言葉

(T/n) guardava Giyu con apprensione. Le sue parole non lo avrebbero raggiunto. C'erano sempre state molte incomprensioni tra loro.

In passato erano stati amici, ma Giyu non aveva ne aveva mai compreso il perché. Sia (T/n) che Sabito continuavano ad avvicinarsi a lui, ma lui non sapeva quali fossero le parole adatte per accogliere i loro inviti. A volte però le parole non erano necessarie.

Bastava un sorriso, uno sguardo, uno schiaffo. C'erano tanti modi per far sì che Giyu capisse. 

(T/n) spostò velocemente la propria mano. Afferrò il polso del corvino. Lui non si ritrasse.

"Giyu, tu..." 

Giyu evitava il suo sguardo. I suoi occhi color zaffiro erano concentrati su altro. Osservavano la mano stretta intorno al suo polso, la lunga manica bianca dell'haori della ragazza, su cui erano ricamati dei fiori di ciliegio. 

Cosa avrebbe voluto dirgli?

Come avrebbe dovuto dirglielo?

Giyu non avrebbe creduto comunque a qualsiasi tentativo della ragazza di confortarlo. Era sempre stato così.

Sabito era il loro intermediario. L'unico in grado di garantire tra loro una comunicazione fluida, senza fraintendimenti. Senza di lui, (T/n) non sapeva quale fosse il modo corretto per farsi comprendere da Giyu.

Giyu era estremamente ottuso. Completamente e fermamente convinto di essere nel torto, di essere quello inadatto. Una convinzione dettata da perdite di cui si riteneva colpevole. Colpevolezza infondata.

(T/n) lo sapeva. Lo sapeva bene. Anche Sabito lo sapeva. L'unico a non rendersene conto era Giyu. Non era in grado di capire quale fosse la propria importanza; di quanto fosse importante per i suoi amici, per sua sorella. Non aveva alcun indizio, o meglio, non era in grado di vedere alcun indizio. Non si riteneva all'altezza dell'affetto che le persone che aveva conosciuto avevano dimostrato nei suoi confronti.

Non si riteneva all'altezza di essere un Pilastro. Non si riteneva all'altezza di servire la famiglia Ubuyashiki ed il Corpo Ammazza-demoni sotto quel nome. 

(T/n) avrebbe voluto gridargli conto quanto si sbagliava. Quanto lei lo ritenesse abbastanza. Quanto lo avesse sempre ritenuto tale. 

C'era stato un periodo in cui erano in grado di comprendersi. Prima che Giyu e Sabito partissero per prendere parte all'esame finale e dopo l'arrivo di (T/n) presso l'abitazione del precedente Pilastro dell'acqua, Urokodaki. Erano in grado di comprendersi, ma erano troppo diversi perché ciò potesse durare.

Giyu preferiva continuare a rifiutarsi di andare avanti, di ripetersi costantemente quanto lui fosse il colpevole della morte di sua sorella Tsutako, di quanto lui non si meritava di essere sopravvissuto. Non riusciva ad oltrepassare quel senso di colpa che lo teneva sveglio le notti, accompagnate soltanto dal suono sommesso dei suoi pianti.

(T/n) conosceva la realtà e conosceva anche quanto essa potesse essere complicata ed ingestibile, talvolta. Ma non voleva arrendersi, anche se significava strisciare nel fango, senza mai fermarsi. In questo lei e Sabito si somigliavano. Combattevano, senza cedere di fronte alla disperazione, benché fossero solo entrambi dei bambini.

Giyu, da parte sua, non sarebbe stato in grado di trovare una risposta, indipendentemente da ciò che gli avrebbe detto (T/n). Nonostante tutto, era felice. 

Era felice di vedere che almeno lei stesse bene. Non avendola sentita per anni, aveva temuto per la sua vita, eppure, vedere di fronte a sé, lo aveva rassicurato. C'era ancora qualcuno. Si allarmò. 

C'era ancora qualcuno che avrebbe potuto perdere.

Un altro nome da aggiungere alla lista di persone che non era riuscito a salvare. Era un pensiero insopportabile. Odiava questa possibilità

"Tomioka Giyu, prendimi come tuo tsuguko!" esclamò (T/n), con rinnovato fervore.

Giyu rimase immobile a fissarla. Perché?

Era la domanda che rimbombava nella testa del Pilastro dell'Acqua. Una domanda che ne racchiudeva molteplici altri. 

Perché rischiare la propria vita?

Perché affrontare un addestramento duro come quello di uno tsuguko?

Perché lui tra tutti i Pilastri a cui avrebbe potuto chiedere?

Perché volere combattere i demoni?

Perché abbandonare quel villaggio così pacifico?

Perché privarsi della vista degli alberi di ciliegio che si estendevano a perdita d'occhio ai piedi della montagna?

Perché tutto ciò pur di stare con lui?

Perché?

"Verrò con te, qualunque sia la tua risposta."

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