iv. chissà come va a finire
L'ISOLA
6:30, FORTEZZA
Non appena Rin aveva messo piede in quella stanza, sapeva di non essere lì per lo stesso motivo degli altri.
Insomma, era piuttosto ovvio.
Chen era un tipo alquanto controverso, energico, con gli occhi che brillavano di una luce giocosa e decisamente pazza. Era un uomo di almeno sessant'anni, ma la sua presenza sembrava mettere tutti i presenti in ansia, compresi i suoi stessi uomini.
E Rin non era da meno.
«Benvenuti, benvenuti!» La sua voce era aspra e roca. Ricordava il suono che fa un acino di uva andato a male quando veniva schiacciato.
Guardandosi intorno, la ragazza poté rendersi conto di quanto enorme, anzi no, mastodontico, era il salone in cui erano entrati.
Alto quanto una cattedrale, con intarsi d'oro ed ebano che correvano lungo le pareti, sembrava di essere in un palazzo imperiale. Ai loro piedi, sopra il pavimento in pura madreperla, si espandeva un tappeto di quelli costosissimi, ricamato a mano con fili d'oro e d'argento.
«Impressionante, non trovi?» la ragazza dai capelli rossi si era rivolta a lei.
Rin non rispose, ma non poté fare a meno di essere d'accordo. Era convinta che posti del genere esistessero solo nelle favole.
«Prendete posto! Forza, forza!».
La stanza era circolare, stupenda e magnifica, ma priva di sedie. Chen ridacchiò: «Oh, perdonatemi! Ero certo di aver preparato tutto!». Seduto su un trono di legno e foglia d'oro, scoccò alla folla uno sguardo biricchino: «Ma non abbiamo tempo per queste piccolezze! Benvenuti sulla mia isola, Maestri degli Elementi! Naturalmente, suppongo sappiate la ragione del mio invito!».
No — pensò Rin — Anche se credo di conoscerla. Sul suo invito nulla era accennato, ma ora, dopo le parole dello sconosciuto sul ponte, aveva diverse idde al riguardo. E lei non rientrava in alcuna di esse.
Come a dimostrarlo, Chen spostò lo sguardo su di lei.
«Ma prima dobbiamo assicurarci che tutti siano al loro posto. Signorina Lancaster».
Rin sollevò lentamente il capo, come un cucciolo di lupo spaventato nel territorio nemico, gli occhi dei partecipanti puntati su di sé. Voleva sparire.
«Le dispiacerebbe seguire il mio amico Klaus, qui? L'accompagnerà nei suoi alloggi».
L'uomo inquietante si fece avanti, le mani dietro la schiena e lo sguardo impassibile. Come la solito, Rin annuí e non protestò.
«Come mai lei non rimane?» chiese la voce acuta di Jay.
Chen sorrise, quasi trovasse la situazione interessante, scrollando le spalle ricoperte da una sciarpa viola in finta pelle di serpente: «Siamo a corto di personale, e lei era la candidata più adatta».
Alla ragazza non importava, sul serio, ma alle risate di alcuni ragazzi non poté che arrossire di vergogna.
«Mi segua» affermò Klaus, camminando verso un corridoio poco più in là.
E la Maestra dell'Empatia lo fece a ruota.
.°• [𖦹] ༄
L'imbarazzo, la vergogna, era una delle poche emozioni che Rin riteneva estremamente facili da comprendere. Non sapeva se fosse perché a lei familiare, ma di sicuro in quel momento era tutto ciò che provava.
La sua stanza era in comune con altre quattro ragazze, tutte della sua età o poco più grandi, tutte dai capelli scuri e la pelle candida come neve. Due letti a castello, e poi il suo, addossato ad un muro, le coperte rosse e rosa. Rin storse il naso, non rispondendo al saluto delle altre, e poggiando malamente la sua borsa sul materasso.
"Non sei uno dei partecipanti."
