🥀La Sofferenza Più significativa🥀

Ride delle cicatrici


colui che

non è mai stato ferito.

~8~

Papà alzò la voce, spezzando l'aria tesa come una frusta. "Ma che problemi hai?" urlò con una rabbia che riecheggiava nelle pareti della casa.

Allison, la mia dolce sorella, il suo volto era solitamente sereno ma adesso deformato da un dolore palpabile, rispose con una voce che tremava di emozione.

"Troppi! Ho troppi problemi. È questo il punto. Ho troppi problemi e tu non puoi farci niente. Non puoi cambiarmi. O sistemarmi. Perché non sono rotta. Non dovete aggiustarmi! Okay! Sono io!" gridò, e il suono delle sue parole rimbombò come una scossa che faceva tremare l'intera casa.

Allison si voltò di scatto e salì di corsa le scale, come se scappare potesse salvarla da quel dolore che portava dentro.

Il suo corpo esile e snello, avvolto in un paio di jeans neri aderenti e un top nero che metteva in risalto la sua figura delicata, scomparve rapidamente alla vista.

Una giacca di pelle scura completava il suo look, accentuando il contrasto tra la sua fragilità apparente e l'aria di ribellione che emanava con naturalezza.

Ogni passo sembrava carico di una forza silenziosa, mentre il suo profilo si dissolveva nell'ombra, come se volesse fuggire dal mondo circostante.

Tutti rimanemmo immobili, come se l'aria si fosse congelata.

Mio padre, una figura robusta dagli occhi incavati, rimase lì, con la mascella tesa e lo sguardo duro, incapace di reagire.

Nessuno osava parlare, solo i passi di Noah e Alex che si allontanavano riempivano il silenzio che si era fatto assordante.

Mi ritrovai da sola nella stanza con lui, e il mio cuore era un battito irregolare di rabbia e dolore.

Il risentimento mi bruciava dentro come un fuoco indomabile, invadendo ogni angolo della mia mente.

Non riuscivo a contenerlo.

Sentii le parole uscire dalla mia bocca come una coltellata. "Grazie per averci fatto soffrire. Ci hai devastato la vita."

Le parole erano amare, come veleno sputato dal fondo del mio cuore.

Lo guardai dritto negli occhi, ma lui rimase muto, le labbra strette in una linea sottile.

Non disse nulla, nemmeno una giustificazione.

Un rumore improvviso ruppe il silenzio. Proveniva dalla stanza di Allison.

Corsi verso la porta con il cuore che martellava nel petto. La trovai chiusa dall'interno e i suoni all'interno erano spaventosi.

Urla.

Pianti.

Oggetti infranti.

Mi spaventai.

"Allison!" la chiamai disperata, ma lei non rispose.

La sua stanza sembrava essere diventata un campo di battaglia.

Gli oggetti volavano contro le pareti, i vetri si frantumavano come se fossero stati colpiti da una furia incontrollabile.

La mia sorellona fragile, dal volto angelico incorniciato da dei capelli neri, che le cadevano morbidi sulle spalle, stava distruggendo tutto attorno a sé, come se fosse intrappolata in una gabbia invisibile e tentasse disperatamente di liberarsi.

Il suono dei suoi singhiozzi si insinuava sotto la mia pelle.

Chiusi gli occhi, cercando di fermare le lacrime che volevano traboccare. Ma non potevo ignorare quel dolore che la stava divorando dall'interno, lo stesso dolore che stava lacerando anche me.

Mi sentivo come una spettatrice impotente davanti a una tragedia che non riuscivo a fermare. In quel momento, il mio odio per nostro padre raggiunse l'apice.

Non era solo rabbia.

Era un odio profondo, radicato in ogni fibra del mio essere.

Come poteva averci fatto questo? Come poteva guardare il dolore che stava causando senza battere ciglio?

Il mio cuore era come una terra arida, spaccata dalla sofferenza che ci aveva inflitto.

