🥀Gelosia🥀
Il cervello mente,
il cuore mai.
~16~
"Kai..." La mia voce si spezzò, mentre lo guardai con occhi vuoti, il tremore nascosto a malapena tra le parole.
Non si trattava di perdono; io l'avevo già perdonato.
Ma per me, non esisteva più. La memoria era ciò che contava. Non c'erano colpevoli, solo persone che cessavano di esistere.
"È passato molto tempo, Cristallina," disse all'improvviso, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
"Già... Ma alla fine, la colpa non era mia." Sollevai lo sguardo, incrociando i suoi occhi scuri e profondi, come abissi in cui un tempo mi perdevo.
Il suo volto, una volta così familiare e amato, ora era solo un'ombra del passato, segnato da rimpianto e dal peso degli anni.
Kai si avvicinò, e senza preavviso, mi avvolse in un abbraccio. "Era per il tuo bene, Allison," sussurrò all'orecchio, la sua voce un eco distante di ciò che eravamo.
"Tanto non era cambiato nulla. Anzi, qualcosa sì, ero cambiata io." Mi allontanai leggermente, mantenendo lo sguardo fisso su di lui, stavolta carico di fuoco e determinazione.
"L'avevo visto. Avevi fatto bene, ma sapevo ancora chi eri, Ally."
"Non ero più la bambina di una volta, Kai! Ero Allison Grindelwald. La figlia del Diavolo." La mia voce risuonò come una lama affilata che fendette l'aria, e l'effetto fu immediato: la stanza si congelò, i presenti rimasero immobili, come statue di cera, tranne Damon, Hailey e... Kai.
Il suo sguardo divenne agghiacciante, un misto di sorpresa e paura.
Damon non perse tempo; mi afferrò per i fianchi, tirandomi via da Kai, e gli lanciò uno sguardo feroce, un avvertimento silenzioso ma inequivocabile.
Con la coda dell'occhio vidi una figura indietreggiare: era Michele. Il suo volto era una maschera di incredulità e shock.
"Tu sei... Non poteva essere..." Le parole di Michele si interruppero bruscamente quando Kai lo fissò con un'espressione che si avvicinava al minaccioso.
"Ti avevo detto di andartene, Michele!" La voce di Kai era tagliente come un rasoio.
In quel momento, sentii la vita stringermi la gola. Un giorno mi aveva colpito così forte da insegnarmi a resistere...
Delicatamente, spostai la mano di Damon dal mio fianco e mi diressi verso la scuola.
Un giorno mi avevano mentito così tanto da ferirmi profondamente, e allora avevo imparato ad andare sempre avanti con la verità...
Attraversai la porta ed entrai in classe, i miei passi rimbombavano nel corridoio vuoto.
Un giorno avevo perso qualcuno che non avrei mai pensato di perdere, e avevo capito che bisognava trasformare le parole in azioni e farsi carico delle proprie scelte...
La campanella suonò, segnando l'inizio della lezione. Presi il cellulare per controllare l'orario. A volte era necessario voltare pagina e ricominciare da zero...
"Storia e Filosofia..." mormorai tra me e me. Anche se faceva male, anche se sembrava impossibile...
Scelsi un posto in fondo, dove potevo osservare tutto dall'alto, come un generale sul campo di battaglia.
Il miglior guerriero non era colui che trionfava sempre, ma colui che, senza paura, tornava a combattere.
La mia attenzione venne improvvisamente distolta da Mirabella e Liam, che si precipitarono a sedersi accanto a me non appena mi videro.
"Lo sai che prima eri stata strepitosa con Michele?" esclamò Liam, saltellante di entusiasmo.
Aveva i capelli biondi, perennemente spettinati, e occhi azzurri che brillavano di vivacità. La sua corporatura snella ma muscolosa era un riflesso della sua energia inesauribile.
"Sì, l'avevi visto com'era scioccato?" aggiunse Mirabella, una ragazza dai capelli ricci e castani, con occhi marroni profondi e una figura slanciata.
C'era sempre un'aura di serena determinazione intorno a lei.
Non potei fare a meno di sospirare internamente. Ah, che fastidio! Un po' di silenzio, no? Rivolsi loro uno sguardo neutro. "Ma scusate, non avevate paura di me? Dopo aver scoperto chi ero..."
Mi voltai verso Mirabella, che mi sorrise con calma. "Perché avremmo dovuto? In fondo eri nostra amica, no?"
Amica... Accennai un lieve sorriso, ma subito mi ricomposi, rendendomi conto del mio errore. Mi ero lasciata andare troppo, dovevo stare più attenta.
"Capisco..."
La professoressa entrò in classe, posizionando il laptop sulla scrivania. Si voltò verso di noi, e un caloroso sorriso si diffuse sul suo volto.
"Buongiorno a tutti! Sono la professoressa Annabel Smith, per chi non mi conoscesse ancora."
La professoressa sembrava avere poco più di trent'anni, con un sorriso che illuminava la stanza.
I suoi capelli biondo cenere incorniciavano un viso dai lineamenti delicati, e i suoi occhi verde smeraldo sembravano penetrare l'anima.
Indossava un completo elegante, che riusciva a essere formale e giovanile allo stesso tempo, come se sfidasse le aspettative.