A dire la verità, non sapeva se esserne contenta o meno. Tutto ciò di cui era a conoscenza era l'immensa vergogna che aveva provato non appena quelle parole erano uscite dalla bocca di Klaus, per poi sbatterle la porta in faccia.
"E allora che ci faccio qui?" aveva trovato il coraggio di ribattere. La risposta era arrivata chiara e tonda: il baule vicino al letto era colmo fino all'orlo di vestiti della tradizione, kimono, obi, yukata . . . e al centro della stanza cinque postazioni trucco, ricche di fondotinta, cipria, ombretti e rossetti.
L'uomo aveva riso alla sua espressione incredula, quando aveva aperto la porta. "La sua famiglia è una delle più antiche di Ninjago" aveva detto, ogni parola che strideva contro il cervello della ragazza. "E siamo a conoscenza di quanto bene insegnino le arti tradizionali. Una delle nostre ragazza kabuki è purtroppo perita qualche settimana fa, e ci serviva qualcuno di altrettanta bravura."
Rin prese tra le mani un kimono rosso, osservandolo con occhi spenti e freddi.
"M—Ma . . ." odiava essere talmente debole da balbettare. "Sono una Maestra degli Elementi anch'io". Il suo sussurro era ben arrivato alle orecchie di Klaus, ma costui si era limitato a una bassa risata, come se trovasse l'intera situazione buffa, prima di scrollare le spalle e riaprire la porta da cui erano entrati: "Penso che sappia anche lei il motivo di questa scelta, signorina".
No, non la sapeva. Non voleva saperla, perché aveva la sensazione di conoscerla già.
L'aveva capito sul ponte di quella nave, e poi di nuovo in quella sala poche ore prima. L'aveva capito da come Neero si fosse infiltrato nei suoi pensieri; da come la sola presenza di Jay le avesse fatto rizzare i capelli in testa; da come ogni passo di Cole avesse creato una crepa nel pavimento; da come poteva vedere il fuoco ardere dietro gli occhi di Kai; da come il solo profumo del Ninja Verde l'avesse fatta sentire insignificante di fronte a quella che era la massima estensione del suo potere.
Era tutto in quella parola. Sempre quella stupida parola che le rimbombava in testa. Potere.
Il potere che io non ho.
Rin strappò in due il kimono rosso, così come tutti gli altri colori che le capitavano davanti. Strappò il nero, il bianco, il blu, il grigio e il verde come se fossero niente, tutto sotto lo sguardo orridito delle sue compagne di stanza. Alla fine, in fondo al baule, era rimasto solo il viola, un colore che l'aveva accompagnata per anni tra i pugni e il sangue di quel piccolo club in città, un tessuto così leggero e rassicurante che Rin si ritrovò a stringere tra le mani come il più prezioso dei tesori.
Rin odiava i colori, e odiava essere debole. Ma quello era il suo colore. E avrebbe dimostrato che era tutto tranne quello che gli altri credevano essere.
.°• [𖦹] ༄
Il pomeriggio era stranamente confortevole su quell'isola.
La temperatura era mite e non c'era un goccio d'umidità, tutte cose a cui Rin doveva abituarsi dopo le lunghe giornate passate tra i vicoli di Ninjago City.
Nonostante la sua piccola scenata in camera, le sue compagne di stanza, che aveva scoperto chiamarsi Serena, Corinne, Lindsay e May, le avevano spiegato un po' di cose sulla vita sull'isola. In particolare sulla ragazza che era morta.
Rin aveva cercato di darci meno peso possibile, ma le quattro erano chiaramente molto legate a lei e si era dovuta sorbire ondate e ondate di tristezza, dolore e sospetto rovesciarsi a dosso. Non sapevano la causa, ma Chen le aveva detto si fosse addentrata nella foresta di notte, e quindi morta per ipotermia o perché fatta a pezzi da qualche animale.
"Cazzate" aveva borbottato Lindsay.
