𝐈𝐗
| 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗢𝗦𝗔 𝗗𝗜 𝗖𝗢𝗡𝗖𝗥𝗘𝗧𝗢, 𝗚𝗥𝗔𝗭𝗜𝗘 |
Sostava immobile in una panchina gelata davanti l'università. Si ricordava di non poter star immobile sennò il freddo lo uccideva veramente e prendeva il libro che leggeva al momento, perciò. Era arrivato a pagina 180, nulla di che, pensava. Un libro come un altro. La faccia, però, non poteva essere considerato un semplice niente di che. Ospitava uno strato di barba, che delineava la mascella definita, i nei vicini l'occhio sinistro - quelli piccoli, indefiniti - sembrano scomparire di fronte alle occhiaie e gli occhi necessitano gli occhiali da riposo. Il suo volto era stremato, non resisteva più alla fatica, ai pensieri, alla sua mente, ma non faceva altro che leggere la pagina numero 181. La seconda frase della pagina lo colpì. Chiuse il libro. Idea. Prese il suo quaderno e abbozzò qualcosa. Non riusciva più neanche a scrivere qualcosa di decente e ciò lo distruggeva, lo annientava. Sbuffava, posava il quaderno e leggeva un po'. Era fin troppo attento a non sforare l'ora di entrata nell'aula che non fece in tempo di svuotare la mente da ciò che stava leggendo, perché le sue gambe era già partite.
Un'ennesima giornata tra quelle pareti, tra le voci di professori ammirevoli, tra la voce di Alena passava in fretta e la fatica ricadeva sui suoi piedi e la calpestava e la lasciava mangiare alle formiche.
Casa sua era sempre così vuota, anche quando studiava e la sua voce echeggiava in tutti gli ambienti, in tutte le posate riposte sul lavandino, anche quando la sua mente si perde senza ritrovarsi. Un rumore proveniente dal suo telefono ruppe la violenza bramosia delle sue orecchie. Lo prese immediatamente, non ne poteva più di ascoltare quella violenza, quel silenzio, se stesso.
Il messaggio, in parole molto ristrette, lo invitava a passare una serata con i suoi tre migliori amici in un bar vicino casa sua - a tre isolati da casa, per essere precisi - e che avrebbero parlato di una cosa importante. Accettò. Aveva davvero bisogno di vederli. Si doveva distrarre.
Bar Avenue
la stessa sera
Si sono sempre voluti bene. Hanno passato tutta una vita insieme. Hanno davvero fatto di tutto. Edward era quello delle follie che puntualmente si ritrovavano a fare. Norton quello delle follie troppe stupide da realizzare e Theo quello con i soldi. Lui era quello che teneva insieme il gruppo. Negli anni hanno fatto davvero tante cose, hanno viaggiato, hanno pagato per le loro cazzate, si sono rotti per le loro cazzate e hanno riso più che potevano. Quella di andar al bar e divertirsi non era solo una semplice cosa da fare, era anche un modo per non lasciar gocciolare via quelle follie, quelle meraviglie della giovane età che si legano al dito come se fossero oro e tutti - e dico tutti - provavano rammarico al sol ricordo.
Non facevano molto in quei bar. Di solito andavano con il pensiero di prendere solo qualche birra e parlare, fare i coglioni e ad un orario decente andare a casa, così da non far arrabbiare nessuno, per una volta. Non accadeva mai questo. Prendevano di tutto - la vodka era quella più gettonata - gridavano sempre e facevano sempre i coglioni, l'orario era improponibile e le loro madri si arrabbiavano per aver cresciuto figli così turbolenti e così caotici.
Quella sera fu Theo l'ultimo ad arrivare. Fu strano, lui arrivava sempre per primo. Presero un tavolo in disparte per non farsi riconoscere e lasciar il tavolo centrale ai ragazzi della loro vecchia età. I posti cambiarono anche. Edward capotavola, a destra Theo, a sinistra Norton e poi lo scrittore, quando in realtà tutto era lasciato al caso precedentemente, adesso sembravano posti assegnati con precisione come ad escludere Theo, ad illuminare Edward e a far soffrire ancor di più Norton.
"Cosa ci dovevi dire?" Chiese Theo. La musica alta inondava tutto il bar - che voleva prendere più le sembianze di un pub -, le bariste ruotavano in tutti i tavoli e quando ne arrivò una, ordinarono delle birre. Edward lo prese come un punto di partenza, un punto per lanciare la mira e far segno, lasciar i compagni senza arti, solo con il cuore in mano.
