71: Cobweb.
In auto, con la canzone "Sun is Shining", raggiungiamo l'ospedale, mentre una bella mattina di fine agosto sboccia davanti ai nostri occhi, i petali gialli e arancioni e i pistilli grigi, palazzi che si ergono di fronte a questo Sole giovane senza riuscire a coprirlo del tutto. Nel parcheggio dell'ospedale ci siamo solo io e Tyler, e questo, prima di scendere dall'auto, mi dice:-Vacci cauta. Gerald non ti toccherà mai, ma le parole fanno più male dei pugni- annuisco e sospiro. -Cosa gli dico? Insomma, dovrei scusarmi? Giustificarmi?- Tyler scuote la testa e mi guarda, e posso sentire il battito del suo cuore nell'abitacolo quando, assorto nei suoi pensieri, si è sentito la mia mano sulla sua. -Digli semplicemente i fatti. Che non deve incazzarsi così, dato che decidi tu cosa vuoi, che se non sei voluta stare con lui c'era un motivo, e che non ti sei fatta prendere dal momento. Almeno, spero- ridacchio e intreccio le mie dita con le sue:-Tyler, per caso sei insicuro?- annuisce e sorride, scuotendo poi la testa e dicendo:-Come posso non esserlo? Mi ero confessato, sembrava che tu ti fossi allontanata. Poi mi avevi chiamato, facendomi fare i salti di gioia. Ti ho vista di nuovo, sono impazzito. Quando poi mi avevi toccata, mi avevi detto quelle parole, avevi fatto sesso con me... Come posso non esserlo?- sbuffo divertita dal suo tono, leggermente più spazientito del solito. -Eppure mi sembrava che notassi tutti gli sguardi che ti lanciavo, in ospedale, come rimanevo di fronte alle tue frasi, che andavano dritte al punto- lui scuote la testa:-Sono tante le ragazze che mi guardano, e anche se i tuoi occhi erano diversi, ciò non toglie il fatto che non ti piacevo. Le mie parole, in più, stupiscono tante persone e lo sai bene- ripenso alla faccia di mio padre, di Lilian, mentre ce ne andiamo dal matrimonio, io senza risposte ma con l'adrenalina in corpo, Tyler senza rimpianti ma con l'orgoglio che lo aiuta a indossare la sua corazza inespugnabile. Prima di scendere dall'auto dico a Tyler, sorridendo e guardandogli le labbra:-Ciò non toglie il fatto che mi sia innamorata poco dopo- e quando scendo, Tyler mi segue, mi guarda con curiosità e poi, davanti all'ascensore che dovrebbe portare alla struttura, mi bacia. Di nuovo con la stessa passione, che non sfuma mai. Di nuovo con la stessa lingua, che stuzzica la mia e la accarezza. Di nuovo con le stesse labbra, che succhiano il mio labbro inferiore tra un bacio e l'altro. Poi sentiamo un leggero scossone, e le porte scorrevoli dell'ascensore si aprono, permettendo di godermi ancora qualche secondo quest'oasi depurativa, queste labbra che fanno troppo per me.
Dopo che Tyler si è cambiato nella sua uniforme, mi aiuta ad orientarmi in questo labirinto bianco, blu e verde e, con un veloce bacio a stampo si congeda, lasciandomi sola. Mi fermo alla macchinetta del caffè e bevo del tè al limone con lentezza, cercando di trovare le parole da poter dire a Gerald. È la prima volta che dico a qualcuno che non siamo fatti per stare insieme: solitamente, loro mi lasciavano per prima o io scappavo, e scappare da Gerald non ha fatto altro che farmi finire nella sua ragnatela, pronta per essere divorata viva mentre cerco delle parole adeguate per evitare di farmi mangiare dal ragno, che è alto quasi due metri e ha un buco nel fianco.
Mi siedo su una delle scomode sedie di plastica dell'ospedale, nervosa. Non ho nessun blocco con me, nessuna penna, perché ero troppo presa da Tyler e me li sono dimenticati, perciò mi guardo le unghie e le pareggio con i denti, mentre cerco un modo appropriato per entrare nella stanza 107 e dare il buongiorno a Gerald. Perché si è fatto tutto così complicato tra noi? Prima, potevo semplicemente entrare, dire qualche parola sarcastica e poi entrare nel vivo del discorso, scherzare con lui, parlare di cose serie, del suo e del mio futuro. Adesso invece, per la sua ennesima scenata e il mio ennesimo errore sono qui, incapace di passare da quella porta e dire a Gerald tutto quello che penso, tutto quello che siamo, tutto quello che non saremo. Mentre mi guardo le pellicine delle unghie, che sono un'ottimo passatempo, sento dei passi leggeri e poi una figura esile che si siede vicino a me. Questa persona sbuffa, poi sento la pressione del suo sguardo e mi giro, vedendo una ragazza dai capelli smeraldo, il corpo magro e abbronzato, gli occhi color ocra e una frangetta storta, che le si addice particolarmente. -Sei Eleanor?- mi chiede, e io sbuffo, sentendomi quasi famosa. Annuisco, e lei si presenta:-Sono Marylin. Sono sicura che avrai sentito parlare di me- e cazzo, se ha ragione.
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