Loro vivevano là perché non avevano altro dove andare: tutte abbandonate dai genitori quando erano piccole, e tutte senza un soldo, il signor Chen le aveva assunte in cambio della loro bravura nei balli tradizionali. Infatti, discendevano tutte da famiglie nobili di Ninjago. Come Rin, d'altronde.
In poco tempo, le avevano mostrato le stanze dove potevano entrare e quelle in cui non potevano. Non erano adibite a indossare abiti mondani se non quando erano sole nei loro alloggi, e dovevano essere sempre pronte quando Klaus le chiamava per dare spettacolo.
Rin conosceva la tradizione, e ci aveva messo poco per prepararsi con il trucco e l'acconciatura giusta. Eppure, ogni passo in quel corridoio, dopo aver detto alle altre che sarebbe andata ad esplorare, sembrava un'umiliazione sempre più grande.
Debole, debole, debole.
Non aveva mai odiato di più il suo Elemento. Chen e Klaus avevano ragione: un potere del genere come avrebbe potuto competere con quello della Terra o del Fuoco o della Mente? Tutto ciò che era in grado di fare era compatirsi nelle emozioni degli altri. Inutile.
Arrivò nuovamente nella sala principale, trovando con sua grande sorpresa che i partecipanti al Torneo erano ancora tutti là, seduti in cerchio e Chen elevato sul suo trono davanti a loro.
E poi al centro dello stanzone, in oro puro, si trovava un tabellone. Come quello delle vere e proprie gare, dov'erano segnate le sfide di ogni giorno.
Non si poteva dire che l'atmosfera fosse esattamente gioiosa: in realtà era piuttosto scialba, e a parlare era solo chi si conosceva già.
Stava per ritornare indietro (Klaus aveva detto che fra pochi minuti avrebbero dovuto esibirsi), quando dietro un angolo, nascosto nelle ombre, vide proprio il braccio destro di Chen parlare con un soldato.
Rin pensò che un giorno la sua curiosità l'avrebbe uccisa, ma anche sta volta non riuscì a resisterle, acquattandosi dietro ad un vaso, muta come un pesce.
I due parlavano in leggeri mormorii e tutto ciò che giunse alle orecchie della ragazza fu "prigioniero . . . scettro . . . torneo", prima che Klaus congedasse il sottoposto e scomparisse dietro ad una porta.
Quella faccenda le piaceva sempre meno.
.°• [𖦹] ༄
Le erano state date chiare istruzioni: balla, sorridi e poi accompagna chi ti è stato assegnato alla sua stanza.
Ballare non era un problema, sua madre le aveva insegnato ogni più minimo passo esistesse nella tradizione. Sorridere, quella era la parte difficile.
Non sorrideva da anni. Da quando suo padre era morto e aveva scoperto di essere la nuova Maestra dell'Empatia. Ne era una dimostrazione di come ogni volta che volteggiava davanti uno dei partecipanti, veniva accolta da una smorfia.
Dietro il pesante trucco tipico Rin poteva comunque percepire ogni più minima ondata di divertimento e burla nei suoi confronti. Poteva immaginare i loro pensieri.
"Sapevo non valesse niente".
"E dire che pensavo fosse forte".
Erano nella sua testa, eppure una parte di lei credeva fossero reali.
«Brave, brave!» esclamò la voce di Chen con lo stesso entusiasmo di un bambino. «Ragazze e ragazzi Kabuki, la migliore rappresentazione della nostra terra! Non trovate che siano incantevoli?».
Ad ogni parola le sembrava sempre di più di essere un animale in uno zoo, ma se significava distogliere l'attenzione degli altri da sa stessa, allora poteva accettarlo.
Il kimono viola svolazzava come una campanula intorno a lei, i capelli color dell'ebano tenuti fermi da un'elegante pinza di argento e giada, e gli occhi resi più grandi dal eyeliner che ricordava raggi di luna.