"Sono la professoressa di Storia e Filosofia." La sua voce era dolce, ma non lasciava dubbi sulla sua autorità.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendo con un lieve imbarazzo, come se fosse quasi sorpresa di trovarsi lì.
Quegli occhi verdi, però, sembravano scrutare oltre la superficie, come se potessero vedere ciò che gli altri non vedevano.
"Wow. Era davvero bella," mormorai quasi incredula.
Non sembrava affatto una professoressa; era così giovane che poteva quasi sembrare una delle studentesse. Chi sarebbe mai, questa Annabel Smith?
Mentre queste domande mi affollavano la mente, la voce di Liam mi richiamò alla realtà.
"Vero. Pensa che Noah ci provava persino con lei," sussurrò, con un'espressione disgustata che quasi mi fece scoppiare a ridere.
Mi trattenni a stento, sorridendo senza emettere suoni. "Siete sicuri che fosse così e non il contrario?" chiesi sarcastica.
"Perché sinceramente pensavo che non fosse il tipo di ragazza che piacesse a Noah, a meno che non gli avesse fatto il lavaggio del cervello."
La frase continuava a rimbalzarmi in testa: *A meno che non gli avesse fatto il lavaggio del cervello.*
Senza volerlo, ripetei mentalmente quelle parole.
Mentre Liam e Mirabella continuavano a chiacchierare, lo sguardo della professoressa si posò su di me, fermandosi.
Per un attimo, il tempo sembrò rallentare. Una scossa mi attraversò la spina dorsale, sentii una strana presenza, ma non distolsi lo sguardo dai suoi occhi verdi.
Notando il mio turbamento, lei mi sorrise. Dietro quel sorriso solare, intravidi qualcosa di inquietante, ma era come se solo io potessi vederlo.
Sbattei le palpebre, cercando di scrollarmi di dosso quella sensazione, e improvvisamente, tutto ritornò normale.
"Signorina Grindelwald, visto che non prestava attenzione alla mia lezione, mi sa dire quale fu l'importanza della caduta dell'Impero Romano?"
Le sue parole mi colsero di sorpresa, e un senso di disagio crebbe dentro di me.
Non stavo nemmeno parlando in quel momento.
Mentre la sua domanda si faceva strada nella mia mente, cercai di rimanere composta. "La caduta dell'Impero Romano segnò la fine dell'antichità e l'inizio del Medioevo," risposi, la mia voce controllata, ma con un'incrinatura di nervosismo. "Portò a grandi cambiamenti politici, sociali ed economici in Europa."
La professoressa mi osservò con uno strano sorriso, uno di quelli che sembravano nascondere qualcosa.
I suoi occhi verde smeraldo brillavano di un bagliore inquietante. "E sai dirmi..." fece una pausa, quasi a voler sottolineare l'importanza della prossima domanda, "perché il feudalesimo divenne il sistema dominante in Europa durante il Medioevo?"
Un'altra domanda che mi colpì come un fulmine a ciel sereno.
Nonostante il cuore che mi batteva in petto come un tamburo, raccolsi il coraggio per rispondere. "Il feudalesimo divenne dominante perché offriva protezione e stabilità in un periodo di frequenti invasioni e disordini," dissi, sforzandomi di mantenere la calma. "I signori locali garantivano sicurezza in cambio di servizi e tributi dai contadini."
La professoressa mi studiò attentamente, come un predatore che valutava la sua preda.
Nei suoi occhi c'era una curiosità che mi mise a disagio, quasi come se potesse leggere ogni mia insicurezza.
"E sai dirmi..." continuò, questa volta con un tono più dolce, quasi mellifluo, "sai dirmi quale fu l'impatto delle Crociate sulla società medievale europea?"
La domanda era come una mano che stringeva il mio cuore, ma mi sforzai di mantenere la voce ferma.
"Le Crociate portarono a un aumento dei contatti tra l'Europa e il Medio Oriente," risposi, cercando di nascondere l'agitazione che cresceva dentro di me. "Favorirono scambi culturali e commerciali. Rafforzarono l'autorità papale e cambiarono le strutture sociali ed economiche europee."
Mentre parlavo, notai che la sua espressione cambiava leggermente, un sorrisetto enigmatico che si allargava sulle sue labbra.
I suoi occhi sembravano brillare di una luce che mi mise a disagio, come se avesse trovato ciò che cercava.
Le sue domande, apparentemente innocue, si rivelarono armi sottili, destinate a mettermi alla prova, a farmi vacillare.
Mi resi conto che c'era qualcosa di più in lei, qualcosa che andava oltre il semplice ruolo di insegnante.
Nel frattempo, nella mia mente si formarono immagini di storie antiche, di battaglie, di signori feudali e crociati, ma c'era anche un senso di inquietudine che non riuscii a scacciare.
Sentii che questa conversazione, così apparentemente accademica, aveva svelato un lato oscuro che si nascondeva dietro il sorriso della professoressa.
Come se ci fosse qualcosa di non detto, qualcosa che avrei dovuto capire ma che mi sfuggiva.
E proprio in quell'istante, capii che la sfida non era solo rispondere correttamente, ma mantenere il controllo, non lasciare che lei vedesse la mia paura, il mio disagio.
Perché in fondo, questa non era solo una lezione di storia; era una partita di scacchi, e ogni mossa era cruciale.
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