𓏵terrible memories𓉸ྀི

Prologo
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Tutto attorno a me richiamava solo del bianco caldo e del nero gelido, solo quei colori erano visibili alla mia vista e niente sarebbe cambiato da quella visione. Seduta a gambe incrociate sul mio letto, guardavo riluttante la nota attaccata sul bordo della finestra con su scritto «Sono Yama Kuroshiro e sto passando il mio undicesimo anno di vita felicemente» chiedendomi perché l'avessi scritta. Una bambina così piccola che non vede un sorrido uscire dalle sue labbra da più di sette mesi era sono un rifiuto miserabile, io non dovevo contare come persona se così giovane sono già così ridotta male. Distolsi lo sguardo da quella stupida menzogna, e provai a rilassarmi chiudendo gli occhi neri e vuoti che forse un tempo erano di un radiante azzurro, o forse di un marroncino chiaro, per poi vedere solo dell'oddibile e monotono nero. Vuoto totale eccetto una figura poco visibile : per quanto fosse scura in contrasto con quello sfondo spento, si riusciva a capire che era un uomo sulla quarantina, il suo sorriso bianco cadavere faceva brezza sul suo volto assente. Ed accanto a lui la stupida. La stupida ragazzina dalle codine nere tenute da due grandi fiocchi bianchi, vestitino nero con merletti e dei grandi occhi vuoti pieni di ammirazione verso l'uomo. Che ragazzina stupida che era e che rinnego di esser stata. Ella si fidava dell'uomo e quando esso la invitò a seguirlo per andare a fare compere assieme, lei si buttò a capofitto per andare assieme a lui. Fino a quando in quel vicolo buio e sconosciuto, dove chi ne entrava ne usciva muto, lei per la sua ingenuità si fece fare del male da chi lei ammirava di più. Grida di sofferenza inudibili, solo lo sguardo compiaciuto dell'altro e la lussuria nel suo crudele pietoso sorriso. Sembrava durare in eterno ed una volta che esso si stancò mollandola lì a gemere come una cagna, lei riuscì solo a riprendere le sue vesta sentendosi orribilmente stanca, disgustata e prima di poter dire nulla sul fatto. Ma tutte le volte che passava da quel vicolo la mano dell'uomo minacciosa che la trascinava lì, e lei senza provare a contestate si faceva fare danni da quel mostro.
Succedeva e succedeva, lei lo lasciava succedere perché non sentiva l'ombra della sua bocca per settimane dopo l'accaduto, e non aveva le forze per effettivamente dire nulla.
Se ci penso era successo anche il mese prima, perché sono così stupida da non avere riguardo e reagire. Così facendo mi rovinerò. Ma adesso che provavo a focalizzarmi su altro dopo quella riflessione non riuscivo. Continuavo a vederlo prendersi gioco del mio gracile corpo, ricordandomi come lui fosse la causa del mio isolamento dalla società e dai colori che ne riempivano le strade. Adesso c'era solo male nero e sofferenza bianca. E quella volta forse scappare dai ricordi non avrebbe funzionato. La mia punizione forse era finalmente iniziata, per farmi pagare più del dovuto i miei stupidi e continui atti puramente ingenui.

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