89: This morning.


Questa mattina, non mi sveglio come ieri. Stacco la guancia dal cuscino, rigido date le lacrime asciutte, e mi tolgo i capelli dalla faccia, incollati dalla saliva e dal pianto. Sento gli occhi gonfi, il naso colare e il labbro inferiore spaccato in mille taglietti fatti dai miei denti. Tyler non è sdraiato di fianco a me, perciò la tristezza del ricordo di ieri notte viene moltiplicata dalla solitudine del mio risveglio. Dopo essere tornati a casa, io mi sono messa a piangere appoggiandomi alla penisola della cucina, e ad un certo punto i miei singhiozzi erano talmente forti che, mentre cercavo di respirare dalla bocca, ho sentito un conato salire, e ho vomitato sul bel pavimento piastrellato. Tyler mi aveva tenuto i capelli, poi mi aveva pulito la bocca con un po' di scottex, mi ha preso in braccio senza troppi convenevoli e mi ha portato a letto. Le sue braccia sono l'unico ricordo positivo della serata, intente a cullarmi mentre lui mi sussurrava parole dolci, di conforto, che erano sormontate dai miei gemiti di dolore e quindi per me incomprensibili, ma che mi hanno aiutata a calmarmi e successivamente, ad addormentarmi appoggiata interamente su Tyler, che continuava a sussurrarmi che andrà tutto bene. Io gli ho creduto e gli crederò sempre, perché finora non ha mai tradito le sue parole.

Raggiungo il bagno in punta di piedi, mi tolgo i vestiti sporchi e umidi, e mi faccio una breve doccia, togliendomi tutta la disperazione che mi era rimasta addosso e per lavarmi i capelli, appiccicosi dal pianto. Una volta uscita, mi lego i capelli in uno chignon e mi metto una maglietta di Tyler, la più vicina che trovo, insieme ad un paio di mie mutande, pulite, per poi camminare lentamente in soggiorno, cercando con tutta me stessa Tyler. Come al solito, ha la testa fra le pagine di un libro, che scopro essere "Paura liquida" di Bausman, un filosofo che conosco e che ho letto. Appena mi vede, appoggiata all'enorme libreria stracolma di volumi, arrossisce:-Come stai?- domanda, schiarendosi la voce. -Adesso bene, davvero. Grazie- gli dico, avvicinandomi e sorridendogli. Il suo sorriso è rassicurante e comprensivo, ma non compassionevole, mentre chiude il libro e allunga una mano verso di me, per poi prendermi il braccio e farmi sedere sulle sue gambe. Capisco dalle guance rosse che in realtà voleva farmi sedere sul divano, e ridacchio quando ammiro da vicino il suo tentativo di nascondere l'imbarazzo:-Che c'è?- gli chiedo, divertita. -Lasciamo perdere. È solamente un bel risveglio, per entrambi- mi risponde, e quando mi sistemo sulle sue gambe, sento l'impluso di abbracciarlo. Sono maturata tanto in questi mesi, eppure di fronte a Tyler mi sento e mi comporto come una bambina. Lui mi stringe forte intorno alle sue braccia, massaggiandomi la schiena e sciogliendo i miei muscoli, rigidi come dei pezzi di legno. Sto per piangere di nuovo quando sento un suo leggero bacio dietro l'orecchio, sull'unico tatuaggio che ho, e mentre trattengo il groppo in gola, Tyler mi tradisce:-Eleanor, non far finta di stare bene. Mai. Soprattutto di fronte a me- mi gira leggermente la testa mentre cerco di capire se le lacrime che mi annebbiano la vista sono causate dalla nostalgia, dalla tristezza, dalla rabbia o dalla gioia. Appena Tyler cerca i miei occhi con i suoi e, guidata di nuovo dall'impulso, gli prendo il viso cesellato tra le mani, capisco che piango dalla felicità. Ieri, per la prima volta, non ho pianto da sola fino allo svenimento. Ieri, come da molto giorni, non ho dormito da sola. E mi rendo conto che Tyler, per me, continua a fare troppo, ma non riesco ad allontanarmi da lui. Fanculo la casa indipendente, fanculo la relazione affrontata con calma. Io ho bisogno di lui, subito. Voglio che lui abbia bisogno di me con la stessa mia intensità. Voglio diventare la persona speciale che lui è per me. Scuoto la testa mentre sorrido teneramente:-La devi smettere di darmi tutto ciò che hai. Mi trasformi in qualcosa che non voglio diventare...- imita il mio sorriso e stringe leggermente la presa delle sue braccia, che mi cingono ancora la vita. -Sono felice che esista il colpo di fulmine, perché mi sono innamorato della persona migliore che possa mai incontrare. Puoi dirmi cosa ti pare, puoi fare cosa ti pare, ma l'amore che nutro nei tuoi confronti non cambierà mai. Piangi sulla mia spalla, festeggia assieme a me, dormi al mio fianco. Sempre. Non buttarti mai giù, ma se lo fai, lascia che ti rialzi io. È l'unica cosa che ti chiedo, perché ti amo alla follia- mormora, con un tono che poche volte gli ho sentito assumere: sommesso, tremolante, gutturale. Anche lui è provato dalle emozioni. Mi piacerebbe avere la sua stessa forza d'animo per protendermi verso di lui e dirgli delle parole confortanti come quelle che lui mi pronunciava ieri, ma non ne ricordo una. Perciò lo abbraccio di nuovo, stringendolo forte a me e sperando che la mia felicità gli faccia capire che è l'unica persona a cui mi affiderò per sempre. Se mai mi butterò giù, lui sarà l'unico che potrà rialzarmi, a patto che mi mantenga al suo fianco. Il nostro amore è tossico, è dannoso, ma non m'importa. Ne ho bisogno come ho bisogno dell'ossigeno che respiro.

