76: Room 76.


Scappo. Ormai mi riesce bene, dopo anni di esperienza. Solo che non so dove rifugiarmi; se avessi continuato a fumare sigarette casuali, sarei potuta uscire fuori e fumarne una, ma ormai non lo trovo più un passatempo per distrarmi, ma uno spreco di dollari. Finisco per uscire fuori lo stesso, e imbarazzata mi siedo su una panchina, di fianco a una signora anziana che si asciuga gli occhi con un fazzoletto in tessuto con dei fiori ricamati sopra. La lascio piangere mentre i suoi singhiozzi soffocati mi riempono le orecchie e mi tamponano i sentimenti. L'intenzione che avevo di vedere Gerald e parlarci è scomparsa totalmente dalla mia testa: quella sua arroganza mi dà la nausea e non ce la faccio più a sentire le sue richieste. Vederlo in quelle condizioni mi riporta indietro nel tempo, quando aveva fatto una delle sue tante azioni impulsive, irresponsabili, e ciò mi fa incazzare, ma la rabbia non monta più dentro di me. Mi ci sono stranamente abituata. Al suo posto, monta in me un esaurimento nervoso che mi irrigidisce tutta, e quando appoggio le mani alle tempie, chiudendomi in me stessa, i gomiti appoggiati alle ginocchia e lo sguardo fisso sul cemento del marciapiede, mi chiedo perché non mi sia accorta prima di quello che mi stava succedendo. La punizione che mi sono voluta infliggere per qualcosa che non avevo fatto, per una morte che non aveva nulla a che fare con me, per un dolore che mi apparteneva, ma non così tanto. Certo, la perdita di mia madre è stata uno shock enorme, e lo è come per tutti i figli; ma arrivare a sprecare quindici anni della mia vita per fare quello che mia madre non avrebbe mai voluto che facessi è pura follia, e io l'ho indossata come se fosse un indumento essenziale fino a quella stupida sera di Washington, dove per la prima volta mi sono spogliata completamente, in ogni senso. Se non avessi incontrato Tyler, avrei continuato ad avere quella situazione confusa con Gerald, sarei finalmente morta e avrei finito di soffrire, immersa nelle mie convinzioni di aver fatto la cosa giusta. E invece ho aperto gli occhi, realizzando che quelle convinzioni non erano che convinzioni, che in realtà avevo fatto un'enorme sbaglio in cui avevo trascinato un sacco di persone innocenti. Mentre cerco di rilassarmi, sento dei tacchi rimbombare sul marciapiede, rumore insolito vicino ad un'ospedale: alzo la testa, e come mi ero immaginata, vedo Madison camminare a passo svelto verso di me. Mi alzo e le sorrido, poco prima di finire tra le sue braccia secche. -Eleanor!- dice, il viso premuto contro i miei capelli e il suo odore che si imprime sulle mie narici. -Mad- le rispondo, per poi vedere Rich dietro a lei e abbracciare pure lui. -Mi siete mancati- li dico, e Rich sorride caldamente, gli occhi color grano con un sottotono verdognolo più vivido del solito. -So che però ti sei consolata, durante la nostra assenza dalla tua vita- ridacchio, sapendo a cosa si riferisce. -Già. Mi dispiace per Gerald, però non posso farci niente- Mad alza le spalle, come se la relazione che io e lui abbiamo quasi avuto fosse stata una semplicissima cotta, e Rich aggiunge:-Tornerà più forte di sempre, gli basta un po' di tempo e dell'aria nuova- annuisco, sperando che abbia ragione, e dopo un breve aggiornamento reciproco, mi faccio accompagnare di nuovo in ospedale. Il profumo di disinfettante e detersivo lowcost sostituiscono in fretta il profumo fruttato di Madison, e dopo averli lasciati al corridoio di Gerald, vago per l'ospedale finché non vedo un punto informazioni. Mi ci fiondo, e chiedo in fretta a un'infermiera dov'è Tyler. -Chi lo vuole sapere?- mi chiede. -Sono l'ami... La ragazza di Tyler- le dico, accartocciandomi nelle mie parole. -Ah, Eleanor, giusto? Mi ha parlato di te l'altro giorno!- commenta la donna, una afro-americana di mezza età. Sorrido e aspetto di sapere dove si trova Tyler, quindi, quando si accorge del silenzio, l'infermiera mi risponde in fretta e con imbarazzo:-Se non è nella sala pausa, dovrebbe essere intorno alle stanze 70-75 a fare visite ai pazienti. Bussa prima di entrare, mi raccomando- annuisco e cerco indicazioni per quelle stanze, trovandomi più in difficoltà rispetto a quando viaggiavo per l'America in posti sconosciuti.