Mi appoggiai con la schiena contro la parete fredda, cercando di ancorarmi a qualcosa di reale, di tangibile.

Le mie mani tremavano mentre sentivo le urla di Allison attraversare le pareti come fantasmi.

Non potevo fare nulla per aiutarla.

Mi sentivo inutile, incapace di alleviare la sua sofferenza.

Ogni colpo che sentivo, ogni oggetto che cadeva a terra, era come un pugno nello stomaco. Poi, improvvisamente, vidi Noah avvicinarsi.

Il suo passo era deciso, ma nei suoi occhi c'era una dolcezza che non avevo mai visto prima. Senza dire nulla, mi prese delicatamente il polso e mi attirò a sé.

Il suo abbraccio era forte, solido, come se volesse proteggermi dal mondo intero.

"Shh. Vedrai che si riprenderà," mi sussurrò con una voce che sembrava fatta di velluto.

Mi appoggiai al suo petto, sentendo il battito del suo cuore calmo sotto il tessuto della sua maglietta.

La sua presenza era come un faro in mezzo a una tempesta, qualcosa di fermo a cui potermi aggrappare.

Cercai di trattenere le lacrime, ma era impossibile.

Ogni volta che pensavo ad Allison, sentivo quel dolore pulsante sotto la cassa toracica, un dolore che non aveva sbocchi.

"Non devi fingere di essere forte," mi disse Noah, accarezzandomi i capelli con dolcezza.

"Non devi dimostrare che tutto va bene. Se ne senti il bisogno, piangi."

Anche se le sue parole erano un balsamo per la mia anima ferita, non riuscivo a lasciarmi andare del tutto.

"In questo momento ho bisogno solo di un abbraccio," sussurrai a malapena, trattenendo il respiro.

E lui me lo diede, senza chiedere nulla in cambio. Mi strinsi a lui, cercando conforto nel suo calore.

Sembrava che, nel suo abbraccio, il mondo si fermasse per un attimo, e il dolore si attenuasse almeno un po'.

Ma quel momento di pace fu interrotto dal suono del campanello che squillava improvvisamente, strappandomi da quella quiete momentanea.

Mi staccai da Noah con riluttanza e scesi le scale di corsa, sentendo il cuore che batteva all'impazzata.

Aprii la porta e vidi Damon, con il volto teso e preoccupato.

I suoi occhi, solitamente calmi, erano pieni di ansia.

"Dov'è lei?" mi chiese senza preamboli.

"Seguimi," risposi, guidandolo velocemente verso la stanza di Allison.

Quando arrivammo davanti alla porta, Damon bussò con delicatezza.

"Piccola? Sono io, Damon," disse con la voce dolce, come se potesse tranquillizzarla solo con le parole.

Per un momento non ci fu risposta, poi la porta si aprì lentamente.

Allison, con il volto rigato di lacrime, si gettò tra le braccia di Damon come una bambina spaventata.

La sua figura sembrava ancora più esile mentre si aggrappava a lui, cercando disperatamente il suo conforto.

Il suo corpo tremava di disperazione, e vederla così mi spezzava il cuore.

Lasciai che rimanessero soli. Mi ritirai nella mia stanza, esausta, svuotata da tutte quelle emozioni.

Noah aveva ragione.

Non avevo bisogno di fingere di essere forte.

Non dovevo dimostrare nulla a nessuno.

Ma era difficile lasciarmi andare, difficile permettermi di sentire tutto quel dolore.

Le parole di Noah continuavano a rimbalzare nella mia mente.

Era uno dei pochi che sembrava vedermi davvero per quello che ero, senza filtri, senza maschere.

Quando mi guardava, sembrava che potesse vedere attraverso di me, come se potesse leggere i miei pensieri più profondi.

Ed era questo che mi faceva sentire viva e vulnerabile allo stesso tempo.

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