Ben presto era alle spalle degli Maestri degli Elementi e, come le era stato indicato, si avvicinò al Ninja Verde, prendendogli bruscamente il braccio e trascinandolo in avanti, come fecero anche le sue compagne di stanza e tutti gli altri danzatori.
«Ehi!» esclamò il ragazzo. Rin non rispose, concentrandosi sulla sensazione della stoffa del gi verde sotto le sue dita. Iniziò a costringerlo verso le scale.
«Loro vi mostreranno le vostre stanze!» esclamò la voce di Chen. «Vi auguro di divertirvi! E ricordate: solo uno può sopravvivere!». La risata che gli uscì dalle labbra fu giocosa e pazza, ma la ragazza non ci fece caso, troppo attenta a non incontrare lo sguardo del ninja.
Terzo piano, penultima stanza a sinistra.
Salì più in fretta che potè, le guance ancora una volta imporporate sotto la cipria bianca. Senza accorgersene aveva lasciato la presa dal braccio dell'altro.
«Tu sei la ragazza che era con noi sulla nave» parlò lui, il passo calmo e lento, osservandola di sbieco. «Non pensavo fossi qui per . . . questo».
Rin avrebbe voluto girarsi, scappare e urlare a squarcia gola fin a quando non avesse avuto più voce.
Ma si limitò ad annuire.
«Neanche io» mormorò fra sé e sé. Se il figlio di Garmadon la udì, non lo diede a vedere.
Lo vide avvicinarsi con la coda dell'occhio.
«Mi dispiace per quello che hai dovuto sentire laggiù» esordì, e Rin aggrottò le sopracciglia. Ancora un piano. «Sono tutti degli idioti».
Di tutte le cose che pensava le dicesse, quella era decisamente l'ultima sulla lista. E forse non c'era nemmeno.
Sta solo cercando di essere gentile — pensò. — Non lo crede veramente. Forse avrebbe dovuto ordinare a quella vocina nella sua testa di fermarsi, ma la verità era che non aveva più la forza per farlo. Rin aveva smesso di bloccare i suoi pensieri una volta capito fossero l'unico posto in cui essere se stessa.
Alla fine, scrollò le spalle.
«Non ti piace molto parlare, non è vero?».
Rin si morse una guancia per imperdirsi di rispondere. Zitta, zitta, zitta. Non hai bisogno di aprire la bocca, non hai bisogno di dire ad alta voce ciò che pensi, ti porta solo problemi. Specialmente con un Garmadon.
Girò il capo verso il ragazzo, solo per trovarlo a fissarla, le sopracciglia alzate e lo sguardo curioso alla ricerca di chissà cosa in lei. Eppure aveva stampato in faccia un sorrisetto amichevole che rese l'empatica ancora più confusa.
Quando continuò a non rispondere, il ninja sospirò: «Ok, capito».
Erano rimasti fermi nel corridoio e nessuno dei due se n'era accorto. Rin scosse la testa, guardando la porta alla loro destra: «Qui» disse, mettendo la chiave che le aveva dato Klaus nella toppa e girando.
Anche lei viene presa alla sprovvista dalla magnificenza della camera.
Ai loro piedi correva un tappeto verde di pregiata fattura, così com'erano verdi le coperte del letto, gli arazzi e un mini frigobar.
«Wow» esclamò, e Rin gli rivolse un'occhiata guardinga.
Il ninja fece un passo e rischiò di scivolare sul pavimento appena cerato. «Wooah!».
Due secondi dopo, la ragazza aveva assicurato le mani intorno alla vita dell'altro. «Attento» mormorò, fredda e pungente. Lo superò, poggiando sul letto la borsa piena di vestiti che portava per lui.
Quando si girò, il suo viso era talmente rosso che Rin provò una scarica di vergogna correrele su per la schiena. Rabbrividì. Questa volta non era lei quella in imbarazzo, eppure la sensazione che le scorreva nelle vene era ancora più forte.
«Posso farti una domanda?».