>Gerald's P.O.V<

Questa mattina, non mi sveglio come ieri. Sono finalmente tornato a casa mia, e l'odore del legno del mio letto rilassa i miei muscoli, tesi già prima del risveglio. Tutto quello che è successo ieri notte è tatuato nella mia mente con un coltello, e il sangue scende copioso da questo tatuaggio artigianale, che provoca dolore ma non tanto quanto quello che ho provato quando Eleanor mi ha rifiutato, di nuovo. Mi stiracchio tra le lenzuola, gettando per sbaglio un cuscino per terra, e finalmente mi decido di dare una sistemata a questa catapecchia: dopo essermi alzato e aver fatto un'abbondante colazione, tiro fuori una vecchia maglietta e mi metto a spolverare ogni ripiano presente in casa mia, togliendo tutta la sporcizia accumulatasi da quando sono stato rinchiuso in ospedale. Trascorrerò giorni in silenzio, senza pensare a niente, mentre metterò in ordine un pezzo della mia esistenza. Con calma, forse riuscirò a riordinarla tutta. Per pranzo, passo da McDonald's e prendo due panini al pollo, che trangugio in un angolo, da solo, poi decido di andare a fare la spesa, e prendo le cose essenziali, quelle che nel mio frigo non ci sono mai state. Quando apro la porta ed entro, non mi sembra più casa mia, dato che tutte le bottiglie sono sparite e i libri sono impilati in ordine per terra. Sistemo le cose comprate, mangio una barretta energetica e mi sdraio sul vecchio divano del soggiorno, per poi cercare alla televisione un film carino; "Non buttiamoci giù", tratto da un romanzo famoso, mi cattura all'istante, e finisco per perdermi nelle battute dei protagonisti. Quando spengo di nuovo la televisione, mi preparo della pasta al pomodoro per cena, che mangio lentamente e con gusto, poi pulisco tutte le mie stoviglie, per essere sicuro di aver pulito proprio tutto, e prima di tornare a letto e riuscire ad ignorare per 24 ore la mia vita di merda, decido di prendere il telefono e chiamare mia madre. Perché? Semplicissimo. Per riordinare la mia vita, ci vuole calma. Ma nella calma, un po' di fretta non fa che aggiungere quel pizzico in più che non guasta mai. Me ne voglio andare di qui, chiudere. Tornare a New Orleans, abbracciare mia madre, fare l'università, fare la spesa nel negozio della migliore amica di mia madre, Olga, andare a correre lungo il piccolo fiumiciattolo che scorre vicino alla discarica. Ho chiuso con questa merda, e voglio che tutto quello che ho passato rimanga chiuso qui, in questa casa finalmente pulita e pronta per accogliere qualcuno con una vita molto probabilmente più felice della mia.

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