9: Let's hit.
"Cazzo" è la parola che risuona nella mia testa mentre sento i passi degli inseguitori alle mie spalle: questi stronzi non si decidono proprio a dividersi, e io devo affrontarli uno ad uno per uscirne indenne. Le pareti e i muri mi attraggono come non mai, vorrei tanto saltare e aggrapparmi alle depressioni delle pareti come solo io so fare e sparire sopra i tetti delle abitazioni, eppure i miei pugni bramano la loro pelle rovinata dal fumo e dalle droghe e quando ho questo bisogno, devo continuare a sfrecciare per i cunicoli invisibili della città. Voglio vedere il sangue colare dalle mie mani, le mie nocche distruggersi dalla forza che metto in ogni colpo, e voglio raccogliere con le mie braccia i corpi privi di sensi di quei bastardi traditori. Perché voglio picchiarli a sangue? Beh, perché hanno detto al capo del mio pub preferito che erano due mesi che non pagavo le bevande che consumavo, che non pagavo un singolo spettacolo di strip dance, e gli hanno pure detto che mi sta sul cazzo.
Hanno detto la verità, ma io quei soldi non li ho, non ancora.
E dopo averli stuzzicati un po' alla mia maniera, loro hanno iniziato a rincorrermi ed è da mezz'ora che stiamo correndo per San Diego, anche se loro non sono ancora stanchi. Ma nemmeno io. Tutti credono che, con il mio metro e novantasei di altezza e la mia corporatura longilinea e magra non sappia tirare un pugno, ma grazie a mio padre che, alcolizzato fino alla punta dei capelli, tornava a casa, me ne dava di santa ragione e io mi difendevo sempre, a volte perfino tramortendolo, ho imparato come vincere un combattimento con facilità. Mia madre era troppo pacifica per fermare le risse che si creavano in casa o lamentarsi contro suo marito, quindi puliva tutto il casino che creavamo e ci medicava, facendoci sembrare una famiglia perfetta. Così, adesso mando k.o. tutti quelli che mi intralciano la strada, e anche se la mia strada è piena di pub, puttane e brutti giri, è la mia strada e la percorrerò finché non troverò la fine.
Mentre sto correndo come un pazzo in una stradina che puzza di morte e di spazzatura, Sept ("quel bastardo puttaniere") urla ansimante:-Dividiamoci e picchiamolo!- per poi fermarsi e far continuare gli altri. Ecco la mia occasione. Molti si fermano e prendono altre vie, mentre un paio di uomini continua a correre dietro la mia scia. Trovo un muro di fronte a me e lo salto, usando un bidone come scalino: dai tre metri di altezza vedo tre uomini tarchiati che si fermano increduli, e prendo la palla al balzo. Mi piego, mi do lo slancio e allargo le gambe, facendo finire i miei piedi sulle teste di due dei babbuini che mi rincorrevano, facendoli schiantare a terra con un tonfo sordo, profondamente soddisfatto sentendo che respirano molto più lentamente; "svenuti al primo colpo: ben fatto". Il terzo, il più grande di tutti, mi fa cenno di venirgli incontro, e non esito, caricando il braccio: lo vedo pronto a prendermi il polso e slogarmelo, e lo colgo di sorpresa quando sente un calcio sullo stomaco. Arranca tossendo, e vado giù con i pugni, mentre un senso di leggerezza mi invade la mente e le mie raffiche di colpi gli spaccano la mascella, lasciandogli sanguinare la bocca. Mi sputa il sangue addosso e benedico me stesso per non essermi messo la mia giacca di pelle, altrimenti avrei potuto anche uccidere questo bestione. Trova la forza di tirarmi qualche pugno, spaccandomi un labbro e creando un livido sulla tempia, ma poco importa quando lo atterro e pongo fine al suo dolore, facendolo svenire. Mi pulisco le mani e mi arrampico sulla prima parete che trovo, decidendo che per oggi è abbastanza. Corro sui tetti e usando le grondaie salto da una casa all'altra, ma il destino vuole che durante l'ultimo salto la grondaia ceda sotto il mio peso e mi faccia cadere, facendomi togliere il fiato all'atterraggio su dei bidoni di ferro. Chiudo gli occhi e mi godo la pace istantanea, poi sento dei passi e una risatina: spalanco le palpebre e mi trovo mezza dozzina di uomini, gli stessi che mi inseguivano prima, pronti a picchiarmi. Sept è davanti a tutti e sembra davvero convinto di sembrare un capo duro e pronto a uccidere: in realtà è gay, ama i colori pastello e vive felicemente con due gattini piccoli (sì, l'ho hackerato, ma mi diverte la sua vita privata tutta rosa e fiori). Mi alzo, mi aggiusto la schiena un attimo, e faccio ciò che mi riesce meglio: mi arrampico per la parete della casa, fortunatamente in mattoni, e mi do uno slancio per saltare l'orda di uomini mezzi scemi. Le gambe mi bruciano ma non me ne frega nulla, e raggiungo velocemente l'auto: è già aperta e pronta per me, e quando salgo, urlo a Rich di partire.
