88: The last greeting.
Dopo aver cenato sempre in quella fottuta casa, che ormai è casa di tutti, io e Tyler ce ne andiamo, salutando tutti cordialmente. Mentre Tyler guida pacato sulla strada buia, mi squilla il telefono, e appena rispondo sento una fitta al cuore:-Eleanor?- è Gerald, e biascica. È ubriaco. -Gerald. Non dovresti essere in ospedale?- gli chiedo tranquilla, facendo capire a Tyler con chi sto parlando. -Mi hanno dimesso oggi. Marylin mi ha accompagnato a casa, ma ero da solo e ho deciso di bere un po'. Vieni?- mi chiede, e io sto per piangere. In fondo, mi manca il vecchio Gerald, e i vecchi tempi d'illusione per me sono sempre una tentazione a cui ero abituata a cascare. Ora non più, sono cambiata, ma ricordandomi le sensazioni che ho provato sento il cuore stringersi in una morsa soffocante, le lacrime minacciare di uscire e la paura che esse si trasformino in una delle mie vecchie crisi, che mi terrorizza. -Gerald, è il passato- lo sento mugolare. -Lo so, cazzo. Sono ubriaco, mica scemo. Allora, vieni?- annuisco e, senza rispondergli, chiudo la chiamata. -Tyler, mi porti da Gerald?- mi guarda per un secondo cercando di capire come sto, poi annuisce.
-Ti aspetto all'incrocio. Se hai bisogno, fammi sapere che devo venire- annuisco e sospiro prima di baciarlo. -Non preoccuparti- gli rispondo, e lui sorride:-Sono le parole più stupide che potevi dirmi. Ci proverò- mi dice, per poi ripartire lasciandomi lì, su quel marciapiede che si affaccia su quella casa, il quale porticato riconosco all'istante, e la quale aria mi circonda e rende tutto più pesante. Vorrei poter prendere tutti i ricordi associati a Gerald e bruciarli, perché mi fanno male, tanto male, e vorrei non provare più questo dolore, che sembrava scomparso.
Sembrava.
Suono il campanello, ma non apre nessuno: indugio sulla maniglia, scoprendo che la porta è aperta, ed entro. La luce sistemata sul tavolo è l'unica presente, e tutti i libri di Gerald sono aperti ed evidenziati, pieni di appunti che non ho visto scrivere. Non come prima, che rimanevo ore a guardarlo studiare e lo disegnavo. Le mie dita fremono, in cerca di un foglio su cui disegnare, cosa che sto facendo poco rispetto a prima. Vedo un'ombra aggirarsi nell'oscurità, e sento Gerald dire:-La mela più succulenta dell'albero dell'Eden. La rosa più bella del giardino. Il regalo impacchettato nel migliore dei modi. Il piatto più squisito da assaggiare. La canzone che si ascolta con più passione. La stella più luminosa nella notte. Le labbra più buone da baciare- esce dalla penombra e fissa quegli occhi color ossidiana nei miei, bloccandomi. Eccolo, ancora una volta. I capelli tirati come sempre indietro, quelle labbra dannate che si muovono a ritmo della sua poesia, quelle mani grandi e quelle spalle, come sempre grandi. Tutto di Gerald mi fa male, e io sono veramente sull'orlo di una crisi. -Eleanor, io provo a dimenticarmi di te ma ogni volta che abbasso la guardia mi ritrovo a cercarti. So di essere una sanguisuga, di essere egoista, ma tu non provi proprio nulla nei miei confronti?- cerco di ingoiare il mio dolore, ma rimane lì, vicino alla carotide, bloccato. -Mi manchi. Ma siamo cambiati entrambi- cerco di dirgli, per non farlo avvicinare. Invece, coglie le mie parole come un invito, e si avvicina, portando dietro di sé i suoi odori, i miei ricordi. -Anche tu mi manchi. Io voglio baciarti ancora, cullarti tra le mie mani, riempirti il collo di marchi. Eppure ne hai già, fatti da qualcun'altro- annuisco. -Io non voglio più- gli dico, e lui mi guarda triste, senza mai staccare lo sguardo da me. -Ne sei sicura? Perché indietreggi, allora? Hai paura di cadere tra le mie braccia?- scuoto la testa. -Sto per avere una crisi, e non voglio più averle. Sono venuta qui perché per me sei importante, importantissimo. Sei fondamentale. Ma non in quel senso, cazzo- gli spiego, sentendo un bruciore al naso. -Dammi un'ultimo bacio. Trasmettimi la passione rimasta, poi me ne vado davvero. Questa volta, mi porto dietro tutti i ricordi, e ricomincio da capo- scuoto di nuovo la testa, negandogli la libertà di fare quello che vuole, come ha sempre fatto. -No. Per una volta rispetta una mia decisione- e lui si appoggia al tavolo, per poi avvicinarsi a me e accarezzarmi le punte dei capelli:-Eleanor- mi chiama, e io gli dico:-Gerald, sei bellissimo. Hai tanti pregi, tantissimi. Sai trattare una ragazza come una principessa- lui ribatte, capendo dove sto andando a parare:-Solo tu- alzo leggermente le spalle. -Mi hai insegnato tante cose, mi hai cambiata nel profondo, e te ne sono grata. Ma io non riesco più a tenere sulle spalle la tua presenza, perché non ne ho i muscoli adatti. Sei troppo invadente, e ormai ho fatto la mia decisione. Non sei sbagliato, semplicemente non sei giusto per me- lui annuisce e poi indietreggia. -Per chi sono giusto? Marylin?- anche io indietreggio, dicendo:-Non ne ho idea. Sta a te scoprirlo. È stato bello, bello da morire stare con te. Ma adesso è finita, e ti prego, fa che stavolta lo sia per davvero- capendo che questo sarà il nostro ultimo saluto, Gerald mi dice:-Addio, mia dea- io sorrido con forza, rispondendogli:-Ciao- e uscendo velocemente di lì, prima che tutti i ricordi comincino a strozzarmi e che quel dolore in gola mi blocchi il respiro una volta per tutte. Appena mi chiudo la porta di casa sua dietro, mi appoggio allo stipite e inizio a piangere, respirando dalla bocca e fissando il tetto del suo porticato per respirare meglio. Sto per coricarmi per terra, di fronte a quella porta, quando sento un tonfo e capisco che Gerald si è appoggiato dall'altra parte della porta. Tolgo le mani da lì, e mentre singhiozzo mi do la spinta con le spalle per staccarmi da lì, una volta per tutte. Come ho fatto a essere stata così cieca da rovinare la vita a qualcuno? Quel ragazzo, se non mi avesse conosciuta, sarebbe rimasto uguale a sempre. Invece no, mi ha conosciuta e io l'ho rovinato. Lui ha provato a migliorarmi, ma le sue modifiche erano quelle sbagliate, e non era mai riuscito a trovare il cuore del problema. Nel frattempo, il suo, di cuore, si è rovinato e ho paura che non si riesca più a riparare. Ed è colpa mia.
Corro sul marciapiede con l'aria fredda che fa contrasto con le mie guance calde, e quando salgo in auto e cerco gli occhi di Tyler mi calmo vedendo il suo tuono viola. -Fai in fretta- gli dico soltanto, in mezzo al pianto, chiedendogli di portarmi lontana da tutto.
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