Busso alla stanza 76. Ho bussato alle stanze precedenti, a quelle dette dall'infermiera e adesso sto continuando a cercare Tyler, senza sapere il perché di questa mia urgenza; dopo aver incontrato Mad e Rich non sento più nessuna emozione negativa, perciò potrei benissimo inviargli un messaggio e dirgli che vado a trovare Logan e Shaq. Ma i miei piedi si muovono da soli, la mia mano bussa inconsapevolmente alla porta che si trova davanti, e a quel punto chiedere "scusi" viene da solo, per cortesia. Però, una volta bussata a quella porta sento una risposta, invece che il silenzio: -Chi è?- la sua voce, quella voce meravigliosa, che sa sempre toccare i miei punti deboli. -Scusa- mormoro impacciata aprendo di poco la porta. Tyler sta infilando un ago nel braccio di una ragazza. Appena si gira arrossisce leggermente e dice:-Dovrò farci l'abitudine- e arrossisco anche io, mentre la paziente mi guarda dubbiosa. -Aspettami fuori, tra un attimo ho finito- annuisco e chiudo la porta, aspettando con le spalle appoggiate ad essa. Sento la conversazione ovattata e imbarazzante tra Tyler e la paziente:-Tra due ore verrà una mia collega a controllare i suoi valori vitali- dice Tyler con professionalità, mentre la sua frase viene accompagnata dal rumore di alcuni fogli. -Lei?- chiede la paziente, che ha una voce melodiosa, che rispecchia il suo aspetto delicato. -No, lei è la mia fidanzata- ridacchio per la naturalezza che Tyler ha usato e per l'inutilità di quella risposta, che però mi rende felice. Poteva semplicemente dire di "no", eppure non ha voluto tenere nascosto ad una sua paziente che stiamo insieme. Mi allontano dalla porta appena sento i suoi passi, pesanti, avvicinarsi, e qualche istante dopo vedo sbucare Tyler fuori dalla stanza. -Allora? Con Gerald?- mi chiede, e io rispondo in fretta:-Ho la nausea solo a vederlo. Mi ha fatta innervosire non poco, e mi ha ricordato avvenimenti che preferivo scordare- Tyler mi sorride dolcemente:-Digli che non lo sopporti, che ti deve ascoltare e stare zitto, per una volta- gli sorrido di rimando con una disinvoltura che non mi riconosco. -Ti ho chiamato per dirti che adesso passo da Logan e Shaq e che poi torno qui. Dimmi se ti serve qualcosa e passo a prenderlo- e Tyler dice, pensandoci un secondo:-Mi servono due cose: la prima è sapere cosa ti sei tatuata dietro l'orecchio destro, dato che vuoi ignorare la presenza di quel tatuaggio, e la seconda è sapere perché hai origliato la mia conversazione con la paziente di prima. Ho sentito la tua risatina compiaciuta poco dopo la mia risposta- arrossisco e mi metto a ridere, nel mezzo di un corridoio d'ospedale, davanti a un'infermiere. Se uno sconosciuto fosse passato di lì, non riuscirei neanche a pensare in che modo potrebbe leggere questa situazione. -Un fiore di ciliegio- rispondo, e Tyler annuisce compiaciuto:-Ne ho un paio anche io, alla caviglia- dice, poi gli dico la seconda cosa che vuole sapere mentre ci avviamo a prendere un caffè, dato che sappiamo entrambi che non finiremo di parlare presto. -Ho origliato un po' per curiosità, un po' per gelosia- e Tyler mi invita a continuare a parlare lanciandomi uno sguardo interessato. -Volevo sapere cosa vi dicevate, cosa avresti risposto alla sua domanda. Inoltre, sei un bell'uomo, quindi è facile che tu piaccia alle ragazze, ed ero gelosa- spiego la mia emozione in modo coinciso, semplicemente perché non riesco a spiegarla in nessun altro modo. È accaduto tutto in una frazione di secondo, e prima di accorgermi della mia gelosia, Tyler era già fuori da quella stanza, dagli sguardi di quella ragazza carina e dalla voce dolce. -Io posso piacere a tante, ma il mio sentimento è incanalato solo su una persona- dice sorseggiando un po' del suo espresso, mentre io mi preparo del tè. Per una volta, berne uno che non provenga da una macchinetta ma da una bustina immersa in dell'acqua calda mi rende nostalgica, quando prima di studiare mi preparavo un bicchiere enorme di tè al bergamotto. Ci sediamo sul divanetto della sala ristoro dell'ospedale, adibita per gli infermieri, e Tyler mi chiede:-Posso vedere il tuo tatuaggio?- in falsetto, facendomi ridere. Una cosa che non sa fare è imitarmi, e scoprirlo è stato comico. Bevo un sorso di tè, poi annuisco e mi tolgo lentamente il cerotto, facendogli vedere la mia piccola opera d'arte:-Carino- dice, e poi ci appoggia le labbra sopra. Dolci e profondi brividi si alzano tra le mie vertebre, scuotono allegramente i miei nervi e svegliano i miei muscoli, che mi fanno irrigidire la spina dorsale. Mi giro verso Tyler e lo vedo sorridere con metà labbro. -Molto carino- ripete guardandomi negli occhi, per chiedermi con le sue nuvole e il suo tuono se ci sto, se lo lascerò fare, se lo voglio. Non indugia molto sul mio sguardo perché sa benissimo, forse meglio di me, che sono diventata matta per lui, e che lo voglio sempre, perciò mi avvicino per baciarlo, mentre con una mano appoggio il tè sul tavolino di fronte a noi, trascinando entrambi in un limbo di baci che durano finché il tè non diventa freddo, trascinando entrambi nel temporale degli occhi di Tyler.




Prima o poi pubblicherò la fine di questa storia, cazzo.

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