano sinistra, si sentì in imbarazzo.
"Non c'è molto da dire."
"Hai voluto sapere tutte quelle cose su di me, adesso devi parlare per forza." All'inizio sembrò credere fin troppo alle sue parole, quasi da incutere timore, eppure dopo aver deglutito il suo - definitivo - ultimo morso, fece un sorriso impercettibile. Ma lei lo capì subito.
"Mia mamma lo era. Ha sempre lavorato in quasi tutte le pubblicità degli anni ottanta. Ha avuto una bella carriera anche negli anni successivi, ma nulla che non andasse oltre le serie televisive che andavano in onda durante orari improponibili. Le bastava, diceva sempre. Non sempre le credevo, però era mia madre e dovevo crederle la maggior parte delle volte." Uno strato di tristezza si annidò nelle sue parole. Si dovette fermare. Sua madre era una donna eccezionale, forse quanto le sue doti nella recitazione e le fa sempre male ripensare alla bellezza che le ha fatto vivere - nella sua vita ordinaria -. Nel frattempo lui continuava a guardarla. L'osservava per memorizzare tutti i suoi dettagli. Voleva ricordare tutto prima che scappasse anche lei. Quindi si concentrò sui lunghi capelli nero pece che cadevano lisci oltre le spalle, quasi fino al seno. E come muoveva gli occhi verdi mentre finiva il rigo durante la sua spiegazione. Osservava quanto colore s'annidava in quelle labbra e quanta dolcezza usciva da essa. Gli dava fastidio come si toccava sempre i capelli, li sistemava, e li doveva sempre considerare come se fossero importanti, questo Maddalena non lo faceva mai - li lasciava sempre disordinati -. Si perse, però, a contare l'infinito che si nascondeva nelle sue lentiggini. Ventidue, ventitré, che amarezza - ahimè - che portano con sé. Sorrise. O che bel sorriso creava, O che bella la vergogna nei suoi occhi, creatasi dalla possente figura del ragazzo.
"Va avanti, Alena." Scandì bene quel nome. A-le-na. Un suono dolcissimo. Un suono simile a Maddalena.
"Non c'è molto da raccontare. Mi trasmise questa sua immensa passione ed è da quando ero piccola che faccio diverse pubblicità. Adesso mi sono fermata perché devo trovare l'ispirazione. Devo trovare me stessa." Le disse di fretta, quelle frasi. Doveva essere credibile, per non destare preoccupazione. Non c'era niente da raccontare.
"Vuoi recitare la parte della scrittrice?" Disse lui. Era solo curioso, la sua voce non seguiva questo suo pensiero, ma era curioso per la prima volta in tutto il pomeriggio.
"Credo, ma non ci sto riuscendo molto." Cercò di non fissare il suo sguardo, che adesso stava cercando di captare qualche notizia in più, qualche segreto nascosto. Così si soffermò sui fogli pendenti dal suo zaino, guardò bene fino a trovarne uno per terra. Lo raccolse. Era tutto sporco, calpestato ma le parole - oh quelle parole - le riusciva a leggerle tutte.
"Girovago in una Londra sperduta
tra le foglie verdi e gialle,
tu, Maddalena, sei lì ad aspettare la luna biforcuta.
Ti guardo da una finestra,
immobile contro il mobile,
sento freddo.
Questa città non ammette più i suoi errori dannati e
Io e tu
tu ed io
noi
vomitiamo paura ignobile." Lo fece. Ebbe il coraggio di farlo. Lesse ad alta voce qualcosa di suo. Quello che era sempre rimasto tra i fogli volanti e tra le sue lacrime. Lui rimase immobile, con gli occhi spalancati, era incredulo.
"Chi è Maddalena?" La fatidica domanda. Silenzio assordante, gli occhi di Alena puntati verso le sue iride marroni come i mattoni della vecchia e fredda Londra.
"Una persona."
"Ma non mi dire. Fai il serio, chi è?" Chiese seria, non lo era mai stata. Ma il suo nome, così particolare, così suo, echeggiava in quelle altre lettere e non poteva. Doveva esistere solo lei.
"Perché cazzo l'hai dovuta leggere. Alena fatti i cazzi tuoi una volta per tutte." Le sue parole erano pessime, buttate su tavolo sporco di verità mezze nascoste. Lei guardò di nuovo il foglio. Rilesse la poesia. Camminò con il pensiero verso un confuso ricordo di una donna di nome Maddalena. Pensò, pensò e poi ci arrivò.
"È stata la puttana di Mr. Canniball, vero?" Sputò questa immensa verità su un piatto pieno di perle e lui le possedeva tutte.
*
*
*
Scusate immensamente il mio ritardo. So di non aggiornare da molto, ma la scuola occupa praticamente tutto il mio tempo libero (sicuramente mi capirete).
Comunque, questo capitolo è un po' così, lo ammetto. Ma vabbè. Per caso, vi ricordate chi è Mr. Canniball? (EHEHEHEHEHE)
Se vi è piaciuto, come sempre, lasciate una stella e anche un commento.
Al prossimo aggiornamento.
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