Rin sollevò lo sguardo, unendo le sue iridi scure a quelle fluorescenti di lui. La fissava con genuino interesse, saltando da un piede all'altro, come se non riuscisse a stare fermo. Era un ragazzo incredibilmente affascinante per la sua età, con quei capelli biondi, quel fisico perfetto e quegli occhi magnetici. Una parte di lei ne restò quasi impressionata.
«No» rispose, e uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.
.°• [𖦹] ༄
Il resto del pomeriggio era stato piuttosto tranquillo.
Aveva passato il tempo a parlottare con le sue compagne di stanza, e, con sua grande sorpresa, aveva scoperto che alla fine non era così difficile parlare con loro. Erano gentili e rispettose, specialmente quando la conversazione sfociata su argomenti delicati. Rin ne era grata.
Appena dopo pranzo aveva scoperto che lei e le altre si sarebbero esercitate nel ballo ogni sera alle 18:30, puntualmente nel salone d'ingresso e puntualmente vestite in abiti tradizionali.
Chissà cosa starà facendo mamma a casa — si chiedeva. Dopotutto manco già da due giorni.
Senz'ombra di dubbio era andata fuori di testa, e questa volta non la poteva proprio biasimare. Probabilmente lei e la nonna avevano mobilitato l'intero corpo di polizia di Ninjago City per cercarla.
«Ci vediamo a cena!» la salutò May, alla quale Rin ricambiò con un sorriso.
Iniziò a sistemare le bottigliette d'acqua e gli attrezzi di riscaldamento lasciati in giro per la sala: a quanto pareva, l'ultima arrivata sistemava le cose delle altre per una settimana.
«Ne è proprio sicuro, Maestro?».
Sobbalzò alla voce di Klaus. «Di sicuro una tattica del genere sarà più efficace, ma è molto più rischiosa—».
«Ma è proprio per questo che è geniale!».
Rin non perse tempo a nascondersi dietro uno dei pilastri che sorreggevano le scale, in attesa e curiosa come sempre.
Chen e Klaus spuntarono da dietro un angolo accompagnati da due guardie.
«Nessuno ha sospettato nulla fin ora! E per quanto ti roda, mio fedele amico, Skylor sta facendo benissimo la sua parte! Anche meglio della tua, devo dire. Si può sapere quanto ci vuole per trovare quest'incatesimo?».
Ogni parola era più intrigante delle altre, ma l'attenzione di Rin era stata catturata dallo splendido scettro che il padrone dell'isola teneva in una mano.
A forma di serpente, tra le sue zanne brillava un enorme diamante, la luce che si rifrangeva su di esso che creava una miriade di giochi di colore.
Era talmente concentrata sull'oggetto che non si era accorta di aver attivato le sue abilità: un'ondata di ambizione la colpì fino alle ossa, facendole saldare la presa sul marmo della colonna.
Che cosa strana. Quelle erano di certo le emozioni di Chen, ma al di sotto di esse c'era qualcos'altro, qualcosa di più sottile e leggerlo, ma era lì. Lì per lì, Rin lo paragonò a un vento gelato. Era pungente, ma andava e veniva, come se fosse indeciso se farsi sentire da lei.
Più si concentrava e più capiva provenisse dallo scettro.
Subito, percepì una scarica di adrenalina percorrerle la schiena. Non aveva mai visto un manufatto del genere, ma emanava potere. Molto di più di quanto ne avesse mai visto in vita sua.
«La mia biblioteca è fornitissima, Maestro, ma temo che un incantesimo di suddetto livello sia alquanto peculiare, e quindi complicato da reperire».
«Ah, sciocchezze!» esclamò Chen, sedendosi sul suo trono. «Sei riuscito a trovare il mio scettro! Sono certo che per te, qualcosa di banale come una formuletta, sia un gioco da ragazzi!».
La frustrazione di Klaus era palese anche senza l'uso dei suoi poteri. Lo stregone si congedò con un inchino e uscì dallo stanzone.