-Allora,com'è andata?- mi dice il mio unico amico, porgendomi una bibita energetica. -Bene. L'astinenza invece va peggio- gli dico, bevendo quell'ambrosia divina. Da due settimane ho smesso con le droghe, e dopo dieci giorni a letto, costantemente sudato e a rimettere liquido, la situazione è leggermente migliorata e passo l'Inferno solo quando l'adrenalina non è in corpo: per circa una settimana devo nutrirmi unicamente con bevande e cibi energetici, che mi diano caffeina e mi diano la forza di affrontare questa merda. -Dove andiamo?- gli chiedo, e lui ride. -A casa. Stasera sono al pub, se vuoi venire dimmelo che ti prendo una ragazza- scuoto la testa, seccato. Vorrei andare all'università, quindi è meglio se la smetto con queste cazzate:-Dì a Klaus che i soldi gli arriveranno dopodomani, e scordati di vedermi in un altro pub, da oggi per un po'di tempo- sorride e scoppia a ridere. -Vuoi davvero andare a New Orleans? Tornare da tua madre?- annuisco, mentre il respiro torna regolare e la schiena inizia a pulsare per la caduta. -Non ora, ma verso gennaio voglio tornare là, e cercare di combinare qualcosa nella mia cazzo di vita. Prima però, devo sistemare tutte le faccende qui- Rich continua a ridere, e gli tirerei volentieri un pugno in quel bel visino scuro e perennemente felice, e dentro di me so che lo picchierei solo perché sono invidioso della sua felicità.-Tu le chiami faccende, tutti gli altri gli chiamano debiti. Amico, hai almeno 50.000 dollari da dare a tutti quelli che ti hanno aiutato con le spese- annuisco mentre il dolore mi lancia fitte profonde dappertutto, facendomi dimenticare come si fa a respirare. -Dammi un antidolorifico o qualcosa- lo supplico, mentre tento di tenere gli occhi aperti, e caccio un urlo quando mi tocca la spalla. -Chiamo Madison, un bel massaggio dei suoi ti servirà- dice, e non ci vedo più. Il dolore, lancinante e distruttivo che circola nel mio sangue, diffondendosi lungo le periferie, mi acceca e mi assorda al tempo stesso, accogliendomi tra le sue mani rosso sangue, e mi sento cullare mentre cado nell'oblio. Adesso so cosa vuol dire perdere i sensi, e mi piace.
Sento delle abili mani, piccole e familiari, che stanno facendo miracoli sulla schiena: gli antidolorifici sono serviti, ma il massaggio di Madison serve per sciogliere i muscoli perennemente tesi e per farmi tornare come prima. -Grazie- mormoro, e vedo il sorrisino della ragazza mentre mi risponde:-Tutto per te, G- e continua il suo massaggio. Appoggio di nuovo la testa sul cuscino e tento di rilassarmi, senza riuscirci, mentre le mani di Madison pressano dolcemente la mia pelle, incitandomi a riposarmi, e mi addormento di nuovo, in un limbo tra dolore e piacere. L'ultima cosa che vedo sono le labbra scure di Mad e i suoi occhi verdi che saettano sulle mie spalle, che noto coperte di tagli e sanguinanti come non mai; sorrido pensando che la mia vita è questa, un misto di brutti ceffi, brutte cadute e brutte ferite, e io sono qui ad incassare colpo su colpo, resistendo a denti stretti, anche se l'unica cosa che voglio fare è abbandonarmi alla pioggia di colpi e finirla.
Eccomi qua con l'atteso capitolo. Adesso abbiamo scoperto un'altra vita che si auto distrugge, come quella di Eleanor. Volevo aspettare prima di pubblicare questo capitolo, ma non ho potuto resistere; scusate gli errori, spero vi piaccia e lasciate pure una stellina, o fatemi sapere attraverso un commento che ne pensate e se avete qualche consiglio. A presto ;)
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