"Mi sposo fra una settimana." Semplice frase, due parole che hanno chiuso definitivamente quel fuggiasco periodo. Lui alzò di scatto la testa. Non se lo aspettava. Come ha potuto dirglielo così, senza preavviso, senza far distinzione. Edward che era il suo migliore amico, quello che non considerava tale ma che lo era. Lui che c'è sempre stato. Lo guardò ferito, lo incolpò con lo sguardo. Le spalle rigide lo fermavano dalle tremende parole che voleva uscire, le mani racchiuse in due pugni si fermavano per non buttar giù quel bicchiere di birra. "Vorrei che fossi tu il mio testimone." Lo guardava anche lui, adesso. Con uno sguardo mortificato chiese perdono. Sapeva di aver sbagliato, di dover far la differenza.
"Sempre tu il bastardo fortunato eh." Affermò Norton per rompere il ghiaccio, ma i due si guardano ancora. Gli sguardi impauriti, mortificati e giudicanti si scagliavano ancora verso una pietra fin troppo robusta.
"Va bene." Non aggiunse altro, bevve tutta la birra. Alzò solo un dito per ordinarne un'altra e fece una delle sue battute per rimediare all'aria gelata che entrava dalla notizia uscita da una bocca concretamente astratta.
Passò qualche ora dall'ultima birra ordinata dal nostro protagonista. Ne ordinarono un'altra a testa e si fermarono, se ne uscirono tutti con delle scuse disarmanti.
"Credo sia arrivata l'ora di chiudere qua la serata." Iniziò Edward.
"Perché mai?" Chiese lo scrittore. Si stava distraendo finalmente. Si stava sciogliendo.
"Dobbiamo tornare alla nostra vita noiosa." Aggiunse Theo, marcando la parola "vita", come a sottolineare la realtà, come a far ancor più comprendere a tutti che l'unico che non abbia completato qualcosa di concreto - come il costruirsi una vita - fosse lui, l'unico e solo. Abbassò la testa, in segno di comprensione e bevve un altro sorso di quella birra amara e pesante.
"Spero tu capisca."
"Capisco, Edward, capisco." Li liquidò così. Loro accettarono l'invito e si diressero verso l'uscita. Lui, come se non fosse niente e fosse entrato da solo come sempre, si diresse verso il bancone ad ordinare qualcosa di buono e per niente astratto che possa correggere l'amaro che ha lasciato il sapore della bevanda.
"Che ti posso dare?" Parlò una donna. La voce era quella. Non una ragazza, non Maddalena, una donna. La descrisse - la sua mente - con la D maiuscola. Non sprecò tempo, la volle nell'immediato descrivere così.
"Gin." Secco, deciso.
"Arriva subito." La sua voce non usciva nemmeno con un po' di fatica per l'assurdo rumore che le casse provocavano. Usciva e arrivava dritto dritto nelle sue orecchie, senza complicazioni. Nel frattempo c'era Laurie - che lavorava lì da quasi un mese - e guardava lo spettacolo con un sorriso amaro, ma consapevole di aver perso quel ragazzo tremendamente legato alla sorella.
"Ecco a te." Asciugò il bancone come una vera barista e poi sorrise. "Cosa ha passato un ragazzo bello come te da dover ordinare il gin?" Si soffermò sulle parole bello e gin, tralasciando molta enfasi sull'ultima.
"Ha reso concreto il pensiero che lo torturava da molto." Laurie appena sentì queste parole pensò subito:" Adesso glielo dice, sicuro. Ma perché così presto?"
"E cosa sarà mai?"
"Ho degli amici di merda." La sua risata contagiò un po' tutti, anche quelli più lontani, perché per davvero tutti si misero a ridere nello stesso frangente in cui lui pronunciò tali parole.
"Sai che anch'io l'ho capito da poco. Devo assolutamente brindare con te." Si versò del gin anche per lei. Rise giusto un po' insieme a lui prima di buttare giù - rigorosamente insieme - l'ultimo sorso dell'alcolico.
"Come si chiama questa ragazza tanto perspicace quanto me?" Chiese lui. Prese l'iniziativa. Volle cambiare. Doveva cambiare.
"Alma." La sua voce era più chiara, cristallina. Si stava dichiarando. Stava subendo la metamorfosi che chiedeva da anni, stava iniziando a cambiare quella sua vita così patetica da far paura a se stessa. Alma ha capito che bisognava cambiare un po' per iniziare a respirare aria concreta.
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Eccomi con un altro capitolo. Con la scusa vorrei augurarvi buone feste, spero le passiate nel miglior modo possibile.
Comunqueeee, ALMA, SIGNORI E SIGNORE. Un nuovo personaggio e da qui iniziano i vari cambiamenti. È importante dire che il nostro protagonista non cambierà eh, rimarrà sempre il solito depresso e scorbutico, cambieranno solo alcuni modi di pensare eeee poiiii vedrete. Ovviamente se non vi dispiace lasciate una stella e un commento, ditemi un po' cosa ne pensate.
Come al solito al prossimo aggiornamento.
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