Rin stava per fare lo stesso, quando la risatina di Chen la congelò sul posto. Letteralmente.
La ragazza guardò ai suoi piedi, vedendoli imprigionati in uno spesso strato di ghiaccio.
«Mia cara!» squillò la voce dell'uomo. «Che piacere averti qui! Vieni, vieni!».
Non riusciva a muoversi.
«Ops, giusto, colpa mia!» ridacchiò, e poco dopo il giacchio si stava muovendo, trasportandola dolcemente verso il centro della sala.
Una parte di lei andò nel panico: cosa stava succedendo? Cosa aveva visto? Puntò gli occhi sullo scettro nelle mani dell'uomo e deglutí. Le avrebbe fatto del male? L'idea la spaventava a morte, gli istinti umani che ribollivano nel suo cuore, che batteva all'impazzata.
«Mi scusi» provò a dire. «Non— non volevo orogliare ma—». Iniziò a sudare freddo quando il ghiaccio le risalí fino alle ginocchia. Non sentiva più le gambe.
«La prego». Stava implorando, adesso, e invece di speranza non provava altro che paura. Patetica, patetica, patetica. Sapeva di non poter scappare, ed era la cosa peggiore. Debole, debole, debole.
Chen era lì davanti a lei che la osservava con un luccichio malsano negli occhi. Eppure, invece di divertito, pareva quasi . . . deluso.
«Oh, povera piccola! No, no! Non ho intenzione di farti del male, al contrario! Ti ho portato qui sulla mia isola per farti un favore!». Il cuore batteva all'impazzata nel petto di Rin, ma questa volta non fu solo per paura. «Forse ti sarai chiesta il perché della tua . . . situazione rispetto gli altri. Ma che dico "forse", sicuramente!» ridacchiò. «La verità è che questo torneo è molto più di quello che dà a vedere, come di certo te ne sarai accorta. Lo vedi questo?» e sollevò lo scettro. «È un manufatto molto antico, mia cara, risale alla prima guerra contro le Serpentine, e veniva usato per ampliare il potere dei Maestri degli Elementi per combattere e bla bla bla, tutta storia noiosa, non è quello che mi interessa!».
Rin esaminò il ghiaccio che la bloccava, e aggrottò le sopracciglia. Se quel coso potenziava i poteri degli elementi, allora Chen doveva esserlo lui stesso, un Maestro. Ma non era possibile: tutti a Ninjago conoscevano il sacrificio di Zane Julien, il Ninja Bianco, nonché Maestro del Ghiaccio. E non le risultava che più detentori dello stesso elemento potessero coesistere, anche perchè ciò avrebbe reso Chen e Zane imparentati.
Scosse la testa, confusa.
«Come posso dirtelo in maniera efficace . . . uhm . . . ah, sì! Questo adorabile gingillo assorbe gli elementi!». Rin non potè che essere presa alla sprovvista. «Lo so, lo so! Non lo trovi prodigioso! Prima un Maestro ha il potere nelle sue mani e poi puff! È tutto così eccitante!».
«Tu hai rubato l'elemento del Ghiaccio» mormorò la ragazza, guardando la superficie trasparente che correva per tutta la sala come se fosse un errore. Battè le palpebre: «Ma è impossibile!» si ritrovò ad alzare appena la voce, sollevando lo sguardo per incontrare quello folle di Chen. «Il Maestro del Ghiaccio è morto mesi fa! Lo sanno tutti. Non- Non puoi avere il suo potere».
«Mia cara Rin». Sobbalzò al suono del suo nome. «C'è tanto che non sai o che semplicemente ignori, il mio obiettivo non è fare del male . . . la contrario! È dare a chi è come me un'opportunità di sentirsi . . . completo, come sono tutti i Maestri degli Elementi!».
Con un piccolo sbuffo, Rin distolse lo sguardo: «Non capisco come questo abbia a che fare con me».
