95: Young woman.
È solamente la seconda lezione con Francisca Sophomoore, ma capisco già il livello in cui mi trovo: sono una specie di principiante. Brava a imitare le cose che mi si pongono davanti, impedita a crearne di nuove. Durante la prima mezz'ora, nella quale Francisca ci introduce la tecnica del giorno, il puntinismo, la nostra insegnante ci parla degli artisti più famosi che hanno utilizzato questa tecnica, come è stata creata e come crearla. Passata mezz'ora, lei si mette di fronte alla sua tela e ci mostra come tenere il pennello, come distribuire il colore, ma anche come realizzare gli schizzi e come progettarli nel migliore dei modi, creando composizioni armoniose, non pacchiane né vuote o imprecise. Finito ciò, ci permette di fare una breve pausa, durante la quale io prendo un caffè con Daniel e parliamo di fotografia, poi spendiamo le due ore successive a disegnare. Oggi, fortunatamente, dobbiamo dipingere un paesaggio, e decido di optare per la stanza che avevo affittato a Washington, teatro dell'inizio dell'amore tra me e Tyler. Dato che devo ricopiare qualcosa che esiste già, lo schizzo mi riesce in breve tempo e risulta buono. Francisca si complimenta con me e poi mi lascia colorare: faccio piccoli puntini, stando attenta a lasciare abbastanza spazio per potervi poi inserire colori più scuri o lasciare gli spazi vuoti, creando i punti luce. Ad un certo punto, una ragazza dai capelli neri e liscissimi, Ivonne, chiede se si può ascoltare della musica, e per tutta risposta, Francisca mette un disco di vinile in un gira dischi, facendoci sentire della musica classica. -Per fare delle opere del genere, serve pazienza, e cosa c'è di meglio della musica classica? Su, continuate- poi si mette a camminare in punta di piedi per l'enorme sala vetrata piena di sculture iniziate, schizzi di colore e strumenti da disegno. Vorrei poter fotografare il momento durante il quale le mani di Francisca si posano delicate come farfalle sul profilo di una scultura raffigurante una giovane donna. Osserva l'opera con occhi pieni di emozioni, e il sole illumina la scena nel modo giusto, come sempre. Questo atelier sarà anche momentaneo, ma è stato costruito per essere apprezzato in tutte le sue più piccole e varie sfaccettature. Appena Francisca ci congeda, io la saluto e scendo la scale velocemente, per poi incontrarmi con Tyler fuori dall'atelier. -Ciao- mi saluta mentre mi fiondo tra le sue braccia:-Ho disegnato la stanza di Washington, oggi- lui mi sorride, prendendomi la mano e portando entrambi verso l'auto, parcheggiata poco più avanti. -Puoi portarlo a casa, una volta finito?- io annuisco, pensierosa: chissà se oggi Tyler è libero, o deve aiutare suo padre. -Come tutti i quadri che faccio, sì- e lui annuisce contento, accendendo la radio e mettendo "Remember". -Sei pronta per stasera?- lo guardo interrogativa, e lui si spiega:-Ti sei scordata della cena con mio padre?- io spalanco gli occhi preoccupata e allarmata, facendolo ridere di gusto. -Dovevamo andarci domenica, ma poi ti ricordi che ho dovuto coprire il turno di un mio collega, no? Beh, avevi detto "possiamo andarci venerdì, dato che il prossimo ho il corso di pomeriggio e possiamo direttamente andare da là"- mi do uno schiaffo sulla fronte, ricordandomi perfettamente delle mie parole. -Ecco perché eri così elegante!- dico, riferendomi alla camicia blu scura infilata dentro i pantaloni neri, che non sono jeans, per una volta. -Passiamo veloci da casa, tanto non abbiamo deciso un orario specifico- lo ringrazio e mi aggrappo alla macchina mentre fa una velocissima inversione a U, spaventandomi ma facendomi fare un'urletto adrenalinico. Non abbiamo un orario specifico, ma Tyler mi fa capire che vuole essere dal padre il prima possibile. -Tieniti forte- ribatto a quell'esclamazione dicendo:-L'hai detto tardi!- ma poi vedo il suo polso scattare sul cambio, e il suo sguardo farsi competitivo: seguo la traiettoria dei suoi occhi e vedo il semaforo farsi giallo. -Vai, vai!- lo incoraggio, facendo passare la macchina ad un filo dallo scattare del semaforo rosso, scoppiando una risatina di entusiasmo. Divento davvero una bambina, al suo fianco. Cerco di convincermi che lo faccio perché mi diverto e non perché mi trovo completamente a mio agio.
Mi faccio una doccia veloce, mi lego i capelli in una mezza coda, lasciando qualche ciocca volutamente libera, e mi trucco un po' più del solito: cerco di non far tremare la mia mano mentre disegno due sottili linee di eyeliner, che mi vengono un po' sprecise ma decenti, poi mi coloro le labbra con una tinta del loro stesso colore, intensificandolo, e spargo una leggera linea di brillantini sugli zigomi. Mi metto una maglia aderente nera, un paio di pantaloni rossi che mi aveva fatto comprare Arleene, una cintura per permettere di farli stare al loro posto, e i miei anfibi neri. Mi sistemo un paio di braccialetti, sempre comprati su consiglio di Arleene, e mi guardo allo specchio: forse, per una volta, non sembro un cadavere, ma semplicemente una giovane donna. Prendo il profumo che mi ha regalato Tyler una settimana fa, al mango, e me lo spruzzo sul collo; quando esco, mi sento una diversa me, e quando Tyler mi vede, mi fa capire che effettivamente sono diversa dal solito. -Porca troia...- dice, per poi aggiungere:-Menomale siamo tornati a casa- io arrossisco come una bambina di dodici anni. -Hai il mio profumo?- chiede, e io mi avvicino per farglielo sentire:-Andiamo, o faremo più ritardo di quanto non ne stiamo già facendo- lui annuisce e prende le chiavi, senza staccarmi gli occhi di dosso. -Usciamo con mio padre più spesso?- commenta infine, per poi aprirmi la porta mentre mi tengo la pancia dalle risate.
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