Lei era una di loro, era la Maestra dell'Empatia. Anche se continuava a capire il motivo della sua posizione: se Chen avesse voluto il suo potere, perché non farla partecipare al torneo? Sarebbe stata eliminata al primo round e sarebbe finita lì.
«A dire la verità, signorina Lancaster, non avevo intenzione di dirti queste cose!» rise e scese dal piedistallo. «È stato qualcosa di inaspettato, persino per me! E per questo devo farti i miei complimenti, non tutti sono in grado di prendermi alla sprovvista, ma tu, mia cara ragazza, ci sei riuscita! Mi sono sempre piaciuti i guastafeste, danno sempre un sapore in più alla vicenda!». Si avvicinò a lei, e Rin percepì il ghiaccio sciogliersi ad ogni suo passo. Pochi secondi dopo era libera e quasi crollò in ginocchio, le gambe addormentate. «Che ne dici di unirti a me e alla mia causa?».
Fece un passo indietro per la sorpresa e quasi cadde. «Cosa?».
«Unirti a me! Farmi da . . . aiutante, spia, come mia figlia Skylor! Non dirmi che non hai mai desiderato il potere che chiunque qui dentro possiede tranne te!».
Rin era così scossa che non registrò l'nformazione appena ricevuta. «Ma io—» cercò di darsi un contegno, ma le mani non smettevano di tremare. «Io sono già la Maestra dell'Empatia». Ed è abbastanza?
L'affermazione sembrò divertire Chen ancora di più: «Oh, sappiamo entrambi che c'è di meglio! Non credi che creare fuoco, fulmini o acido dalle mani sia un tantino più . . . come dite voi giovani . . . figo! Ecco! Un tantino più figo? Cosa sai fare tu? Non riuscire a dormire la notte perché la pena altrui ti tiene desta?».
Sulla nave, la ragazza aveva percepito il potere degli altri Maestri, come ogni loro passo fosse impregnato della loro energia, così tanta da poter far saltare in aria l'intera isola.
Strinse i pugni, continuando a evitare gli occhi dell'uomo.
«Non si può rompere l'equilibrio del mondo in questo modo» trovò il coraggio di dire. «Un Maestro è nato con un determinato elemento perché è parte di lui e fa parte di ciò che è». Quante volte sua nonna glielo aveva ripetuto?
«E dov'era l'equilibrio, mia cara, quando sei stata costretta a ereditare i poteri di tuo padre?».
Uno scatto e il peso dello sguardo di Rin si era posato sull'uomo. Voleva urlare, avere la forza di chiudergli il becco, la sicurezza per dimostrargli che non poteva . . . non doveva permettersi di—
«Esatto!» eclamò, come se avesse ricevuto la risposta che sperava. «Il mondo non è lento, non è innocente e di certo non aspetta . . . per questo quelli come noi, come te, devono prendersi da soli quello che meritano! E alla fine, non è molto più divertente?».
Rin non sapeva se divertente fosse la parola giusta.
Osservò lo scettro, come brillava alla luce delle torce, come pareva bisbigliarle all'orecchio. Ripensò agli incubi, ai desideri, alle disperate richieste d'aiuto ad un Dio che era stato detto avesse creato Ninjago e l'elemento che scorreva nelle sue vene da quando era nata. Le preghiere, le suppliche, la fame, il sangue e il panico.
Forse fu la prospettiva di una soluzione, forse la consapevolezza della possibilità che aveva cercato per tutta la vita. Sta di fatto che Rin, in quel momento, seppe la risposta.
«Dimmi cosa devo fare».
—— angolo autrice!
non pesavo che questo capitolo sarebbe stato così lungo lmao. ma spero vi sia piaciuto <3
che dire, sapete che mi piace prendere strade "inaspettate" (anche se probabilmente si era capito dove stavo puntando-).
e niente, ricordate di votare, commentare e condividere!
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